Dopo il Congresso socialista di Milano: appello ai lavoratori

Compagni!

Dopo la fine del recente Congresso socialista di Milano, al Partito Comunista, che ben prevedeva quale ne sarebbe stato lo scioglimento, sente di dover dire una leale ed aperta parola a quei lavoratori che ancora militano nelle file del PSI, e che si sentono legati alla causa dell'emancipazione rivoluzionaria della loro classe, ed ai metodi della rivoluzione mondiale scritti sulla bandiera dell'Internazionale Comunista.

Le conquiste, che la tendenza ed il metodo rivoluzionario avevano fatto nel Partito Socialista – attraverso l'affermazione d'una rigida intransigenza nei Congressi del 1912 e 1914, l'opposizione alla guerra borghese, l'adesione, dopo la guerra, a Bologna, al programma ed all'organizzazione della Terza Internazionale – al momento del Congresso di Livorno dovevano esser suggellate dalla loro logica conclusione: l'affermazione che nel partito dovessero ormai militare quelli soltanto che abbracciavano interamente il programma ed i metodi del comunismo, messi in luce grandiosa dalla rivoluzione di Russia.

Quello che avvenne a Livorno non fu inteso da molti di voi. Grazie all'abilità d'un gruppo di capi falsamente rivoluzionari, s'indusse la maggioranza del partito a credere che si potesse esser massimalisti e comunisti senza sentire la necessità d'eliminare dalle file del partito coloro che sostenevano gli opposti metodi socialdemocratici; anziché trattarli come i ministerialisti nel 1912, i massoni ad Ancona, gli interventisti all'inizio della guerra.

S'invocarono anzi questi precedenti per sostenere fraudolentemente che nel Partito Socialista italiano non vi erano riformisti né socialdemocratici, e che era assurda la richiesta del Secondo Congresso dell'Internazionale Comunista per la esclusione di tali elementi.

Poiché coloro che si lasciarono ingannare costituirono la maggioranza del partito, i comunisti che a Livorno si staccarono in minoranza non vi apparvero chiaramente per quello che erano: i soli continuatori delle tradizioni rivoluzionarie del vecchio partito; e la bandiera di questa rimase nelle mani degli opportunisti, di cui era interesse, nel mentre legavano la loro sorte a quella della destra riformista, di simulare di essere sempre gl'intransigenti, i rivoluzionari, i massimalisti di prima.

Vi si disse che grazie ad informazioni errate ed alla politica settaria degli estremisti italiani la Terza Internazionale era stata ingannata, e che essa avrebbe riconosciuto il diritto a rimanere nelle sue file di tutto intiero il Partito Socialista Italiano.

Queste volgari menzogne fecero sì che voi, operai e contadini ancora iscritti al PSI, vi lasciaste distaccare dalla sola legittima organizzazione italiana dell'Internazionale Comunista che si costituiva nel nostro Partito Comunista d'Italia.

Gli avvenimenti posteriori al Congresso di Livorno sono stati sufficienti ad aprire gli occhi a chiunque non abbia perduto l'ultimo residuo della volontà di rimanere sotto la bandiera della causa proletaria internazionale.

La destra del Partito Socialista non solo ha seguitato a manifestare apertamente il suo pensiero ed a svolgere la sua azione contro i principii comunisti e massimalisti, ma audacemente si è spinta a riaffermare i metodi di collaborazione e di partecipazione ministeriale sconfessati dal Partito sin da prima della guerra, e che in Italia, nella stessa situazione di guerra, erano stati proclamati contrastanti con gli interessi del proletariato.

Coloro che a Livorno negavano l'esistenza dei riformisti, i serratiani, seppure hanno riaffermato la necessità d'una tattica intransigente, con la loro azione hanno dimostrato di essere, anch'essi al di fuori e contro il comunismo; e basterà ricordare la propaganda per il disarmo ideale e materiale del proletariato dinanzi alla violenza fascista e l'ignominia del patto di pacificazione, la valorizzazione puramente socialdemocratica dell'azione elettorale e parlamentare quale metodo fondamentale di riscossa e di conquista proletaria, la piena solidarietà con i capi antirivoluzionari delle organizzazioni sindacali italiane, fautori delle direttive dell'Internazionale gialla di Amsterdam contro Mosca e contro l'azione dei comunisti italiani nelle organizzazioni.

Al recente Congresso di Milano, malgrado fosse ormai innegabile che la cosiddetta frazione di concentrazione socialista di Turati, Treves, Modigliani, d'Aragona e compagni, fosse costituita di ultrariformisti, fautori dichiarati della collaborazione con la borghesia e la monarchia; malgrado che l'Internazionale Comunista nel suo Terzo Congresso avesse confermato la condizione dell'esclusione di costoro dal partito, la maggioranza sedicente massimalista di Milano non ne ha liquidato neppure uno. Nel seno del Partito e del Congresso socialista non ha potuto organizzarsi neppure un gruppo di capi che comprendessero che la necessità di romperla con i riformisti, giusto caposaldo dell'adesione a Mosca, si traduce immediatamente nella necessità di romperla con un partito diretto dagli alleati, dai complici, dai ruffiani del riformismo, tipo Serrati e C.

Questo dimostra che nella scissione di Livorno, sebbene sventuratamente una gran parte delle masse del Partito rimanesse prigioniera dell'inganno centrista, si precisò la situazione in modo tale che nella minoranza comunista si concentrarono tutte le energie e le tradizioni di lotta rivoluzionaria, del partito di classe del proletariato, e chi non venne con noi a Livorno deviò dalla via maestra della lotta di classe, ponendo il piede sulla china pericolosa dell'opportunismo.

Lavoratori socialisti!

Se nemmeno una piccola parte dei vostri dirigenti ha compreso nelle tumultuose sedute di Milano che era una vile menzogna quell'unità di partito che, mentre significa separazione da Mosca e dalle falangi di avanguardia del proletariato italiano saldamente inquadrate nelle file del nostro Partito, non è che tenue maschera dei conflitti tra le varie forme di ambizione di capi indegni, noi sentiamo e sappiamo, malgrado questo, che a molti di voi intimamente ripugna la falsa posizione d'appartenere ad un Partito, che ogni giorno rinnega qualche cosa del suo stesso passato e trascina vieppiù la sua bandiera nella polvere della bassa politica borghese.

Noi sappiamo che tra voi sono autentici e generosi proletari, che accolsero il distacco di Livorno credendolo in buona fede una parentesi dovuta ad equivoci e malintesi, ma il cui cuore continuò e continua a palpitare per le sorti della sanguinosa battaglia che l'Internazionale di Mosca, esercito eroico della rivoluzione mondiale, conduce contro le seduzioni, le insidie e le sopraffazioni del mondo dello sfruttamento.

Vi sono molti tra voi che credevano alla rottura con i capi parlamentari e confederali, dopo che questi apertamente avevano affermato il loro collaborazionismo, divenendo sempre più audaci nel diffamare il martirio supremo dei fratelli russi e la grandiosa opera rivoluzionaria dell'Internazionale Comunista.

I vostri compagni comunisti non vi faranno un torto, né vi crederanno a loro inferiori, per non avere inteso a Livorno tutta la portata dell'inganno che vi si tese, purché voi compiate oggi il gesto decisivo e virile di dividere le vostre responsabilità da quelle dei manutengoli della borghesia.

Lavoratori socialisti!

Il Partito, che conserva un nome a voi caro, malgrado della formale maggioranza del voto di Milano, sarà per forza di cose, in un avvenire più o meno lontano, uno qualsiasi del partiti del regio Governo borghese.

Esso insozza il nome del socialismo, dottrina ed idealità vostra e nostra, che, restituito contro le degenerazioni opportunistiche alle sue prime fonti ed al vigore degli insegnamenti di quest'epoca rivoluzionaria, vive solo come obbiettivo della lotta che i proletari comunisti di tutto il mondo conducono contro il regime del capitalismo.

Abbandonate le file di un partito, la cui azione è in contrasto con gl'interessi e le finalità della vostra classe, ed accorrete nell'organizzazione comunista.

Non solo il Partito Comunista vi considererà fraternamente e vi accoglierà con letizia e con rispetto, ma anche dal punto di vista dei vincoli interni d'organizzazione e di disciplina esso porrà, nel suo prossimo Congresso, la questione di darvi gli stessi diritti statutari di cui godono gli aderenti di Livorno.

Compagni!

Siamo alla vigilia di grandi battaglie del proletariato italiano, dinanzi all'offensiva politica ed economica del capitalismo. Mentre riformisti e centristi, Partito Socialista e dirigenti confederali, tengono un contegno incerto, passivo e disfattista, il nostro Partito dà tutte le sue energie per lo schieramento delle masse proletarie italiane sul compatto fronte d'una grande battaglia rivoluzionaria.

Noi abbiamo bisogno di voi. I vostri compagni di sfruttamento e di lotta vi attendono ansiosi. Vincete le ultime esitazioni, passate sotto le rosse bandiere dell'Internazionale rivoluzionaria. Vada pure, il partito che già fu nostro, alla deriva di tutte le corruzioni e degli ultimi dissolvimenti! L'insopprimibile anima rivoluzionaria della classe lavoratrice darà vita e vittoria alle falangi organizzate nel nome e nel segno della Internazionale Comunista, agguerrite alle asprissime e grandiose lotte della rivoluzione mondiale!

Il Partito Comunista d'Italia

Da "Il Comunista" del 19 ottobre 1921.

Archivio storico 1921 - 1923