La Centrale del partito sulla "frazione Bordiga" e sui pericoli per l'organizzazione

COMUNICATO DEL COMITATO CENTRALE

Il Comitato Centrale riunitosi per esaminare la situazione creata nell'interno del Partito dalla iniziativa presa dal compagno Bordiga di costituire una frazione, constata come la stragrande maggioranza delle organizzazioni locali si siano pronunciate nettamente nel senso della più rigida disciplina, senza speciali privilegi per determinati compagni, quali che siano i loro meriti passati e il loro valore personale, meriti e valore che dovrebbero anzi indurre a dare una maggior prova di disciplina rivoluzionaria e di attaccamento al Partito e all'Internazionale. L'energica reazione della periferia contro l'attività disgregatrice dei frazionisti è la migliore dimostrazione della sanità del Partito e della sua ferma volontà di diventare un vero Partito bolscevico degno di guidare l'azione rivoluzionaria dei lavoratori italiani.

Il CC approva i provvedimenti disciplinari presi dal CE e resi noti nel comunicato 7 giugno, e decide che siano estesi a tutti i compagni che hanno firmato i documenti della frazione o che partecipano all'attività disgregatrice di questa; decide di porre fine alla campagna di stampa contro la frazione, facendo propria la disposizione emanata dal Comitato Esecutivo di immediato scioglimento del Comitato d'Intesa e dell'arresto di ogni sua attività precisando che la mancata esecuzione di questo ordine pone i compagni responsabili nella condizione di essere colpiti dalla sanzione maggiore dell'espulsione dal Partito e dall'Internazionale.

Il Comitato Centrale ha preso visione dei diversi documenti che la frazione Bordiga ha diffuso clandestinamente nelle file del Partito e di quelli che ha inviato alla Segreteria per difendere l'iniziativa della sua costituzione. Essi saranno tutti pubblicati e commentati nell'Unità; il CC crede necessario però rispondere correttamente al compagno Bordiga che nella sua lettera rifugge dall'adoperare il linguaggio insano e provocatorio che caratterizza la meschineria degli altri documenti.

Il compagno Bordiga, trattando del frazionismo in generale, dice molte cose giuste, ma le conseguenze che egli trae da alcuni esatti punti di vista sono errate e inaccettabili. È vero, per esempio, che la questione se si possono o no costituire nel seno dei Partiti comunisti delle frazioni è diventata questione di merito data la posizione generale assunta dal compagno Bordiga, ma altro è discutere teoricamente se debbano o no costituirsi frazioni, altro è costituirle praticamente, prima che la discussione sia stata iniziata e conclusa.

La posizione del compagno Bordiga è di opposizione all'Internazionale su tutta la linea, su tutti i principi di organizzazione e di tattica. La piattaforma politica del compagno Bordiga è quella di un nuovo Partito e di una nuova Internazionale. Che significato può avere, in tali condizioni, l'iniziativa di costituire la frazione? Praticamente uno solo: quello di costituire un nuovo Partito che esca dall'Internazionale Comunista e diventi il centro di cristallizzazione di una nuova Internazionale.

Il compagno Bordiga afferma la necessità storica della frazione da lui costituita. È vero ciò? Vediamo come stanno le cose. In un Partito Comunista che deve muoversi e lottare nelle condizioni estremamente difficili in cui lotta il nostro Partito si verificano indubbiamente difetti, anche gravi, di organizzazione e di funzionalità. Ma quale dovrebbe essere il dovere di ogni militante responsabile? Dovrebbe essere quello di collaborare più strettamente colla Centrale del Partito per aiutarla a perfezionare l'apparecchio del Partito per migliorare l'organizzazione, per farla funzionare più speditamente e sicuramente; così almeno pensa ogni proletario che lavora nel Partito per il suo Partito. Cosa invece ha fatto e fa il compagno Bordiga? In un primo tempo si è appartato dal lavoro di Partito, si è rifugiato in un suo comodo Aventino, creando in molti compagni un senso di dubbio e di sfiducia generica e determinando quindi un certo attrito nella funzionalità dell'organizzazione. Poi è sceso dal suo Aventino per creare una frazione, mobilitando tutti i malcontenti generici che esistono sempre in qualsiasi Partito e che egli stesso aveva contribuito a creare, ed oggi afferma: la frazione è una necessità storica. Ebbene: noi diciamo che tutto ciò non è degno del compagno Bordiga e che una simile posizione non riesce per nulla a mascherarne il contenuto demagogico.

Il compagno Bordiga afferma di avere egli lo specifico infallibile contro le frazioni. Il compagno Bordiga è stato a capo del Partito, ha imposto, per tutto un periodo, al Partito, la sua concezione ed i suoi metodi. Forse che allora non si formarono delle frazioni? C'era anche allora del malcontento diffuso; inoltre, ai difetti di organizzazione e di funzionamento conseguenti a difficoltà oggettive ben minori delle attuali, si aggiungevano le deficienze di tattica, il fatto che i compagni non sapevano in genere cosa fare oltre all'attendere ordini, la voce diffusa che l'Esecutivo del Partito non era d'accordo con l'Internazionale. Era quello di allora un frazionismo storicamente inguaribile in quanto poteva presumere di essere autorizzato dall'Internazionale e che perciò si inveleniva in forme polemiche clandestine ancora più gravi di quelle attuali; ed infatti, con tutta la sua ricetta, il compagno Bordiga non lo guarì.

Il compagno Bordiga se non afferma esplicitamente lascia capire che l'attuale sua frazione continua una tradizione del nostro Partito, anzi è la tradizione del nostro Partito. Ciò è falso, fondamentalmente. Il nostro Partito si è costituito a Livorno sulla piattaforma politica dell'Internazionale Comunista, così come era sviluppata nelle tesi del Il Congresso e non su una particolare piattaforma del compagno Bordiga. Al III Congresso dell'Internazionale, senza avere prima interrogato il Partito, senza una discussione o una consultazione qualsiasi, l'Esecutivo assunse una posizione di estrema sinistra, energicamente combattuta dal Compagno Lenin. L'Esecutivo allora cercò di spostare la base ideologica del Partito quale era stata accettata a Livorno, ma il Partito non fu interrogato; che il Partito non fosse d'accordo lo possiamo desumere dal solo indizio affiorato, cioè dal fatto che la maggioranza della delegazione inviata al Congresso era contraria alla posizione estremista.

Dopo il III Congresso Mondiale fu convocato a Roma il Congresso del Partito; le tesi sulla tattica non furono votate incondizionatamente dal Congresso, ma solo come una opinione, dopo un accordo intervenuto fra l'Esecutivo ed i delegati dell'Internazionale. All'Esecutivo Allargato tenuto a Mosca nel giugno 1922 lo stesso compagno Bordiga non volle che le tesi di Roma fossero discusse pubblicamente, affermando che esse erano solo una opinione ormai abbandonata e non un punto di vista imperativo per l'azione del Partito. Anche al IV Congresso Mondiale, quando la posizione del compagno Bordiga divenne irriducibile, essa fu abbandonata dalla maggioranza dei delegati italiani ed il compagno Bordiga ebbe solo tre voti per la sua tesi. L'affermazione di una tradizione di estrema sinistra nel nostro Partito è assolutamente destituita di fondamento.

In realtà la grande massa del Partito è stata sempre con l'Internazionale Comunista, sulla precisa base ideologica e politica del Congresso di Livorno. Ma la massa del Partito non fu mai messa a contatto colle esperienze reali della tattica dell'Internazionale, che non fu mai posta in grado di discutere ampiamente, ed a fondo. Dopo il V Congresso il Partito si pose al lavoro, secondo un indirizzo nuovo per l'Italia ma non nuovo per gli altri partiti fratelli. Nel lavoro pratico molte opinioni errate si modificarono, molti compagni responsabili, che erano stati assunti alle cariche dallo stesso Esecutivo diretto dal Bordiga, si convinsero che la tattica dell'Internazionale e del Comitato Centrale era la migliore per dare impulso all'azione rivoluzionaria e per sviluppare i partiti. Era appunto ciò che il compagno Bordiga temeva, è contro questo processo di chiarificazione che egli si è posto con vari sistemi successivi, appartandosi dal lavoro di Partito, inviando e facendo inviare lettere personali di critica all'indirizzo della Centrale, rendendo così meno facile l'amministrazione della disciplina e l'esecuzione delle disposizioni del Partito; infine costituendo, nell'aprile scorso quando ancora durava la Sessione dell'Esecutivo Allargato, la frazione, raccogliendo tutti gli elementi più disparati e contraddittori.

Esaminiamo un fatto che offre materia di utili osservazioni anche sulla serietà di certi compagni. Si afferma che la sinistra avrebbe fatto pressione sulla Centrale per raddrizzare presunti errori di questa in due momenti: subito dopo l'assassinio Matteotti ed alla riapertura del Parlamento nell'ottobre 1924. É avvenuto tutto il contrario. Il compagno Repossi è stato uno dei più favorevoli all'entrata del nostro gruppo nel Comitato delle Opposizioni; lo stesso compagno Repossi con altri deputati ed ex deputati (come il compagno Guilo) che oggi aderiscono alla frazione erano contrari all'uscita dal Comitato e furono poi dei più accaniti (anzi, feroci come essi dicevano) avversari della rientrata in Parlamento. Oggi questi compagni con una disinvoltura veramente inqualificabile sostengono di avere fatto pressione per la giusta linea del Partito che essi hanno invece cercato di ostacolare. Ciò dimostra che la situazione catastrofica descritta dal compagno Bordiga come condizione storica per la nascita della frazione, è pura immaginazione, anzi è il capovolgimento della realtà storica. Non esisteva una corrente di sinistra esisteva invece una corrente di destra, favorevole a un'azione comune con le Opposizioni, corrente che fu combattuta dalla Centrale, la quale in tutto questo periodo ha sempre preceduto le masse e non si è mai accodata o si è fatta rimorchiare.

Un elemento è decisivo a questo proposito e a proposito di tutta la diatriba frazionistica del compagno Bordiga. Se il Partito si fosse trovato nella situazione che egli descrive, si sarebbe sfasciato nell'urto quotidiano contro la reazione. Esistevano ed esistono nel Partito dei malcontenti, è indubbio. Ma il problema deve essere posto così: gli aspetti negativi erano e sono superiori od inferiori agli aspetti positivi? Se gli aspetti negativi fossero superiori il Partito sarebbe in via di disgregazione, invece esso è in via di continuo sistematico sviluppo, sia come influenza sulle masse, sia come organizzazione. L'unico elemento che può disgregare il Partito è il frazionismo del compagno Bordiga e dei suoi amici.

Il CC fa appello a tutte le energie del Partito perché si mobilitino e si concentrino per superare vittoriosamente i pericoli che minacciano la nostra organizzazione. Molti compagni non hanno finora preso sufficientemente sul serio questi pericoli che sono reali ed imminenti. Il Comitato d'Intesa cerca di costituire un partito nel Partito, cerca cioè di mettere l'Internazionale dinnanzi al fatto compiuto di un organismo già costituito che può fare la scissione se non gli si riconosce il diritto di violare sistematicamente la disciplina. L'azione disgregatrice dei componenti il Comitato ha raggiunto il suo massimo di settarismo e di violenza: essi parlano della scissione come di una cosa certa, essi diffamano in tutti i modi il Partito e tutti gli elementi responsabili della organizzazione. Il Comitato d'Intesa si serve dei mezzi di Partito per la sua opera deleteria (indirizzi, convegni sindacali) facendo conoscere a degli irresponsabili, fuori del controllo degli organi competenti, elementi della vita interna organizzativa. Esso cerca di subornare i funzionari del Partito inducendoli ad allontanarsi dalle loro sedi per riunioni frazionistiche (Napoli) mettendo così in rischio la sicurezza del Partito. Esso pubblica e diffonde clandestinamente fra i soci del Partito e fra gli estranei stampati circolari in cui sono contenute le offese più sanguinose contro la Centrale (due tipi di circolari stampati in Milano per cura speciale del compagno Repossi nei giorni 26 e 29 giugno); non contento di ciò è riuscito a far diventare organo della frazione il settimanale di Cosenza L'Operaio. I metodi e il linguaggio dei membri della frazione appaiono già come di gente che si senta fuori del Partito, che si prepara a combatterlo con tutti i mezzi.

Il Comitato Centrale vuole evitare una simile situazione, vuole evitare la scissione; vuole la discussione e la chiarificazione delle idee e delle opposizioni reciproche. Esso riconferma le decisioni già prese nella passata riunione per la più larga libertà di discussione nonostante la gravità dell'intervenuto episodio frazionistico e della persistente indisciplina dei componenti del Comitato di Intesa. Le responsabilità di questi e le sanzioni che potranno colpirli ove persistessero a misconoscere l'autorità degli organi dirigenti del Partito e l'immediato valore di esecuzione delle loro decisioni non costituiranno in ogni modo ostacolo allo sviluppo della discussione ed alla sua proficua conclusione.

I compagni della massa sentono oggi più che mai che esiste un solo punto d'onore per un militante, quello di appartenere all'Internazionale e non a una frazione; che esiste una sola bandiera rivoluzionaria, quella dell'Internazionale Comunista. I disgregatori, i diffamatori del Partito e dell'Internazionale devono essere isolati, devono sentire che intorno loro non può nascere che disapprovazione e disprezzo.

Il Comitato Centrale

Da L'Unità del 2 luglio 1925

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La Sinistra Comunista e il Comitato d'Intesa

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