Dalle tesi sulla tattica approvate dal III Congresso dell'Internazionale, 1921

[...] Questa definizione d'intenti contenuta nello Statuto dell'Internazionale comunista delimita chiaramente tutti i problemi tattici che si debbono risolvere. Sono i problemi tattici della nostra lotta per la dittatura proletaria. Riguar­dano i mezzi per conquistare ai principii del comunismo la maggioranza della classe operaia e per organizzare i settori socialmente determinanti del proletariato alla lotta per la realizzazione del comunismo; ri­guardano il nostro atteggiamento nei confronti dei ceti piccolo-borghesi proletarizzati, i modi e i mezzi per la più rapida disgregazione degli organi del potere borghese, per la loro distruzione e per la lotta internazionale finale per la dittatura. La questione della dittatura stessa, come unica via per la vittoria, è fuori discussione. Lo sviluppo della rivoluzione mondiale ha dimostrato senz'ombra di dubbio che in questa deter­minata situazione storica c'è un'unica alternativa, dittatura capitalisti­ca o dittatura proletaria. Il Terzo Congresso dell'Internazionale Comu­nista intraprende di nuovo l'esame di problemi tattici nel momento in cui, in numerosi paesi, la situazione oggettiva è divenuta intensamente rivoluzionaria e si è formato un buon numero di partiti comunisti di massa che, tuttavia, non hanno ancora in nessun posto la direzione ef­fettiva della maggioranza della classe operaia in una lotta realmente ri­voluzionaria.

La rivoluzione mondiale, cioè lo sfacelo del capitalismo e la concentrazione dell'energia rivoluzionaria del proletariato, la sua organizzazione in una forza battagliera e vittoriosa, richiederà un periodo abbastanza lungo di lotte rivoluzionarie. Il diverso grado di acutezza raggiunto dal­le contraddizioni nei diversi paesi, la varietà delle loro strutture sociali e degli ostacoli da superare, l'alto livello di organizzazione della bor­ghesia nei paesi capitalistici altamente sviluppati dell'Europa Occi­dentale e dell'America del Nord, hanno fatto sì che la guerra mondiale non abbia avuto come conseguenza immediata la vittoria della rivolu­zione mondiale. Dunque i comunisti avevano ragione quando, già du­rante la guerra, dicevano che l'epoca dell'imperialismo si sarebbe tra­sformata nell'epoca della rivoluzione sociale, cioè di una lunga serie di guerre civili in vari stati capitalistici, e di guerre tra gli stati capitali­stici da un lato e i popoli coloniali sfruttati dall'altro. La rivoluzione mondiale non è un processo costante che si sviluppa in linea retta; nel periodo di cronica decadenza capitalistica, a volte l'ininterrotta opera rivoluzionaria di logoramento sbocca in una crisi acuta

[...] La crisi economica mondiale che ha avuto inizio a metà del 1920 e si è diffusa nel mondo intero, incrementando ovunque la disoccupazione, prova al proletariato internazionale che la borghesia è incapace di rico­struire il mondo su nuove basi [...] Le illusioni che la socialdemocrazia in­ternazionale e la burocrazia sindacale hanno sfruttato per trattenere le masse operaie dalla lotta rivoluzionaria, l'illusione che rinunciando alla conquista del potere politico con la lotta rivoluzionaria avrebbero potuto ottenere gradualmente e pacificamente il potere economico, stan­no svanendo.

[...] Il problema più importante che l'Internazionale Comunista ha oggi di fronte è quello di ottenere un'influenza predominante sulla maggio­ranza della classe operaia, e di portarne alla lotta settori determinanti. Poiché nonostante la situazione politica ed economica sia oggettiva­mente rivoluzionaria [...] la maggioranza dei lavoratori non sono ancora sotto l'influenza comunista; ciò è particolarmente vero per quei paesi in cui il capitale finanziario è molto potente e in cui, di conseguenza, ampi strati di lavoratori sono corrotti dall'imperialismo (ad es. l'In­ghilterra e l'America), mentre solo ora ha avuto inizio una vera e propria propaganda rivoluzionaria di massa. Fin dal giorno in cui è stata fondata, l'Internazionale Comunista ha dichiarato con chiarezza e senza ambiguità di avere per scopo non la formazione di piccole sette comuniste, che si limitino a cercare di imporre la propria influenza alle masse operaie con la propaganda e l'agitazione, ma la partecipa­zione alla lotta delle masse operaie, la direzione di questa lotta secondo lo spirito del comunismo e la creazione nel corso di questa lotta di partiti comunisti di massa, rivoluzionari, numerosi, esperti.

Da Jane Degras "Storia dell'Internazionale Comunista", Feltrinelli 1975. Estratti.

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