Soluzioni classiche della dottrina storica marxista per le vicende della miserabile attualità borghese II
Rapporti alla Riunione di Milano del 17-18 ottobre 1959 - Continuazione della 2a seduta

Il secondo stadio

Nel processo della circolazione del Capitale al primo atto o stadio, che consiste nell'acquisto sul mercato a mezzo del denaro del capitalista del doppio tipo di merce, forza di lavoro e mezzi di produzione, succede il secondo stadio, che è quello del vero e proprio processo produttivo. Marx come dicemmo indica questo stadio sinteticamente con la lettera P grande preceduta e seguita da punti sospensivi, ossia ...P...

Come abbiamo già detto i due elementi della produzione, il lavoro umano e le materie prime e strumenti, che la storia sociale precedente ha separati, di regola con brutale violenza, l'uno dall'altro, vengono a contatto nelle mani del capitalista, diabolico personaggio o stregone che convenga chiamarlo, come due pericolosi reagenti nelle mani del chimico, e si combinano in modo veramente esplosivo. Al tempo di Marx non si parlava di esplosioni nucleari, ma di reazioni chimiche esplosive sì (da quella nella pentola del monaco Schwartz che fece scoprire la polvere da sparo si può andare a quelle nella camera dei motori a scoppio e anche in quella dei motori a razzo astrale tra ossigeno liquido e supercarburanti) e la serie dei processi P di tutto il dramma della circolazione del capitale, che Marx va svolgendo, è del tutto lecito definirla unareazione a catena. La infernale e dibattutissima accumulazione del capitale, senza nulla innovare alla sua classica teoria, la chiameremo reazione a catena. Questa sprigiona una super energia, l'accumulazione sprigiona un plusvalore.

Marx così vi descrive la reazione a catena. "Il movimento circolatorio del capitale produttivo ha la forma generale: P... M - D - M... P. Ciò significa che vi è un rinnovellamento periodico nel funzionare del capitale produttivo, dunque una riproduzione; per rapporto alla messa in valore, il processo di produzione è un processo di riproduzione; non vi è dunque produzione ma periodica riproduzione di plusvalore; e la funzione del capitale industriale nella sua forma produttiva non è una funzione passeggera, ma una funzione periodicamente rinnovata, il nuovo punto di partenza essendo dato dal primo, di arrivo".

Già qui Marx anticipa che sarà la sua seconda formula che va da P a P quella cruciale del capitalismo moderno, e non quelle che per lui sono la prima da D a D (da denaro a denaro), o la terza da M ad M (da merce a merce). Qui è contenuto tutto lo svolto tra le economie tradizionali (in cui oltre a quelle note a Marx includiamo tutte le successive ufficiali, universitarie e modernissime) e la nostra economia, svolto rivoluzionario e possibile una volta su vari secoli, già tutto esplosivamente scontato. "Mentre nella forma prima D-D del processo di produzione il funzionamento P interrompe la circolazione del capitale denaro (e del capitale merce) e sembra soltanto l'intermediario tra le due fasi D - M e M - D, qui invece nella formula P - P (e stiamo a bella posta omettendo per ora le lettere con apice D' - M' - P' di cui oltre) tutto il processo di circolazione del capitale industriale, tutto il suo movimento nella fase di circolazione (merce-denaro-merce, punto centrale dei professoroni di economia) non forma che un'interruzione, e per conseguenza la transizione tra il capitale produttivo (P) che costituisce il primo termine del movimento circolatorio e questo stesso capitale produttivo che ne costituisce l'ultimo termine. La circolazione propriamente detta (ossia quella secondo la legge del valore idolatrata da staliniani e keynesiani, quella sul mercato) appare semplicemente come l'intermediario (passivo, infecondo) della riproduzione periodicamente rinnovellata e resa continua dal rinnovarsi".

Il terzo stadio

Gli stadi sono stati e sono presentati nel loro ordine secondo le nozioni degli economisti volgari. Se il primo è stato da Denaro a Merce (nelle due note forme), il secondo è consistito nell'esplosivo processo P; il terzo ordine ha di comune col primo lo svolgimento nella sfera della circolazione pura, ossia mercantile, che preme a loro messeri, mentre a noi preme la circolazione del capitale. Il terzo è dato da M-D, ma l'effetto dello scoppio avvenuto nel secondo atto P è che si tratta di M' e di D', quantità di merce e di denaro tra loro equivalenti, ma nettamente superiori a quelle di partenza: il primo capitale denaro anticipato, e la prima merce bifronte con esso approvvigionata. È chiaro che M' sono i prodotti venduti e che D' è il loro ricavo. La differenza a noi notissima è il plusvalore "creato" nello scoppio ...P...

Già a questo punto Marx presenta la distinzione base tra riproduzione semplice e riproduzione allargata, ovvero accumulazione, quale si presenta nella realtà storica delle società capitalistiche.

La distinzione è ovvia e si riduce, quando pensiamo per semplicità ad un'azienda sola, all'impiego che sarà dato al plusvalore, ossia alla differenza tra D' e D, al premio di D' rispetto allo speso D. Ove il plusvalore sia portato via, sotto forma di una corrispondente frazione di D' pari a D' meno D dal capitalista, il ciclo dovrà ricominciare identico al primo, ossia al tipico D-M ...P...M'-D'. Avremo allora avuta la riproduzione semplice.

Se invece il plusvalore non è consumato dal capitalista che in parte, o per nulla (come Marx suppone per motivi di ricerca teorica, e come la storia ha fatto in Russia sopprimendo i padroni di fabbrica, e facendoci vedere quello che avevamo capito tanto tempo prima, che la vera infamia del capitalismo si vede quando mancano i capitalisti-persone), allora tutto il denaro D' diventa capitale produttivo industriale e in un successivo ciclo riesplode a catena diventando M'' e D'' e poi M e D ennesimi, coi ritmi della pacifica e disgustevole competizione distensiva.

Questa distinzione tra riproduzione semplice e riproduzione allargata resti qui a base dello studio di ulteriori capitoli cruciali del marxismo e per intendere l'aspetto storico e non solo economico della questione (di cui lo schema puramente economico fu, come "modello", indispensabile al viver della nostra dottrina). Ma noi consideriamo più importante di gran lunga (se ci è lecito) la distinzione che lo scopritore del "segreto" della forma capitale ha qui introdotta nella risorsa tanto semplice di studiare il ciclo della circolazione (del capitale, signori nemici, che di quella delle merci non sappiamo che farne) non più tra D e D, o tra M ed M (come tutti i signori "circolazionisti" facevano fanno e faranno, finché saremo tanto da poco da non saper confutare i coltissimi trustificati cervelli nel modo appropriato, come don Carlo insegnò, tramite un fracco di bastonate sui cornutissimi crani), ma traP e P, ossia quando si parte non avendo tra mano uno stock di merci o un fondo monetario, ma una macchina infernale, non quotabile secondo la legge del valore, ma destinata ad essere ridotta in frantumi dal terrore rivoluzionario.

È con questo intento che facciamo alcuni commenti - e citazioni, per dare la solita prova che nulla abbiamo scoperto e che nulla falsificheremo - alle "tre figure" del processo di circolazione genialmente date da Marx in questo capitolo, e di cui abbiamo espressa la forma simbolica originaria, e quella da noi tradotta, secondo la pubblicazione che ne sarà diffusa.

Le tre figure

Gli stadi o gli atti del dramma sono come abbiamo visto tre; il primo e il terzo possono essere interpretati, senza ancora ridurre i filistei al silenzio, in termini di circolazione monetaria-mercantile; ma solo il secondo, che è lo stadio P, definisce il processo di circolazione che a noi preme, ed è la circolazione del capitale produttivo e perciò stesso del plusvalore.

Le figure sono i tre modi di leggere il ciclo "a catena". Anche stavolta la prima e la terza sono importanti benché non rivoluzionarie, e se ne lascia il dominio alle schiere nemiche, secondo il testuale detto di Marx. Sono la figura che gira da denaro a denaro e quella che gira da merce a merce (prima e terza dunque). Sbrigheremo queste due prima della seconda, per noi ultima in quanto è la prima (messeri non sbigottite; gli ultimi saranno i primi, disse anche il vostro, ma non certo fesso quanto voi, Gesù di Nazareth) e che è quella che da P si muove ed a P giunge.

La prima delle tre figure non richiede che vi si ritorni a lungo dopo aver illustrato gli atti che il capitalista compie quando lo immaginiamo entrare sulla scena come portatore di capitale-moneta, e dopo avere dimostrato che la sola accumulazione di moneta non contiene le condizioni storiche della produzione capitalistica, che risiedono nella rottura lacerante tra i mezzi di produzione e gli uomini dotati di forza lavoro, e nella nobile elevazione di questi schiavi moderni dalla possibilità di essere essi stessi ridotti a mezzi di produzione, come un cavallo (che per questo si vede usati migliori riguardi).

La seconda figura prende le mosse da M', ossia dalla massa di merci che sono già originate da un precedente ciclo produttivo, partito dalla somma di denaro D convertita la prima volta dal capitalista imprenditore nella massa minore di merci M. Marx osserva che M' si può considerare divisa in due ponendo M' = M + m. Allora dopo avere afferrato il blocco M' lo si getta tutto nella circolazione di mercato per far denaro. La parte M sarà sufficiente a ripristinare la somma D e tutto ricomincerà come nella prima figura e primo stadio. Sarà la parte m che resterà in bilico per la doppia destinazione: consumo o come si dice oggi reinvestimento, che decide tra la riproduzione semplice e la progressiva. Comunque, il testo avverte, salvo rare eccezioni (che si verificano nell'agricoltura e non nell'industria perché Agnelli, supponiamo, non si fa servire in tavola una bistecca di lingotto d'acciaio) anche la parte m dovrà andare al mercato per diventare denaro d formante reddito consumabile dal capitalista. Quindi m per il borghese resta nella generale circolazione mercantile anche nella riproduzione semplice, ma per noi resta nel processo di circolazione del capitale solo se non è consumata, grazie ad una astinenza che non ha inventata Stalin, né Marx, ma gli stessi ricardiani classici, e quindi sen va immolata al dio della riproduzione allargata.

Chi si mette a studiare la circolazione come avente per soggetto le merci non capirà mai nulla, dice Marx cento volte, e qui (pag. 116, Costes V) con queste parole: "Abbiamo supposta una riproduzione semplice, cioè che d-m si separino totalmente da D-M (quei trattini non si leggono meno, ma equivalente a; di qui il nostro modesto mutamento di simboliche). Le due circolazioni, m-d-m come M-D-M, appartenendo alla forma generale secondo la circolazione delle merci, e dunque non apparendo nessuna differenza di valore tra gli estremi, è facile, come fa l'economia volgare (che non ne vuol sapere di defungere!) di considerare il processo di produzione capitalistico come una semplice produzione di merci, di valori di uso destinati ad un qualunque consumo, che il capitalista produca unicamente per cambiarli con mercanzie di un altro valore d'uso".

E perché mai produce il capitale? Produce perché deve produrre non merci, ma sé stesso, il plusvalore; e trova idioti distesi ad emularsi nel consumare quelle merci insensate!

Immediatisti e stalinisti

La ragione per cui il nostro partito aborre per principio dalla ingenua idea di rimediare allo scarsissimo numero con un "blocco" di tutti quelli che osano non credere ai russi, a Stalin e ai pretesi dopo-Stalin di lui più sciagurati, è proprio che sono quasi tutti immediatisti in economia, ed anche criptoliberali in politica, quindi non meno antimarxisti! degli stalinisti peggiori. Questo non c'entra coll'abaco dell'economia marxista! pare di sentir dire. Invece c'entra benissimo, ed è nel trovare queste relazioni evidenti che il nostro settarismo inveterato incontra le peggiori imprecazioni.

L'immediatista è quello che vorrebbe aggiustare il conto economico senza fare intervenire quel mediatore tremendo che è la rivoluzione politica, ossia il partito che gestisce la dittatura. Immediatismo significa volere aggiustare la partita m-d-m e lasciare correre la partita M-D-M, che tutto inglobi. Che altro apologizzano gli stalinisti?

Invece il colpo del terrore dittatoriale sulla maggioranza sempre più incarognita della società borghese deve essere proprio assestato per scardinare la formula M-D-M anche quando fosse identificata con la M'-D'-M'. Questa verità non si vedrà mai stando chiusi nell'orizzonte della fabbrica, del sindacato, della comune locale, ma sorge solo luminosa sull'orizzonte della forma partito. Questa verità si raggiunge quando non si guarda più al padrone dell'azienda e al bilancio di essa, per arraffare a favore degli operai, i dividendi degli azionisti, e spartire ad esempio quanto la "organizzazione" FIAT strafrega ai poveri fessi italiani, nel che era la quintessenza degli ideali "ordinovisti". Questo lo aveva detto Marx? Certamente, o teorizzatori che ne avreste saputo più di lui; e non state all'altezza della suola degli stivali.

"Abbiamo visto che m-d-m, circolazione del reddito del capitalista, non entra nella circolazione del capitale che in quanto m fa parte del valore di M', cioè a dire del capitale funzionante come capitale-merce; ma dal momento che esso ha la forma indipendente d-m non entra più nel movimento del capitale anticipato dal capitalista, sebbene ne sia uscito. (Ed attenti!). Esso (d reddito goduto dal capitalista individuale) vi si trova legato (al vero movimento di circolazione del capitale che stiamo trattando nella critica economica al solo fine di individuare il nodo dove vibrare il colpo di spada) fino a tanto che l'esistenza del capitale presupponga l'esistenza del capitalista; e questa ultima ha, come condizione , il consumo del plusvalore da parte del capitalista".

Leggiamo con sufficiente dialettica (quelli che criticano solo che gli operai russi mangino poco, o che gli eserciti mandati da Mosca abbiano sparato per ordine di partito sugli studenti di Budapest si facciano da parte). Il consumo del plusvalore da parte della persona del capitalista è una condizione della esistenza del capitalista. Non è arduo teoricamente: lasciamo il capitalista senza mangiare ed egli morirà; ma nella realtà storica si segue altra via: ammazziamo il capitalista ed egli non mangerà. Sono deduzioni di pura fisiologia. Ma il consumo del capitalista non è una condizione per l'esistenza del capitalismo, dato che era tutto capitale, nella metamorfosi in mercanzia, tanto M che m piccolo. Anzi, in cento citazioni lo mostrammo: la vera condizione di esistenza del capitalismo è l'opposta; ossia il trasporto del plusvalore m a nuovo capitale produttivo, che si metamorfosi in maggiori volumi di merci (nella emulazione gloriosa e "distensista"). I russi hanno realizzata al massimo grado la condizione centrale d'esistenza del capitalismo. Nessuno degli aspiranti a bloccare con noi lo vorrà concedere.

In altri termini lo scandalo che i padroni mangiano una parte del frutto del lavoro dei salariati non consiste nella iniquità morale in sede di riparto dei redditi; ma piuttosto nel fatto che inchiodando il sistema capitalistico nello schema della riproduzione semplice, impedisce il suo sviluppo storico che è condizionato dalla riproduzione allargata ossia alla fabbricazione di un tale plusvalore che si riporti a nuovo capitale. La rivendicazione comunista non è la distribuzione del plusvalore tra i salariati ma la fine del sistema del salario e del ciclo maledetto della circolazione del capitale.

Il capitale deve cadere nella specie di tutte le sue metamorfosi: capitale produttivo, capitale merce e capitale denaro.

L'errore aziendista

Nel testo di Marx è mostrato come non interessa sapere la fine che fanno tutti i prodotti di una determinata fabbrica capitalista. Come tali al momento in cui escono dalla fase del processo produttivo hanno tutti la forma di capitale-merce. Infatti, come ricordiamo sempre, la misura del capitale è data in economia marxista da quella del valore delle merci fabbricate, il famoso fatturato. In quanto merci tutto il prodotto cade nel giro generale della circolazione delle merci e ridiventa denaro. Come merci possono divenire capitale di un'altra azienda o bene di consumo. Da questo momento a noi interessa per seguire il processo di circolazione del capitale soltanto sapere che destinazione avrà il denaro D' in cui si è metamorfosata la merce M', per decidere se vi sarà riproduzione semplice o allargata. Ma l'importante è il passaggio alla scala sociale, nel cui quadro vi è una circolazione di merci ed una per noi ben più notevole di capitali. "La circolazione generale abbraccia l'intreccio dei movimenti circolatori delle diverse frazioni del capitale sociale, ossia l'insieme dei capitali particolari, altrettanto come la circolazione dei valori che non siano stati gettati sul mercato in forma di capitali, o anche che entrino nel consumo individuale".

Nella parte m-d-m che la riproduzione semplice scarta dalla circolazione di capitale "il denaro funziona semplicemente come moneta; questa circolazione ha per fine il consumo individuale del capitalista. Ciò che caratterizza il cretinismo dell'economia volgare, è che essa ci dia come movimento circolatorio del capitale questa circolazione che in quel movimento non entra, ossia la circolazione di quella parte del prodotto-valore che viene consumata come reddito".

In altri passi Marx insiste sul passaggio tra la considerazione di un'economia di azienda e quella di tutto un paese (pag. 166, dove tratta quella III figura della circolazione del capitale merce che noi consideriamo appunto prima della II che è la figura da P a P, circolazione del capitale produttivo). "Quando ad esempio noi consideriamo la totalità del prodotto merci di un paese e noi analizziamo il movimento a mezzo del quale una parte di questo prodotto rimpiazza il capitale produttivo in tutti gli affari individuali (aziendali) mentre un'altra parte entra nel consumo personale delle differenti classi, noi consideriamo M'-M' come forma del movimento tanto del capitale sociale che del plusvalore o del sovraprodotto che esso genera. Dal fatto che il capitale sociale è uguale alla somma dei capitali individuali (ivi compresi i capitali delle società per azioni o quelli dello Stato in quanto i governi impiegano lavoro salariato produttivo nelle miniere, le ferrovie, eccetera, e funzionano dunque come capitalisti industriali), dal fatto che il movimento totale dei capitali individuali (la parentesi - del testo, che precede, giustifica il nostro termine di capitali aziendali e quello di aziendismo per l'errore che qui Marx denunzia) è uguale alla somma algebrica del movimento di ciascun capitale individuale, non bisogna concludere che questo movimento, come movimento del capitale individuale isolato, presenti altri fenomeni che lo stesso movimento quando lo si consideri come una parte del movimento totale del capitale sociale, cioè nel suo rapporto coi movimenti delle altre parti del capitale; non bisogna nemmeno concluderne che quel movimento ci apporti la soluzione che, per certi problemi, noi siamo costretti a supporre effettuata preliminarmente quando studiamo il ciclo di un capitale individuale isolato".

Non si trovi laboriosa questa citazione, il cui senso è evidente. Se tutto il prodotto è merce tutta la economia è economia capitalistica, anche se il soggetto dell'azienda non è più un padrone personale, o collettivo. Quando nel ciclo della singola azienda troviamo lo stadio per cui si vende merce alla fine di un ciclo e all'inizio del successivo si acquista merce, da una parte come mezzi di lavoro, e dall'altra come forza di lavoro, ivi è economia capitalista, per la stessa ragione che capitalismo e non socialismo è quello dei salariati pagati in moneta dal padrone privato.

Nella struttura russa fino a ieri si dissimulava da parte dell'azienda l'acquisto del capitale costante di partenza, ma non quello della forza lavoro (a parte che sia a prezzo più vile che in Occidente, il che non decide). Colle nuove riforme è ridiventata palese la vendita finale M'-D' ed anche l'acquisto iniziale D-M in cui M non è solo V, ma anche C, anche mezzi di produzione e non solo forza di lavoro, in rubli sempre.

L'ammissione di Stalin che in Russia vige la legge del valore è ammissione che ivi vige l'economia capitalista. Occorre a questi inguaribili marxisti ancora un passo classico? "La merce diventa capitale merce, perché essa è la forma funzionale di esistenza, discendente direttamente dallo stesso processo di produzione, del valore capitale che abbia già prodotto plusvalore. Se la produzione delle merci avesse luogo, in tutta l'estensione della società, secondo il modo capitalista, ogni merce sarebbe naturalmente elemento di un capitale-merce, fosse del ferro greggio o dei merletti di Bruxelles, dell'acido solforico o dei sigari. Il problema di sapere quali mercanzie sono, giusta la loro natura, destinate a svolgere il compito di capitale, e quali altre sono semplici merci (ricordate la disputa di Stalin con i dissidenti se in Russia erano merci anche le macchine industriali? Dopo le riforme Stalin è stato azzittito) è stato immaginato, per il suo proprio scocciamento, dalla economia scolastica".

Dopo ottant'anni dalla morte dell'autore di queste parole, l'economia universitaria e le statistiche truffaldine occidentali e sovietiche sono ancora a tali gingillamenti.

Distribuzione delle figure di Marx

La prima e la terza figura, ossia quella che parte dal denaro e quella che parte dalla merce, sono figure incomplete per dare una idea del capitalismo moderno. Il testo lo dice alla fine del capitolo sulla terza figura.

"È su M'...M' che si basa la Tavola Economica di Quesnay; questo autore ha mostrato tatto e giudizio nello scegliere questa forma, e non la forma P...P, per opposizione alla forma D...D, che è quella ritenuta dal sistema mercantilista". Alla fine del capitolo, che nel testo è precedente, sul movimento circolatorio del capitale produttivo (seconda figura) Marx aveva detto: "La circolazione del capitale produttivo è la forma sotto la quale l'economia classica considera il processo di circolazione del capitale industriale".

È quindi giusto storicamente che noi ordiniamo le tre figure come abbiamo fatto; prima quella che vede circolare il denaro, poi quella che vede circolare la merce, infine quella che vede circolare il capitale d'impresa. La scuola economica mercantilistica rispecchiava gli interessi di quella prima classe borghese che si arricchì nei commerci di oltremare; conformemente agli interessi di questi strati essa tentò di teorizzare che la ricchezza si genera in ogni atto di scambio. Il mercantilista nega la legge dei valori equivalenti di mercato perché sostiene che comprando e rivendendo cresce di un plusvalore il capitale. Da D ad M e da M a D' cresciuto.

I ricardiani classici e noi con loro diciamo che in questo movimento non nasce plusvalore.

I fisiocratici nel sostenere ed esprimere gli interessi non dei signori feudali ma dei proprietari di terre al modo borghese, negarono anche essi la tesi del mercantilista ed affermarono che la ricchezza aumentata e quindi consumabile nasce ad ogni ciclo stagionale dalla terra alla quale si dà dieci di seme per riavere cento di prodotto. Non nasce plusvalore dallo scambio né dalla manifattura ma solo dall'agricoltura per la quale M impiegata diventa una M' ricavata più grande. Ogni altro conto è pari: quello del commerciante come quello del lavoratore e dell'industriale che consumano una parte dei prodotti della terra senza nulla aggiungere a quanto hanno ricevuto, ma fornendo alla pari ("lavoratori improduttivi") la loro attività.

Gli economisti della scuola classica rispecchiano gli interessi dei fabbricanti. Per essi il plusvalore di cui la umanità vive, non nasce nello scambio né nell'agricoltura, ma solo nella industria. Quindi il profitto compete alla classe imprenditrice. Essi quindi pongono in primo piano il processo produttivo che Marx chiama P e possono essere bene rappresentati dalla sua seconda figura. Questa si scrive in forma semplice P...M'-D'-M...P quando la riproduzione è semplice e quando è allargata P...M'-D'-M...P' dove P' rappresenta una intensificata produzione di impresa che darà luogo ad un prodotto esaltato. Marx riunisce le due formule in una che scrive all'incirca così: P...M'-D' (D'-M') (D-M) ...P (P').

Tutte e due le versioni appartengono ai teorici apologisti del capitalismo di impresa che hanno introdotto già il concetto che il capitalista personale preferisca non consumare nulla e tutto investire.

L'infernale accumulazione

"Tutto il carattere della produzione capitalista è determinato dalla messa in valore del valore capitale anticipato, dunque in primo luogo dalla massima produzione di plusvalore, quindi dalla produzione di capitale, ossia dalla trasformazione del plusvalore in capitale. L'accumulazione, o la produzione su di una scala ingrandita, che appare come il mezzo per estendere la produzione di plusvalore e di arricchire il capitalista di cui essa accumulazione è lo scopo personale; questa accumulazione, implicata dalla tendenza generale della produzione capitalistica, diviene a poco a poco sviluppandosi (vedere il Libro Primo) una necessità per ogni capitalista individuale. Il capitalista non può che mantenere il suo capitale aumentandolo senza posa".

Quindi la apparente libera decisione del capitalista singolo di profittare per consumare più degli altri si svela meglio come una "necessità" ossia una determinazione estranea alla volontà umana del soggetto, di fare crescere il suo capitale, o meglio detto il Capitale, il capitale sociale. Non sembri un assurdo quello dei ricardiani che il capitalista per obbedire a un simile imperativo categorico si astenga dal consumare il profitto; egli fa di più come persona, sparisce nel numero della maggioranza quando il capitale si concentra in un numero maggiore di mani, in un più grande numero di aziende anonime, nello Stato capitalista.

Ritornando alla seconda figura, comprensiva della riproduzione semplice e di quella allargata, in quanto i due aspetti non possono essere separati, noi ne deducemmo, separandola invece deliberatamente in due, le formule che possono definire altre due scuole nostre avversarie, direttamente generate dalla economia borghese, anche se lo negano.

Di P...P senza allargamento del processo produttivo abbiamo fatta la formula degli "immediatisti". Questi propongono solo che il plusvalore (che nella notazione del nostro Abaco è tenuto in evidenza come p piccolo) sia sommato con v, capitale salario (ossia ripartito tutto agli operai) eliminando il padrone o i dividendi della società. Con ciò P resta sempre uguale a sé stesso e non occorre più allargare la produzione, ma solo correggere una sbagliata ripartizione. Anche Marx disse: "Questo rapporto tra capitalista e salariato come rapporto di denaro, di compratore e venditore, è fondato sul carattere sociale della produzione e non sul carattere del modo di distribuzione. È il secondo che nasce dal primo. È del resto conforme alle concezioni borghesi, in cui il 'piccolo commercio' occupa il primo posto, non cercare nel modo di produzione la base del modo di distribuzione, ma fare il giusto contrario".

L'immediatista che abbiamo così incasellato sotto la formula abbreviata P...P è un soggetto operaista, ma la sua anima è puramente piccolo borghese.

La formula invece P...P', seconda faccia della formula borghese classica, va molto bene per gli economisti staliniani. Anche questi hanno, con le persone fisiche dei capitalisti, fatto sparire il plusvalore p, ma non si sono sognati di aggiungerlo al salario v. Lo hanno interamente trasportato a nuovo investimento produttivo per fare favolosamente salire la intensità di P, e in questa enfiazione del produrre pretendono che debba consistere... il socialismo.

Attribuite così tutte le formule alle scuole nostre nemiche, noi non avevamo da prescegliere tra esse una nostra. La chiusura di questa esposizione, che fu integrata da una serie più completa e simmetrizzata di formule simboliche dei tre aspetti della circolazione del capitale, fu che nella economia socialista e comunista non si producono capitali e quindi non ne circolano. Non si producono nemmeno quindi merci e non ne circolano, nel senso dello scambio a mezzo di denaro, e tanto meno a mezzo di baratti.

Poiché per Marx "l'estensione della massa di merci fornita dalla produzione capitalista è determinata dalla scala di questa produzione e dal bisogno della sua perpetua estensione, e non dal cerchio predestinato dell'offerta e della domanda, né dai bisogni da soddisfare"; la nostra rivendicazione è che la produzione sia ridotta alla scala di quei bisogni che sono conformi alla evoluzione migliore della società umana e non al capriccio dell'individuo, e che questo proporzionamento avvenga per misure fisiche e non per misure di valore economico, fino al punto che la soddisfazione dell'umano bisogno e la attività per conseguirla coincidano in un atto solo ed in una stessa umana gioia.

Da "Il Programma comunista" n. 23, 31 Dic 1959 - 13 genn 1960.

Copertina Scienza economica marxista
Scienza economica marxista come programma rivoluzionario

Quaderni di n+1 dall'archivio storico.

Una importante relazione del Partito Comunista Internazionale sulle "questioni fondamentali dell'economia marxista" nella quale si indaga intorno alla teoria della dissipazione capitalistica.

Indice del volume

Indice de Il programma Comunista - 1959