Newsletter numero 178, 13 ottobre 2011

Autunno caldo

La cosiddetta crisi si configura ormai come stato permanente del capitalismo globalizzato. Non sono esclusi sobbalzi contingenti, ma il processo di autonomizzazione del Capitale è irreversibile. Il risvolto sovrastrutturale è assolutamente in linea con i presupposti materiali: le componenti statali nazionali dell'insieme capitalistico si stanno muovendo per ritagliarsi spazi di sopravvivenza. Nel passaggio al dominio del capitale globalizzato, ciò non può che avvenire a vantaggio di alcuni e a svantaggio di altri, anche perché la prospettiva del capitale finanziario (che oggi vuol dire quasi esclusivamente capitale fittizio) è quella di essere semplicemente cancellato. Il tutto disturbato dal possente brontolìo del bradisismo sociale, ormai anch'esso costretto a globalizzarsi.

2008: Non è una crisi congiunturale
2011: Marasma sociale e guerra

Il ritorno della Sublime Porta

Globalizzazione vuol dire interdipendenza: ciò che di significativo succede in un paese si ripercuote rapidamente sugli altri, specie in crocevia storici come il Mediterraneo e il Medio Oriente. Non è strano che le rivolte di questi mesi nell'area abbiano accentuato l'attivismo della Turchia, che le ha appoggiate. Paese con enormi potenzialità, sottovalutate stupidamente dalla cosiddetta Unione Europea, ha prontamente trasformato il proprio isolamento a occidente in espansione nella sua area geostorica di influenza a oriente. E l'ha fatto da potenza imperialista nemmeno troppo "regionale", visto che il suo attivismo copre tutta l'Eurasia turcofona, dal Bosforo al Xinjiang. Il suo appoggio alla causa palestinese ha assunto aspetti militari con l'invio di navi da guerra davanti a Gaza; ha abbandonato il software americano dei suoi sistemi d'arma sostituendolo con uno autoprodotto (che non riconosce più gli israeliani come "amici" ma come "ostili"); ha minacciato un intervento militare in appoggio ai propri interessi (anche petroliferi) a Cipro; ha dinamizzato la propria situazione interna togliendo potere alla sclerotica casta militare. Ha insomma continuato la "rivoluzione permanente" kemalista con altri mezzi.

2008: L'Europa virtuale e i nuovi attrattori d'Eurasia: la Turchia come fulcro dinamico

Occupy Wall Street

Chi ricorda il movimento per la cancellazione del debito? Esso voleva liberare il "Terzo mondo" dalle grinfie del FMI e della Banca Mondiale. Adesso che il "Primo mondo" è diventato vittima di sé stesso e spera negli stessi organismi per pianificare la propria salvezza, il movimento sociale assume ben altri caratteri che non la pelosa solidarietà morale. Era fin troppo facile prevedere che Tahrir Square avrebbe avuto eco a New York (e altre centinaia di città americane). E la rabbia salirà: dato che in ultima istanza qualunque esecutivo presente e futuro dovrà agire sulla forza-lavoro e sulla possibilità di cavarne maggiore plusvalore, occorrerà liberare il proletario da ogni vincolo, estendere la sua mobilità, sottomettere non solo il suo salario ma la sua stessa vita alle esigenze dell'economia. Per questo la folla, a New York, un giorno ha gridato: "Non fatevi ingannare,  il capitalismo è questo !". E' vero, altro non ce n'è.

2002: Estinzione del Welfare State

Micidiale auto-inganno

Ormai lo riconoscono anche alcuni borghesi: il capitalismo è sull'orlo del baratro. La società somiglia sempre più a una polveriera. Masse di uomini si riversano sulle piazze, pericolosamente senza rivendicazioni, solo manifestando rabbia e disperazione. Perché mai, allora, la classe dominante si dimostra così ottusa e indisponibile a misure che un tempo servirono a frenare la lotta di classe? La tassazione progressiva fu un toccasana: essa incise sulla propensione marginale al consumo di milioni e milioni di persone, rivitalizzando il ciclo di accumulazione. Oggi i ricchi americani annegano in un mare d'isteria collettiva solo al ricordare questo dato storico. Bolscevismo! Gridano fuori di senno, convinti dell'eternità del loro sistema. Anche i nobili francesi lo erano, poco prima che la loro testa finisse sotto la ghigliottina.

2001: Controllo dei consumi, sviluppo dei bisogni umani

Lotta di liberazione

A gennaio la Fiat uscirà dal sindacato degli industriali, per liberarsi da tutti i vincoli contrattuali che impediscono il maggior sfruttamento della forza-lavoro. Sulla via di questa libertà, altre aziende la stanno seguendo. Per parte loro i sindacati dei lavoratori hanno già da tempo liberato i lavoratori stessi dai vincoli contrattuali e dalle leggi che li regolano, firmando ogni genere di compromesso, concessione, capitolazione. Il quadro di riferimento corporativo uscito dalla guerra ha funzionato per decenni garantendo stabilità al modo di produzione attuale. Oggi si sgretola sotto le spinte del Capitale stesso che, lottando per la propria sopravvivenza, si autonomizza rispetto ai suoi possessori. C'è chi piagnucola sul perduto accordismo contrattuale sancito per legge. Figuriamoci: la libertà da questo residuato fascista andrebbe anzi cercata, l'autonomia del proletariato sarebbe la migliore risposta alla lotta di classe che i borghesi non hanno mai smesso di praticare.

1949: Lotta di classe e "offensive padronali"
2005: L'autonomizzarsi del Capitale e le sue conseguenze pratiche

Tragicomiche

All'interno della CGIL una vaga sinistra mugugna per l'accordo del 28 giugno. La sacra base non è stata consultata, s'è peccato di lesa democrazia. L'ingloriosa capitolazione della FIOM all'Assemblea nazionale di Cervia chiude il quadro. E' la solita vecchia storia. Non appena c'è sentore di ribellione degli iscritti, la maggioranza della FIOM si sposta verso la linea ufficiale della CGIL e lascia la cosiddetta opposizione col culo per terra. Il giochetto va avanti da decenni. Non va diversamente sul fronte politico. I sinistri si mobilitano e strillano... fino a quando non ci sono elezioni di mezzo. Allora si genuflettono di fronte alla sacra scheda. Oggi è la volta di una campagna di "movimento" che prende il nome dal documento intitolto Dobbiamo fermarli. L'obiettivo è un "fronte comune contro il governo unico delle banche". Fronte comune interclassista, naturalmente, lo stesso che ha fregato tutte le rivoluzioni. Banchieri di tutto il mondo, non ridete troppo!

1993: Capitalismo, produttività, disoccupazione

Ricetta Soros

Sul Financial Times Georges Soros scrive che una seconda grande depressione sarebbe l'anticamera di un "terremoto globale" e quindi propone tre misure immediate per l'Europa: 1) istituire un ministero del tesoro comune europeo; 2) mettere le principali banche europee sotto la direzione della BCE, che ordinerebbe loro di mantenere aperte le linee di credito; 3) permettere quindi a paesi come l'Italia e la Spagna di rifinanziarsi a un costo molto basso. Soros sa benissimo che le sue saranno parole al vento, come quelle sul governo mondiale dell'economia che predica da decenni. Il fascismo nazionale è già una contraddizione del capitalismo. Il fascismo mondiale sarebbe l'anticamera del non-capitalismo.

1999: Globalizzazione

Steve Jobs

Il genio benedetto che, da solo, ha aperto una nuova fase della storia umana. Il self made man che, partendo dal classico laboratorio in garage, offre la verifica sperimentale del sogno americano. Il guru di una nuova etica, che trasforma il computer da aggeggio tecnologico a prolungamento dell'anima. Ma anche il demone maledetto, realizzatore del sistema più chiuso del mondo nell'universo aperto delle reti. Come nelle religioni, la guerra tra i seguaci continuerà oltre la morte fisica dei protagonisti. Paradossalmente, nessuno ha ricordato che i meravigliosi gioielli tecnologici di Jobs hanno senso, fin dal tempo di NeXT, solo nelle reti; che l'iPad sancisce la morte del ridicolo computer personal e rappresenta l'interfaccia futura tra l'umano e la cloud, la nuvola, cioè un passo verso l'impersonale s-possesso di programma e ferramenta. E' un processo del cervello collettivo; l'individuo, per quanto geniale, non ne è che l'esecutore.

2001: Essere digitali
1953: Fantasime carlailiane
1961: I grandi uomini

Ricostruire il partito... frontista

Novelli stalinisti vorrebbero "ricostruire il partito comunista". Un filosofo che si autodefinisce "allievo critico di Marx ma non marxista" si prende la briga di criticarli e scrive che la prospettiva storica non è tanto una riedizione del 1917 quanto quella del 1789 (cioè non l'affermazione del partito bolscevico ma l'unificazione del Terzo Stato). La sua presa per i fondelli nei confronti di questi residuati storici sarebbe anche divertente, se egli non suggerisse di "costruire un'alleanza politica contro il bipolarismo manipolato", cioè il solito fronte interclassista. Lo stalinismo (con l'intera sinistra) vivrebbe di false opposizioni, inventandosi vari bersagli (DC, Craxi, Berlusconi), ma in realtà vivendo alla loro ombra come un parassita. Il futuro di tale omologazione sarebbe nerissimo: dato che le classi non esistono più, al loro posto si formerebbe una classe media globale il cui vertice farebbe da cuscinetto fra l'oligarchia finanziaria e la restante massa pauperizzata. L'azione di questo cuscinetto al servizio dell'oligarchia rappresenterebbe una controrivoluzione al cui confronto "i codini nobiliari del 1789 sembrerebbero tutti dei Thomas Munzer". Siamo a posto: da una parte il fronte democratico di "opposizione", dall'altra il fronte universale anti-oligarco-finanziario. I democraticucci interclassisti piccolo-borghesi si somigliano proprio tutti!

1945: Natura, funzione e tattica del partito rivoluzionario
1951: Tesi caratteristiche del partito

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