Non essere partigiani nel gioco tra imperialismi

[…] La questione nazionale è vitale per la rivoluzione borghese, non certo per i comunisti. Ma per questi ultimi lo diventa in alcuni casi, a certe ben definite condizioni, e cioè se i proletari della nazionalità oppressa fossero purtroppo ancora irretiti dal nazionalismo, come nell'esempio dell'eventuale invasione della Polonia [articolo allegato]. Il diritto all'autodeterminazione lo riconosciamo ai proletari e non ai comunisti, e glie lo riconosciamo solo nel caso in cui il problema dell'autodecisione costituisca un intralcio alla loro lotta antiborghese. Noi non siamo agnostici […].

[…] Quando si incomincia con questi sillogismi la dialettica va a farsi benedire e si finisce in una logica da vicolo cieco. Non vorremmo dilungarci per non essere pedanti e soprattutto perché tutto è già scritto; ci preme solo ricordare che, negli articoli comparsi molti anni fa sul giornale del nostro ex partito, al tempo della rivolta di Berlino (1953) e di quella di Budapest (1956), proprio in occasioni tipiche di "caduta sotto il giogo dell'oppressore", si smentisce l'interpretazione secondo cui sarebbe lecita una reazione proletaria per di più organizzata e diretta dai comunisti. Negli scritti citati non si fa affatto menzione al "diritto di autodecisione dei popoli", piuttosto ci si rammarica che il proletariato, invece di combattere per i propri obiettivi di classe, prenda le armi per un generico anelito alla "libertà" e alla "democrazia". Come si vede all'epoca non prendevamo neppure in considerazione il combattimento contro l'oppressore, bensì ci mordevamo le nocche perché gli operai si facevano ammazzare per la libertà e la democrazia. E anche nel 1968 si cercherebbe invano qualche riferimento "nazionale" a proposito dell'atteggiamento proletario nei confronti dei panzer russi in Cecoslovacchia.

In tutti questi casi siamo in contesto di rivoluzione proletaria pura, altro che questione nazionale. Di fronte a simili episodi è ovvio che non siamo indifferenti, non per via delle nazionalità in campo, bensì per via degli obiettivi sbagliati di un proletariato che dimostra una così meravigliosa capacità di combattimento contro forze immensamente superiori. Siamo a livello della Comune di Parigi (è Amadeo ad usare il termine "Comune di Berlino"), con barricate, organizzazione militare, cannonate ecc., non certo al livello del democratico referendum Svezia-Norvegia usato da Lenin contro Piatakov.

Del resto ragioniamo un momento su di un'affermazione molto pesante che la Sinistra ha avanzato e che non è certo una boutade qualunque: sarebbe stato meglio che la Seconda Guerra Mondiale fosse vinta dall'Asse piuttosto che dagli Americani. Qual era il senso di questa madornale provocazione? Questo: gli effetti sociali di un simile esito sarebbero stati più favorevoli alla rivoluzione proletaria, cosa su cui anche Hitler aveva certamente meditato a proposito della battaglia d'Inghilterra, e ciò spiegherebbe sia l'altrimenti inspiegabile "astensione militare" di Dunkerque, sia il "folle volo di Hess". Quindi persino un Hitler, di fronte alla prospettiva di mettere mezza Europa, Polonia e Inghilterra comprese, sotto "il giogo dell'oppressore" tedesco capisce bene che la "questione nazionale", in contesto di capitalismo puro, è del tutto ininfluente di fronte al pericolo di una rivoluzione.

In seguito, con la vittoria degli Alleati, le due metà d'Europa furono occupate da americani e russi, perciò la conclusione logica da trarre dall'articolo che alleghi è che si preferisce la "libertà" americana al "giogo" tedesco o russo. In questo caso proprio la Polonia, utilizzata come territorio di simulazione geopolitica nell'articolo, cambiò padrone e fu messa sotto il "giogo" dei russi. Che gli alleati occupassero la Germania, le riscrivessero la costituzione e le leggi, "lasciassero" morire di stenti un numero enorme di prigionieri e facessero dell'Europa intera una fonte di plusvalore per la valorizzazione dei loro capitali (disse la nostra corrente a proposito del Piano Marshall: "È l'Europa che aiuta l'America!"), tutto ciò all'autore dell'articolo non sembra, giustamente, sollecitare una questione nazionale. Allora, perché dovrebbe essere diverso per altri paesi? La Polonia eventualmente occupata dai tedeschi e dai russi (come ha scritto) non può essere un caso da trattare in modo speciale a seconda se l'occupante è ricco o straccione. Forse si dimentica che Germania, Italia e Giappone sono stati paesi occupati militarmente da una potenza straniera per anni e anni (ma vi sono truppe alleate ancora oggi) e che a nessun comunista assennato è mai venuto in mente di riconoscere, contro questo stato di fatto che perdura, un qualche diritto all'autodecisione. […]

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