Mucca pazza e i suoi untori

"Nel Duemila – noi non mangeremo più – né bistecche – né spaghetti col ragù – prenderemo – quattro pillole – e con gran semplicità – la fame passerà" (Nel Duemila, di Martino e Brighetti, anni '60).

"In quei vecchi cinegionali la civiltà occidentale guardava nelle telecamere con demente perplessità, mentre milioni di persone rifiutavano di capire che stavano morendo solo perché avevano mangiato carne di vacca. Morti in modo orribile. Per un hamburger" (dal racconto di Bruce Sterling, Sacred Cow, 1993).

"Ribellatevi mentre siete ancora in tempo!" (Grido di Charlton Heston nel finale del film 2022: i sopravvissuti, dopo aver scoperto che grandi multinazionali producevano cibo riciclando i morti, 1973).

Non era ancora terminata la grande diatriba sulle biotecnologie, che già quella sulla bistecca al prione inondava i media e… la mail-box del nostro sito. Siamo alle solite: l'uomo mangia e respira le porcherie più schifose, va in automobile, prende il treno e l'aereo, va persino dal medico e si fa ricoverare negli ospedali sfidando quotidianamente le leggi della probabilità (di morire) e poi si adegua al dibattito diventando magari vegetariano. Finché non si scoprirà che l'insalata è peggio della bistecca.

Del resto non ha molto senso sparare frasi generiche, del tipo "non è pazza la mucca, è pazzo il capitalismo!". Suona bene, ma potremmo anche riempire pagine e pagine con le "malefatte" di questo modo di produzione senza aggiungere nulla alla conoscenza dei processi del capitalismo e alle determinazioni che spingono verso il suo superamento. E saremmo in grado di farlo senza neanche troppo sforzo, dato che il capitalismo stesso provvede a fare il catalogo di malefatte alla sua televisione, sui suoi giornali, su Internet. Ci viene detto quanti di noi muoiono (nell'ordine) per malattie cardiovascolari, per cancro, per incidenti automobilistici, per sbadatezze domestiche, per omicidi sul lavoro, per alluvioni, spesso esagerando per banale interesse o per pura corsa allo scoop, sorvolando sul fatto che il cuore scoppia, il cancro avanza e il clima impazzisce proprio perché dedichiamo una vita troppo frenetica a troppa produzione.

Non serve a nulla l'arringa avvocatesca contro chi già si processa da sé. Nell'udienza infinita al tribunale della concorrenza il borghese fa le scarpe al borghese senza freni morali e nell'epoca della telematica non abbiamo carenza d'informazione: essendo questa una merce come le altre, ne abbiamo troppa. Il problema, semmai, è di sfrondare l'informazione dal rumore. Il capitalismo non è affatto "pazzo". In sé stesso è molto razionale. Produce con tecniche scientificamente mirabili e distribuisce secondo un modello consolidato da miliardi di anni: quello darwiniano. D'accordo, è la legge della giungla, caos primitivo, anarchia pura. Ma siccome l'evoluzione naturale è basata sulla concorrenza fra individui e fra specie, quindi sulla sopravvivenza del più adatto, è molto efficiente nella selezione. Una selezione spietata, non del tutto priva di meccanismi di autoregolazione: tutto sommato di ordine. Tant'è vero che ha prodotto l'uomo con la sua intelligenza, mammifero talmente orgoglioso di sé da credersi "superiore" al punto di essere fin troppo ideologicamente legato al processo selvaggio che l'ha generato. Infatti la legge naturale del capitalismo, oltre a provocare crisi e catastrofi rigeneratrici, è soprattutto molto efficiente nel piegare il pensiero degli uomini alle sue esigenze, e tende a tenerli prigionieri in questa preistoria del loro percorso di specie.

Questo pensiero si manifesta specialmente attraverso il "confronto di idee", che, tradotto in linguaggio meno pomposo, significa chiacchiera sulle opinioni. Lo sport che ne deriva produce schieramenti, fazioni, partiti avversari tra loro, non importa se basati sugli stessi presupposti determinati dall'ideologia dominante.

Il morbo della mucca pazza, BSE, è una patologia nuova (il primo caso fu scoperto nel 1986) ed è una variante di altre encefalopatie come la scrapie degli ovini o l'equivalente dei visoni, dello scoiattolo e dell'alce. Quella che colpisce l'uomo si chiama malattia di Creutzfeld Jakob, ed è simile al kuru, collegato alle pratiche di cannibalismo rituale di una tribù della Nuova Guinea. Prima che scoppiasse il caso mucca pazza, questa malattia colpiva già circa 6.000 persone l'anno in tutto il mondo. Dal 1995 si sa che una nuova variante è connessa specificamente al consumo di carne bovina e da allora vi sono stati interventi legislativi assai blandi, fino al dicembre scorso quando i maggiori paesi interessati hanno finalmente preso provvedimenti all'apparenza drastici.

Ricordiamo che per eliminare il prione, poiché i disinfettanti sono inefficaci, occorre sottoporlo a temperatura di 150°C per 80 minuti a tre atmosfere di pressione (ma sono stati riscontrati residui di "infettività" in campioni inceneriti a 360°C); per questo nei laboratori che studiano il problema si utilizzano soltanto attrezzi usa-e-getta e per questo si buttano anche le parti degli animali vicino alla spina dorsale. Però si sono viste in Tv le immagini di macelli dove, con potenti motoseghe, si tagliavano in due le schiene degli animali appesi a centinaia in lunghe file: buttano il midollo spinale, i bisturi e le provette che lo toccano e non buttano la grossa macchina che sega spine dorsali per tutta la lunghezza?. Uno dei tanti camici bianchi intervistati dai giornalisti, alla domanda: allora possiamo mangiare con sicurezza la carne di muscolo? rispose con scientifica laconicità che è un problema di lessico: possiamo mangiarne con tranquillità statistica, perché la certezza in questo campo non esiste, dato che una sola molecola di questa sostanza può generarne altre, oltretutto con meccanismi non genetici, ancora sconosciuti, perciò non facilmente neutralizzabili.

La statistica ci dice, per ora, che è molto più sicuro mangiare la proibitissima finanziera (un umido fatto con cervella, midollo, frattaglie, funghi e sottaceti) che andare in automobile o rimanere semplicemente in casa, ma la risposta del ricercatore è significativa: non si sa nulla delle dinamiche a lungo termine di fenomeni biologici oggi appena sfiorati dalle cronache e destinati a passare nel dimenticatoio fino alla prossima occasione.

Le biotecnologie sarebbero l'unica via per saperne qualcosa di più su questa proteina, e per trovare un rimedio al morbo; ma possiamo avere la certezza che, se rimedio venisse trovato, ci farebbero continuare a mangiare prioni e magari anche altre nuove e instabili molecole in un ciclo senza fine, e si continuerebbe con le farine animali e tutto il resto. Il gene che codifica per questa proteina è stato clonato quindici anni fa e tutto il processo di "infezione", anche con il salto di specie che si è verificato, è seguito con interesse per le sue implicazioni col meccanismo dell'evoluzione. Il gene esiste normalmente nel cervello e in altri tessuti degli animali, per cui si spiega l'aspetto ereditario di alcune malattie da prioni, che sono dovute a sue mutazioni. Più recentemente è stata sperimentata la neutralizzazione di questo gene nei topi, che risultano così protetti dall'infezione indotta artificialmente. Siccome la "disattivazione" del gene per la proteina normale non provoca alterazioni dannose nell'organismo, si potrebbero per questa via prevenire le infezioni prioniche negli animali da allevamento (qualcuno sostiene che questo tipo di ricerca potrebbe anche portare al rimedio per malattie quali il morbo di Alzheimer).

E' lo stesso ciclo perverso dell'agricoltura capitalistica: siccome le piante (come gli animali) soffrono di tutte le patologie indotte dai cicli industriali di produzione, ecco che allora diventa necessario ricorrere al trattamento "terapeutico". Il capitalismo ha stravolto persino il significato di profilassi e terapia, cioè di prevenzione e di cura della malattia. Nella ricerca del profitto induce artificialmente e consapevolmente ogni tipo di patologia in agricoltura, e per profilassi intende il tentativo di evitarla con la somministrazione anticipata di farmaci, sia agli animali che alle piante. Una bestialità in termini che è un po' come dire: utilizziamo mezzi terapeutici a scopo profilattico.

In tutta Europa sono state proibite le farine animali per l'allevamento degli erbivori, ma a diversi gradi di ipocrisia esse rimangono alla base dell'alimentazione di altri animali. La pratica del cannibalismo continua a regnare sovrana negli allevamenti, per cui polli, conigli, maiali, pesci vengono nutriti con gli scarti della macellazione di sé stessi e dei bovini. In Italia è vietato l'uso di residui animali ad "alto rischio" ma, a parte la difficoltà di definizione, i controlli sono poco più che virtuali, come dimostrano i dati sui test specifici per la BSE: 15.000 controlli al mese a regime su più di sette milioni di bovini in fase di emergenza acuta, che vuol dire 50 anni per un controllo totale. E solo sugli animali, figuriamoci che controlli ci possono essere anche sui mangimi, sugli estrogeni, anabolizzanti, farmaci, quando tutto è tranquillo e il mercato tira.

Le regole comunque possono impedire certi eccessi, ma non cambiano sostanzialmente il menù preparato dai mangimifici per l'allevamento industriale e anche parcellare (quest'ultimo controllato ancor meno del primo): dai macelli provengono sangue, ossa, zoccoli, peli, piume, interiora. Dagli stessi allevamenti provengono animali morti, malati, malformati o inutili, come i cavalli da corsa dopo la selezione degli esemplari migliori, le pecore da lana ormai improduttive o le centinaia di tonnellate di pulcini macinati giornalmente dalle grandi industrie dell'incubazione (i maschi delle razze ovaiole e le femmine delle razze da carne vengono scartati) e persino gli escrementi del pollame, ancora ricchi di elementi "nutrizionali". Siamo ancora nel normale quando gli ammassi forniscono frutta avariata e partite di cereali aggrediti da parassiti o roditori e contaminati dagli escrementi di questi ultimi, ma siamo già alla creatività spinta quando si utilizzano come mangime anche i fanghi di depurazione delle acque di scarico (oh, certo, opportunamente trattati con colture biologiche). Oppure quando si ammanniscono ai bovini, che hanno un apparato digerente in grado di metabolizzare la cellulosa, anche scarti dell'industria come segatura, trucioli, giornali, imballaggi (appurato da un'inchiesta governativa negli Stati Uniti).

Aggiungiamo a questi ingredienti lo stato di immobilità forzata degli animali, l'ambiente in cui sono ammassati in gran numero, il trattamento con estrogeni e anabolizzanti vari, il ciclo farmacologico continuo, la stessa costituzione ibrida dei corpi finalizzati al rapido raggiungimento del peso commerciale e avremo materiale sufficiente per farci un'idea dell'ambiente nel quale si è riprodotta la proteina mutagena incriminata. Trascriviamo da un documento ufficiale: "Tipico degli allevamenti industriali è uno schema di alimentazione che bilanci i fabbisogni energetici richiesti dalle finalità economiche del ciclo intensivo con il mantenimento dell'equilibrio fisiologico. Le forzature alimentari sono frequentemente matrici di stati dismetabolici che anch'essi richiedono un largo ricorso al correttivo terapeutico. Sia la patologia infettiva sia il tipo di razione utilizzato postulano un sistematico impiego del farmaco. Prescindendo dal volontario ricorso a prodotti vietati, ci troviamo, già nel 'normale' allevamento, di fronte ad una rilevante presenza del rischio 'residui', la cui gestione è quasi totalmente affidata al senso di responsabilità dell'allevatore, cioè, in pratica, una variabile affidata al caso" (Mario Valpreda, La salvaguardia della sanità, rapporto per la Direzione Assistenza Veterinaria della Regione Piemonte).

Mentre si svolge la pazzesca sarabanda e vengono coinvolti interessi enormi, il governo inglese ha stanziato fondi pubblici per un ulteriore tipo di ricerca: sembra che un nuovo filone investigativo si sia aperto nella caccia alle ragioni che hanno fatto esplodere la variante patologica umana della BSE. Un contadino inglese, improvvisatosi ricercatore in proprio, ha accumulato conoscenza, dati ed esperienza sufficienti da suscitare l'interesse degli scienziati. Egli sostiene che il morbo è stato scatenato da un insetticida la cui composizione chimica avrebbe alterato in alcune specie l'equilibrio degli organismi nella metabolizzazione di alcuni minerali. Un neurologo inglese ha effettivamente rilevato che il prione cambia struttura quando è sottoposto agli esperimenti suggeriti. L'università di Toronto ha esaminato la documentazione trovando plausibili i risultati di questa ricerca. Nel caos delle ipotesi, anche questa è stata presa in considerazione in Europa e in America. L'Istituto Superiore della Sanità di Roma gli ha fornito dati riguardanti l'Italia. Gli ambientalisti si sono impadroniti della notizia mescolandovi un po' di fantascienza e di giallo (sembra che questo signore sia stato vittima di misteriosi incidenti).

Non sarà l'unico episodio del genere. Altri ricercatori avranno scoperto relazioni tra vari fattori senza che esse vengano a conoscenza del pubblico. Probabilmente i contadini ricercatori non godono di simpatie negli ambienti accademici, ma anche gli scienziati non sono esenti da pressioni per semplice interesse. E gli interessi in gioco rispetto all'allevamento e all'agricoltura in genere sono enormi, in quanto coinvolgono le strategie globali degli stati imperialistici maggiori. Se saranno totalmente vietate le proteine animali in ogni allevamento si dovrà importare la soia per sostituirle, e il commercio di questa leguminosa è un quasi-monopolio mondiale degli Stati Uniti (la loro produzione è il 50% di quella mondiale e i soli concorrenti commerciali sono il Brasile e l'Argentina, con il 10% di produzione ciascuno; l'Unione Europea assorbe il 50% delle esportazioni mondiali).

Una cosa è comunque certa: la grande scienza borghese si è chiesta realmente se è possibile ciò che finora veniva considerato assurdo: che sostanze tossiche possano provocare modificazioni trasmissibili tra molecole come le proteine. Se così fosse, i fattori che hanno provocato il fenomeno di Mucca Pazza potrebbero essere le stesse in grado di causare qualsiasi altro processo analogo, come succede per i tumori.

Come al solito c'è materiale per infiniti dibattiti di nuovi schieramenti del pro e del contro, delle multinazionali e dei cittadini consumatori, anche perché se l'untore che diffonde il morbo non è la fabbrica delle farine animali ma quella della chimica usuale, sarà interessante seguire le arrampicate sui vetri di tutti coloro che dovranno "cambiare idea". Dovranno essere varate nuove leggi, dovranno essere interrotti i processi per risarcimento e riaperti su altri fronti, dovranno essere mobilitati tutti i meccanismi comunitari europei sulla base delle nuove scoperte, vecchie certezze sul controllo umano rispetto al modo in cui il Capitale si accumula dovranno essere sostituite da nuove e altrettanto transitorie certezze su cui costruire schieramenti e dibattiti.

L'attuale ministro delle politiche agricole riesce addirittura a far parte contemporaneamente di due schieramenti opposti e rappresenta un esempio significativo. Da una parte si scaglia contro le biotecnologie ventilando non solo il divieto di produzione e commercializzazione ma anche la semplice ricerca, sollevando così un putiferio negli ambienti scientifici (1500 firme di ricercatori capitanati dai Nobel Montalcini e Dulbecco), proponendo interventi a favore dell'agricoltura biologica, anzi, con riferimento alla mistica antroposofica di Steiner, addirittura biodinamica. Dall'altra partecipa alla rassicurazione del popolo consumatore, di quello allevatore e di quello produttore di mangimi riguardo all'impatto sanitario ed economico della BSE. E sigla per esempio un decreto che permette di utilizzare le migliaia di tonnellate di mangimi sospetti di contenere farine animali (portatrici della patologia "mucca pazza") per concimare i campi (DM n. 91.436).

Le considerazioni legate alla preoccupazione per un ciclo agricolo disastrato si mescolano come al solito ad un volgare praticismo economicista, tra l'altro con la solita confusione prodotta da aggettivi che contengono un'insensatezza semantica: l'agricoltura, fosse anche del tutto artificiale, idroponica (cioè senza terra, con sola acqua e fertilizzante), sperimentale, è sempre "biologica" e "biodinamica" (a parte le implicazioni astrologiche e magiche del secondo aggettivo), come la chimica è sempre chimica, si manifesti in un enorme stabilimento o in una microscopica cellula. Oltretutto la cosiddetta coltivazione biologica sarebbe semplicemente una truffa anche se riguardasse soltanto l'orto e il pollaio ad uso personale: non ci sono più le varietà naturali di organismi per l'alimentazione, e quelle ibride recenti sono deboli nei confronti degli attaccanti ambientali, che invece diventano sempre più resistenti per assuefazione al ciclo chimico. L'agricoltura e l'allevamento cosiddetti biologici prevedono solo trattamenti un po' meno esasperati. La coltivazione più "naturale" non potrebbe certo rappresentare un ritorno al neolitico, non fosse altro per il fatto che l'umanità attuale deve pur mangiare e l'unico modo esistente per farlo è l'alta produttività agricola. A meno di non passare da sei miliardi di uomini a sei milioni, quanti si ipotizza fossero i nostri progenitori preistorici.

Non ci sarebbe nulla di strano, rispetto alle concezioni correnti, nel dare le farine animali alle piante: esse stanno assorbendo quotidianamente ben di peggio. Non proprio normale è che si propugni contemporaneamente la biodinamica, la lotta alle biotecnologie – adducendo il fatto che non si sa che cosa queste provocherebbero all'ambiente – e la diffusione degli indistruttibili prioni nei campi. Il ciclo vegetale assorbe dal terreno elementi in modo assai più diretto e immediato di quello animale, tant'è vero che Steiner, che della biodinamica è stato il fondatore, raccomanda i cibi del primo livello, quello vegetale, per approvvigionarsi di energia "migliore", ovviamente a patto che le piante siano coltivate senza elementi dannosi, che altrimenti passerebbero più facilmente ancora nel nostro organismo proprio per questa via. Il concime prionico sarebbe una bestemmia dal punto di vista dell'olismo mistico degli allievi di Steiner, ma per la prassi normale non è peggio di un qualsiasi fertilizzante organico del giorno d'oggi.

Allo stato delle conoscenze attuali non si conosce con precisione la causa del formarsi, moltiplicarsi e trasmettersi delle varianti patologiche della proteina chiamata prione; non si sa che cosa sia successo o stia succedendo ai milioni di persone che hanno mangiato prioni modificati per anni, specie i bambini, nutriti con gli omogeneizzati (alcuni dei morti inglesi erano addirittura giovani vegetariani). Non si sa neppure che cosa stia succedendo ai polli, ai maiali, ai conigli, ai pesci, ai cani, ai gatti, a tutti gli animali che in questo momento stanno cibandosi di intrugli assai peggiori e "prionici" di quelli somministrati alle vacche. Per converso in laboratorio si può manipolare con cognizione di causa un gene animale innestandogli un tratto di catena genetica di vegetale e viceversa. A parte la fondatezza scientifica di certe prese di posizione, chi ha paura dei danni provocati da questi processi controllati dell'ingegneria genetica dovrebbe, a maggior ragione, avere paura dei processi incontrollabili.

La sensibilità scientifica dell'italico ministro che deve barcamenarsi fra convinzioni politiche e interessi economici più grandi di lui è solo un piccolo esempio di contraddizione in un mondo che è tutto così. La borghesia inglese, che fu la prima a inventare l'ecologia politica eliminando il mitico smog di Londra, pur essendo ben consapevole del pericolo di contaminazione da BSE, all'inizio permise il riciclaggio di parte dei 180.000 capi ammalati abbattuti mentre nascondeva i risultati delle ricerche. Ma se guardiamo oltre al morbo specifico oggi all'onore delle cronache, tutti questi indizi ci mostrano che sono in corso fenomeni di degenerazione più gravi del generico "inquinamento". La biosfera intesa come unità organica, vista come sistema complesso, reagisce.

E' vero che l'insieme del vivente ha già superato prove peggiori, come la comparsa dell'ossigeno, che per le prime forme di vita era tossico, ma al livello di organizzazione attuale nessuno sa con precisione che cosa la specie uomo sia stata capace di provocare con la somma di tutti gli intrugli liberati da ogni parte nell'aria, nell'acqua, nella terra. Di conseguenza è impossibile prevedere che cosa succederebbe se il ciclo di utilizzo degli scarti di macellazione terminasse regolarmente nei concimi per le piante invece che nei mangimi per gli animali (o anche i fanghi rigenerati delle fognature e i frutti degli esperimenti di riciclaggio dei rifiuti organici e chimici). Molto probabilmente nulla più di quanto non succeda già adesso, ma evidentemente i cultori dell'agricoltura "biologica" hanno un comportamento differente a seconda che facciano manifestazioni contro il pericolo biogenetico gridando parole d'ordine catastrofiche o che facciano i ministri.

Nel frattempo in Europa sono morte novanta persone e altre sono attualmente ammalate, soltanto in Inghilterra sono stati analizzati duecentomila animali infetti e ne sono stati abbattuti cinque milioni, ma nessuno è riuscito a scoprire, nonostante quindici anni di ricerca, perché su decine di milioni di bovini che in tutto questo tempo hanno mangiato prioni mutanti, alcuni si siano ammalati e altri no.

L'indignazione è tanta. Come per l'Aids, i cibi transgenici, il pollo alla diossina (chi lo ricorda più?) o la clonazione. Fino alla prossima volta, per qualche altra occasione.

Rivista n. 3