Modo di produzione comunista?

Dal vostro materiale sul comunismo primitivo e la transizione alle società di classe presente sulla pagina dei "lavori in corso" sembra che n+1, facendo riferimento al succedersi dei modi di produzione, abbia lavorato sull'ipotesi di un passaggio sfumato fra il periodo comunistico e le prime società con una embrionale divisione sociale del lavoro ma ancora senza classi vere e proprie, senza proprietà privata e quindi senza scontro di classe. Nei vari semilavorati è utilizzata con una certa frequenza la definizione di "modo di produzione" per tutte le epoche, mentre a volte ne viene preferita un'altra, "forma sociale". In effetti non sarebbe più corretto utilizzare nomi differenziati per le forme comunistiche e per quelle proprietarie di classe? E comunque il comunismo, primitivo o sviluppato, non dovrebbe essere definito "modo di produzione".

 

Marx utilizza generalmente due definizioni, senza distinguere visibilmente tra le accezioni "forma economico-sociale" (o"formazione economica e sociale") e "modo di produzione". Nel primo caso si può intendere dal contesto quando egli parla di forma sociale e quando di un processo di formazione della stessa. "Modo di produzione" è a prima vista generico, persino ovvio (quando si produce qualcosa c'è sempre un "modo" per farlo) e può incontrare dei limiti solo nel caso di una società di pura raccolta di frutti della natura. Dato che la caccia necessita di strumenti e cooperazione, va già sotto la categoria "produzione".

Abbiamo delle indicazioni dallo stesso Marx, ma purtroppo non sono univoche: nei Grundrisse egli utilizza "modo di produzione" anche nel caso delle società non proprietarie, mentre nel Capitale egli distingue fra modo di produzione materiale, formale e reale. La prima accezione è quella ovvia di cui sopra, la seconda e la terza dipendono dal modo di estrarre plusvalore a seconda della sussunzione formale (estrazione di plusvalore assoluto) o reale (estrazione di plusvalore relativo) del lavoro al Capitale. Però egli parla anche del credito come trampolino di lancio per il nuovo modo di produzione, cioè quello comunista. Come si vede la faccenda si complica e non è possibile svilupparla qui, nemmeno per sommi capi.

Da quando ha scheggiato il suo primo chopper l'uomo ha prodotto, e lo ha fatto in un certo modo. Una volta che abbiamo avvisato tutti coloro che ci ascoltano e ci leggono sul perché decidiamo per una definizione o per l'altra, potremo tranquillamente adottarla, qualunque essa sia. Per intanto spostiamo indietro di un paio di milioni di anni, rispetto a Marx, la produzione materiale. Segue tutto il periodo delle varie "industrie" paleo-litiche o neo-litiche, cioè il modo di produzione della pietra (e del legno, dell'osso, della ceramica), sempre nelle società non proprietarie. Marx pone anche il modo di produzione asiatico dopo il comunismo primitivo e prima della società antica classica (in Per la critica dell'economia politica); sapendo che egli considera il dispotismo asiatico una società non proprietaria, la definizione "modo di produzione" sembra imporsi sull'altra.

Potremmo benissimo stabilire di utilizzare sempre "forma economico-sociale", ma resterebbe comunque il problema della suddetta società di raccolta, che non è sicuramente una "forma" economica. In ogni caso, nei campi in cui non sono spontaneamente maturate definizioni univoche, è necessaria la condivisione previa cui si accennava sopra.

Infine: nel terzo libro del Capitale Marx, riferendosi al chimico Liebig, parla di capitalismo agrario come "rottura del metabolismo sociale dettato dalle leggi della vita"; qualche compagno suggerì anni fa di parlare della società comunista sviluppata come di un riappropriarsi del metabolismo originario e, appunto, delle leggi della vita.

Rivista n. 26