Una soluzione per i PIGS

I paesi più disastrati d'Europa che gli anglosassoni raggruppano poco gentilmente sotto l'acronimo PIGS (maiali) sembra che non stiano peggio dei loro denigratori. Analizzando l'andamento nel tempo del debito pubblico di Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna, e confrontandolo con quello di Stati Uniti e Gran Bretagna, Niall Ferguson, storico dell'economia americano, ha concluso amaramente: "Pigs are us", i maiali siamo noi. In particolare, afferma: "Non c'è verità che faccia più male di quella che si cerca di tenere nascosta… Il debito soffocherà l'impero americano… C'è un punto molto preciso in cui gli imperi superano lo zenith e declinano rapidamente, è quando la spesa per interessi sul debito supera la spesa militare. Insieme arriva il declino diplomatico: il ruolo di grande debitore ti pone in condizioni di dipendenza dai creditori".

Ora, il più grande creditore degli Stati Uniti è la Cina, con 2.500 miliardi di dollari in titoli e valuta di riserva. Secondo i calcoli di prima della crisi, il prodotto totale cinese avrebbe raggiunto quello americano nel 2040, mentre oggi il traguardo è anticipato al 2027. Nei settori fondamentali — la produzione industriale, quella dell'acciaio, di automobili, le esportazioni — la Cina ha già superato tutti gli altri paesi. Il prodotto totale cinese ha superato quello del Giappone diventando il secondo del pianeta. Lo storico naturalmente ha una ricetta: "Tutto l'Occidente deve tornare alle virtù fondanti del capitalismo, quella cultura del lavoro e dell'autolimitazione che Weber attribuiva al protestantesimo. E che invece adesso è diffusa soprattutto in Cina". Il capitalismo non può autolimitarsi. Essendo basato sulla produzione di plusvalore, se manca il "plus" è morto.

L'accumularsi di valore che si auto-valorizza è la contraddizione fondamentale, contro la quale non vi sono riforme possibili. Quando un limite come questo si impone anche nella circolazione delle idee significa che a livello di struttura materiale il punto di non-ritorno è già stato raggiunto. La sovrastruttura arriva a recepire i fatti solo molto dopo che essi si sono già radicati. Per questo si stanno diffondendo a macchia d'olio i discorsi sui limiti della crescita e sulla sua impossibilità di un andamento infinito nello stesso momento in cui economisti e governanti ripetono che il solo rimedio per uscire dalla crisi è proprio il riprendere a crescere. Sono espressioni d'angoscia della piccola borghesia, sfoghi utopistici per sfuggire alla morsa di una realtà che la vede schiacciata fra una classe dominante sempre più ristretta e un proletariato la cui massa giganteggia nonostante la momentanea passività.

Rivista n. 28