Lavoro comune, Milano 1961

"La struttura di lavoro del nuovo movimento, convinto della grandezza della durezza e della lunghezza storica della propria opera, si basò su incontri frequenti di inviati di tutta la periferia organizzata, nei quali non si pianificavano dibattiti, contraddittori e polemiche fra tesi in contrasto, ma vi era soltanto la continuazione organica del grave lavoro di consegna storica delle lezioni feconde del passato alle generazioni presenti e future, alle nuove avanguardie che si andranno delineando nelle file delle masse proletarie, che finalmente insorgeranno contro il fenomeno doloroso della decomposizione purulenta della società capitalistica. Questa opera e questa dinamica si ispiravano ad insegnamenti classici di Marx e di Lenin, e il lavoro veniva riverberato da tutti i presenti, grazie anche alle comunicazioni della nostra stampa, in tutte le riunioni di periferia di gruppi locali e di convocazioni regionali. Lungo tutti questi anni si è sempre dichiarato che si trattava di materiali in continua elaborazione e destinati a pervenire ad una forma sempre più completa; tanto che da tutte le file del partito, ed anche da elementi giovanissimi, si è sempre verificato con frequenza crescente l'apporto di contributi ammirevoli e perfettamente intonati alle linee classiche proprie della Sinistra Comunista" (PCInt., Tesi di Napoli, 1965).

Apertura dei lavori

[ (1) Un primo breve rapporto sarà svolto da un compagno di Napoli (2) sui dati recenti dell'economia americana. Con riferimento a quadri e grafici, il compagno mostrerà che il momento è particolarmente incerto non solo nel senso sostanziale, in quanto si attraversa un periodo in cui si alternano vari accenni di ripresa e nuovi sintomi di recessione, ma anche per la reticenza delle statistiche ufficiali che, al fine di dissimulare i rallentamenti ed i regressi, mutano con grande frequenza la scelta degli anni a cui vanno riferiti gli indici, per cui tutto l'insieme degli annunci riesce più involuto. Oltre a indicare il peggioramento di molti indici, fra i quali primeggia per la sua gravità quello dei disoccupati, il compagno mostrerà che in sostanza, avendo portato al 1957 l'indice della produzione uguale a 100, negli ultimi mesi si sarebbe appena a 102. Il che significa che in quattro anni la produzione americana non ha fatto progresso alcuno ed ha segnato il passo, malgrado tutti i pungolamenti della gara con l'Unione Sovietica e malgrado i decantati effetti — seguiti da rapida delusione — dell'elezione del nuovo presidente. (3)

Sull'economia russa riferirà un compagno di Firenze, (4) il quale nella prima parte esporrà a sua volta il decorso degli indici economici tanto per l'industria quanto per l'agricoltura, nonché il confronto di essi con le trame dei vari piani che si vanno pubblicando, e anche qui trasformando l'uno nell'altro, con speciale riferimento al settennale iniziato nel 1959. Gli indici industriali generali e speciali mostrano che l'ultimo anno 1960 è rimasto al disotto del piano, quindi è mancato il prorompente sviluppo previsto e ci si è dovuti piegare alla legge inesorabile del rallentamento dei ritmi di incremento. Circa l'agricoltura, il compagno dimostrerà che si tratta invece di completo fallimento, e che la distribuzione dei generi di consumo alimentare, alla quale si pretendeva dare un sensazionale impulso, attraversa invece una grave crisi. Il significato di questa situazione è che l'insormontabile contraddizione tra lo sviluppo della produzione manifatturiera e quello della produzione agraria inchioda l'economia sovietica alla sua classificazione di pura economia capitalistica come da tempo andiamo dimostrando.

In una seconda parte della sua esposizione, il relatore svolgerà la critica dei recenti sforzi teorici compiuti dagli economisti sovietici ufficiali per districarsi da queste difficoltà e contraddizioni senza ammettere di essere ormai completamente fuori da ogni applicazione della teoria marxista. Con straordinarie contorsioni non solo essi ripetono che la legge mercantile del valore accompagna gli scambi durante la fase del socialismo inferiore, ma tentano un'assurda conciliazione fra il sopravvivere, salvo che in qualche rarissimo settore, di una piena forma di mercato e il millantato passaggio da un'economia socialista al totale comunismo. Facendo riferimento anche a tutte le recenti misure della politica economica di Mosca e alla confessione ormai pubblica degli innumerevoli fenomeni di mercato nero, di intrallazzo e di frode burocratica, il relatore concluderà mostrando la completa identità fra la struttura sociale russa e quella di tutti i paesi capitalistici].

Sempre sostenendo di essere marxisti puri, di essere leninisti, [gli economisti russi sono costretti a capitolare] (5) di quando in quando nelle loro pubblicazioni, rendendo palesi le gravi difficoltà che attraversa la loro economia. Continuiamo a seguire tale questione non solo come movimento degli indici economici e dei nuovi fatti economici e sociali del complesso straordinario sempre più articolato che va diventando l'insieme dell'economia dell'USSR e delle altre repubbliche popolari, ma anche come evoluzione della nuova teoria economica dei russi su loro stessi, teoria che sta coinvolgendo argomenti veramente caratteristici, che si prestano molto bene per la nostra polemica, quella che conduciamo ormai dalla fine della guerra, per dimostrare che esiste in Russia un'economia di tipo completamente capitalistico la quale si va sempre più allontanando dai caratteri del socialismo e anzi, li ha del tutto perduti.

Poi dedicheremo, con l'intervento di vari compagni, un'esposizione molto completa alla questione coloniale. Questione che stiamo trattando a fondo, una di quelle di cui al momento ci occupiamo maggiormente. Dell'America e della Russia ci siamo largamente occupati fino a due o tre anni fa, adesso non possiamo certo lasciare questi settori, ma stiamo spostando in modo particolare la nostra attenzione sul movimento di tutti gli altri continenti, dei popoli stanziati in paesi in cui l'economia capitalistica non è sviluppata, delle popolazioni di colore, arretrate, riguardo alle quali vi sono nuovi fatti e gli avvenimenti si svolgono in modo incalzante, veramente interessante da studiare.

Un compagno di Milano (6) vi farà un'esposizione generale sulla questione coloniale. Essa sarà integrata senza soluzione di continuità dall'intervento di un compagno di Firenze, (7) uno studio particolare preparato con dati sul numero effettivo degli operai, veri e propri salariati industriali, esistenti nei paesi africani; numero che incomincia ad assumere una certa importanza statistica e che dimostra quindi la nostra tesi: in questi paesi non si sviluppano solo delle lotte di carattere nazionale indipendentistico, ma a queste si possono innestare azioni di vera lotta di classe proletaria e ci si può quindi attendere, nonostante l'azione nefasta che anche in questo campo esercita la Russia con il suo stalin-krusiciovismo, la formazione di autentici partiti proletari e comunisti.

Un compagno di Parigi (8) parlerà della questione algerina, non per rifarne tutta la storia, da noi già illustrata a fondo e molto nota, ma ricordando solamente le ultime vicende sensazionali che tutti sapete, (9) sul rapporto Francia-Algeria e soprattutto sui riflessi che questo sviluppo storico veramente interessante, questo esempio classico del colonialismo in crisi, sta determinando sulla struttura sociale francese. [Classicamente, la guerra coloniale in epoca tardo-imperialistica ha un'influenza notevole sui] movimenti interni tra le classi in cui si divide la popolazione francese, come dimostrano le nuove agitazioni dei contadini, i caratteri del governo De Gaulle improntato a una politica nazionale particolare, e una situazione generale veramente strana che si è determinata in Francia e dalla quale si possono trarre conclusioni in senso marxista, cioè su di una possibile crisi finale a cui condurranno i rapporti tra la Francia colonialista e l'Algeria colonizzata; rapporti che oscillano tra pace e guerra senza una via d'uscita certa a breve termine ma con all'orizzonte una disfatta completa delle ambizioni imperialiste e colonialiste ormai decadute della borghesia francese.

Sarà trattato quindi, da un compagno di Messina, (10) il fenomeno di Cuba, cioè il movimento borghese indipendente che recentemente si è definito socialista. Esso presenta un grande interesse, ha avuto una eco mondiale, è stato grandemente magnificato dagli stalinisti per la sfida che ha lanciato alla enorme potenza degli Stati Uniti situata a così breve distanza geografica, e ha ottenuto vantaggi notevoli dai rapporti con Mosca. È necessario studiare a fondo la situazione di questa nazione isolana, sapere com'è composta la sua popolazione, come la questione agraria si presenti in una maniera completamente originale, come si presenti la questione proletaria in generale. Da questi dati trarremo una definizione per l'attuale regime, per la politica condotta da quel governo e vedremo quali siano le prospettive che si possono attendere dallo sviluppo della lotta di questo paese. Perché le sue vicende hanno relazioni molto strette con quelle di una zona interessantissima del pianeta com'è l'America del Sud con i suoi movimenti popolari e anche proletari, sui quali sempre maggiormente si va esercitando un'influenza da parte di Mosca per ottenere un certo svincolo, una certa indipendenza politica dalla tradizionale influenza degli Stati Uniti d'America.

Con questi capitoli ci porteremo molto avanti anche nel pomeriggio di oggi, fino verso sera e così sarà esaurita al momento la questione nazionale e coloniale. Alla fine di queste relazioni ci sarà una comunicazione interna sull'attività di partito, sul nostro lavoro, sull'organizzazione della nostra stampa e anche sull'attenzione sempre maggiore verso il nostro intervento – naturalmente molto ridotto – nelle lotte sindacali del proletariato italiano e sulla necessità che i nostri compagni siano presenti in esse con un determinato atteggiamento. Questo è un problema che sta effettivamente diventando di importanza notevole. Su di esso abbiamo sempre battuto, ma sulle idee fondamentali che lo devono guidare merita insistere ancora. Entro la seduta di oggi vorremmo anche portare la nostra attenzione sulla questione tedesca. Sotto un duplice aspetto. Il primo rientra in quello che tratteremo poi nella seconda seduta, cioè la questione storica, parte della generale storia della Sinistra Comunista, a cui ci stiamo dedicando anche molto a fondo, dopo che ci è stato chiesto da almeno dieci anni che lo facessimo più ampiamente (e alla fine questa volta lo faremo). Il secondo comporta un riferimento specifico alla Sinistra Comunista "italiana". (11) Saremo costretti per la ragione che vi dirò subito dopo parlando del programma della giornata di domani, a portare la nostra attenzione sulle cose italiane. Siccome è sempre stato un nostro vecchio punto fermo il fatto che i problemi italiani fossero solo un capitolo secondario della grande questione del metodo di lotta del proletariato internazionale, e siccome la parte avuta dalla questione tedesca in tale metodo è di primissimo ordine, sarà bene ritornare, appunto su di essa. E questo tanto più in quanto la tendenza storica attuale fa pensare a una riproposizione di tale problema con gravi sviluppi storici e politici in un avvenire prossimo.

Avevamo preparato una cronologia, in parte esposta nelle riunioni precedenti e quindi abbastanza presente ai compagni che seguono il nostro movimento. Essa andava dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale col fallimento della socialdemocrazia tedesca e giungeva fino alle prime vicende relative al dopoguerra e alla sconfitta della rivoluzione proletaria tedesca (siamo arrivati circa all'anno 1923). Questa cronologia la vogliamo sviluppare ancora un po' per gli anni successivi e vogliamo ricordare gli avvenimenti dal 1923 al 1926, cioè fino a quando lo stalinismo non trionfò completamente nell'Internazionale Comunista e il partito tedesco, che era considerato il partito più importante, l'avanguardia nel movimento internazionale comunista, non andò purtroppo indebolendosi, lasciando spazio al fenomeno del social-nazionalismo hitleriano e alla preparazione delle condizioni per la Seconda Guerra Mondiale.

Sulla questione tedesca si tratterrà un po' il compagno di Milano (12) e un po' mi tratterrò io, anche perché vogliamo preparare il terreno per sviluppare in modo esauriente, nella prossima riunione, uno scottante problema attuale: la divisione in due della Germania e della popolazione tedesca, con tutte le conseguenze che ne derivano rispetto alle funzioni storiche di questa divisione, la ripercussione sulle classi e specialmente sul proletariato nell'una e nell'altra Germania. È fondamentale sapere che atteggiamento dovrebbe avere il partito del proletariato di fronte ai programmi di riunificazione o meno in base alle possibili conclusioni dei trattati di pace. Una gravissima questione di attualità perché si sta incominciando a far credere che questa estate potrebbe concludersi con un'altra ondata incendiaria, con un nuovo aumento della tensione internazionale, specie tra America e Russia, con centro, fulcro, a Berlino, la grande città proletaria divisa tra i due blocchi e minacciata da una parte e dall'altra di soluzioni drastiche. Incendio al quale io personalmente non credo affatto. (13)

Questa dovrebbe essere la parte finale della seduta di oggi, sabato. Come vedete è molto densa di argomenti, e se qualcuno di essi dovrà essere sacrificato non importa, perché non lo dobbiamo affrontare per forza oggi. Il nostro lavoro si svolge in un modo che potrà essere più o meno accettabile, ma ha acquistato questa sua tecnica, questo suo metodo che chiamiamo "ad argomenti concatenati", per cui se un argomento non si incastra oggi lo riprenderemo ad una prossima riunione. Nell'intervallo, tutto il partito si dedicherà al suo sviluppo attraverso gli elementi che partecipano al lavoro. Questa collaborazione ormai si estende su vastissima scala anche al di fuori dell'Italia, con un ottimo lavoro dei compagni di altri paesi, come quelli di Francia, che stanno offrendo un contributo veramente importante ed imponente. Voi avete visto ad esempio che abbiamo pubblicato nelle pagine interne dell'ultimo numero del giornale, quello che abbiamo portato qui, il loro studio sull'Origine e funzione della forma-partito. (14)

Studio che non dice niente di diverso da quello che abbiamo sempre detto nella nostra agitazione teorica, che abbiamo scritto in testi del partito "italiano", ma è stato redatto in maniera particolarmente felice e convincente, brillante e decisiva. L'abbiamo presentato come Rapporto dei gruppi internazionalisti di Francia, ed altri lavori di questo genere seguiranno, basati su di un parallelismo completo fra il lavoro del nostro giornale e quello della bellissima rivista Programme Communiste redatta dai compagni francesi. Ad esempio, nell'ultimo numero pubblicato in questi giorni, si riproduce integralmente il materiale del numero scorso di Programma, uscito a due fogli nonostante che a Roma ne avessimo promessi sei. Comunque di numeri ne abbiamo fatti due: uno lo facemmo subito dopo Roma e vi pubblicammo la risposta al Manifesto degli 81 partiti opportunisti, il nostro Antimanifesto, che fu letto a Roma da un compagno di Firenze qui presente. Lo chiamammo Manifesto dei Suini, ma nessuna delle due redazioni ebbe il coraggio di intitolarlo: L'anti-suino, sarebbe sembrato troppo poco serio. Quindi sono stati messi titoli più aulici. (15)

Comunque un lavoro è stato fatto in Italia ed è stato pubblicato anche in Francia, un altro è stato fatto in Francia ed è stato pubblicato anche in Italia. Ed ecco quindi che vi è un incontro, una collaborazione, un parallelismo completo nel modo di lavorare degli italiani e dei francesi. Noi ci vogliamo augurare che, fra qualche altro anno, di simili contributi potremo finalmente averne anche da altri paesi e specialmente dalla Germania, che forse nel prossimo decennio diventerà uno dei punti più importanti di rielaborazione di un nuovo metodo del marxismo e del comunismo rivoluzionario. (16) Speriamo di poter annunciare fra non molto tempo che anche in Germania sono stati assimilati i materiali che stiamo diffondendo, soprattutto per opera dei compagni francesi, e che è nato un nucleo del partito. Sono infatti i compagni francesi che seguitano a tradurre in tedesco il nostro materiale. Finora hanno tradotto i Dialogati e gli articoli cui ho accennato, stanno traducendo i Manifesti cui anche ho accennato e li hanno diffusi in quelle aree industriali della Germania che sono più vicine alla Francia. Il nostro augurio è quindi che anche nuovi compagni tedeschi ci mandino dei contributi utili al nostro lavoro. (17)

[Questo argomento chiuderà la giornata di oggi. Con la giornata di domani sarà evidente che abbiamo lavorato tutti quanti, che abbiamo utilizzato contributi provenienti dall'intera rete di partito]. La giornata di domani sarà divisa in due: cercheremo di rendere breve la prima parte per poter riservare più tempo all'ultima, che sarà sulla storia della Sinistra. Tratteremo dunque innanzitutto la questione agraria. Diversi compagni italiani hanno preso l'iniziativa di rimettere allo studio un argomento che è sempre importantissimo e che incontriamo nella pratica, in ogni momento, sul nostro cammino. Lo incontriamo in Italia, dove si è appena discusso un "piano verde" col suo corollario di conferenze agrarie, poiché la stessa borghesia è portata a domandarsi come mai, in un momento di grande floridezza dell'economia generale e particolarmente dell'economia industriale, l'agricoltura italiana si sia bloccata, anzi, sia in regresso completo. Le campagne si spopolano, la produzione agricola diminuisce, l'approvvigionamento delle aree non rurali del paese diviene sempre più difficoltoso.

Dunque è un problema di attualità. A Cuba, ne abbiamo parlato poco fa, è all'ordine del giorno. In Francia lo Stato si accinge a determinare artificialmente il rapporto fra concentrazione e piccola proprietà. Per affrontare la questione oggi, vanno richiamate tutte le nostre concezioni classiche ed ortodosse, a partire da come si sono comportati i comunisti verso la piccola proprietà, verso il minuto contadiname, come si debba porre da una parte una questione di principio e dall'altra un problema di tattica, due aspetti che molte volte vengono confusi. (18) [Partiremo quindi dalla lettura ragionata di una conferenza di partito del 1921] per tornare alle origini e mostrare come fin dai primi anni della costituzione dell'Internazionale, ci siamo trovati completamente d'accordo con le tesi agrarie di Lenin e con l'indirizzo teorico dato alla questione dai compagni russi di allora. Questa parte teorica sarà svolta dal compagno di Messina, seguito dal compagno di Firenze il quale si spingerà un poco anche a parlare dei fenomeni contemporanei, con speciale riguardo alla Russia. Ci interessa molto ciò che succede nell'agricoltura sovietica perché essa sta attraversando, come sapete, un periodo di difficoltà e di crisi.

Dedicheremo infine gran parte della giornata di domani alla nostra storia, come abbiamo già fatto nelle precedenti riunioni delle quali abbiamo dato un resoconto abbastanza ampio ne Il programma comunista. Dobbiamo farlo per forza, lo abbiamo già fatto. Non nel senso che seguiamo l'attualità per cui, quando i nostri nemici, i nostri avversari ci attaccano falsificando la storia, noi ci mettiamo a rispondere sullo stesso problema. Dopo tanti anni di dolorose esperienze non ci lasciamo certo sedurre da questo sordido giochetto. Il lavoro sul nostro patrimonio storico va avanti per conto suo. Ma indubbiamente, quando l'attenzione del proletariato è forzata e falsata su importanti questioni, noi, oltre al lavoro normale di salvaguardia della nostra memoria, dobbiamo dire la nostra parola, non possiamo rimanere in silenzio anche su fatti contingenti.

Adesso, come sapete, è avvenuto un rivolgimento completo nel modo ufficiale di raccontare al proletariato italiano, da parte delle sue organizzazioni di massa e soprattutto da parte del partito politico comunista, la storia dell'origine del nostro partito. Sono stati pubblicati materiali importanti, materiali poderosissimi, dai quali risulta chiaramente ciò che noi abbiamo sempre detto, cioè quale fu il vero svolgimento, quale fu il peso della nostra corrente nel processo di formazione del Partito Comunista d'Italia dal 1912 a Livorno 1921. [Perciò non si può più negare l'evidenza, falsificare e basta, bisogna mistificare la realtà]. Si sono infatti dette e scritte cose inesatte che non possono restare senza nostra risposta. Quindi passeremo attraverso la storia del movimento operaio italiano, dalla lotta contro le guerre libica e mondiale, che è parte della nostra storia, alla formazione di quella Sinistra "italiana" che permise la formazione del Partito Comunista in Italia come episodio della formazione dell'Internazionale Comunista in quanto partito mondiale unico del proletariato.

Riprenderemo le discussioni che ci sono state in Italia nel primo dopoguerra, rettificando molte stupidaggini, il che vuol dire scrivere una nuova storia, tutta diversa, come del resto ammettono anche i nostri avversari [che cercano di combatterci su un piano completamente diverso rispetto a quello originario del 1923-26 e anche quello del 1944-45]. Su quelle che erano state le lotte di tendenze nell'antico partito, è sempre stata detta una quantità di sciocchezze basate sulla solita bestialità secondo la quale noi, della sinistra marxista perfettamente ortodossa italiana, siamo anarchici in quanto astensionisti, anarco-sindacalisti, infantilisti di sinistra o addirittura massimalisti, accomunati con ciò, stupidamente, allo sciocco massimalismo che dilagò in Italia dopo la Prima Guerra Mondiale. Bisogna mettere a punto questa parte della storia e spiegare in particolare che cosa fu il fenomeno del massimalismo, chi lo rappresentò, come noi lo abbiamo tempestivamente preveduto e combattuto in tutti i momenti, come lo abbiamo criticato mano a mano che si sviluppava, come abbiamo condotto qualche cosa in più che non le violente battaglie verbali, venendo anche a scontri materiali contro questo falso indirizzo rivoluzionario. (19)

Bisogna denunciare come completamente falsa la leggenda creata ad arte secondo cui la nostra azione si sarebbe svolta, e si svolge, in nome di uno schema dottrinario, astratto, libresco; schema che avremmo preteso di applicare forzatamente alla realtà invece di seguire il cammino della storia in Italia e nel resto del mondo [nella sua concretezza. Ecco perché occorre puntualizzare: perché le fasi della nostra storia non si possono separare, tutto si tiene, dalla lotta al riformismo degenerato massonico all'antimilitarismo, dal rifiuto del cretinismo parlamentare alla costituzione del PCd'I, dalla partecipazione alla battaglia in vista della nuova Internazionale a quella contro la sua degenerazione in difesa del partito mondiale].

In questo percorso coerente e limpido noi siamo quelli che hanno avuto una visione perfettamente realistica dei fatti, quelli che hanno combattuto tutti gli atteggiamenti retorici, gli atteggiamenti eccessivi. Siamo stati noi a definire massimaliste, parolaie e stupide per eccellenza le pose barricadiere. Paradossalmente, in un certo senso i veri minimalisti eravamo noi: noi eravamo quelli che avevano la concezione più chiara di come si sarebbe articolato lo sviluppo della storia, quali erano le situazioni reali che tale storia avrebbe presentato al nostro movimento. Ma non voglio anticiparvi troppo prima dello svolgimento che farò domani.

Quello che più abbiamo a cuore è la continuità. Non dobbiamo meravigliarci se, passati quarant'anni esatti da Livorno, la situazione è ancora quella, e siamo qui, a combattere la stessa battaglia contro gli stessi avversari: i fatti sono la nostra verifica sperimentale, perché si adagiano completamente sullo sviluppo teorico che noi abbiamo previsto. E questo non lo affermiamo soltanto, lo dimostriamo attraverso una congerie di documenti che abbiamo qui pronti, di cui alcuni soltanto ve ne potrò citare, pochissimi leggere, altrimenti dovremmo stare qui settimane.

Innesterò, sul lavoro generale che riguarda la storia della Sinistra Comunista "italiana" (il che significa sempre storia della Sinistra Comunista internazionale), la questione del Grande Uomo, la concezione secondo la quale è il grande dirigente che fa la storia. Per dimostrare che il fondamento del marxismo è quello di sostituire l'azione collettiva e le sue grandi risorse alla funzione del gran capo, del suggestivo personaggio geniale che sta alla testa di un partito o di uno stato, vedremo che gli uomini fanno più male che bene ai partiti e alle organizzazioni, anche quando non siano diventati durante la loro vita dei traditori e degli opportunisti. Persino nel migliore dei casi, il modo in cui una collettività interpreta la funzione del capo, del dirigente, dell'uomo capace, produce un'ammirazione formale e una retorica conseguente, una stratificazione di falsità, [tutte cose che determinano un ambiente corrotto, più attinente alle società di classe che al comunismo]. Quindi bisogna farla finita con l'intervento salvifico di uomini speciali, quale che sia la loro figura storica, la loro notorietà, la loro potenza.

Siccome abbiamo avuto un esempio concreto di tutto questo con la pubblicazione da parte dei nostri avversari di un volume a proposito della storia del Partito, occorrerà parlarne. Ormai tutti quanti sapete che è stato pubblicato da Feltrinelli, cioè dagli stalinisti, un volume di mille pagine che costa ben 12.000 lire (giustamente qualcuno qui ha osservato che i proletari non lo potranno mai comprare), (20) in cui sono state raccolte tutte le lettere che si sono scambiati vari personaggi che oggi passano per grandi attori della storia italiana e invece sono di una mediocrità, meschinità, grettezza ineguagliabile, pronti a dire corbellerie tali che c'è da vergognarsi a pubblicarle. Sono addirittura controproducenti dato che si arriva facilmente alla conclusione che i grandi capi, da cui dipenderebbe il movimento delle masse con a capo le organizzazioni che citano nei loro testi, non sono altro che dei volgarissimi fessi, insomma, dei nanerottoli.

Cogliamo dunque l'opportunità di adoperare del materiale documentario che non abbiamo pubblicato noi, ma i nostri avversari. Ovviamente nei punti difettosi ed errati possiamo rettificare con documenti importantissimi messi in evidenza secondo i nostri criteri, anche se non avremo mai la possibilità di pubblicare a nostra volta uno zibaldone che si venda a 12.000 lire, perché a quel prezzo per noi è come non stamparlo. Potremo pubblicare il nostro materiale storico in misura limitata, nel tempo, ma intanto abbiamo l'opportunità di innestare sull'insieme di fatti esposti da noi quest'altro insieme fantastico, che però nello stesso tempo è fatto di documenti reali, materiali e, secondo l'aggettivo che piace tanto ai nostri contraddittori ed avversari, perfettamente concreto. [Così prendiamo due piccioni con una fava: da una parte mostriamo come si sia condotta la battaglia sul nostro fronte e sul loro, dall'altra dimostriamo una questione teorica: cioè l'assunto marxista secondo cui la storia la fecero le collettività, non i grandi capi. Dialetticamente, può essere che la storia e specie le rivoluzioni mettano in moto masse considerevoli di uomini ma che in un certo momento un solo fesso (o un paio, o diversi) diventi rappresentativo del loro movimento. Non cambia nulla, solo che in questo caso sull'avanscena la storia non pone la massa anonima bensì un nome]. (21)

Qui s'innesta un altro argomento che deriviamo sia dalla storia della Sinistra Comunista, sia dalla documentazione di cui abbiamo appena parlato, il tutto messo in relazione con la raccolta già pronta ricavata dai nostri testi classici: come si risolve il problema dello sviluppo del partito e della sua azione quando il vento soffia contrario, quando la situazione è oggettivamente sfavorevole? Quando il potenziale di classe è seriamente compromesso, che cosa bisogna fare? Esiste una risorsa, una manovra, un qualche espediente per superare questo scoglio, o non esiste? Qual è l'esperienza che possiamo trarre dalle fasi storiche negative già attraversate dal movimento proletario nel corso di più di un secolo? Visto che esse sono state già tre o quattro, come si è risolta la questione in altri casi? Come s'è risolto il rapporto massa-classe-partito-uomini? Quali forze reali rappresentavano gli uomini che in quei momenti emergevano in positivo o in negativo nei partiti? Quale può essere in generale la funzione del partito in questi momenti di riflusso e di bassa marea per le forze della rivoluzione? E perché diciamo che il partito non scompare mai, che può esistere e resistere anche come piccola organizzazione formale, e lottare attivamente in attesa delle sue rivincite future?

Questo è il nostro lavoro di oggi e di domani. Vi prego di seguirlo con attenzione e vi prego di collaborare tutti quanti. Il nostro invito alla collaborazione ha raccolto da dieci anni a questa parte risultati notevoli, e ribadisco che io ho effettivamente constatato, come tutti voi potete constatare, che le nostre pubblicazioni e raccolte di semilavorati dimostrano la vastità della collaborazione, con la quale diecine e diecine di compagni si sono fatti le ossa. Compagni giovani e anonimi che valgono più di quanto valgano i cosiddetti grandi uomini di cui partiti pseudo-operai si fanno vanto, mettendoli all'avanguardia delle loro truppe, affiggendone i manifesti, vere banderuole pubblicitarie per la réclame al servizio non solo della borghesia ma anche della vanità personale.

Possiamo incominciare con il nostro programma, l'augurio è che siano due giorni di buon lavoro.

Note

(1) Questa prima parte fra parentesi quadre manca nella registrazione pervenutaci; per comodità del lettore la deriviamo dal citato resoconto comparso su il programma comunista.

(2) Livio Vallillo.

(3) John Fitzgerald Kennedy.

(4) Giuliano Bianchini.

(5) Salvo indicazione contraria i brani fra parentesi quadre sono nostre integrazioni delle parti mancanti o non decifrabili del nastro. Quando sia utile una spiegazione supplementare essa comparirà in nota.

(6) Bruno Maffi

(7) Giuliano Bianchini

(8) Jacques Camatte

(9) Tra gennaio e febbraio di quell'anno vi era stata la rivolta degli ultras nazionalisti francesi, subito stroncata dal governo di De Gaulle, il quale, pressato dagli eventi, aveva proposto un negoziato con i rivoluzionari algerini per "una soluzione onorevole". In giugno una delegazione algerina si era recata a Parigi, ma i colloqui, rimasti segreti, fallirono (l'Algeria conquisterà l'indipendenza solo nel 1962 alla fine di una sanguinosissima lotta che nella colonia comporterà aspetti di guerra civile tra francesi, con riflessi anche in madrepatria).

(10) Elio Sperduto, con il quale Bordiga in seguito scambia qualche battuta.

(11) Abbiamo appositamente evidenziato la differenza fra Sinistra Comunista e Sinistra Comunista "italiana": l'aggettivo tra virgolette non è presente nel testo originale. Nelle Tesi di Milano del 1966 è specificato, come del resto in questo stesso paragrafo, che la Sinistra Comunista non era specificamente "italiana", sottintendendo che la lotta per il divenire del partito mondiale e contro la sua degenerazione non poteva essere caratterizzata da un aggettivo "nazionale".

(12) Ancora Bruno Maffi, che aveva già trattato la cronologia precedente.

(13) La prima crisi di Berlino, con la divisione in due della città e il blocco degli accessi che portò al celebrato ponte aereo si svolse dal 1948 al 1949. La seconda crisi fu provocata dalla proclamazione della "Città libera di Berlino Ovest" e l'automatica minaccia di ritorsioni da parte di Mosca. La terza crisi iniziò la notte del 13 agosto 1961, cioè proprio nell'estate avanzata, con l'erezione del famigerato Muro. Come previsto da Bordiga, questa "massima provocazione" non portò ad alcuna conseguenza pratica nei rapporti fra Est e Ovest, anzi, pochi mesi dopo fu firmato un "accordo dei lasciapassare" che permise a un milione di tedeschi occidentali di recarsi a trovare i parenti nella Germania orientale.

(14) Il testo Origine e funzione della forma-partito fu pubblicato sul n. 13 del 1961 e provocò subito discussioni interne a causa della sua impostazione poco ortodossa rispetto ai canoni terzinternazionalisti cui si riferivano ancora molti militanti del partito. Nel 1964 Bordiga ne volle riproporre diversi stralci fra i testi raccolti per il lavoro preparatorio alle "Tesi di organizzazione" rivendicandoli in pieno. Dopo la morte di Bordiga Origine e funzione fu rinnegato come testo di partito dai suoi maggiori responsabili centrali e quindi da molti militanti.

(15) La "Replica all'ignobile manifesto degli 81 partiti cosiddetti comunisti ed operai" fu letta alla riunione di Roma, 4-5 marzo e pubblicata su Il programma comunista nn. 5 e 6 del 1961. Nel cappello è ricordata la "maialesca risoluzione".

(16) Questa frase, enfatizzata nel tono della voce, lascia un po' perplessi perché Bordiga si è sempre prodigato affinché il patrimonio teorico venisse acquisito in blocco e salvaguardato da revisioni e aggiornamenti. L'unica lettura possibile è un collegamento al lavoro complessivo della Sinistra Comunista che, rispetto al livello teoretico raggiunto dall'ultima esperienza rivoluzionaria, poi degenerata, rappresenta effettivamente una "invarianza nonostante trasformazione", come in topologia.

(17) Alla fine degli anni '60 si sviluppò in effetti una rete di partito in Germania che diede vita ai periodici Kommunistische program e Proletarier.

(18) Questo accenno, posto all'interno del discorso quasi di sfuggita, è invece fondamentale. Si tratta della chiave di volta per tutte le "questioni" che comportano lo scontro (mai incontro, come specificano le Tesi dell'IC del 1920) fra concezione comunista e realtà sociale borghese o addirittura pre-borghese, come nel caso dell'altra famigerata "questione", quella nazionale e coloniale. Mentre la parola d'ordine del socialismo riformista è "La terra a chi la lavora", quella del comunismo non degenerato è "Anche in regime borghese per la produzione agraria non è necessaria la proprietà contadina parcellare". La tattica, nei movimenti contadini come ovunque, è derivata dalla questione teorica generale.

(19) La questione è particolarmente importante e va al di là della politica del fronte unico varata nel 1921 da Mosca: benché i massimalisti del PSI non fossero comunisti l'Internazionale fece pressioni sul PCd'I non solo per un fronte con essi, ma per una fusione organizzativa, in netta contraddizione con le condizioni di ammissione alla stessa IC che la Sinistra aveva contribuito a rendere meno elastiche nel 1920.

(20) Annali Feltrinelli anno III, 1960. Il prezzo corrispondeva a circa un quinto del salario industriale medio dell'epoca. Il materiale in questione fu ripubblicato dagli Editori Riuniti nel 1962 in La formazione del gruppo dirigente del PCI, a cura di Palmiro Togliatti, con l'aggiunta di alcuni documenti successivamente ritrovati negli archivi dell'Istituto Gramsci.

(21) Questo paragrafo tra parentesi quadre non è l'integrazione di una lacuna o di parti incomprensibili del nastro, ma la riscrittura — fedele al contenuto — di frasi sintatticamente ingarbugliate.

 

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"Le generazioni rivoluzionarie si succedono rapidamente e il culto degli uomini è un aspetto pericoloso dell’opportunismo, dato che, per logorio, il passaggio dei capi anziani al nemico e alle tendenze conformiste è fatto naturale confermato dalle rare eccezioni. Perciò il partito dà la massima attenzione ai giovani e, per reclutarne e prepararne all’attività politica, aliena al massimo da arrivismi e apologismi di persone, fa il maggiore degli sforzi. Nell’ambiente storico attuale, ad alto potenziale controrivoluzionario, s’impone la preparazione di giovani elementi direttivi che garantiscano la continuità della Rivoluzione. L’apporto di una nuova generazione rivoluzionaria è condizione necessaria per la ripresa del movimento."

PCInt., Tesi caratteristiche, 1951.

Rivista n. 29