Merci immateriali

Marx nella prima pagina del Capitale descrive le merci come prodotti vendibili, atti a soddisfare bisogni, non importa se fisici o dovuti alla fantasia. La distinzione fra produzione fisica e servizi era allora abbastanza netta. La quota del valore globale dovuto alla prima era determinante e anzi crescente, e nessun economista si sarebbe preoccupato di "ritornare ai fondamentali", cioè al capitale derivante da produzione e vendita di merci, materiali o immateriali che fossero.

Oggi molti economisti trovano preoccupante la continua diminuzione della produzione industriale su quella totale. Si chiedono quale possa essere il futuro di paesi i cui servizi contano per il 70 o l'80% del PIL, paesi che oltre tutto hanno pletorici servizi "non vendibili" che non producono valore ma ne consumano. Prendiamo gli Stati Uniti: negli ultimi vent'anni la popolazione è cresciuta quasi dell'1% all'anno, il che vuol dire almeno 50 milioni di persone. Nello stesso periodo gli occupati sono aumentati di 27,3 milioni, di cui 26,7 nei servizi non vendibili (istruzione e sanità pubbliche, piccolo commercio, forze armate, polizia, ecc.) e solo 0,6 milioni nell'industria e nei servizi vendibili (come finanza e assicurazioni), con guadagno di questi ultimi e perdita netta del settore manifatturiero. Ma attenzione: al calo dell'occupazione degli addetti industriali corrisponde un aumento vertiginoso del valore prodotto dagli stessi. Ci sono dei paesi come Inghilterra e Olanda che da questo punto di vista stanno anche peggio e siccome l'andamento storico è comune a tutti i paesi, sarà presto raggiunta una soglia invalicabile.

Quando intravedono un limite all'accumulazione gli economisti ne restano sconvolti, come se ciò contraddicesse una legge di natura. Vanno indietro nel tempo e si rasserenano: negli ultimi trent'anni i maggiori paesi hanno visto raddoppiare la produzione industriale, la delocalizzazione delle merci di fascia bassa è fisiologico, quelle di fascia alta continueranno ad essere prodotte qui, non c'è da preoccuparsi. In fondo alla Cina abbiamo venduto solo l'hardware della IBM, la ferramenta, e le facciamo costruire anche quella che è ancora di proprietà americana, europea o giapponese perché qui non conviene più. Qui il business del futuro è nelle merci immateriali, "bisogna finirla con il feticcio della produzione" (Jagdish Bhagwati della Columbia University), ci dobbiamo lanciare nei grandi sistemi logistici, nelle reti fisse e mobili, nella grande distribuzione a livello globale, nei brevetti, nelle biotecnologie. I registratori di cassa elettronici di Walmart sono terminali collegati alle fabbriche sparse nel mondo, ogni minuta vendita va a far parte di un immane centro ordini in tempo reale e altre aziende di logistica si preoccuperanno di collegare la rete di trasporto del materiale ordinato.

D'accordo, per il Capitale merci materiali o merci immateriali fa lo stesso, purché si vendano. Solo che la produzione di merci immateriali non produce a sua volta fabbriche, impianti, mezzi di produzione in quantità conseguente. Questo vuol forse dire che ci sarà una divisione del lavoro a livello planetario e tutto filerà liscio? Un momento: abbiamo visto che il fenomeno coinvolge tutti i paesi, quindi tutti arriveranno a toccare il limite che tanto spaventava gli economisti. E una divisione del lavoro a livello intergalattico non c'è ancora.

Rivista n. 29