L'immane mistificazione

Come fu possibile, subito dopo la Prima Guerra Mondiale, una confusione politica così totale da accomunare anarchici e comunisti, interventisti e antimilitaristi, patrioti e internazionalisti, rivoluzionari e reazionari? Come fu possibile annientare il patrimonio di lotta del "Biennio Rosso" per approdare alla sfacciata ascesa del partito fascista? Il fascismo prima di diventare la forma del potere borghese, era un movimento artificiale che i proletari in lotta avrebbero potuto spazzar via quando ancora non aveva ottenuto un consenso di massa e scimmiottava nel suo programma il riformismo massimalista. E il fascismo non avrebbe potuto vincere senza appropriarsi delle parole d'ordine di una rivoluzione che stentava ad imporsi.

Poniamo che l'accozzaglia generalizzata di movimenti politici e avventuristi, di programmi al tritolo e compromessi, di pirateria e di legalitarismo, che trovò la sua sintesi nell'avventura fiumana non fosse lo specchio di tutta la società italiana ma una parentesi di follia.

Poniamo che l'insopportabile linguaggio unificatore dannunziano fosse solo un'isola di retorica in un mare razionale di uomini consapevoli che lottavano per interessi contrapposti.

Poniamo pure che in Russia considerassero per sbaglio D'Annunzio un rivoluzionario e che D'Annunzio abbia detto di essere comunista un giorno in cui era preda di droghe. Rimane comunque da spiegare come abbia potuto essere totale la sovrapposizione di elementi contrastanti, al di là dei singoli episodi storici o aneddoti personali.

Individuare delle invarianze nel caotico divenire dei fenomeni è compito della scienza, la quale da tali invarianze trae delle leggi per poi suggerire delle teorie da sottoporre a verifica sperimentale. Anche se sembra impossibile individuarne nel confuso succedersi degli eventi di quegli anni, sappiamo che non si può rinunciare a schemi di invarianza senza rinunciare alla scienza. Anzi, diciamo con Marx che " Ogni scienza sarebbe superflua, se la forma fenomenica e l’essenza delle cose coincidessero immediatamente."

Nel primo dopoguerra la rivoluzione per vincere aveva bisogno di unificare le proprie forze sotto il segno della socializzazione, intesa come superamento della proprietà privata e di tutte le categorie a essa connesse. La controrivoluzione per vincere aveva bisogno di unificare le proprie forze sotto lo stesso segno ma con una differenza sostanziale: non più superando la proprietà privata ma ponendo quest'ultima sotto la tutela dello stato il quale, in entrambi i casi aveva bisogno di organismi intermedi per entrare in simbiosi con la classe produttrice. I sindacati furono i maggiori interpreti di questa esigenza, e il lavoro, invece di essere liberato, fu sacralizzato ovunque.

Rivista n. 42