L'appello dei russi e l'equivoco italiano
Ben a ragione commentando in uno dei numeri precedenti la lettera di Lenin dicevamo che i compagni russi conoscono poco del movimento socialista italiano e danno di questo movimento una valutazione diversa dalla realtà.
Nell'Avanti! del 7 febbraio è stato pubblicato un appello dei compagni russi al segretario del partito socialista italiano a firma di W. Degot e di Elena Sokolovskaja, membro l'uno e segretaria l'altra della sezione estera della III Internazionale.
In questo appello si saluta il partito socialista per la splendida vittoria elettorale ottenuta con la parola d'ordine di lotta contro il parlamentarismo e per il potere dei soviet.
Per quelli che, come noi, han dovuto seguire parso per passo il modo con cui questa splendida vittoria è stata preparata e con cui viene ora sfruttata, le parole dei compagni russi, espresse nella più evidente buona fede, non possono non suonare una amara ironia.
Malgrado questo vivo compiacimento, i compagni russi si ritengono in dovere di dare dei consigli al proletariato di Occidente e in particolar modo a quello italiano sulla azione da svolgere.
Di questi consigli ci piace riportare quello segnato col n. 4, che suona così: "respingere recisamente le illusioni del riformismo e del parlamentarismo, giacché trascinare il proletariato su questa via sarebbe fare i lacché della borghesia. Condurre una lotta attiva contro le correnti opportunistiche e riformistiche socialpatriote, e romperla con quegli elementi che possono diventare un peso inutile ed anche nemici nella lotta rivoluzionaria".
Si consiglia ancora al partito socialista italiano, avendo fatto il primo passo di aderire alla III Internazionale, di fare il secondo: dichiararsi cioè apertamente partito comunista e dividersi risolutamente da quei partiti socialisti che recano offesa alla bandiera del socialismo con la loro attitudine di tradimento verso la Russia soviettista.
In una breve nota di commento l'Avanti! dichiara di essere completamente d'accordo coi compagni russi.
E' presto detto: siamo completamente d'accordo; basta avere la improntitudine di fare una simile affermazione.
D'accordo nel respingere le illusioni del riformismo, le illusioni del parlamentarismo, d'accordo nel combattere attivamente gli opportunisti e i nemici della lotta rivoluzionaria, d'accordo nel dividersi dai socialisti che recano offesa alla bandiera del socialismo? Si può impunemente scrivere di essere d'accordo con tale indirizzo, da parte di coloro che nulla hanno fatto per eliminare dal seno del partito tanta impurità che lo ingombra, anzi hanno fatto di tutto per conservarla a solo scopo di manovre elettorali?
L'unico punto di dissenso di lievissima importanza è quello del cambiamento del nome?!
I russi chiedono che il partito si chiami comunista, e l'Avanti! si oppone al cambiamento del nome in omaggio alla bella tradizione. Pare di risentire Serrati invocare in pieno congresso contro di noi, piccola quanto tenace minoranza che si ostinava nel richiedere il cambiamento del nome da socialista a comunista, il passato glorioso del partito socialista riscuotendo con questa battuta opportunistica il plauso dell'intiero congresso.
Glorioso come lo furono tutti i partiti socialisti, i quali sulla falsariga tedesca si incanalarono nella socialdemocrazia abbandonando le pure direttive marxistiche?
Ma noi che fummo allora contro il compagno Serrati, oggi diamo a lui pienamente ragione. In Italia il partito non deve cambiare il nome, per impedire che esso compia non il secondo passo voluto dai compagni russi ma la seconda turlupinatura, dopo la prima dell'adesione alla III Internazionale votata per acclamazione ma voluta soltanto da pochi in perfetta coscienza ed in perfetta buona fede. A questo amalgama che non può dar luogo ad equivoci, perché è per se stesso un equivoco, quale è ora il partito, varrebbe proprio la pena di cambiare l'etichetta? Se il compagno Serrati avesse sostenuta l'utilità del cambiamento del nome, il nome si sarebbe cambiato ed il cambiamento avrebbe riscosso lo stesso il plauso di tutti, così come riscosse il plauso universale l'adesione alla III Internazionale. In quel giorno tutti erano disposti a divenire massimalisti e comunisti, ad accettare qualsiasi più ardita denominazione pur di rimanere insieme a fare insieme la lotta elettorale. La sostanza del partito non sarebbe mutata. Fu quindi bene che la proposta del cambiamento del nome sostenuta dalla nostra frazione cadesse; fu così impedito che la bandiera del comunismo precipitasse nel pantano elettorale.
In Italia il partito comunista deve nascere ed è necessario che nasca. Esso deve raccogliere tutti coloro che hanno sorpassato ormai tutti gli opportunismi, che non hanno le preoccupazioni della bella tradizione, e che non si trincerano, nel momento di prendere una direttiva, dietro la comoda formula del rinvio, almeno per ora.
Con ciò non si esclude e non ci si impegna.
Il metodo è ottimo per tenersi in equilibrio, ma non per prendere iniziative forti ed ardite.
Il partito comunista deve raccogliere tutti coloro che accettano integralmente il programma della III Internazionale, che hanno rotto tutti i ponti con la socialdemocrazia e vogliono compiere decisamente proficua opera rivoluzionaria.
Da il "Soviet" del 15 novembre 1920.