"Roma o morte"
Il tentato omicidio sabaudo di Garibaldi

Garibaldi, fisso lo sguardo a Roma, prepara dopo i mille, una spedizione. A Sarnico i soldati del re sparano sulla folla tumultuante per l'arresto di alcuni volontari. Quattro morti e parecchi feriti. E' il battesimo.

Nell'agosto del 1862 4.000 volontari sono pronti. La monarchia anche, e prepara, nell'ombra l'agguato... "Cialdini – scrive Alberto Mario – capitano supremo di 60 battaglioni, doveva uccidere Garibaldi e schiacciare il partito d'azione". Il governo del re poteva con le sue fregate catturare i due piroscafi che conducevano i volontari, poteva agevolmente il 25 agosto insediare lo sbarco a Mileto, ma non era questo che si voleva, non si voleva arrischiare il colpo in Sicilia dove le popolazioni, ribellandosi, avrebbero dato man forte al Duce e si lasciò che i garibaldini passassero lo stretto, si lasciò che la schiera, stanca, affamata, dopo 40 ore di marcia fosse ridotta a 1.200 uomini esausti per distruggerla più facilmente di un col Duce. E ad Aspromonte, mentre Garibaldi ordinava ai suoi di non sparare, i regi aprirono il fuoco contro di lui. "Contro lo stesso Garibaldi – scrive la Jesse Mario – già contuso alla coscia miravano i bersaglieri di Eberhardt. Egli comandò risolutamente la cessazione del fuoco da parte dei suoi, quando una palla più ben diretta delle altre , lo colpì al malleolo del piede destro, e lo si vide salutare col cappello i fratricidi gridando 'Viva l'Italia!'".

Ed Alberto Mario: "L'attrazione della terra nel tiro dal sotto in su, attirando il proiettile, questo ferì il piede e non il cuore e lo scopo affannosamente agognato non fu raggiunto. E per verità il governo non aveva pretermesso cure e provvedimenti e incoraggiamenti alle truppe e decorazioni.".

Due giorni dopo lo stesso Garibaldi, a bordo del Duca di Genova scriveva : "Sì, avevano sete di sangue, ed io me ne accorsi con dolore... Io percorreva la fronte della nostra linea gridando che non si facesse fuoco, e dal centro della sinistra, ove la mia voce e quella dei miei aiutanti di campo poteva essere udita, non partì un sol colpo. Così non fu di attaccare. Giunti a duecento metri cominciarono una fucilata di inferno. E la parte dei bersaglieri che si trovavano di rimpetto a me, dirigendo a me i loro tiri, mi colpivano con due palle...".

Il dottore Pietro Ripari, nella sua Storia medica della ferita, così si esprime : "Questa medica storia della grave ferita toccata al generale Garibaldi in Aspromonte, ferita fatta da palla italiana, lanciata da braccio italiano, comandato e diretto da uomini italiani, governanti la gente italiana, io scrivo ecc.". E più avanti: "Il governo che si diceva italiano, fatto briaco di gioia dal tenere ferito e prigioniero l'uomo che aveva ordinato fosse morto, ordinava il trasporto immediato, affrettato di gravissimo ferito e per un viaggio di altre dodici ore di tempo nella speranza senza dubbio che quello che non aveva fatto l'offesa materiale potessero fare i disagi e lo strapazzo.".

Convinzione che traspare evidente anche dalle pagine dell'altro medico di Garibaldi, il dottor Albanese, il quale fra l'altro ricorda che quando il Generale al Varignano rimase più giorni senza un letto di ricambio che gli fu poi allestito da un privato cittadino della Spezia e, sino al 25 settembre, non vennero provvedute ne bende, ne filacce, ne sanguisughe, "niente insomma di quello che occorre per la medicatura di un ferito".

Conclusione: il governo di re Vittorio aveva tentato di assassinare Garibaldi. Il Galantuomo così ricompensava che gli aveva donato un regno! Ah! si dica pure che Aspromonte fu una dolorosa necessità poiché la spedizione di Garibaldi avrebbe danneggiato la causa italiana. Perché allora se ne agevolò la marcia attraverso la Sicilia prefetti sabaudi e generali ed ammiragli si inchinavano al Duce e gli offrivano i propri servigi, perché al minimo segno di ostilità da parte dei regi, Garibaldi mostrava, nell'isola, una lettera misteriosa a suggello rosso, dinanzi alla quale tutte le fronti si curvavano?

Scrive Achille Bizzoni : "Presto non verrà più la lettera misteriosa a suggello rosso e tutta la commedia siciliana avrà il suo epilogo tragico ad Aspromonte che la monarchia poteva evitare se avesse voluto... Ma quale occasione più bella per sbarazzarsi finalmente dell'importuno condottiero che umiliava la corona con la sua gloria, con la sua popolarità mondiale, assiso su un trono ben più alto di quello del sovrano, ridotto ad essere il secondo del suo regno, l'importuno condottiero eternamente ribelle anche allorché regalava dei regni; l'importuno che a tante notti insonni costringeva la diplomazia...".

Ah! Aspromonte fu una dolorosa necessità dicesi. Ma se così è perché allora furono decorati dal re questi ufficiali e soldati che più si distinsero nello scontro di Santo Stefano, poco prima di Aspromonte? Non dimostra ciò la gioia e la soddisfazione del re per il delitto compiuto in suo nome dalle sue truppe?

Ecco il documento infame:

"VITTORIO EMANUELE II

per grazia di Dio e per volontà della Nazione Re d'Italia

Sulla proposta del nostro Ministro ecc. Sentito il voto favorevole del Consiglio dell'Ordine Militare di Savoia, abbiamo decretato e decretiamo quanto segue:

E' approvato il qui annesso elenco di ricompensa, firmato d'ordine nostro dal Ministero della Guerra, a favore dei militari in esso descritti, i quali maggiormente si distinsero nello scontro avvenuto coi volontari garibaldini nel villaggio di Santo Stefano in Sicilia il giorno 6 corrente mese".

E viene la nota dei militari fregiati della medaglia d'argento al valor militare:

"Monteverde G.B., sottotenente, per aver preso parte al combattimento con una frazione della 2a squadra che trovavasi maggiormente esposta al fuoco nemico, incoraggiando coll'esempio i soldati e facendo anch'esso fuoco allo scopo di animarli. Attelini Luigi, caporale, Baracco Pietro, sergente, ecc. per coraggio e sangue freddo dimostrato nel far fuoco, ecc. Ne seguono parecchi altri nomi di militari, premiati per essersi distinti nel combattere i propri fratelli".

Cinque giorni dopo Aspromonte il 2 settembre (è Alberto Mario che narra) la colonna di Traiselli rimasta a Catania per non aver potuto imbarcarsi con Garibaldi è sorpresa in Fantina da un battaglione della 7a fanteria. Il maggiore De Villata fece fucilare sul luogo e senza processo sette creduti disertori, di due ebbe le prove che non erano.

Il governo del Gran Re premiò l'assassinio, violazione aperta del codice penale militare, promuovendo il De Villata a "luogotenente colonnello".

Chiudiamo questa breve narrazione ricordando che tutta l'Europa fu scossa all'annuncio del ferimento di Garibaldi ed il governo sabaudo, che voleva sottoporre l'Eroe a processo, come un malfattore comune, fu costretto a dare la amnistia.

Racconta Bizzoni: "Quando Garibaldi ricevette l'annuncio dell'amnistia a chi gli dava la nuova disse con riso beffardo queste parole che la storia deve registrare "Buffoni! Sono io che devo accordare la amnistia a lui"

A lui: al re perverso, cinico, immorale, villano!

Da "L'Avanguardia" del 19 novembre 1911. Firmato: A.B.

Archivio storico 1911-1920