Contro l'offensiva poliziesca

I comunisti non si fanno illusioni sulla fedeltà di tutti gli elementi che compongono le file del Partito: essi sanno che una delle più consuete forme di attività della polizia politica è quella di avere informatori propri nelle file dei partiti rivoluzionari, cercando di inscriverli come nuovi soci nei partiti, ovvero tentando di corrompere taluni che già vi sono inscritti.

Noi sappiamo che anche nel nostro Partito vi sono degli inscritti che hanno il compito d'informare la polizia sull'attività politica del Partito e dei suoi membri. L'organizzazione accentrata del Partito Comunista, dando ampi poteri ai Comitati Esecutivi, ostacola in parte il lavoro d'informazione degli agenti dalla polizia, la quale – dovendo raccogliere materiali, documenti e notizie sull'attività dei comunisti – è costretta a ricorrere a frequenti perquisizioni nelle sedi del Partito o nelle abitazioni dei compagni che sono a capo degli organi del Partito, ovvero ad intercettare la corrispondenza inviata dal nostro centro alla nostra periferia.

Non è qui il luogo di dare delle norme (specie ai compagni che coprono cariche direttive) per controllare l'attività privata di tutti i compagni. Le Commissioni di controllo – composte di elementi di provata fede – debbono indagare assiduamente sulla vita di ciascun inscritto.

Ma in questi ultimi tempi, allo scopo di sgretolare il Partito Comunista senza che la conclamata libertà di svolgimento della sua attività politica possa apertamente e clamorosamente essere intaccata, la polizia ha incaricato propri agenti provocatori di mettersi a contatto con elementi comunisti che sono alla periferia dell'organizzazione nostra per trarli – attraverso un'abile e furbesca rete di inganni – in "fallo", e giustificarne l'arresto. Dall'attività di semplici informatori di polizia ci si può guardare imponendo un controllo interno di partito, sistematico e perfezionato. Dall'attività degli agenti provocatori ci si deve guardare richiamando i compagni alla disciplina ed alla obbedienza più strette ai soli organi elettivi del Partito.

I compagni non debbono riconoscere nessun'altra autorità che quella dei Comitati Esecutivi da essi nominati. Un'azione artificialmente provocata da agenti provocatori tende a sopprimere la voce di diecine e diecine di lavoratori comunisti, ed a giustificare l'arresto dei capi che – con la logica semplice fatta scaturire da una mostruosa macchina di abili inganni – sono i responsabili di quei complotti e di quelle azioni delittuose, preordinate dalla polizia ed eseguite dai suoi appositi agenti.

Un'altra forma di attività degli agenti informatori della polizia è quella che si manifesta attraverso l'afflusso delle vittime politiche nazionali ed internazionali, che tuttora è notevole presso le nostre sezioni ed i nostri organi di Partito. Questa attività poliziesca mira a diversi scopi. Sfruttando il nobile senso di solidarietà dei nostri compagni, che qualche volta arriva all'inintelligente e delittuosa forma della confidenza, gli agenti camuffati da vittime politiche cercano di carpire i segreti dell'organizzazione del Partito. Molti di questi loschi figuri girano l'Italia da un capo all'altro, muniti di fogli dì raccomandazione, regolarmente timbrati e firmati, che compagni ed organizzazioni rilasciano con colpevole facilità. Gli scopi di costoro sono di varia natura, fra i quali quello di conoscere l'organizzazione del Partito. Quando si pensi al numero copioso di agenti provocatori e di spie che si occupano precipuamente di sorvegliare l'attività del proletariato rivoluzionario, ed al dispendio favoloso che il Governo sopporta per questi servizi, si ha la nozione dell'importanza che i poteri statali danno al lavoro di informazioni politiche interne, che – del resto – è una delle attività più necessarie degli organi di polizia.

Riassumiamo :

  1. controllo assiduo sull'attività degli inscritti al Partito, da parte delle Commissioni di controllo e di altri organi che le Sezioni crederanno opportuno di creare a tale scopo;
  2. dovere dei compagni di non parlare mai di questioni inerenti alle attività del Partito stesso;
  3. un compagno che ha avuto un incarico dal Partito, o che sia venuto in possesso di una notizia, non deve darne partecipazione ad altri compagni, siano pure, questi, fidatissimi. Tali confidenze non sono necessarie, dunque non siano fatte;
  1. nessuna disposizione sia eseguita se non giunga da organi riconosciuti dal partito. Le iniziative di singoli compagni siano diffidate;
  2. la vittima politica, il profugo politico siano tenuti d'occhio. Non rilasciare ad essi mai certificati di identità e fogli di raccomandazione, se non attraverso gli organi gerarchici del Partito, ed allorché questi siano certissimi della fedeltà e della sincerità delle vittime e dei profughi. In genere, diffidare delle vittime politiche e dei profughi politici, che si presentano per essere avviati ad altra località. È meglio colpire ingiustamente un compagno per eccesso di severità, anziché rimanere col dubbio che egli sia un agente provocatore od una spia. In un'organizzazione come la nostra il dubbio non può indurre ad assolvere, ma deve invitarci a condannare.

Richiamiamo l'attenzione di tutti i compagni su questo comunicato, il quale deve essere letto e commentato in tutte le assemblee sezionali.

IL CE

Da "Il Comunista" del 27 dicembre 1921.

Archivio storico 1921 - 1923