Proiettile o corpo celeste? Satellite o astronave? (43)

Da quando otto anni fa i russi lanciarono il primo Sputnik, con una serie di nostre note molto modeste, abbiamo creduto utile di reagire alla prevedibile sbornia di entusiasmi ad equivoco sfondo politico.

La meccanica tradizionale di Galileo e Newton già sapeva che un corpo balistico, se avesse superata una certa velocità, non sarebbe ricaduto sulla Terra; e se fosse stato fuori dall'atmosfera del pianeta avrebbe seguitato a girare sempre "senza motore". Era elementare il calcolo di quella velocità magica, dopo la quale il moto era non più assurdo per essere perpetuo e, cosa ancora più straordinaria, gratuito: circa 8.000 metri al secondo, ovvero circa 29.000 km all'ora. Noto era il tempo di rivoluzione orbitale: circa un'ora e mezza; lo Sputnik non si permise di disobbedire.

Secondo queste cose note da sempre, un gruppo di confinati in un'isola italiana che avevano anni da passare girando in un raggio di 500 metri, ventilò verso il 1927 l'idea che un satellite artificiale della Terra avrebbe potuto essere utile per una verifica delle teorie di Einstein secondo una sua tesi: un corpo attratto che ruota molto vicino a quello che lo attrae vede ruotare il suo perielio, come Mercurio attorno al Sole, per una manciata di secondi all'anno. Quella gente aveva qualche legame con Mosca, a dire della polizia fascista; ma Mosca ci mise un trentennio. Ogni privativa era prescritta!

È vero che Mosca fece molto più chiasso, e lo seppe sfruttare nel campo della filosofia del divenire umano (public relations!).

Scherzando tra filosofia, poesia, letteratura e teologia, ci chiedemmo - dopo trent'anni che non giravamo più attorno al sole di Mosca - se davvero l'uomo aveva finalmente fatto fesso il vecchio padreterno. Ma concludemmo di no; il più veloce proiettile umano della storia non era un "corpo celeste": Aristotele, Tommaso e Dante lo avrebbero giudicato corruttibile e non degno delle eterne sfere: si sfregava infatti contro la nostra aria sia pur rarefatta e finì col ruzzolare non molto dopo in questo basso mondo.

Dato che la Luna "vera" corre ad un chilometro al secondo, gira in un mese e dista 66 raggi terrestri, ma che si sa di lune più vicine alla loro terra (Phobos e Deimos di Marte), chiedemmo alla strapotente Russia, per capitolare, che uno Sputnik girasse sulle nostre teste in un giorno almeno, o, anche più modestamente, che distasse dalla superficie terrestre di un raggio, e quindi dal centro di un diametro, nel quale caso, per la terza legge di Keplero, avrebbe percorso la sua orbita di 80.000 km in circa quattro ore, ad un 5 km al secondo.

Il meglio a cui sono arrivati, non i russi, ma gli americani con i due Echo (tuttavia stabilmente visibili in cielo come stelle, mentre lo Sputnik lo fu solo di straforo) sono circa due ore per una rivoluzione.

Ma la gara cambiò subito tema. L'uomo lanciatore di proiettili vantò di aver surrogato Dio con i suoi astri prefabbricati, anzi pretese - blague al 95 per cento - di saperci fare più di lui, comandandone da terra la traiettoria a volontà. L'uomo, abbiamo detto; ma sarebbe stato più giusto dire lo Stato, che non è facile definire una creatura di dio o una fabbricazione dell'uomo, ma che in linguaggio filosofico noi preferiamo dire alienazione dell'uomo. Tra i due alienati governi che potevano stanziare miliardi di dollari, la gara fu per un momento a chi lanciava con più potente spinta da terra il corpo più pesante: la vittoria fu dei russi. Ma il tema di gara cambiò subito: lanciare uomini vivi, ossia sotto due condizioni, che ritornassero dal viaggio e che non ritornassero morti, e sotto una terza: che guidassero l'astronave sia pure su ordini da terra, se non "a capa loro" come gitanti in automobile.

Lo scopo sperimentale di ottenere il corpo rotante in un giorno o a diecine di migliaia di chilometri da terra, non fu conseguito.

I russi hanno ancora preceduto gli americani. Però sono sorti i dubbi. La scienza ancora non ha sciolto il punto se dio o chi per lui fissò la vita su corpi che non siano la nostra Terra. Noi, codini, facemmo una ipotesi, che solo un fatto sperimentale potrà toglier di mezzo. Si può vivere solo su di un corpo tanto grande da attrarre quello dell'animale vivente. Gli americani e russi che hanno fatto più orbite sono vissuti fuori della gravità? Si ammette che siano vissuti, ma male, e tornati con lesioni menomanti. Abbiamo rilevato che tutti hanno percorso un certo "vicoletto" a poche centinaia di chilometri dalla Terra, e sappiamo risponderci da noi che si devono evitare le fasce di Van Allen: il cui soffitto è poco più sopra e che hanno radiazioni mortali. Non le ha finora sfidate nemmeno una cagnetta Laika, lontana erede della pecorella di Montgolfier. Ma vi è un'altra obiezione, che è anche pura ipotesi, ma esige risposta sperimentale. Nessuno ha vissuto finora in un campo senza gravità: gli eroi dello spazio erano, come noi sulla Terra, soggetti a due forze; l'attrazione verso il centro, di ben poco minore che per noi tutti, e la forza centrifuga, per noi ridotta, data la poca velocità tangenziale di soli 450 metri al secondo in queste nostre bassure, mentre per loro velocissimi sale tanto da fare equilibrio preciso all'attrazione gravitazionale. È lo stesso? Per noi no, forse per poca dottrina; ma la prova di fatto manca.

Dopo il lancio del Ranger americano contro la Luna, è sorto un altro punto. Risolto ormai il problema di lanciare le sonde spaziali, o solari, che partono a più di 11.000 km al secondo, e pur considerando molta parte di blague nelle cronache dei viaggi verso Venere e verso Marte; e risolto il problema di atterrare ex spatio dai russi e dagli americani (per questi, in verità, solo di ammarare con vivi a bordo); si delinea di difficile soluzione quello di allunare. Galileo ci disse che non vi era né acqua né aria né vita, e ce ne siamo tenuti sempre per sicuri.

Ma gli uffici stato-spaziali, coi loro bilanci in dollari-luce o rubli-luce, tenevano pronti i loro scafandri entro i quali non mancherà nemmeno il whisky o la vodka, altro che aria ed acqua.

Ora risulterebbe che la superficie lunare sarebbe fatta, oltre che di roccia come da noi, di una polvere impalpabile leggerissima, traditrice, perché inghiottirebbe chiunque vi poggiasse i piedi o i pattini di un veicolo, fino a profondità ignote.

Il nostro pianeta ha una densità media di 5,6 rispetto all'acqua. Per densità o massa specifica si deve intendere la quantità di materia nella unità di volume, e sulla Terra la stessa è la misura del peso specifico. Sappiamo poi che nell'interno la densità è molto forte, mentre la crosta terrestre che abitiamo è più bassa, dato che nei mari è uno e per le terre (sabbie o rocce) sta tra due e tre al massimo.

Supponiamo di essere sulla Luna. La densità è nota: molto minore di quella della Terra, e circa tre rispetto all'acqua. Ma qui per passare al peso specifico bisogna tenere conto della minore gravità, che è solo 17 centesimi di quella terrestre. La Luna dunque ha un peso specifico medio che è solo 6 centesimi di quello terrestre! Che sappiamo della crosta? Certo densità e peso specifico sono minori che nel centro, ed enormemente minori che sulla Terra.

Ma, si dirà, la persona del cosmonauta e la nave sulla Luna sono leggere, e il loro peso, o pressione sul suolo lunare, è 0,17 di quello che è sulla Terra.

Il problema è quello della fondazione di un manufatto non sulla Terra ma sulla Luna. Il suo peso, molto minore nel secondo caso, deve trovare equilibrio nella reazione del suolo, ovvero spinta delle terre... lunari.

Se sapessimo la densità delle polveri lunari potremmo considerare l'astronave o i suoi passeggeri come galleggianti. Ma anche in tal caso potrebbero... colare a picco, appena cessato di... volare.

Immagino che la cenere lunare sia vulcanica e la paragono a quella dei vulcani terrestri. Presso di noi è stratificata in pozzolane, che in una crosta ricca di acqua e a contatto di una atmosfera si sono costipate, ma ad una densità che, ove sono asciutte, è ancora minore di quella dell'acqua.

Dato che la Luna è meno densa, che una crosta non si è formata a contatto di un'atmosfera e non ha acque interne, è probabile che sia leggerissima e che la densità della crosta sia ancora minore della media sulla Terra. Uno scienziato americano avrebbe detto che non solo la polvere lunare è leggerissima, ma le stesse rocce coi coni vulcanici sono friabili e inconsistenti.

Consideriamo la pianura tra gli erti picchi, mai limati da nessuna erosione, reagente come una terra arida o come un liquido, ambo di bassa densità. Un'astronave, anche tale da galleggiare nei mari terrestri, potrebbe affondare nell'infido mare tranquillitatis. Suoi pattini anche larghissimi potrebbero essere inghiottiti se li avessimo calcolati come le fondazioni di un fabbricato terrestre. La polvere come densità potrebbe averne una molto minore dell'acqua. Se fosse dotata di attrito (il fenomeno che fa sì che le terre reggano e controspingano di sotto e di fianco), questo sarebbe infimo, perché dipende dal peso specifico, ossia dalla densità, già bassa, e dalla accelerazione di gravità (un sesto). Potrebbe essere dotata di coesione, cosa su cui non si affidano gli ingegneri terrestri che nel caso di rocce; ma quale coesione raggiunge una roccia consolidatasi dallo stato di lava ignea a contatto della temperatura degli spazi a 273 gradi sotto zero? Evidentemente nessuna, come ben conclude lo scienziato americano, anche per i coni vulcanici. Figurarsi le ceneri!

Prima che scendere sulla Luna sarebbe bene volare sulla Luna. Ma prima di volare a 380.000 km dalla Terra, perché non fate dei provini a qualcosa di più del sentierucolo dei coesistenti, a 200 km da terra?

I nostri "bilanci" non hanno fretta: a suo tempo verrà quello del nuovo volo russo.

Da "Il programma comunista" n. 6 del 1965

Note

[1] Una frazione di secondo d'arco all'anno: nel secolo scorso fu notata una discordanza tra i calcoli teorici delle orbite di Mercurio tenendo conto di tutte le perturbazioni dovute alla gravità degli altri pianeti e quelle effettivamente osservate. Lo scarto era un movimento da perielio a perielio (il punto più vicino al Sole) di 43 secondi d'arco per secolo. La teoria della relatività generale confermò questo dato, perciò non si trattava di un errore di calcolo o di un mistero della natura, ma di un fatto spiegabile secondo leggi precise.

[2] Dato della distanza massima. L'orbita della Luna ha un apogeo di 406.730 km e un perigeo di 364.400 km, con una distanza media di 384.400 km che è quindi 60,28 raggi terrestri (il raggio della Terra misura 6.370 km).

[3] Questa supposta differenza fra campo gravitazionale ed effetto inerziale è ricorrente negli articoli. Su questo argomento e su quelli correlati vedere la trattazione estesa e gli approfondimenti nel primo volume.

[4] I dati sulla superficie lunare, dedotti dall'osservazione a distanza con le tecniche dell'epoca, si dimostrarono sensibilmente diversi da ciò che fu effettivamente constatato con i satelliti automatici e con l'osservazione in loco. La massa lunare è bassissima, 1/81,3 rispetto alla Terra. La densità media si è rivelata più bassa di quella supposta precedentemente: 2,78 g al centimetro cubo. L'accelerazione di gravità è 0,166 rispetto a quella terrestre. Numerose sonde ebbero il compito di verificare la delicata questione: sui monti non si poteva scendere, ma sui "mari", con i dati conosciuti, sembrava si dovesse affondare nella polvere. Nonostante tutto, il suolo lunare si rivelò più consistente del previsto. La polvere è compatta anche perché il suolo lunare è rimasto esposto tale e quale ai fenomeni tellurici interni (fu fotografata dai Russi attività vulcanica nel 1958 all'interno del cratere Alfonsus, come si dice anche dopo) e a quelli provocati dagli enormi meteoriti (che hanno lasciato crateri con più di 200 km di diametro) per tempi lunghissimi. Un sasso lunare rivelò all'analisi di essere rimasto esposto ai micrometeoriti e alle radiazioni cosmiche per almeno 100 milioni di anni.

La cosiddetta conquista dello spazio