Gramsci a Scoccimarro e Togliatti

A Negri e Palmi

1 marzo 1924

Carissimi,

lo sciopero dei bancari, che ci ha messo nell'impossibilità di riscuotere una tratta, non ci ha permesso ancora di acquistare una macchina da scrivere per il nostro ufficio. Non posso perciò svolgere tutto il lavoro che vorrei nella attuale situazione del nostro partito, poiché mi è impossibile conservare copia del materiale preparato. Vi esporrò perciò brevemente la mia opinione sulle direttive generali che mi pare più utile e opportuno dare alla nostra azione.

Le vostre lettere mi hanno fatto un grande piacere e mi hanno rincuorato. Ero molto pessimista per l'avvenire del nostro movimento. Noi andavamo cioè diritti alla conquista del nostro partito da parte dei terzini, stavamo cioè preparando, con le stesse nostre mani, proprio l'evento che a parole dicevamo di voler evitare. La mia impressione era questa: — il centro del partito, assorbito dal suo lavoro organizzativo, non tiene conto del fatto che, in tutto questo tempo, un certo lavoro, una certa propaganda politica, sono pur stati fatti. Questa propaganda e quest'azione sono stati fatti dall'Internazionale comunista, secondo una linea determinata, ed è indubbio che essi hanno creato stati d'animo, correnti d'opinioni, atteggiamenti che operano in seno alla massa e stabiliscono una situazione data. Sarebbe puerile negarlo: — la lotta per la conquista del PSI è stata in questo ultimo tempo l'unica azione politica concreta che ci ha tenuti in un qualche legame con la massa, che ci ha permesso di dire che eravamo vivi. Potete voi trovare un'altra azione da contrapporle? Forse l'azione sindacale, che essa stessa, in ogni caso, ha avuto un'efficienza solo in quanto rivolta alla conquista del PS? Il lavoro organizzativo, la tenace e dura lotta per mantenere l'apparato del partito, sono certo grandi cose: ma non su di esse può farsi il bilancio di un partito. Vivere non è abbastanza: bisogna avere una storia, bisogna muoversi e svilupparsi per poter affermare di essere un organismo politico che ha una base propria e l'avvenire per sé, come noi vogliamo. La vostra decisione migliora enormemente la situazione, evita ogni imbozzolamento definitivo: evidentemente le difficoltà saranno ancora molte, ma esse non saranno cosi inestricabili come si presentavano anteriormente. Noi possiamo costituire il centro di una frazione che ha per sé tutte le probabilità di diventare l'intero partito. Voglio riprodurvi un brano di lettera scrittami da un operaio emigrato a Mosca che ha avuto sentore delle nostre discussioni e che si è affrettato a manifestarmi la sua opinione (egli era della minoranza prima dell'EA di giugno e passò alla posizione, da noi assunta, non tanto in pubblico quanto nelle riunioni tenute con il gruppo degli emigrati in contraddittorio con Tasca): "Vi sono due a Mosca che pare vogliano rivoluzionare il partito. A sentire questi due ex onorevoli, pare che il CC e il CE siano una setta che governa senza nessun controllo, senza capacità, senza intelligenza, che la polizia sa tutto e che lascia fare, ha ordini: quando questi ordini arrivano, ecco il P. messo a freno, secondo loro. Stanno facendo rapporti su rapporti al Comintern, e speriamo che si arrivi a qualche cosa. Ciò che io mi auguro è che il P., nei limiti che la legalità permette, abbia vita dal basso e non dall'alto; che tenga conto del pensiero dei compagni e che non impedisca che si manifestino idee contrarie alle direttive segnate solo da un gruppo di compagni che avranno tutta la intelligenza che vogliono, ma sono anch'essi persone che fanno peccati; che non si scimmiotti troppo i russi, perché non tutto ciò che si poté e si può fare in Russia si può fare da noi. Vi è troppa diversità di carattere: qui c'è stata tutta un'attività clandestina, estesa anche alle masse, mentre da noi dubito che l'illegalismo arrivi di fatto ad essere proprio del P.; è una ragione di più per non credere che la voce del partito arrivi alle masse. A me pare che la vita illegale del partito sia molto legale e che abbia molte manchevolezze, che sono elementari ma che non si vedono. Questi sono dubbi, in ogni modo, che esprimo senza nessuna prova, che mi vengono alla mente per aver udito lamentele troppo esagerate ma nelle quali può darsi ci sia un po' di verità. Una cosa ancora. Mi pare che nel P. si vengano formando tre correnti, una di sinistra, una di centro, una di destra. Ne temo una, quella bombacciana che è anche contro Tasca-Graziadei, sicché non più una sola, ma avremo due destre. Non vorrei che tu fossi il centro raccoglitore, senza volerlo, di tutta una zavorra che infesta a destra come a sinistra. Perciò se ingaggi la lotta fissa bene i termini, ed esigi da tutti la massima chiarezza di idee e di propositi. E se avverrà qualche congresso o conferenza e che si mettano attorno a te questi corvi, sappiti servire di essi ma scartali subito con il fucile. Queste cose le pensai quando seppi che tu non avevi firmato il manifesto della sinistra (di cui però non conosco il contenuto) e così pensai che tu avresti formato un centro onde fare finita la cagnara della destra e della sinistra, raggruppando intorno a te un buon numero di compagni che abbiano imparato dal passato italiano, abbiano capito la Rivoluzione russa e sappiano come si organizza e deve lavorare un partito che ha per compito di portare le masse proletarie al potere".

Ho voluto farvi leggere questo brano perché mi pare molto significativo da diversi punti di vista e dimostra con quale interesse gli emigrati (che sono forse la maggior riserva di forze organizzative per il nostro partito) seguano gli avvenimenti, sfruttando, per farsi dei giudizi, ogni briciolo.

La questione più grave per noi è indubbiamente quella di distinguerci dai destri: ma non mi pare che essa sia insormontabile, e penso che in gran parte essa é questione di persone. La distinzione dai sinistri avverrà, purtroppo, automaticamente, per il solo fatto della nostra posizione. Credo sia indispensabile preparare una serie di tesi sulla situazione italiana, che sia la nostra piattaforma. La pubblicazione di esse avverrà con la firma di compagni del solo nostro gruppo, in modo che ciò ponga una distinzione: gli altri elementi che vogliano aderire, lo faranno posteriormente e saranno costretti a questo atto che politicamente avrà il suo significato, se pure non saranno portati a distinguersi per evitarlo: sarebbe utile che le nostre tesi precedessero quelle degli altri. Firmeremo io, Palmi, Negri, Leonetti e qualche altro della maggioranza che è d'accordo con noi (per es. cosa pensano Tresso, Gennari, Montagnana, Marabini?): Urbani non so quale atteggiamento prenderà, spero però che aderisca. Sarà utile avere Gennari e Marabini per l'autorità che godono in molti e larghi strati della massa per il loro passato e la loro esperienza (purtroppo l'esperienza viene confusa sempre con l'anzianità), anche se ciò sembri pericoloso. Inoltre bisognerà avere le firme di operai dei più grandi centri. Di Torino chi potrà firmare? Oberti forse? I compagni che io conoscevo di più sono emigrati: di essi avremo certamente Bernolfo e forse Ravazzoli di Milano, con i quali ho lungamente conversato a Mosca. Di Milano non conosco quasi nessuno. Di Genova cosa pensano Arecco e Franzoni che conosco e che sono due ottimi compagni? Di Trieste, Roma, Napoli, Messina, Bari, Firenze, Palermo, non conosco quasi nessuno e non saprei regolarmi. Dobbiamo tendere ad avere con noi compagni di tutti questi centri: se riusciamo in ciò abbiamo già fatto un gran passo in avantie la nostra diverrà una manifestazione di primo ordine. Credo che avremo con noi Germanetto. Gnudi che cosa pensa? E la maestra Arecco di Alessandria? E Azzario, Bellone (Virgilio), Betti (di Bologna), Ferrari (di Modena), Longa (di Torino), Peluso, Polacco (di Udine), Roberto, Scaffidi (di Girgenti), Tarozzi? Questo lavoro dovrete farlo voi incaricando magari un compagno di grande fiducia; esso è estremamente importante e di grande responsabilità. Se fatto bene darà dei frutti magnifici. Quando le tesi saranno pronte e si avrà la sicurezza di una buona raccolta di firme della maggioranza tradizionale del partito, credo necessario di strappare l'assentimento di qualche compagno della destra, del tipo Pastore e Mersú: ma solo quando il lavoro è già compiuto e il nucleo già costituito. Bisognerà anche avere firme di compagni emigrati, specialmente in Francia: credo come ho detto di avere quelle di Bernolfo e Ravazzoli: scriverò a Bernolfo che m'informi e mi faccia dei nomi sicuri, come per es. quello di Bonino e di qualche altro. Tra gli emigrati in Russia, sarà con noi Bianco (autore del brano su citato) e forse Parodi con qualche altro. In Russia però, tra gli emigrati, c'è un gran casino, che credo aumentato dopo la mia partenza. Per il contenuto delle tesi, voglio sentire il vostro parere, perché la mancanza di contatto diretto con gli avvenimenti italiani, che conosco solo per la lettura dei quotidiani più importanti, mi fa sempre dubitare della fallacia delle mie conclusioni. Dirò in breve ciò che penso.

Dobbiamo insistere poco sul passato specialmente per ciò che riguarda il nostro P. Accenneremo all'estrema confusione che si è prodotta in Italia per il fenomeno fascista, determinato dalla mancanza di unità della nazione, dal dissolvimento dello Stato per l'entrata nella vita storica di enormi masse popolari che non sapevano contro chi lottare, per la debolezza di sviluppo del capitalismo che di fatto non ha sottomesso al suo controllo l'economia del paese, poiché esistono ancora in Italia un milione di artigiani e la stragrande maggioranza dell'agricoltura è precapitalistica. Inoltre la questione dei rapporti tra città e campagna si pone in Italia, per la questione meridionale, su una base territoriale netta, determinando la nascita di partiti autonomisti o di partiti come la democrazia sociale, di tipo originale. Questa confusione la facciamo servire per spiegare l'incertezza di molti atteggiamenti del P. e di un certo settarismo che aveva paralizzato il P. La situazione si è chiarita, e ciò è indubbio. Il fascismo ha determinato il suo carattere. Le elezioni hanno dato modo di spingere la situazione dei partiti a una certa chiarezza. Esame dei P. piccoli borghesi: popolare e repubblicano per l'Italia settentrionale e centrale, rappresentanti dei contadini e degli artigiani, della democrazia sociale nel Mezzogiorno, con le sue appendici di nittismo, amendolismo, ecc. — significato dell'entrata nel listane di Orlando e De Nicola, santoni meridionali che rappresentano il tentativo del capitalismo borghese di trovare una certa unificazione nel fascismo o di impedire che l'unità, anche per un istante, appaia infranta. Distinzione tra fascismo e forze borghesi tradizionali che non si lasciano "occupare": Corriere Stampa — le Banche — lo stato maggiore — la Confederazione generale dell'industria. Queste forze, che hanno nel periodo 1921-22 assicurato la fortuna del fascismo per evitare il crollo dello Stato, che si sono create cioè col fascismo quelle forze di massa popolare che erano loro venute meno nel '19-'20 con l'irrompere delle masse più elementari e passive nella vita storica — queste forze oggi risentono della situazione internazionale, sono un aspetto italiano della situazione internazionale, che tende a sinistra, per il riconquistato dominio di sé della borghesia. Si verificano due correnti: una, quella della Stampa, che apertamente pone la questione della collaborazione coi socialisti, che non sarebbe neppure aliena da un esperimento MacDonald, in Italia, nelle forme e nei modi che la situazione italiana consente, — l'altra, quella del Corriere, che è più attaccata al conservatorismo borghese e che farebbe l'alleanza coi socialisti, ma solo dopo il passaggio di costoro sotto molte forche caudine. La Stampa , in una parola, tende a conservare l'egemonia settentrionale-piemontese sull'Italia e non è contraria, pur di raggiungere lo scopo, a far entrare l'aristocrazia operaia nel sistema egemonico. Il Corriere ha una concezione più italiana, più unitaria, — più commerciale e meno industriale — della situazione, e come ha appoggiato Salandra e Nitti, i due primi presidenti meridionali di governo (i siciliani sono meridionali per modo .di dire), così appoggerebbe Amendola, cioè un governo in cui la piccola borghesia meridionale e non l'aristocrazia operaia del nord, partecipi alle forze realmente dominanti. Come si svilupperà la situazione? Il solo fatto che il fascismo esiste come grande organizzazione armata, determina questo sviluppo. Arriveranno al colpo di Stato le forze che ho descritto? Non credo. Esse non hanno fiducia che i riformisti, in caso di colpo di Stato, siano capaci, partecipando al governo, di infrenare il movimento di massa che si scatenerà ineluttabilmente. I riformisti non hanno avuto il coraggio .di unirsi a queste forze, che volevano agire nei mesi di settembre-ottobre 1922 e che avevano affidato al generale Badoglio l'incarico di aprire il fuoco contro il fascismo. Certo i riformisti tentennano più ancora oggi che i fascisti sono più forti militarmente e hanno il governo nelle mani. Forse Modigliani praticamente e... Rigola teoricamente sono i due riformisti soli favorevoli a una tale situazione.

Questa disposizione nei rapporti delle forze politiche del nostro paese ci dà l'indicazione dell'indirizzo da seguire.

1) Propaganda minuta e incessante della parola d'ordine del governo operaio e contadino, che deve scaturire da tutto l'insieme della situazione italiana e non deve più essere una formula teorica.

2) Lotta contro l'aristocrazia operaia, cioè contro il riformismo, per l'alleanza degli strati più poveri della classe operaia settentrionale con le masse contadine del Mezzogiorno e delle Isole. Creazione di un Comitato d'organizzazione per il Mezzogiorno che conduca la lotta con il massimo vigore. Studio delle possibilità militari di una insurrezione armata nel Mezzogiorno e nelle Isole. Studio della possibilità di fare alcune concessioni di carattere politico a queste popolazioni con la formulazione di "Repubblica federativa degli operai e contadini" invece di governo operaio e contadino.

3) Riorganizzazione del partito: saturazione dì educazione politica per evitare gravi discussioni e discordie nei momenti culminanti della nostra attività. Allargamento della sfera dirigente del partito: creazione di uno strato nel partito, ottenuto mediante la costituzione di un Comitato di organizzazione e propaganda, che faccia un inventario degli elementi aderenti, compili per ognuno un dossier, domandi a ognuno la sua biografia politica, si tenga a contatto con i migliori, li stimoli, li controlli, li guidi incessantemente con comunicati e tesine.

4) Cura maggiore dell'emigrazione. Creazione all'estero di scuole di partito in ogni centro importante, con una direzione centrale. Nel CC nuovo mettere tre o quattro emigrati, come membri effettivi e aggiunti che all'estero tengano alto il prestigio del partito e lavorino efficacemente.Nei rapporti internazionali dobbiamo essere espliciti per quanto è possibile. Dobbiamo affermare la nostra fedeltà al CE, spiegando che riteniamo le decisioni dal Terzo Congresso in poi, anche per l'Italia, le uniche che potessero permettere un reale contatto con le masse nel periodo dell'offensiva capitalista.

Per il PSI dobbiamo affermare che è nostro compito risolvere la questione, che rimarrà fino a quando ci sarà un PS indipendente dagli unitari. La risolveremo con tutti i mezzi, nessuno escluso. Su questo argomento vi dirò francamente ciò che penso; solo la nostra debolezza organizzativa, il nostro scarso contatto con le masse del nostro P., ci ha impedito di accettare le deliberazioni del Comintern. Tutte le teorie e le concezioni che abbiamo escogitato erano solo un portato della nostra debolezza. Se il nostro partito si rafforza, come vuole, e come avverrà se noi sapremo imprimergli una direzione giusta, se riusciamo a creare un nucleo centrale vasto e bene educato politicamente, quali pericoli può presentare la tattica del Comintern? Nessun altro pericolo che questo: che fuori del partito esistano gruppi più rivoluzionari del nostro nucleo costitutivo, i quali entrando nella nostra organizzazione, ne prendano la dirigenza: pericolo che sarebbe una fortuna dal punto di vista rivoluzionario... a meno che non si cada nella puerilità di credere che la rivoluzione è garantita solo perché a capo del P. proletario ci sono determinate persone che si chiamano Tizio e Caio invece che Sempronio e Vegezio.

Vi ho scritto un po' alla rinfusa anche perché non so quali decisioni siano state prese sul modo di regolare la discussione. Ci saranno solo articoli individuali o saranno permesse le piattaforme comuni a gruppi e frazioni? La cosa è importante, naturalmente, ma fino a un certo punto. Evidentemente, sia dinanzi a un congresso o conferenza, sia dinanzi all'Esecutivo del Comintern, a un certo punto bisognerà presentarsi con delle piattaforme di gruppo. Perciò noi dovremo subito preparare le nostre tesi e raccogliere le adesioni, come ho detto, in via privata e riservata. I punti fissati serviranno come direttiva per la compilazione degli articoli, se la discussione sarà obbligatoria in via individuale.

Pregherei Palmi di fare uno schema analitico delle tesi, da trasmettere a me e a Negri (e ad altri, se opportuno) per le revisioni e le aggiunte, nel più breve tempo possibile. La economia delle tesi dovrebbe essere, secondo me:

1) Un breve accenno alla situazione internazionale che segna una ripresa del movimento proletario, per due ragioni: a) la borghesia ha ripreso parzialmente dominio delle forze produttive; b) la socialdemocrazia è andata più a destra e la borghesia tende a lasciarsene parzialmente rappresentare. Perciò la borghesia ritorna al liberalismo e per ciò stesso le forze rivoluzionarie avanzano, ma senza avere con sé la maggioranza dei lavoratori. La tattica del Comintern alla prova con gli avvenimenti ha dimostrato di essere idonea a interpretarli e a guidarli.

2) Una parte molto più estesa per la situazione italiana, dalla cui analisi deve scaturire la parola del governo operaio e contadino.

3) Questioni organizzative, in dipendenza della situazione e in tutti i campi: partito, sindacati, ecc. rapporti internazionali, rapporti con gli altri partiti.

Le tesi nel complesso non dovrebbero essere molto lunghe, non dovrebbero contenere trattazioni teoriche altro che per accenni, dovrebbero essere esclusivamente politiche ed attuali. Se questioni teoriche si affacciano, esse saranno trattate a parte, in articoli da rivista.

Credo di essere stato abbastanza completo, pur nella esposizione un po' disordinata: molte cose non ho accennate, poiché mi paiono ovvie.

Vi abbraccio fraternamente

Masci

Dovrei dire qualcosa circa la questione che Palmi affaccia sul mio atteggiamento passato. Dirò solo che anch'io ho conosciuto al Congresso di Roma le questioni più gravi del partito e le altre le avevo conosciute prima in una forma tale che rendeva impossibile ogni giudizio. Ancora: nel 1921, prima della pubblicazione del Comunista, fui invitato a Roma da Chiarini, che senza spiegarmi molto di che si trattasse, mi invitò a entrare nell'Esecutivo per controbilanciare l'influenza di Amadeo e per prenderne il posto. Risposi che non volevo prestarmi a intrighi di tal natura, che se si voleva una diversa direzione si ponesse la questione politica. Chiarini, che non aveva mai preso atteggiamento, a Roma faceva il bordighiano, mentre a Mosca inviava rapporti contro il partito, non insistette e non mi spiegò più diffusamente di che si trattasse. Egli mi aveva detto solo che per la debolezza di Urbani e per l'assenza completa dai lavori dell'Esecutivo di Luigino e di Bruno, la tendenza di Amadeo aveva preso il sopravvento, ciò che era contro lo spirito delle decisioni del Comintern che voleva dare al gruppo di Torino la prevalenza nel PCI. Al IV Congresso io ero da pochi giorni (pochi numericamente e non solo metaforicamente) rientrato dal sanatorio, dopo circa sei mesi di permanenza che mi avevano giovato poco, che avevano solo impedito un aggravamento del male e una paralisi delle gambe che mi avrebbe potuto tenere immobilizzato a letto per qualche anno. Dal punto di vista generale persisteva l'esaurimento e l'impossibilità al lavoro per le amnesie e le insonnie. Il Pinguino, con la delicatezza diplomatica che lo distingue, mi prese d'assalto per offrirmi nuovamente di diventare il capo del partito eliminando Amadeo, che sarebbe stato addirittura escluso dal Comintern se continuava nella sua linea. Io dissi che avrei fatto il possibile per aiutare lo Esecutivo dell'Internazionale a risolvere la questione italiana, ma non credevo che si potesse in nessun modo (tanto meno con la mia persona) sostituire Amadeo senza un preventivo lavoro di orientamento del P. Per sostituire Amadeo nella situazione italiana bisognava, inoltre, avere più di un elemento perché Amadeo, effettivamente, come capacità generale e di lavoro, vale almeno tre, dato che si possa in tal modo sostituire un uomo del suo valore. Io camminavo sui carboni ardenti e non era questo il lavoro più confacente alla mia condizione di debolezza cronica. Mi accorsi come la maggioranza della delegazione non avesse alcuna direttiva propria. Bastava, con ognuno, accennare anche vagamente alla situazione, perché si sbottonasse e manifestasse di essere potenzialmente un minoritario. Era una cosa pietosa e politicamente disgustosa. Se il Pinguino, invece che un fesso, fosse stato provvisto di un grammo di intelligenza politica, il P. avrebbe fatto una figura delle più meschine, perché la maggioranza, almeno nella sua delegazione congressuale, si sarebbe dimostrata un fantasma senza consistenza. Il solo fatto che io e Negri parlassimo con i compagni di queste questioni, fece adombrare Amadeo, che se non sbaglio, e Negri deve ricordare, adoperò parole molto forti al nostro indirizzo. Che cosa sarebbe avvenuto se io non avessi "anguilleggiato", come purtroppo ho dovuto fare ? Che la maggioranza della delegazione sarebbe stata con me, meno qualche elemento come Azzario, e si sarebbe avuta la crisi del P. a distanza, senza un accordo con voi: Urbani, Bruno, Luigino, Ruggero, Amadeo si sarebbero dimessi; il CC, non abituato a lavorare, si sarebbe squagliato e la minoranza, ancor meno preparata di quanto sia stata in seguito, avrebbe preso in mano... un pugno di mosche. Forse io sono stato troppo pessimista? Può darsi, dato le condizioni in cui mi trovavo. Non mi pare però. Era facile prevedere che il fascismo, giunto al potere in modo impensato, perché costretto dagli avvenimenti che lo incalzavano e non gli lasciavano altra via di uscita, dilaniato tra la tendenza mussoliniana che vedeva tutti i pericoli di una guerra civile scatenata per realizzare la brama di potere dei gregari che avrebbero voluto far man bassa su tutto — e, la tendenza della massa gregaria, che voleva una rivoluzione "romantica" con i plotoni di esecuzione, i tribunali spicciativi, ecc. insomma un capitolo di Michelet, — avrebbe trovato un certo equilibrio battendo su di noi, impedendoci di far qualcosa, ciò che avrebbe rimesso il potere nelle mani dello stato maggiore. Non ero neppure pessimista nelle previsioni sull'atteggiamento dei membri dell'Esecutivo di allora. Dirò anzi che non avrei creduto ciò che ho visto oggi: l'atteggiamento di Luigino è stato scandaloso: Bruno, pur avendo molte ragioni per la sua attività, ha dimostrato una assenza di passione politica desolante. Questa tattica del ritirarsi quando non si riesce a far prevalere le proprie opinioni, in un P. come il nostro che solo con dei miracoli di dialettica politica può superare le diverse situazioni, è una tattica di suicidio e non l'avevo prevista, con tutto il mio pessimismo. In verità si era formato un nodo che solo la volontà e una capacità di lavoro come quella di Amadeo poteva spezzare. Io non avevo né la capacità, né la volontà necessarie e non potevo assumermi il peso di determinare la situazione nuova nelle condizioni in cui mi trovavo. Oggi, dopo la vostra lettera, penso diversamente: si può costituire un gruppo capace di lavorare e di iniziativa forte. A questo gruppo io darò tutto il contributo e la collaborazione che le mie forze mi consentono, per quello che tali cose possono valere. Non mi sarà possibile fare tutto ciò che vorrei, perché ancora attraverso giornate di debolezza atroce, che mi fanno temere una ricaduta nello stato di coma e di istupidimento in cui mi sono trovato negli anni scorsi, ma mi sforzerò ugualmente. Ho fiducia in voi per il nostro movimento e penso che nel lavoro comune riusciremo ad avere con noi la maggioranza del P. e a creare un organismo sano, robusto, capace di sviluppo e di lotta, come la classe operaia italiana ha il diritto di avere dopo tanti sacrifici e tanti dolori.

Masci

Arch. Felt. e arch. part.

Note

[1] Partito.

Carteggi