Verdaro Virgilio (Gatto Mammone)

Ceresio (Canton Ticino), 28 giugno 1885 – Pontassieve (Fi), 6 dicembre 1960

Si trasferisce ancora bambino a Firenze dove si laurea in lettere. Iscritto al Partito Socialista Italiano dal 1901, si orienta verso la Sinistra Intransigente e conosce Mussolini in Romagna (1909) all'epoca "estremista". Insegnante presso il ginnasio della Repubblica di San Marino, nel 1912 ne rappresenta il partito socialista al Congresso dell’Internazionale socialista di Basilea. Nel 1915, con l’entrata in guerra dell’Italia, la sua attività internazionalista contro la guerra gli costa l’accusa di disfattismo ed è incarcerato prima a Cortona poi a Cosenza. Nel clima di aspettativa rivoluzionaria del dopoguerra, si schiera con l’ala sinistra del PSI, che sostiene i principii della nuova Internazionale Comunista. Nel 1920 è segretario del Comitato Esecutivo della Frazione Comunista. Cme tale ha un ruolo rilevante nel processo di formazione del Partito Comunista d'Italia. 

Dopo la costituzione del Partito, nel gennaio del 1921, partecipa a una serie di iniziative propagandistiche e organizzative in diverse località, per cui la polizia lo espelle dall’Italia in quanto cittadino elvetico. Nel 1924, dopo un fallito tentativo di rientrare clandestinamente in Italia, emigra in URSS, dove rimane fino 1931, ricoprendo incarichi nell’ambito del Comintern e insegnando all’Istituto Marx-Engels. Come molti comunisti emigrati in URSS, si mantiene sulle posizioni della Sinistra italiana e, con Ersilio Ambrogi e Arnaldo Silva, costituisce la Frazione di sinistra del PCR(b), cercando di prendere contatto con i compagni che, in Francia e in Belgio, hanno costituito la Frazione di sinistra del PCd'I. Questa iniziativa è considerata illegale dalla dirigenza del Partito Comunista  (bolscevico) Russo e, una volta scoperta, provoca la loro espulsione dal partito.

Nel maggio 1931, quando i margini di azione diventano assolutamente precari, decide di abbandonare la Russia e, in circostanze avventurose, raggiunge la Francia. Di qui non riesce a farsi raggiungere dalla moglie, Emilia Mariottini, rimasta a Mosca, incinta. Nell’ottobre del 1931 nasce il figlio. La situazione della donna è grave: per aver rifiutato di dissociarsi dal marito, nel novembre 1933 è espulsa dal partito, licenziata dal lavoro e cacciata di casa. L’8 dicembre 1934 il bambino muore di stenti. Solo durante la guerra riesce a lasciare la Russia e raggiungere il marito in Svizzera. Ma deve lasciare a Mosca gli importanti materiali di quest'ultimo sulla storia del movimento operaio internazionale.

Nell’estate del 1931, stabilitosi a Bruxelles, Verdaro assume incarichi per conto della Frazione di sinistra del PCd'I, curando in particolare la redazione del quindicinale Prometeo e, dal 1933, della rivista teorica Bilan (si firma spesso "Gatto Mammone"; sembra amasse particolarmente i gatti). Benché sia stipendiato dall’organizzazione, la sua attività si svolge spesso in condizioni di assoluta precarietà, come quasi tutti i militanti della Sinistra Comunista "italiana".

Importante è il suo contributo al dibattito teorico. Egli affronta le delicatissime questioni che andavano scuotendo la scena internazionale, dall’aggressione giapponese alla Cina alle tensioni in Palestina, dalla conquista italiana dell’Etiopia all’evoluzione della politica estera sovietica. Di fronte alla guerra di Spagna ne denuncia, con Ottorino Perrone, il carattere imperialistico e, in contrasto con altri compagni della Frazione, si batte contro ogni forma di intervento in difesa della Repubblica borghese.

I contrasti si aggravano in prossimità del secondo conflitto mondiale, creando prima una situazione di impasse e poi la dissoluzione della Frazione. Nel 1939 Verdaro riesce a rifugiarsi in Svizzera, di cui ha la cittadinanza. In effetti, dopo l’occupazione tedesca del Belgio, nel maggio 1940, molti membri del gruppo bordighiano di Bruxelles corrono il pericolo di essere estradati in Italia, dove li attendono in genere pesanti condanne.

Entra così nell’ultima fase della sua vita, disagiata come le precedenti, ma aggravata dall’isolamento politico. L’unico conforto è la ricongiunzione con la sua compagna. Forse per trovare uno spazio in cui svolgere attività politica in Svizzera, aderisce al Partito Socialista Elvetico (1945, sezione di Balerna). Subito dopo la guerra stabilisce però un contatto con il Partito Comunista Internazionalista appena formato in Italia e scrive sulla sua rivista Prometeo firmandosi sempre Gatto Mammone (pseudonimo con il quale sottoscrive anche gli articoli per il quotidiano socialista ticinese Libera Stampa).

Alla fine del 1956, venuta meno una modesta fonte di reddito, si ritira a Pontassieve, nei pressi di Firenze dove rimane fino alla morte.

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