28. Riunione di lavoro
Capodanno 1993

"...Il gruppo di Torino ha provveduto egregiamente ad accogliere i convenuti da tutte le direzioni, al loro alloggio e sistemazione logistica e tutto si è svolto col massimo ordine in locali idonei all'impegnativo lavoro della riunione... I compagni hanno lasciato Torino colla maggiore soddisfazione per il fruttuoso loro incontro e si sono dati prossimo appuntamento dopo aver preso i maggiori accordi ed intese per il compito comune nelle più disparate località, scambiandosi su tutto il fronte notizie, commenti ed impressioni sulla situazione generale. Soprattutto in prospettiva dell'organico sviluppo del lavoro di sistemazione critica e programmatica su cui sempre più converge il maturo consenso dei vecchi e sperimentati militanti come di non pochi giovani e giovanissimi elementi che attorno a noi si raccolgono con particolare serietà, continuità ed impegno, del che è il caso, senza mai sognare clamorosi e spettacolari successi che per principio restano fuori dalla nostre previsioni, di altamente compiacersi".

I compagni si tranquillizzino, non ci siamo improvvisamente montati la testa: il testo non è attuale e non si riferisce alla riunione di Capodanno. Si tratta della presentazione, sul periodico di partito, di una riunione generale avvenuta nel 1955. Il nostro linguaggio, data l'attualità, sarebbe più sommesso e speriamo che, davvero, i compagni abbiano trovato una buona "sistemazione logistica" e lasciato Torino "colla maggiore soddisfazione per il fruttuoso loro incontro". Ci piace però riprendere queste parole di Amadeo per sottolineare il nostro intento di continuità con quel lavoro. Come allora, e come scritto sulle nostre tesi dette "di Napoli", ci aspettiamo lo sviluppo dell'organizzazione e l'aumento dei suoi aderenti solo dall'effettivo coniugarsi del cambiamento radicale della situazione generale con la capacità dei militanti di lavorare organicamente e in sintonia con il "partito storico".

Per quanto riguarda l'entusiasmo, sarebbe da fessi minimizzare: c'era e, se lavoriamo bene, ci sarà. Ci auguriamo che sia contagioso al massimo grado.

La riunione di Capodanno è stata organizzata volutamente interpretando alla lettera la raccomandazione contenuta nelle Tesi di Milano: "abusare dei formalismi di organizzazione senza una ragione vitale è stato e sarà sempre un difetto e un pericolo sospetto e stupido". La riunione, lo diciamo subito a scanso di equivoci, non voleva rappresentare nient'altro che un incontro tra compagni, una verifica del lavoro in corso in località diverse, in certi casi rimaste scollegate per anni. Vi si sono trovati vecchi compagni che da decenni intendono militare in aderenza al "partito storico" e nuovi compagni (la grande maggioranza) che non hanno conosciuto né il partito, né la battaglia avvenuta intorno all'éclatement di dieci anni fa. Il lavoro si è svolto per alcuni giorni in modo informale e in margine alla riunione principale, in un clima favorevole che ha permesso uno scambio prezioso di impressioni e di informazioni, fuori dall'organizzativismo esteriore di cui hanno sempre dato prova i velleitaristi fustigati una volta per tutte dalle citate Tesi di Milano.

"I convenuti da tutte le direzioni", quindi, sono stati accolti e sistemati, se non "egregiamente", almeno con l'entusiasmo dovuto ad un lavoro che incomincia ad uscire dai limiti che l'oggettiva situazione ha imposto finora. Ovviamente "l'oggettiva situazione" immediata, dato che si era a Capodanno, si è tradotta anche in materialistici aspetti conviviali.

La riunione vera e propria è durata dal 1° al 3 gennaio, ma si sono avvicendati compagni per 12 giorni, tempo che ha permesso di fare il punto su questi ultimi "dieci anni", titolo di uno dei rapporti, e di tracciare le grandi linee dell'attività prossima, come dice il testo citato in apertura, "soprattutto in prospettiva dell'organico sviluppo del lavoro di sistemazione critica e programmatica su cui sempre più converge il maturo consenso dei vecchi e sperimentati militanti come di non pochi giovani e giovanissimi elementi".

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Il primo rapporto ha avuto come argomento una presentazione delle posizioni della Sinistra attraverso i temi di una prossima pubblicazione destinata soprattutto alle giovani generazioni. In tale pubblicazione saranno ripresi gli elementi che hanno punteggiato la battaglia (non solo dei compagni presenti) in difesa delle posizioni della Sinistra contro gli inquinamenti verificatisi nella storia della nostra corrente. Questo non perché si voglia continuare una sorta di polemica con personaggi o gruppi del passato e del presente, ma perché quella polemica ha toccato tutti i punti essenziali che contraddistinguono la Sinistra, perciò il ripercorrerla attraverso i collaudati argomenti teorici è il modo migliore per ribadire le classiche posizioni e, oltre che per mettere una pietra liberatoria sopra al passato, per rivolgerci al futuro e soprattutto ai giovani che verranno.

Attraverso la ripresentazione di testi classici si riafferma quindi l'appartenenza alla corrente storica. I testi sono: Tracciato d'impostazione del 1946, Attivismo del 1952, una presentazione (1907) di Lenin del suo Che fare?, una riunione di partito (1972) sulla questione sindacale, un testo sull'annosa questione dell'indifferentismo e uno sulle basi di adesione alla scuola marxista rivoluzionaria.

Ciò che occorre soprattutto combattere è il ben conosciuto e purtroppo diffuso atteggiamento di chi fa derivare l'azione e la tattica dalle valutazioni soggettive dei singoli o dei gruppi e non da una valutazione scientifica del rapporto fra le classi in relazione allo stato dell'economia. Ci siamo trovati così nel passato a combattere posizioni che sembravano opposte ma che in realtà avevano la stessa matrice. Anzi proprio per questo coloro che sostenevano queste posizioni si combattevano così strenuamente anche sul piano organizzativo: pensavano tutti di ottenere, con la loro volontà e con le forze militanti di cui disponevano, senza la minima influenza sul mondo "esterno" e sulla classe, la realizzazione di parole d'ordine completamente sfasate con la realtà. In fondo l'errore consisteva nell'essere convinti che esistesse già il partito come fattore agente nella realtà e che bastasse l'azione per aumentarne l'influenza e gli effettivi. Da questo atteggiamento è derivata una ben precisa posizione su molti aspetti della tattica, soprattutto per quanto riguarda l'azione sindacale e la valutazione del ciclo di lotte prima anticoloniali e poi antiimperialiste.

A proposito di organizzazione e di prassi, si è fatto ricorso anche a diretti ricordi a proposito dell'atteggiamento di Bordiga nei confronti dei compagni, che sbagliassero o no, quando venivano poste sul tappeto le divergenze all'interno del partito ed è stato ricordato il clima terribile degli anni che precedettero l'éclatement, clima che esisteva proprio perchè era stato abbandonato un metodo organico di discussione e di lavoro, e che alla fine ha portato a distorcere e falsare le posizioni altrui per combatterle.

"Verranno certamente degli altri problemi" ha concluso il relatore, "ma si può dire che il fatto che ci ritroviamo tutti assieme in una atmosfera serena, se non ha forse una grande importanza storica, è però veramente confortante per il futuro e ci rallegriamo dell'occasione che ci è stata offerta per scrollarci di dosso le accuse infamanti di cui siamo stati vittime per vent'anni".

(Questo metodo della distorsione totale della posizioni dell'interlocutore fu ben conosciuto dalla Sinistra negli anni della "bolscevizzazione" e noi abbiamo deciso di troncare immediatamente con chiunque accenni a ripercorrere tale strada. Ndr).

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Il secondo rapporto ha affrontato una classica "gatta da pelare" per i marxisti, cioè la dinamica della produzione capitalistica e la realizzazione del plusvalore, temi collegati alle antiche e attuali polemiche sul "crollo del capitalismo".

Attraverso la riproduzione semplice (che già ci indica i meccanismi della crisi), la riproduzione allargata (che ci indica la necessità della crisi stessa) e il problema del saggio decrescente dell'accumulazione capitalistica, si dimostra, in linea con altri testi prodotti dalla Sinistra, la scientifica transitorietà del modo di produzione attuale.

Si tratta di temi che hanno scatenato in passato roventi polemiche tra i sostenitori del "crollo" del capitalismo o della "curva discendente", i sostenitori del "supercapitalismo" e i marxisti ortodossi. Tra questi ultimi, la Luxemburg e Bucharin, in dissenso tra loro su questioni secondarie, ma in fondo entrambi combattenti contro l'opportunismo delle altre posizioni.

Lo studio, basato su una ponderosa formalizzazione matematica, è finalizzato alla comprensione della dinamica del modo di produzione capitalistico e quindi alla comprensione delle crisi passate e di quella attuale, delle difficoltà di accumulazione e della sempre più spinta finanziarizzazione delle attività capitalistiche.

Il rapporto procede dalla dimostrazione del conflitto insanabile tra lavoro morto e lavoro vivo nella determinazione del saggio di profitto, disegnando una "parabola del plusvalore" che si estende fra il minimo di forza lavoro impiegata (composizione organica massima) e il minimo di capitale costante impiegato (composizione organica minima). Si tratta di una formulazione fondamentale in quanto esprime la massima contraddizione del modo di produzione capitalistico: l'aumento storicamente determinato della forza produttiva sociale fa sì che la salvezza del capitalismo dipenda sempre più dall'estorsione di quello che Marx chiama plusvalore relativo, cioè la sostituzione di macchine a uomini, variazione verso l'alto della composizione organica del capitale. Quest'ultima però è un fattore di abbassamento del saggio di profitto di peso maggiore dell'aumento del saggio di sfruttamento ottenuto.

L'analisi dello sviluppo delle forze produttive della società, collegato all'estensione della scala della produzione, permette di delineare quali siano le tendenze storiche dell'intero processo della produzione capitalistica con i suoi riflessi sociali: infatti sia l'estorsione di plusvalore assoluto (durata della giornata lavorativa), sia l'estorsione di plusvalore relativo (aumento della composizione organica del capitale, macchinismo) sono elementi che hanno attinenza diretta con la sfera sovrastrutturale, di qui l'importanza della formalizzazione per capire la dinamica anche della lotta di classe.

Nello schema di accumulazione allargata, procedendo dal generale al particolare (forse in questo caso dal generale al meno generale) e tenendo conto di tutti gli elementi che compongono il valore generale delle merci (capitale cost. + capitale var. + profitto + interesse + rendita), lo studio analizza i rapporti fra le varie sfere del sistema capitalistico: produzione, consumo, rendita, sistema del credito e della finanza. Viene individuato il meccanismo dei cicli economici e, di conseguenza, viene spiegata la necessità delle politiche anticicliche dello Stato borghese, la natura del keynesismo, l'origine dell'inflazione, la progressiva finanziarizzazione dell'economia e la necessità storica dell'espropriazione e utilizzo ricorrente delle classi intermedie o non borghesi, tenute o no nel ciclo di accumulazione a seconda delle esigenze contingenti.

In base a questo rapporto, che è già una continuazione sulla traccia lasciataci dai vecchi compagni, il lavoro futuro dovrà ulteriormente continuare anche su altre grandi questioni qui toccate di sfuggita, come per esempio la discussione fra la Luxemburg e Bucharin: "Lo studio ulteriore di questo dibattito non può che mostrare come i due grandi rivoluzionari siano dalla stessa parte della barricata contro i nefasti dell'opportunismo revisionista, che in forma parallela, entrambi li uccise. Tuttavia è un dovere del movimento marxista che segue loro e che seguirà noi di porre ordine in queste quistioni portando nella giusta luce i passaggi vitali tra la trattazione economica, quella storica e politica e, per dirla nel solito modo abbreviato, filosofica" (Programma Comunista n. 2 del 1960 "Questioni fondamentali dell'economia marxista").

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Il terzo rapporto si è svolto su un duplice piano: da una parte le ragioni che ci hanno portato ad un lavoro di questo tipo e alla riunione che si stava svolgendo, la battaglia all'interno dell'ex partito, l'espulsione, la catastrofe finale e le infinite polemiche durante i tentativi di riorganizzazione, il rifiuto delle stesse polemiche; dall'altra le determinanti di questo lavoro, la situazione economica, la verifica degli assunti teorici, il cambiamento della situazione mondiale, la crisi di accumulazione sempre più evidente.

Nel corso dell'esposizione si è voluto dimostrare come si saldassero i diversi elementi che fortunatamente ci hanno permesso di riprendere il filo interrotto senza cadere nell'errore volontaristico di fondare un ennesimo partito internazionalista:

1) il rifiuto del velleitarismo di chi voleva "avvicinare le curve" della crisi materiale e della risposta soggettiva della classe;

2) conseguentemente, anche il rifiuto del soggettivismo velleitario di chi voleva riorganizzarsi in partito nonostante che l'organizzazione del partito fosse distrutta da fattori per nulla soggettivi;

3) questo nostro voluto ritorno ad un oggettivismo marcato, non teorizzabile in sé, ma utile per "fare il punto", ci aveva permesso di osservare la nostra situazione - per così dire - dall'esterno, quindi di troncare con le vecchie polemiche e ripartire da schemi generali (crisi, imperialismo, guerra ecc.) per analizzare i fatti dell'attualità (il nostro primo lavoro, rifiutato poi da coloro che erano in polemica con noi, fu appunto il Quaderno n. 1 sulla crisi, basato su di uno schema dinamico dei processi irreversibili di maturazione del capitalismo);

4) nel frattempo la crisi maturava sul serio: dalla negazione che il neoliberismo reaganiano significasse un'abdicazione alla necessità dell'accentramento del potere borghese e del controllo dei meccanismi economici, dovemmo passare alla dimostrazione che il grande crack dell'87 non era una ripetizione di quello del '29, ma una cancellazione di capitale fittizio creato nella grande fuga dei capitali fuori dal controllo dei loro possessori originari, quindi che necessitava un controllo maggiore da parte dei governi. Dalla dimostrazione che il capitale fittizio si crea proprio per difficoltà di accumulazione, constatammo che tale difficoltà era mondiale e che il crollo del Muro di Berlino con tutto il corollario era la manifestazione di ciò sull'anello più debole della catena;

5) il programma di lavoro che avevamo stilato e che stentatamente eravamo riusciti a seguire per debolezza nostra, prendeva ora nuova vitalità: i fatti oggettivi aiutavano lo svegliarino individuale, nuovi riscontri venivano alla nostra piccola attività di propaganda;

6) America, Russia, Germania, Giappone, Medio Oriente, Asia, Balcani: dallo schema astratto e generale della crisi si poteva passare alle grandi direttrici geostoriche alla maniera di Engels (Nizza e Savoia, Po e Reno), il programma di lavoro si precisava, i contatti aumentavano, la Guerra del Golfo aveva fatto crescere un interesse a cui non eravamo più abituati... insomma, con il cambiamento della situazione, sarebbe cambiata anche la disposizione dei singoli, si poteva essere più ottimisti verso il lavoro comune, l'allargamento dei contatti, il cambiamento di atteggiamento tra compagni ecc.

Tutto questo ancora visto nella dinamica della crisi: aumento enorme della forza produttiva, spostamento delle produzioni verso aree dove abbassare la composizione organica del capitale al fine di utilizzare una controtendenza alla caduta del saggio di profitto, espropriazione delle funzioni dei capitalisti a favore del capitale anonimo, gestito da funzionari di società finanziarie, spersonalizzazione del capitale e delle decisioni, dipendenti queste ultime da reti informatiche programmate per dare risposte automatiche alle variazioni dei mercati. Marx indica nello sviluppo del credito e delle società per azioni, allora ai loro albori, l'indice tangibile del superamento della società capitalistica: oggi questo indice è molto più marcato, dato che la generalizzazione massima del credito e delle società per azioni, quel capitalismo diffuso teorizzato da alcuni borghesi, è giunta al massimo grado.

E' il passo oltre il quale non vi sono mediazioni possibili tra le classi e anche tra i modi di produzione: la lotta condotta nell'ambito degli equilibri sociali in risposta agli effetti del capitalismo, quindi quella per rivendicazioni economiche, per libertà sindacali o contro "governi ladri" è irrimediabilmente condannata alla salvaguardia dello stato di cose esistente, il quale, però, è proprio quello che crea l'insofferenza sociale.

Come dimostra la nostra formalizzazione, ci sono dei parametri (per es. le variazioni sulla composizione organica del capitale in rapporto ad un determinato saggio di profitto) che ricondurrebbero immediatamente alla lotta di classe qualora scattasse l'elemento catastrofico che interrompe i consolidati equilibri sociali dell'Occidente. Ma sono anche gli stessi parametri che ci danno la dimostrazione, verificata sperimentalmente, purtroppo, del contrario della lotta di classe (trasformazione temporanea dei "senza riserve" in strati che hanno ancora qualcosa da perdere oltre che "alle loro catene"). Quanto potrà durare il capitalismo drogato dell'Occidente? E che peso avranno i tre o quattro miliardi di uomini esclusi dal ciclo capitalistico ma non più in grado di offrire qualcosa in cambio della realizzazione del plusvalore, quindi sempre più cacciati nella condizione di dannati della terra? Quale sarà la prospettiva della ripartizione del plusvalore prodotto nei centri della più alta come in quelli della più bassa composizione organica mondiale (estorsione di plusvalore relativo e assoluto)? Si profila, come si vede, il dilemma classico: o rivoluzione o guerra.

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Questi rapporti saranno resi disponibili in forma completa non appena saranno terminate le trascrizioni dai nastri e tradotto il "parlato" in lingua scritta.

In margine alla riunione principale, vi sono state naturalmente molte discussioni fra i compagni. E' impossibile riferire per esteso il contenuto di ognuna di esse, anche perchè si è trattato di piccole riunioni assolutamente informali che, a volte in modo del tutto spontaneo e a volte in modo premeditato, hanno spaziato su mille argomenti con il principalissimo scopo di trasmettere informazione fra compagni che in certi casi non si vedevano da quindici anni. E' stato fin troppo ovvio constatare, per esempio, che alcuni compagni sottolineavano maggiormante certi aspetti, mentre alcuni erano più propensi a sottolinearne altri.

Ci sembra tuttavia importante osservare che, nonostante tutto, è scaturito un organico impegno di lavoro, proprio perchè organica è stata la continuazione in questi anni. Proviamo ad elencarne gli argomenti, raggruppandoli dagli appunti, senza tuttavia pretendere di essere completamente esaurienti:

- Dicevamo lavoro organico. In effetti si è constatato che da parte di tutti i compagni era ritenuto necessario uno studio approfondito delle questioni economiche, non come fotografia della situazione mondiale e della crisi, bensì come approfondimento delle radici stesse della formazione e della realizzazione del plusvalore, quindi delle radici materiali del blocco del movimento rivoluzionario in Occidente per una lunghissima epoca che perdura tutt'oggi, non semplicemete riconducibili alla pur ottima formula propagandistica delle "briciole che cadono dalla tavola imbandita dell'imperialismo".

- Il "filo strappato" della rivoluzione e dell'organizzazione rivoluzionaria ha avuto dei riflessi sulla teoria e sulla prassi sia dei partiti che facevano parte della Terza Internazionale, sia del gruppo che rappresentò la continuazione storica del marxismo non adulterato. La Sinistra, la corrente storica cui ci rifacciamo, è il risultato della critica agli effetti della controrivoluzione sulla teoria, ma essa stessa, da quando è nata come corrente, ha dato un contributo teorico nel collegare il marxismo, il bolscevismo (nel suo duplice aspetto di "pianta di ogni clima" e fenomeno specifico della rivoluzione doppia) e lo sviluppo al massimo grado della forma capitalistica di produzione.

- Significato profondo di "invarianza". Da una definizione esatta del termine, scelto certamente non a caso quando è stato utilizzato per la prima volta da Amadeo, si possono trarre tutte le conseguenze per dimostrare la scientificità del marxismo: "proprietà che si ha in un sistema chimico - fisico in equilibrio quando non è possibile far variare alcuno dei parametri che lo costituiscono senza che venga meno l'equilibrio stesso". Il marxismo si accetta in blocco o si rinnega in blocco. Si tratta di applicare il metodo scientifico ad ogni nostra ricerca.

- Scienza e procedimento della conoscenza: l'individuo parte dalla sua esperienza soggettiva, particolare, concreta; il partito rovescia la prassi partendo dall'astrazione necessaria al procedimento scientifico, ha una visione generale e da questa deriva l'azione particolare, concreta. Di qui la tattica intesa in senso lato e in senso stretto: come possibilità di azione di classe per grandi aree e periodi storici e come possibilità reale di azione a contatto con la classe operaia. Il partito può "attendere" il movimento proletario, ma questo non "attende" il partito per esplodere quando vi siano le condizioni.

- Certamente il rovesciamento della prassi è determinato dalle condizioni oggettive che si saldano alla "volontà" storica rappresentata dal partito rivoluzionario, ma anche in assenza di partito formale si manifesta una "volontà" soggettiva nei compagni che sono portati ad aderire al "partito storico" (che non ha certamente tessere e sedi) e che si dedicano all'elaborazione teorica. Dipende dall'aderenza del lavoro al programma comunista. A volte c'è stata la tendenza, fra i compagni, a definire partito "storico" il partito quando è "piccolo". Nell'accezione di Marx e della Sinistra "partito storico" è l'insieme delle condizioni che permettono al programma rivoluzionario di vivere oltre i fatti contingenti. Certamente il partito storico si manifesta anche con i fatti soggettivi e i tentativi di organizzazione dei gruppi di comunisti, ma questo non ne rappresenta l'unico aspetto. Il partito storico è anche rappresentato dal potenziale materialmente anticapitalistico della classe operaia, al quale si collega la possibilità di sviluppo del partito formale. Compito dei rivoluzionari autentici è di tendere alla saldatura fra il partito formale e quello storico. La discussione su questo punto è importante, perché anche questo "chiodo" da ribattere dimostra come coloro che "creano" partiti credendosi immediatamente embrione originario del futuro partito formale, se non partito formale tout court, non abbiano compreso a fondo l'insegnamento di Amadeo.

- Forse un bilancio veramente completo degli ultimi 70 anni, cioè non influenzato da fatti contingenti che via via si sono sovrapposti all'analisi "disturbandola", non è ancora possibile. Rifiutando l'organizzativismo fine a sé stesso, ma tenendoci in contatto per evitare l'isolamento e rifiutando la polemica che conduce alle classiche battaglie nei bicchieri d'acqua, stiamo riscoprendo, o meglio la situazione ci permette di riscoprire, di vedere - con occhi sgombri dai fatti che coinvolsero i nostri predecessori in avvenienti di portata storica, lotte gigantesche, vittorie e sconfitte, guerre e ricostruzioni - quale enorme significato abbia avuto la battaglia della Sinistra contro la degenerazione dell'Internazionale e quale enorme patrimonio ci ha lasciato. Non per niente la stessa Internazionale, mai riuscita a divenire un vero e organico partito mondiale ma rimasta una federazione di partiti nazionali parlamentari, già nei primi anni dimostra insofferenza per le tesi della Sinistra. Il nostro testo fondamentale sull'Estremismo di Lenin definisce il testo del grande bolscevico "condanna dei futuri rinnegati". Una tremenda controrivoluzione ha fatto sì che al nostro stesso interno ce li trovassimo continuamente tra i piedi, fino alle estreme conseguenze.

- La Sinistra è espressione del comunismo rivoluzionario maturato nell'Occidente sviluppato e ha trovato sulla sua strada enormi difficoltà di comprensione che durano tutt'ora. Il capitalismo tende a integrare il mondo e coinvolgere intere nuove aree verso forme pure dei rapporti di classe. Non è possibile valutare appieno la portata di tali avvenimenti senza capire a fondo ciò che la Sinistra, unica, ha detto del capitalismo ultramaturo d'Occidente. E purtroppo non esistono oggi gruppi consistenti di comunisti che rivendichino con piena cognizione di causa il patrimonio della Sinistra. I disastri delle organizzazioni formali "internazionaliste" hanno la loro radice in questa profonda incomprensione e la loro storia è monito per le fresche generazioni rivoluzionarie.

- La Sinistra e il suo patrimonio sono l'unico esempio di marxismo "vivo", ovvero non contaminato da contingentismi e da teorizzazioni legate ad interessi di questa o quell'area del mondo (origine dello stalinismo), l'unico esempio di inflessibilità teorica e tattica, l'unico patrimonio che può stare alla base di un partito che non potrà che staccarsi come mai era stato possibile dai legami nazionali o locali. La Sinistra è ferocemente antievoluzionista sia per quanto riguarda l'avvenire della rivoluzione, sia per quanto riguarda l'avvenire delle forme politiche che la dirigeranno.

- La Sinistra rappresenta la vera corrente rivoluzionaria perchè è l'unica scuola nella storia del marxismo che ha inteso la rivoluzione come passaggio catastrofico dal mondo del cambiamento quantitativo al mondo del cambiamento qualitativo. Se tutte le rivoluzioni della storia e tutte le forme di produzione sono, compresa quella attuale capitalistica, in numero n, la serie completa per noi è n+1, intendendo con tale schema "a rabbia dei chiacchieroni a soggetto", che non vi sarà n+2, n+3 eccetera. La rivoluzione comunista è il passaggio dal regno della quantità al regno della qualità (Prog. Com. n. 3 del 1958 pag. 4 "Il meraviglioso disegno"). Se non fosse così, non sarebbe potuto nascere il marxismo come sistema invariante da più di un secolo; oppure, se non fosse così, il marxismo non sarebbe invariante, quindi sarebbe falso. Ma è così e, per i deboli in dottrina, basta guardare alle dimostrazioni ora presentate dai fatti di attualità.

- Il problema dell'invarianza della dottrina e della dinamica del capitale è risolto nel passaggio dalla quantità alla qualità. La dottrina è anticipazione di questo passaggio "e ne è consapevole" (Marx). La fine del "quantitativismo produttivo" è la fine del capitalismo, di qui l'affannosa ricerca di nuova "quantità". Essa si manifesta generando enormi contraddizioni sociali, oppure necessità di guerra senza senso "politico" (Vietnam, Afghanistan, Golfo, Yugoslavia) cui le masse dovranno piegarsi o ribellarsi. Ma la fine del quantitativismo produttivo, insieme alla espropriazione dei residui non-proletari e non-capitalisti, è anche fine della realizzazione del plusvalore. Rifiutiamo una meccanica utilizzazione della formula, ma sottolineiamo la tendenza attuale del capitalismo. "La borghesizzazione e industrializzazione del mondo procedono a ritmo invincibile. Quindi, quella che abbiamo sempre chiamato doppia rivoluzione e che ora diremo rapido passaggio da n-1 a n, poi da n a n+1, si presenta come una eventualità storica fortemente probabile". Ma la rivoluzione "doppia" può avere successo solo se preceduta o accompagnata da una rivoluzione proletaria occidentale, come dicemmo per la Russia e come del resto affermarono le tesi del II congresso dell'I.C. Mancando questa condizione, il solo risultato rivoluzionario che i paesi non ancora completamente capitalisti possono offrire (grande risultato, s'intende) è quello di "smuoversi dalle forme precapitalistiche antiche e fare il primo passo verso verso la forma borghese". Il primo passo è compiuto (indipendenza nazionale), il successivo è lo sviluppo della produzione capitalistica e sta avvenendo. Tien An Men e Los Angeles sono dialetticamente collegate dalla difficoltà sempre maggiore di realizzare il plusvalore.

- Da studiare anche la relazione fra la realizzazione del plusvalore (o la sua effettiva possibilità di realizzazione), e le forme sovrastrutturali: democrazia/fascismo, teorie filosofiche (pensiero "forte" e "debole", filosofie del dubbio); economia e scienza (dai sistemi dell'equilibrio alle teorie delle catastrofi e alla matematica del caos).

- Importantissima la necessità di studiare a fondo la causa materiale dell'addormentamento di classe dell'Occidente, chiamata in un nostro testo con parola russa, "colcosianesimo industriale", fondato sulla contrapposizione fra l'operaio che conta soltanto sulla propria forza lavoro e quello che è preso nel microingranaggio del credito sul suo lavoro futuro, la casa, la famiglia, il possesso di una qualche "scorta" che gli garantisca o lo illuda di garantirgli la sopravvivenza (Struttura economica e corso storico della società capitalistica, P. C. nn. 3-4 del 1957).

- Esigenza di una stampa periodica come superamento delle "Lettere ai compagni" e dei "Quaderni"; problemi di una redazione internazionale come estensione naturale del lavoro esistente. Per quanto riguarda il problema della rivista, rimandiamo i compagni alla vecchia Lettera n. 13.

Questi sono solo alcuni dei temi toccati durante le discussioni in margine alla riunione di "capodanno", peraltro estremamante sintetizzati. Alcuni lavori sono già in corso, altri sono in programma, altri ancora attendono di essere programmati con uno studio preliminare.

Fine

Lettere ai compagni