Newsletter numero 169, 13 gennaio 2011

Mirafiori

Ha vinto Marchionne per 400 voti degli impiegati, che alla Fiat sono la parte escrementizia del proletariato. Gli operai hanno votato no, mostrando il coraggio mancato alla FIOM che non ha dato indicazioni. Ma non è questo il problema. Il problema è che gli operai sono andati a votare. Come se fossero in consiglio di amministrazione e avessero dovuto prendere in quella sede provvedimenti su sé stessi. E' il risultato ultimo della malattia ordinovista che da Torino impesta da novant'anni il proletariato italiano e che nel dopoguerra aveva già partorito i Consigli di Gestione. I proletari decidono di sé stessi unicamente con la lotta di classe, e se hanno bisogno di votare lo fanno solo per deciderne le modalità. Tantomeno votano con la pistola del ricatto puntata alla tempia, costretti a sancire la tesi dell'interesse comune fra proletari e padroni. Il battilocchio Marchionne farà comunque ciò che gli ordina il capitale azionario in rapporto al mondo intero fregandosene di quei 5.139 dipendenti, qualunque cosa abbiano votato. I proletari in tutto sono un miliardo e mezzo, ma se non si uniscono e lottano, per i Marchionne del mondo sono solo carne da lavoro.

Dialoghi interimperialistici

Washington spinge per la rivalutazione dello Yuan e minaccia ritorsioni nel caso questo venga mantenuto competitivo artificialmente. Pechino risponde che una crisi cinese sarebbe catastrofica per tutti. Per ammorbidire il dialogo alla vigilia della visita del premier cinese negli USA, la Cina annuncia ufficialmente l'ingresso della propria moneta nel mercato valutario ufficiale. Gli economisti applaudono: lo Yuan dovrebbe così risultare parzialmente sottratto al tasso di cambio stabilito da Pechino. Sarà! Ma il tasso di cambio è un rapporto, in questo caso col Dollaro, e finché la Cina accumula titoli americani e dollari di riserva il prezzo delle reciproche valute è sempre deciso in ultima istanza a Pechino.

2009: Accumulazione e serie storica

Brucia, mondo, brucia

Contro i movimentisti del suo tempo Marx disse che una rivolta politica può avere aspirazioni universali fin che si vuole, ma rimane meschina se non è espressione di un movimento reale di cambiamento; mentre una rivolta per spinte reali appare meschina fin che si vuole, ma ha invece un contenuto sovversivo universale. In Cina il numero di rivolte contro il Capitale e il suo Stato è ormai fisso sulle decine di migliaia ogni anno. Le banlieues di tutto il mondo sono in fermento continuo. Oggi esplode l'ennesima rivolta del pane nel Nordafrica. Ci vuol poco a capire che si tratta di un'esplosione dovuta al contrasto fra ciò che il Capitale promette e ciò che in realtà elargisce. Chi scende in piazza rischiando la vita non sventola roboanti programmi, ma partecipa con tutto sé stesso all'affermazione del programma adatto alla rivoluzione.

2005: Una vita senza senso
2006: La banlieue è il mondo

Siamo alle vacche magre

Sempre più spesso i media scoprono allarmati che vige la legge marxiana della miseria crescente. Ovviamente per via empirica e senza comprenderne i meccanismi sistemici, al più addebitandola alle "ingiuste" politiche di redistribuzione del reddito. La Repubblica, giornale della piccola borghesia intellettuale piagnona, titola: Quasi la metà della ricchezza è in mano al 10% delle famiglie. L'economista Mario Sarcinelli, ad un intervistatore incerto sull'opportunità di indignarsi o meno per la miseria rampante, ribatte: "Ma lei lo sa che viviamo in un sistema ad economia capitalista?" (per la cronaca: negli Stati Uniti il 10% delle famiglie possiede il 96% della ricchezza).

2006: La legge della miseria crescente

Buona crisi a tutti

Nel consueto messaggio di fine anno il Presidente della Repubblica ha manifestato una certa inquietitudine per il malessere diffuso tra i giovani a causa della disoccupazione: "Se non apriamo a questi ragazzi nuove possibilità di occupazione e di vita dignitosa, nuove opportunità di affermazione sociale, la partita del futuro è persa non solo per loro, ma per tutti, per l'Italia: ed è in scacco la democrazia". E siccome all'interno del Sistema soluzioni non ce ne sono, per lo scacco matto è solo questione di tempo.

1948: Democrazia parlamentare e democrazia popolare

Verso il Big One

La critica marxista all'economia politica poggia sulla differenza fra la percezione soggettiva del Capitale da parte delle classi e la dinamica oggettiva regolata da leggi. Questa è energia che si accumula per il prossimo terremoto sociale. La crisi attuale dimostra una volta di più che la "pletora di capitali" senza valorizzazione è il risultato di una sovrapproduzione di merci e servizi. E' pertanto assurda l'ipotesi di un ritorno a "investimenti produttivi". Del resto è assurdo anche fare differenza fra speculazione e produzione: nell'epoca del Capitale autonomizzato non è più la fabbrica che usa i capitali ma è il Capitale che usa le fabbriche. Marchionne insegna. Di fronte a questo rovesciamento storico l'enorme balla secondo cui le banche italiane sarebbero rimaste immuni rispetto alla crisi non sta in piedi: c'è ovviamente il tacito accordo di parlarne poco, ma il Banco Emiliano Romagnolo è stato commissariato e i depositi bloccati, mentre la stessa sorte hanno seguito Carim e Credito di Romagna. Fra le accuse, usura e riciclaggio internazionale. Nel cuore del capitalismo ben temperato e produttivo! E intanto si aprono i giornali e spiccano nomi di banche in crisi a livello globale: Unicredit, Fineco, UBS, Barclays, RCI Banque, Lloyds, ABN Amro, Ing Bank... e 98 banche locali americane.

2008: Un modello dinamico di crisi

Petrolio, gas e teoria della rendita

Una volta petrolio e gas scaturivano dal terreno quasi spontaneamente. Adesso bisogna andarli a scovare chilometri sotto terra o mare. E' vero che di petrolio e gas ce n'è ancora in abbondanza, ma estrarli è diventato maledettamente costoso. Lo sceicco Yamani diceva che l'età della pietra non terminò per esaurimento della pietra. E cioè: i costi avrebbero obbligato gli uomini a escogitare fonti energetiche alternative. Per il momento, però, al prezzo raggiunto dagli idrocarburi, è quasi conveniente ricavarli da rocce e sabbie bituminose. Che sono abbondanti, ma contribuiscono a far lievitare i costi. Ora, la teoria della rendita ci dice che la rendita stessa non è che una ripartizione del plusvalore, precisamente sovrapprofitto. In epoca di caduta generale del saggio di profitto sarebbe un bel guaio per il Capitale se l'attesa uscita dalla crisi rimettesse in moto la produzione occidentale con relativa tensione sui consumi e quindi sui prezzi delle materie prime.

1958: Il programma rivoluzionario della società comunista elimina ogni forma di proprietà del suolo, degli impianti di produzione e dei prodotti del lavoro
2004: Petrolio

Vasi comunicanti

I valori della forza lavoro occidentale e orientale tenderanno all'equilibrio di mercato. L'aumento della sovrappopolazione relativa e assoluta (non occupata) abbasserà i consumi occidentali. Ma con il salario stabilizzato al nuovo livello consumeranno poco anche i proletari occupati. La diminuzione storica del valore dei prodotti industriali non basterà più: ci sono dei prezzi che non possono diminuire, come quelli dell'energia, delle materie prime e in genere di tutto ciò che deve un tributo alla rendita. Di fronte al nuovo "giusto salario" e all'estendersi della massa dei senza-riserve salteranno definitivamente tutti i parametri sindacali consueti. Il salario di sussistenza, complementare alla riduzione della giornata lavorativa, diventerà una necessità vitale. Ma non potrà essere frutto di riforma, dato che il sistema ha come sua legge il valore di mercato. Gli operai potranno solo imporre con la forza un cambiamento radicale dell'organizzazione sociale.

1970: I fondamenti del comunismo rivoluzionario
2005: Sciopero generale: per saldare la lotta di tutti i lavoratori, più precari che mai

Intelligenza collettiva globale

Wikipedia rifiuta le pressioni del mercato. Ogni anno i suoi fautori lanciano l'appello: "aiutateci a restare liberi". Ciò significa soprattutto ingresso gratuito e assenza di pubblicità. Quest'anno la raccolta ha raggiunto in appena 50 giorni i 16 milioni di dollari. Questa è sicuramente una piccola, oggettiva vittoria sul Capitale. C'è chi si chiede a quale scopo e con quale spirito sei milioni di persone abbiano realizzato e mantengano in vita questo strano cervello sociale, che è molto più di un'enciclopedia elettronica. Senza guadagno, senza gloria, per il puro gusto di collaborare a un grandioso progetto collettivo, un esercito di dilettanti ha già sterminato quello dei professori mercenari con le loro enciclopedie di carta (facendo proporzionalmente meno errori). Anonimi individui che hanno incominciato a "produrre" da uomini per altri uomini invece che da alienati per il Capitale.

2007: Wikipedia: il caos e l'ordine

Ridare valore al lavoro?

La parola d'ordine del "diritto al lavoro", fa parte della macabra liturgia di una "Religione del Lavoro", quindi del Capitale. Nel libro di Marco Panara La malattia dell'Occidente, scritto sull'onda dell'angoscia generalizzata per la disoccupazione crescente, il crollo del lavoro come collante sociale sarebbe dovuto all'insidia della tecnologia. Errore: il Capitale libera lavoro comunque; con la tecnologia lo fa semplicemente meglio. E' quindi priva di senso la proposta di "ridare" valore a ciò che lo stesso sviluppo del capitalismo rende superfluo. E poi: il Capitale non libera "lavoro" ma merce "forza lavoro", il che è ben diverso. Anche il capitalista lavora. Attribuire un valore al lavoro generico è come voler dipingere di giallo un logaritmo, diceva Marx.

1993: Come un logaritmo giallo
2000: Tempo di lavoro, tempo di vita

La prima guerra informatica pubblica

La decisione di Assange di consegnarsi allo Stato inglese non è a tutt'oggi stata spiegata. Deve ancora uscire molto materiale, specie sulle banche, ma rimane nei cassetti quella che egli definisce "la mia assicurazione sulla vita". Per adesso il fenomeno più chiaro e interessante è la risposta corale e organizzata degli internettiani al tentativo di soffocare l'attività del sito "sovversivo". L'han fatto con modalità DoS (Denial of Service), contro la quale finora grossi gestori di servizi credevano di essere ben protetti. Le conseguenze pratiche le hanno spiegate i giornali con dovizia di particolari: sembra che non sia tecnicamente possibile impedire né l'attività di diffusione del materiale in rete, né gli attacchi a chi si piega ai diktat degli Stati. Si incomincia a capire lo scomposto nervosismo di molti rappresentanti degli Stati stessi.

2006: Internet e la proprietà privata

Newsletter