Newsletter numero 218, 30 gennaio 2016

Una nuova sede per n+1 a Torino.

Come già comunicato, trasferiremo la nostra sede torinese in locali più ampi nei quali dare miglior sistemazione all'archivio storico, alla biblioteca, al magazzino delle stampe, al gruppo informatico e alla sala riunioni attrezzata. Vi sarà anche una piccola foresteria in modo da ospitare i compagni nelle occasioni di lavoro. Questa iniziativa sarà infatti completamente dedicata allo sviluppo della elaborazione sull'enorme patrimonio lasciato dalla nostra corrente e raccolto nel nostro archivio. L'acquisto di un edificio poco costoso comporta una quantità di lavori, in parte eseguiti da noi, in parte da imprese specializzate. Per la prima volta da quando esistiamo, dunque, ci rivolgiamo a compagni e lettori per una raccolta generale di fondi.

Conto Corrente Postale numero: 25 85 21 12 Bonifico bancario IBAN: IT 08 Q 07601 01000 000025 85 21 12 Entrambi intestati a: "n + 1" - Via Massena 50/a - 10128 Torino.

Ringraziamo tutti coloro che hanno offerto al progetto un contributo sia in senso economico che nel senso del lavoro comune, quest'ultimo espresso con centinaia di ore/uomo svolte nel cantiere oppure con l'affidare (o con il progetto di affidare) archivi e/o biblioteche personali a n+1 (pubblicheremo un rapporto dettagliato).

Spaventoso petrolio a buon mercato

Nei giorni scorsi il petrolio di riferimento (Brent e WTI), cioè quello che secondo la legge della rendita stabilisce il prezzo di mercato, è sceso sotto i 30 dollari al barile. Invece di gioire per l'importante alleggerimento dei prezzi del capitale costante nei paesi non petroliferi, gli economisti sono spaventati: secondo logica, superato il picco della produzione e aumentato comunque il consumo mentre calano le riserve, il prezzo sarebbe dovuto salire. Anche il ricorso alle nuove tecnologie di estrazione (fracking), molto care e dissipative, avrebbe dovuto mantenere alti i prezzi. Dato che il punto di equilibrio costi/ricavi è mediamente intorno ai 90 dollari, quasi tutti i produttori stanno estraendo in perdita. Questa situazione non può durare: sono già stati chiusi perché divenuti troppo onerosi giacimenti che producevano milioni di barili/giorno, e il fracking ha già innescato una crisi fra gli investitori del settore, i cui titoli sono impacchettati in strumenti finanziari del tipo di quelli che hanno provocato la crisi in corso. L'unica spiegazione possibile è proprio il perdurare di quest'ultima: sono entrati in crisi anche i paesi petroliferi che, partiti con l'intento di smorzare la concorrenza del petrolio da fracking, sono ora costretti a pompare il greggio sottocosto per mantenere comunque delle entrate (vedi il caso di USA, Iran, Venezuela, Russia e persino Arabia Saudita).

2004: Petrolio
2012: Numero speciale sull'energia

L'italietta alza la voce

Per contrastare la politica dei "due pesi, due misure" il presidente del Consiglio è andato a Berlino. La Confindustria da tempo se la prende con la Germania per lo stesso motivo. Il ministro dell'economia ha discusso a Bruxelles i provvedimenti sulle banche concessi alla Germania e negati all'Italia. Viene in mente un film hollywoodiano del 1959 che s'intitolava "Il ruggito del topo": un minuscolo paese dichiarava guerra agli Stati Uniti con l'intento di arrendersi subito e godere anch'esso di un Piano Marshall. La pseudo-Europa può dire grazie al divario fra la grande potenza economica e la debole potenza politica della Germania se ha beneficiato di una ricaduta economica senza essere germanizzata. La Germania è l'unico paese d'Europa, fra quelli che contano, ad aver tentato di contenere la deriva naturale del capitalismo verso il pieno dominio del plusvalore relativo (pochi operai e molto capitale costante). Con 44 milioni di occupati su di una popolazione di 84 milioni, ha varato una politica sociale tesa a contrastare la legge della caduta del saggio di profitto. Infatti, una numerosa popolazione operaia permette una maggiore estrazione di plusvalore (lavoro non pagato) e questo si estrae dagli uomini, non dalle macchine. Se la Germania fosse dunque una effettiva potenza politica gli europei sarebbero presi tra i due fuochi dell'americanizzazione e della germanizzazione. Così, guarda caso, si ritrovano semplicemente americanizzati e perciò anti-tedeschi.

2007: Feticcio Europa, il mito di un imperialismo "europeo"
2011: La classe dominante italiana a 150 anni dalla formazione del suo stato nazionale
2013: Controtendenza alla caduta del saggio di profitto in Germania

Basi biologiche dei gruppi umani

Sembra ci sia una stretta attinenza fra la dimensione della neocorteccia dei primati e quella dei loro gruppi sociali. Questa attinenza permetterebbe di stabilire il numero di relazioni permanenti all'interno dei gruppi sociali presenti in determinate specie. La neocorteccia è stata l'ultima parte del cervello ad evolversi e, per quanto riguarda Homo sapiens, dimostrerebbe che la nostra capacità biologica di relazione sociale non supererebbe il centinaio di individui. Dai primi villaggi neolitici ai gruppi dei social network odierni, passando dalle centurie romane, vi sarebbe una verifica empirica dell'assunto teorico. Ciò sembrerebbe contraddetto dal fatto che i social network attuali sono formati a volte da milioni di aderenti. Ma da un'indagine approfondita è risultato che in realtà anche oggi siamo in grado di relazionarci con un centinaio di persone al massimo e che questo limite è dovuto alla configurazione del nostro cervello dal punto di vista neurologico. Come può allora esistere una grande fabbrica, un club con migliaia di iscritti o un partito con milioni di militanti? Diciamolo a modo nostro: funzionando in maniera frattale. Ogni gruppo di 100 individui funziona come un individuo legato agli altri 99 e così via. All'interno del gruppo si formano legami forti che permettono la stabilità, mentre fra gruppi si formano legami deboli che permettono l'espansione. Una società basata sui legami forti è omeostatica, in essa nulla si muove; una società basata sui legami deboli è instabile e tende alla disgregazione. Ma una società in cui si verifichi un'influenza reciproca fra legami forti e deboli sarebbe nelle migliori condizioni per fare un salto rivoluzionario.

1922: Tesi sulla tattica del PCd'I (Roma 1922)
2006: Il rovesciamento della prassi
2009: Struttura frattale delle rivoluzioni

HIV, Aviaria, Ebola, e ora Zika

Isolato nel 1947 in Uganda, il virus Zika ha continuato ad essere quiescente come faceva da milioni di anni. Improvvisamente, dal maggio dell'anno scorso, si è diffuso. Oggi è presente in 17 paesi. Fino a ottobre è stato tenuto d'occhio dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, da gennaio del 2016 è scattato l'allarme per una possibile epidemia. Circa 1,5 milioni di persone sono state infettate solo in Brasile, ma sulle ragioni della sua espansione a salti non si sa assolutamente nulla. Il virus provoca danni nei feti e ha effetti neurologici sugli adulti. Il suo monitoraggio è difficile a causa della mancanza di sintomi immediati nell'80% dei casi di infezione. Il veicolo principale del virus è una zanzara originaria dell'Egitto. Patisce il freddo ma è stata trovata a New York e Chicago, città freddissime. Del resto anche in Brasile era stata dichiarata scomparsa nel 1958, dopo una disinfestazione generale. Si sta cercando di capirne il comportamento per debellarla. Come per l'HIV, l'Aviaria o Ebola sentiremo in futuro rassicuranti bollettini di vittoria. Fino alla prossima patologia… sociale.

2009: Pandemia

Terza Guerra Mondiale

Lasciate che ci ripetiamo. Quando negli anni '50 prevedemmo una Terza Guerra Mondiale o la serie di guerre locali endemiche come suo sostituto, nessuno ci fece caso, neppure i militi dell'organizzazione che pubblicò quel dato. Quando 13 anni fa tracciammo uno schema delle guerre del '900, scaturì quasi automaticamente una periodizzazione a quattro stadi: 1) Prima Guerra Mondiale, guerra di posizione; 2) Seconda Guerra Mondiale, guerra di movimento meccanizzato; 3) Terza Guerra Mondiale o Guerra Fredda, proxi-war fra due megapotenze tramite paesi partigiani; 4) Quarta Guerra Mondiale, guerra fra le maggiori potenze tramite popolazioni partigiane all'interno dei paesi, bande armate che sfuggono al controllo e si autonomizzano, guerre civili. Qualcuno si scandalizzò perché "Lenin non l'aveva detto". Lenin non avrebbe aspettato di leggere la notizia sui giornali. Nel 2014 il Papa definì Terza e Mondiale la presente guerra endemica; nell'ottobre dello stesso anno la rivista Limes organizzò un convegno a Roma con la stessa definizione; la stessa rivista la usa come titolo per il suo festival nazionale che si terrà a Genova nel marzo di quest'anno. In rete è nato il sito www.terzaguerramondiale.net, "Bollettino di un conflitto combattuto a capitoli". Digitando "Terza guerra Mondiale" (con virgolette, quindi frase esatta) su Google si presentano 381.000 risultati.

2003: Teoria e prassi della nuova politiguerra americana

L'economia della frode innocente

John Kenneth Galbraith scrisse un opuscolo con questo titolo per dimostrare che il capitalismo, giunto allo stadio finanziario, non può che funzionare sulla base di mistificazioni. Prima fra tutte quella secondo cui sarebbe possibile controllare l'economia. Apparentemente la Federal Reserve, come ogni banca centrale, escogita rassicuranti provvedimenti di politica economica. In realtà non fa che registrare le esigenze autonome del Capitale, alle quali obbedisce. Nessuna "autorità economica" è mai riuscita a influire minimamente su crisi, disoccupazione, inflazione, distribuzione del reddito o crescita economica. "Frode innocente" sarebbe un ossimoro: nessuno può essere innocente se froda. Ma nel caso dell'economia politica non c'è modo di fare diversamente. Galbraith insegnò l'economia della frode nelle maggiori università americane. Aveva 96 anni quando scrisse l'opuscolo (2004). Forse un testamento: mancavano tre anni all'inizio dell'attuale depressione.

2005: L'autonomizzarsi del Capitale e le sue conseguenze pratiche
2008: Capitalismo che nega sé stesso - Una crisi ai limiti del modo di produzione capitalistico

Il futuro delle batterie

L'unica tecnologia valida per accumulare elettricità in batteria è quella agli ioni di litio, ma i giacimenti di litio sfruttabili sono rari. Se prendesse piede l'auto elettrica, per dotarla di batterie non basterebbe il litio esistente. Tanto più che le politiche energetiche stanno premendo per l'accantonamento crescente dell'energia solare in batteria. Addirittura le centrali elettriche sono in procinto di usare batterie al litio per accumulare l'energia richiesta dai momenti di picco (California: progetto per 1,3 Gw). Quasi tutto il litio del mondo a concentrazione conveniente è in un unico giacimento sulle Ande. Lì viene estratto e inviato soprattutto in Cina, maggior paese produttore di batterie. Dalla Cina queste ultime vengono spedite ovunque, ma specie negli USA, il maggior paese consumatore. A prescindere dal prezzo del litio, l'energia spesa per produrre e distribuire batterie rischia di essere maggiore di quella accumulata in un ciclo di vita delle batterie stesse.

2007: L'illusione delle energie da fonti rinnovabili
2012: Massimo di entropia

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