Militi della rivoluzione

La necessità di quell'intelligenza organica della rivoluzione che chiamiamo partito è un assioma. Perciò è perlomeno ingenuo immaginare che si possa uscire dall'attuale situazione storica sfavorevole con la semplice volontà di individui o gruppi. Oggi innumerevoli percorsi individuali e collettivi s'intersecano in modo casuale, e solo pochi sono coerenti col grande tragitto storico della rivoluzione verso la società di domani. Gli uomini imboccano questi percorsi, ma non li scelgono secondo il loro libero arbitrio. E' la rivoluzione a trovare i suoi militi e a indicar loro la strada. In quest'ottica vogliamo, di proposito, ricordare tutti insieme, nonostante le enormi differenze. tre di questi militi scomparsi recentemente.

Vittorio Vacca. Era partito giovanissimo dalla Sardegna per il Piemonte dov'era andato a lavorare in fonderia. Qualcuno di noi lo conobbe nel '62, nelle "società operaie" del Canavese, sopravvissute come "piole", luoghi di povere dispute con vecchi socialisti ed epiche bevute, ma anche di rare riflessioni sull'Universo e sulla lotta di classe. Si discuteva allora con Vittorio sulla differenza fra un Bakunin e un Malatesta alla luce di Marx, ma soprattutto si lottava, perché era appena scaduto il patto del lavoro per la ricostruzione e si prospettava un nuovo compromesso di classe. Molto prima che il sessantottismo subentrasse al ruvido argomentare proletario e introducesse vaghe fantasie pseudomarxiste, si cercava di capire cosa significassero alcune avvisaglie. Nasceva il Psiup, avanzavano gli operaisti. Ci si chiedeva come mai si parlava tanto di costoro e poco del vecchio Bordiga, che cominciavamo a conoscere. Vittorio si ammalò gravemente, lesse moltissimo, scrisse persino poesie. Aderì al Partito Comunista Internazionale (Programma) a Ivrea. Tornò in Sardegna, dove partecipò a lotte importanti, con tenacia e determinazione, formando nuove leve di compagni. Duro come il granito, era intransigente coi vecchi e paziente coi giovani. E' morto il 13 giugno 2001.

Arturo Peregalli. Aveva conosciuto la Sinistra Comunista "italiana" tramite ex militanti del PC Internazionale (Programma). Gli scritti di Bordiga lasciarono in lui una traccia indelebile che ne caratterizzò la vita, trascorsa poi nella ricerca metodica delle fonti. Ma non voleva assolutamente essere chiamato "storico bordighista". Nel milieu non era considerato un militante, ma raccolse molto materiale, pubblicò testi, lavorò come una delle molecole del gran partito storico. Lo conoscemmo ad un convegno, dove avevamo cercato di precisare, rispondendo ad una domanda, che la saldatura fra Marx e le generazioni future non attenderà la nascita di nuovi Bordiga e darà vita a quel cervello collettivo che proprio Amadeo chiamò partito organico; ciò avverrà quando diminuiranno gli archeologi che scavano negli archivi e aumenteranno i militanti che si riconoscono come cellule nervose di un unico organo. Il paragone del passaggio dagli archeologi ai neuroni-militanti gli piacque e ci scherzammo sopra. Non ci incontrammo più. Sappiamo che continuò il suo lavoro di scavo negli strati di una storia cancellata e mistificata dai nostri avversari. E' morto anch'egli il 13 giugno 2001.

Suzanne Voute. Aderì giovanissima al PC Internazionale (Programma), lavorò con passione al suo sviluppo in Francia e ne fu responsabile centrale della stampa. Battagliera, instancabile e vulcanica nel lavoro, entrava facilmente in conflitto con chi affrontava i problemi alla "marxista-leninista", come amava dire, cioè sulla base di semplificazioni luogocomuniste da Terza Internazionale degenerata. Riconosceva al volo la malattia opportunista, rivelata dalla langue de bois con cui alcuni ripetono pappagallesche formulette. Isolata durante la battaglia in difesa dell'integrità teorica e organizzativa del partito, non cessò mai la sua battaglia. Dopo il cosiddetto éclatement, falliti i tentativi di riorganizzazione, lasciò decantare gli avvenimenti lavorando con un gruppo di compagni in Francia e Italia. Dopo più di dieci anni riprendemmo insieme il lavoro interrotto, nel tentativo di porre le basi per una ricerca ed elaborazione sui filoni poco conosciuti dei testi. Durante un suo soggiorno in Italia, studiammo interessanti agganci con le nuove conoscenze sul caos, la complessità, la necessità di formalizzazioni, ecc. Ad ogni questione rispose sempre, puntigliosamente, per iscritto, non volendo lasciare nulla all'indeterminazione delle parole. Il periodo dal '92 al '95 fu una entusiasmante stagione di lavoro, anche con momenti di intensa commozione. Poi le determinazioni del passato prevalsero, come spesso succede. E' morta il 2 dicembre 2001.

Rivista n. 6