Bancarotte nei cieli, crisi profonda

I più chiari segni esteriori della crisi capitalistica sono l'immobilizzazione dei mezzi di produzione, la discesa dei prezzi all'ingrosso e l'aumento del numero di fallimenti. Sul crack della Enron i giornali scrissero: è il più grande fallimento della storia. Pochi mesi dopo collassava la WorldCom, un fallimento più grande ancora. Ora la United Airlines, seconda compagnia del mondo, 83.000 dipendenti e 1.700 voli al giorno, indebitata per 920 milioni di dollari e in crisi di liquidità, chiede l'amministrazione controllata. Tanto per rimanere nel campo dei record, è il più grande fallimento nella storia delle compagnie aeree e anche il più grande fallimento degli esperimenti di "partecipazione operaia", dato che la compagnia di Chicago era posseduta per il 55% dai suoi lavoratori. Le azioni sono passate da 70 a 1 dollaro, il minimo per rimanere in tabellone a Wall Street.

Questo è il settimo crack americano nel settore, che ha visto cadere i colossi del volo, come PanAm, TWA, US Airways, American Airlines, Vanguard, Midway Airlines, Continental Airlines. La Continental aveva appena sottoscritto un accordo di cartello con Delta Airlines e Northwest per mettere insieme le forze rimaste e stimolare "sinergie" al fine di superare la crisi. Pratica proibita dall'anti-trust per le tariffe, è permessa evidentemente quando il disastro economico è alle porte.

Negli altri paesi la situazione non è migliore, e lo testimonia la lotta spietata sul filo della concorrenza: nel 2001 era fallita la compagnia di bandiera svizzera, la Swiss Air, un mese dopo quella belga, la Sabena, e mentre scriviamo è sull'orlo del fallimento la greca Olympic Airways. È inevitabile che questi fallimenti si ripercuotano sulle aziende produttrici di aerei, per esempio la Boeing, che da sola ha già eliminato 80.000 posti di lavoro. La catena delle cause e degli effetti è inesorabile, ma dove comincia e dove finisce?

L'aereo, per le compagnie di volo, è un mezzo di produzione come lo è l'autocarro per quelle di trasporto a terra. Ma è assai più costoso, sia a causa del capitale da anticipare per l'acquisto, sia per ciò che vi sta intorno, manutenzione, personale specializzato per il pilotaggio, tecnici di volo, carburante, servizi. Come tutti i mezzi di trasporto, ha una soglia di carico sotto la quale il viaggio non è più competitivo. Nei periodi di boom il valore prodotto nella società circola, viene ripartito, si spostano turisti, lavoratori, soprattutto manager, che viaggiano in business class, la più redditizia, pagata dalle aziende. Nei periodi di crisi tutto ciò si riduce, ma, se si può ridurre il numero dei voli, non si può ridurre il parco macchine, un aereo non si vende come un'automobile di seconda mano. L'alta composizione organica del capitale, una benedizione in tempo di boom, si trasforma in tempo di crisi in una maledizione, che si presenta in genere sotto forma di debiti per fermo macchina, quindi non onorabili a causa della carenza di passeggeri.

La crisi specifica del trasporto aereo è tipica delle crisi generali profonde, nelle quali l'utilizzo degli impianti e la circolazione del capitale costante è bloccata: è come se, calando la velocità di circolazione del Capitale, calasse conseguentemente la velocità di circolazione degli uomini e del valore ripartito nella società. E in effetti il traffico aereo è un buon indicatore dello stato dell'economia, anche per il fatto che la macchina e il sistema che le sta attorno per farla volare sono capitale fisso; perciò quando la macchina è ferma per mancanza di passeggeri la produttività uomo-impianto è zero. Questo è un guaio, se pensiamo che gli aerei, specie quelli sempre più giganteschi, non si producono a milioni in linea di montaggio con pochi operai e tanti robot, e quindi in regime di massimo plusvalore relativo e minimo valore per oggetto prodotto. Essi sono invece fabbricati in pochi esemplari con l'impiego di molti lavoratori qualificati in un settore a bassa composizione organica del capitale, quindi con massimo valore per oggetto prodotto: tipica situazione dei settori che rappresentano una delle "cause contrastanti" rispetto alla legge della caduta del saggio di profitto, perciò già un tentativo di salvataggio rispetto alla tendenza generale verso la bassa accumulazione. Per di più sono fabbricati nel settore di produzione dei mezzi di produzione, che è quello trainante dell'economia capitalistica e la cui asfissia ha un effetto moltiplicato su tutti gli altri settori.

Rivista n. 10