La non-costituzione europea

Politici, giornalisti, economisti, persino militanti di gruppi più o meno organizzati, si riferiscono spesso all'Europa come a un'entità politico-economica effettiva. A noi fa una strana impressione sentir parlare di "imperialismo europeo" così come si parla di "imperialismo americano", constatare che qualcuno considerasse la redigenda costituzione europea come atto conclusivo del processo di formazione di un imperialismo continentale, quando gli stessi diretti interessati, cioè i borghesi, lo negavano con solidi argomenti. Per esempio, il loro organo internazionale The Economist, aveva riportato in copertina la foto di un cestino per la carta straccia sul quale campeggiava il titolo: "Dove archiviare la costituzione europea", cui corrispondevano all'interno due caustici articoli. Non dopo l'inglorioso fallimento della ratifica, ma alla presentazione del testo, alcune settimane prima che la stessa costituzione finisse davvero nella spazzatura della storia. Economist batte sinistri?

Possiamo capire gli Stati Uniti che, nello scenario di guerra preventiva, tendono a descrivere l'Europa come un concorrente unitario perché devono evitare che lo diventi. Essi difendono i propri interessi, così come li difendono gli europei, e non è strano che questi ultimi pensino al federalismo come unica via per contrastare la strapotenza americana. Ma l'imperialismo è un fatto materiale, non un'idea. Non è neppure una politica ma il modo di essere del capitalismo giunto allo stadio attuale. La costituzione di un blocco imperialistico deve riflettere la sua natura e, prima ancora, la sua esistenza. Lo dice il termine stesso: costituzione è "l'atto, l'effetto, il modo di costituire o costituirsi. Composizione, struttura. Il complesso delle leggi fondamentali a cui s'ispirano le leggi dello Stato" (Dizionario italiano ragionato).

Se ci basiamo sui fatti che dovrebbero corrispondere alla definizione, l'Europa non si è neppure "costituita". Mezzo secolo di tentativi non hanno portato a una composizione e tantomeno a una struttura, non parliamo poi di uno Stato. Senza una politica unica, persino l'Euro non è che un travestimento per le valute nazionali, e il suo effetto si fa sentire solo sui mercati non europei. Senza un'espressione politica, militare, monetaria e finanziaria non ci sono né Stati né imperialismi moderni. Perciò l'Europa non è che un'espressione geografica, come diceva Metternich prima dell'unificazione italica. Ma, mentre in Italia c'era un fermento rivoluzionario verso la futura unità, in Europa c'è solo un fermento reazionario verso la passata separatezza. Dal punto di vista borghese "Costituzione" fa rima con "Rivoluzione" (nazionale), e non sembra che oggi ci siano rivoluzioni borghesi all'orizzonte.

Dovrebbero far riflettere i 18 mesi di compromessi a tavolino, il coinvolgimento di centinaia di politici, giuristi e impiegati, le 200 pagine di enunciazioni di principio e la mancanza totale di articoli operativi. Quando le costituzioni erano servite sul serio, la borghesia liberal-giacobina non aveva perso tanto tempo e aveva scritto poche pagine roventi al fuoco della rivoluzione. Le costituzioni non dovevano "creare" a tavolino nazioni e governi, ma sancire che essi s'erano costituiti con armi ed eserciti contro il passato e per il futuro. Piccoli gruppi, ideologicamente omogenei, mettevano nero su bianco il programma della loro classe vittoriosa per evitare che il passato ritornasse, non per renderlo eterno. Quelle costituzioni facevano saltare con la loro forza ogni barriera, e venivano adottate anche là dove la rivoluzione non aveva vinto sul campo di battaglia. Questa è, giustamente, spazzatura.

Rivista n. 13