Democrazia americana?

Proprio in questi giorni, pensando sia alla critica marxista del "principio democratico" che ad alcuni borghesi democratici ormai giunti a scrivere contro questo che è soltanto più un mito, mi chiedevo se è corretto dire che l'America, l'Italia, ecc. sono paesi democratici. A parte le forme esteriori, dopo il fascismo non c'è stato un ritorno alla democrazia, bensì un ulteriore accentramento dei poteri economici e politici sia a livello nazionale che, soprattutto, mondiale. È un po' quello che si dice anche nella rivista in diversi articoli, riprendendo le tesi del dopoguerra scritte dalla Sinistra Comunista "italiana". I politici di destra e di sinistra (peggio ancora quelli extra-parlamentari), che tanto si riempiono la bocca con il termine "democrazia" e la difendono nei fatti, non fanno altro che mistificare l'essenza reale della nostra società, che è soggezione completa al Capitale, assenza assoluta di libero arbitrio rispetto alle sue esigenze. Lo so bene che la democrazia non è mai esistita e neppure è possibile, come già aveva rilevato Rousseau, ma a questo punto domando: è proprio corretto dire, com'è detto in alcune vostre corrispondenze, che la vera democrazia d'oggi è quella americana? È ancora corretto parlare di democrazia nel 2005, pur sottolineandone l'accezione mitica, irreale, dell'avversario?

 

Proprio perché la democrazia non è mai esistita ed è impossibile – quindi è un mito – possiamo dire che gli Stati Uniti sono il paese che si trova nelle migliori condizioni per essere depositario del mito stesso. Qualche volta per descrivere l'economia moderna abbiamo usato il termine "democrazia fascista", che va forse bene solo come messaggio immediato. Per rispondere sinteticamente proviamo a parafrasare Marx: la società capitalistica libera effettivamente l'individuo perché nel movimento della produzione e riproduzione sociale egli è alieno rispetto agli elementi vitali del proprio corpo sociale, come la proprietà, l'industria, la religione, la democrazia, ecc. Si sente indipendente da tutto questo, e in un certo senso lo è sul serio. Ovvero, la sfrenata libertà degli elementi sociali è sentita dall'individuo come libertà sua propria, ed egli si comporta come uomo libero. La sua schiavitù reale, se non lo muove ad azioni, è come se non esistesse.

È tipico del procedimento ideologico scambiare il reale con le frasi, perciò, nella società ideologizzata, al posto degli individui reali si mette l'Uomo, e al posto dei bisogni che reclamano di essere soddisfatti si mette un qualche ideale fantastico, per esempio la Libertà dell'Uomo (o Democrazia). Nessun paese al mondo è in grado, come gli Stati Uniti, di emettere frasi così roboanti sulla democrazia, la libertà, il benessere, la religione, ecc. mentre schiavizza l'individuo. Il quale, giusta Marx, crede ciecamente nella propria indipendenza dai meccanismi reali dell'economia e della politica proprio perché gli sono lontani, separati, alieni.

Certo, se noi credessimo possibile la democrazia, diremmo che nessun paese oggi è democratico. Ma quella è l'unica democrazia che esiste. Anche il gerarca Bottai affermò che il fascismo rappresentava la vera democrazia finalmente realizzata; anche il reggente d'Arabia ha recentemente affermato che il consiglio delle tribù wahabbite è vera democrazia; ma si tratta di surrogati imperfetti: in nessun paese la frase è così distante dalla realtà e così vicina all'idea come negli Stati Uniti.

Rivista n. 17