Habemus Pontificem

I soliti sinistri hanno immediatamente coniato un soprannome per il nuovo papa Ratzinger, ora Benedetto XVI: pastore tedesco. Se il buon giorno si vede dal mattino, abbiamo l'impressione che ci sia poco da ridere: questo teutonico produrrà materiale da "protesta" per un po' di tempo, facendo vedere i sorci verdi ai teorizzatori della religione come fatto privato. Non era ancora papa quando alla messa "Pro Eligendo Romano Pontefice", l'ultima prima del conclave, lesse il suo manifesto invocando: "Dacci un papa pastore". Forse sapeva già che sarebbe stato eletto. E pastore sarà, nel senso letterale del termine, impugnando il proverbiale bastone, diventato scettro, simbolo di tutti i re, fin dai tempi dei faraoni.

La Chiesa è reazionaria, bella scoperta. Lo è sempre stata, da Costantino in poi, anche quando ci sono stati papi che piacevano ai sinistri, come quando nelle bancarelle davanti ai santuari si vendevano, in coppia, piatti da muro con Giovanni XXIII e Kennedy. Ratzinger è un prodotto della Chiesa e quindi cerca di essere conseguente. Con il suo stile, che è teologico-bacchettatore. Alla messa citata, egli dichiarò i suoi intenti e il conclave ne tenne conto, decisione conseguente anche questa, per riportare all'ordine un gregge che si perde un po' troppo volentieri, catturato dalle lusinghe del mondo, che è il campo d'azione del diavolo.

Che cosa disse di tanto speciale il cardinale non ancora papa in quell'occasione? Intanto non si rifece a Dio, a suo Figlio o alla Madonna, riferimenti dati per scontati: attinse da San Paolo, che rappresenta la macchina motrice internazionalista della rivoluzione cristiana, il Lenin dell'epoca. Tradusse dal greco, perché il latino ammorbidiva troppo i concetti, e pose alla base di ciò che stava per dire una dinamica, un "cammino verso la misura della pienezza del Cristo" senza la quale non si può parlare di maturazione verso una reale età adulta della fede. Senza la quale il gregge regredisce allo stato di fanciullo, il che significa, dice il santo, "essere sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina". E il cardinale glossa con tanto di punto esclamativo: "Una descrizione molto attuale!".

Troppi cristiani, dice, sono sballottati da dottrine che inquinano il cristianesimo, ne fa l'elenco e prosegue: "Avere una fede chiara viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare 'qua e là da qualsiasi vento di dottrina', appare come l'unico atteggiamento all'altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie".

Il cardinale bacchetta i cristiani, li rimprovera di non andare "verso…" ma di tornare indietro, di non credere a un programma preciso, in pratica di non essere cristiani, perché nella dottrina il relativismo non esiste. La dottrina è monolitica, fatta di certezze, in grado di sfidare i secoli. Lì si misura il vero umanesimo, la capacità di essere adulti alla San Paolo; non in una fede bambinesca che traballa, "che segue le onde della moda e l'ultima novità".

Il cardinale passa al Vangelo, e il discorso si perde per un momento in considerazioni inerenti alla mistica cristiana, ha una caduta di tensione che forse serve per preparare il colpo finale, quando, ritornando a San Paolo, dice: "Il vincitore [Cristo che ascende] distribuisce doni. E questi doni sono apostoli, profeti, evangelisti, pastori e maestri. Il nostro ministero è un dono di Cristo agli uomini, per costruire il suo corpo, cioè il mondo nuovo". Il mondo è il corpo materiale di Dio, che questi beneficia di doni, cioè, nell'accezione gesuita, di attivisti, di soldati del suo esercito, strumenti di costruzione. Se il gregge accoglierà questo messaggio squisitamente politico, alla Pio XII-Pacelli, ne vedremo delle belle.

L'ironia è facile di fronte alle proposizioni di un prete. Ma la critica è permessa solo a chi arriva all'altezza del prete (della scuola millenaria che rappresenta). Chi si ferma al bambinesco correre dietro a tutto ciò che succede, chi è prigioniero dei suoi pruriti individuali (le sue "voglie", bellissima sintesi della volgarità attuale), chi non ha fiducia in programmi che indicano una meta, non va da nessuna parte, entra in confusione, come chi strilla per l'elezione di un papa "reazionario" e poi corre dietro ad ogni fondamentalista islamico che spari, giustificandosi con teorie fasulle sul nazionalismo rivoluzionario anti-imperialista del terzo millennio.

Rivista n. 18