Gli insulsi massacri e i loro biechi utilizzatori

La paura può essere gestita [dalle istituzioni]. Anche le persone possono controllare la propria paura. Essa non si limita al terrorismo. Effetti di grande portata generati da eventi a bassa probabilità fanno parte della nostra vita quotidiana. Il terrorismo si avvantaggia del fatto che le persone rispondono in modo umano e razionale. Generando paura, il terrorismo, anche nella forma di eventi a bassa probabilità, può generare effetti sostanziali. Perciò il terrorismo genera effetti di grande portata danneggiando più la qualità della vita che non i suoi aspetti quantitativi.

(G. Becker e Y. Rubinstein, Fear and the response to terrorism, an economic analysis).

Poco dopo l'attacco di luglio ai trasporti londinesi, Roberto Vacca, esperto di ingegneria dei sistemi, spiegava ad un imbarazzato intervistatore di Radio Radicale che i terroristi non sanno fare il loro mestiere. Siccome non conoscono la teoria dei sistemi complessi, i loro atti risultano abbastanza insulsi e non provocano danni paragonabili a quelli dovuti ad altri fenomeni sociali ed economici. Naturalmente non spiegava quale sarebbe potuta essere un'azione veramente efficace.

Questa sua tesi risale alla fine degli anni '70 e la ritroviamo nel suo saggio Rinascimento prossimo venturo (1986), nel quale egli applicava le tecniche della dinamica dei sistemi per tracciare un diagramma a blocchi del terrorismo. Un'analisi del fenomeno condotta con criteri scientifici non era una novità neppure allora, dato che più autori (per esempio Gaston Boutoul, esperto di polemologia) avevano già fatto notare che tutto il terrorismo del mondo era meno pericoloso, in termini di danni umani e materiali, degli incidenti stradali nei paesi industrializzati. A parte l'impatto psicologico che comunque dura pochi giorni, la probabilità di rimanere coinvolti in un atto terroristico è enormemente bassa rispetto a quella di morire per incidenti "normali" per strada, sul lavoro, in casa, ecc. Ergo, il terrorismo non sarebbe che una fluttuazione insignificante entro un sistema di per sé pericoloso.

Ribadito il suo assunto, l'intervistato passava a chiedersi come mai i governi dei maggiori paesi – che invece hanno ampie possibilità di farsi spiegare dagli esperti cosa siano i sistemi complessi – fossero così ciechi e stupidi da imbarcarsi in insensate operazioni militari che, si sapeva fin da prima, avrebbero fatto aumentare gli atti terroristici anziché eliminarli. Anche a questo proposito è mancata una spiegazione del perché di una tale "stupidità". La ricaviamo facilmente noi, leggendo un altro paio di libri del nostro ingegnere un po' sentenzioso e antipatico, che però, al contrario dei politici, ha il pregio di non ricorrere a troppi giri di parole. In Medioevo prossimo venturo e in La morte di Megalopoli (un saggio e un romanzo ad esso ispirato) egli sostiene che la società capitalistica potrebbe collassare a causa dei suoi difetti intrinseci; anzi, proprio a causa della crescente sofisticazione tecnica dei controlli che il sistema si dà per evitare il collasso. La società moderna sarebbe quindi sull'orlo della catastrofe per via della sua stessa clamorosa affermazione storica; a meno che… i governi non prendano in tempo provvedimenti di tipo "culturale"!

Roberto Vacca è anticomunista dichiarato e basa i propri modelli esclusivamente su fattori tecnici. Però ci dice che è in corso una guerra contro il terrorismo la quale invece genera terrorismo, così come il tentativo di controllo computerizzato del traffico può generare un ingorgo, e quello di una rete elettrica può generare momenti critici sui quali s'innesca il meccanismo a cascata dei black-out. Non è difficile generalizzare il modello e vedere che si applica benissimo anche all'intero sistema economico-sociale. L'esperto ha un freno ideologico e non ci può dire che il terrorismo è un semplice epifenomeno rispetto al funzionamento generale del sistema che lo "produce", così come produce gli incidenti sulle strade o nelle fabbriche; ma ci dà un'immagine senza fronzoli di un sistema che avanza verso la propria fine come un toro ferito a morte in una cristalleria: volano pezzi da tutte le parti. Curiosamente, questa è un'immagine simile a quella che usa Lenin per visualizzare il processo opposto, rivoluzionario: quando si taglia il bosco, è inevitabile che volino schegge.

Oggi la rivoluzione non è venuta meno: non ci troviamo certo nella sua fase acuta, di rottura totale, ma in un processo di cambiamento generale che dura da decenni e del quale – per adesso – non si può calcolare l'ulteriore durata. Per essere precisi, siamo in una delle fasi della stessa rivoluzione, che fa comunque paura e che di conseguenza ha generato in Occidente una potente controrivoluzione preventiva, a partire dalla Germania nel 1918-19. Ed essa fa volare schegge impazzite. Per noi è evidente che rivoluzione e controrivoluzione devono essere in atto contemporaneamente: oggi viviamo in una estensione temporale della stessa rivoluzione-controrivoluzione del 1917-26, come grande fase storica caratterizzata da fenomeni che, riguardo alla natura dello scontro di classe, sono gli stessi.

La situazione è rovesciata rispetto all'Ottobre, e perciò le schegge, nel caso odierno, non sono gli eccessi della rivoluzione ma gli effetti collaterali della conservazione di fronte al cambiamento. Non è quindi strano che coesistano, specularmente, il terrorismo di chi vuole conservare caratteri sociali minacciati e il terrorismo di chi aspira a una qualche forma di modello sociale alternativo. Ma è ancor meno strano che i prodotti della controrivoluzione, statali o anti-statali, utilizzino tecniche di potenza insignificante rispetto al nemico che vorrebbero combattere: non essendo il loro obiettivo quello di abbattere il capitalismo, i due "antagonisti" finiscono per alimentarsi a vicenda. Così il massimo potere statale che esista rimane impelagato in una guerricciola ridicola invece di far davvero guerra per americanizzare il mondo, come dichiara di voler fare, e i suoi nemici si limitano a praticare insulsi riti di sangue.

Di fronte a un attentato multiplo avvenuto in Giappone nel 1985, quando un gran numero di terroristi fece saltare le centraline dei sistemi di segnalazione delle ferrovie metropolitane sull'asse Tokyo-Osaka, bloccando 12 milioni di viaggiatori e quindi le attività produttive, Vacca osservava:

"Il successo della protesta e del disturbo durò poco. Questo non dipese da follìa, ma da semplice ignoranza dei problemi sistemici. I terroristi dovrebbero approfondire l'analisi dei sistemi e la teoria dell'organizzazione. Allora sarebbero molto più efficienti nel distruggere la società, e anche nel fare piani per ricostruirla migliore di prima".

Ma, continua l'autore, se lo facessero, si accorgerebbero che è meglio non perdere tempo per "combattere le ingiustizie minori e le ideologie". Sarebbero costretti ad affrontare "problemi veri". Problemi veri. Ma allora dal punto di vista sistemico quelli che si pongono realmente i terroristi, statali o individuali, sarebbero problemi finti. Un'osservazione piuttosto forte.

Infatti, è così. Se gli Stati Uniti fossero ancora la potenza di un tempo, non avrebbero bisogno di giocherellare con i bin Laden adoperandoli come amici e nemici: occuperebbero il palazzo dell'ONU instaurando un proprio esecutivo planetario, manderebbero ai quattro angoli della Terra una dozzina di milioni di soldati, come già fecero quando vinsero la Seconda Guerra Mondiale e conquistarono l'attuale potere economico-militare. Ma non possono. Soprattutto perché oggi non rischierebbero soltanto di sollevare un fantoccio di nemico allevato nelle proprie file, ma il proletariato, che è l'unico avversario ad avere forza e capacità di abbattere il sistema.

Chi ha una concezione popolare del terrorismo, non vede mai che questo fenomeno antico, conosciuto da tutte le rivoluzioni e controrivoluzioni della storia, s'intreccia inestricabilmente con le condizioni sociali in cui esso si manifesta. Lenin osservava che il fenomeno del terrore è tipico delle rivoluzioni in ogni epoca. Ma il terrorismo partigiano è fenomeno rivoluzionario solo quando sia controllato dal partito rivoluzionario di quell'epoca. Quando manchi questa condizione non vi è dubbio: è sempre materia per le manovre dirette o indirette degli Stati contro la rivoluzione.

Letture consigliate

  • Roberto Vacca, Medioevo prossimo venturo, Mondadori, 1971; La morte di Megalopoli, Mondadori, 1974; Rinascimento prossimo venturo, Bompiani, 1986.
  • OCSE, "Economics conseguences of terrorism", OECD Outlook, n. 71, giugno 2002.
  • Alberto Abadie e Javier Gardeazabal, Terrorism and the World economy, agosto 2005 (studio indipendente finanziato da privati, disponibile su Internet).
  • Gary Becker e Yona Rubinstein, Fear and the response to terrorism, an economic analysis, agosto 2004 (modello matematico; studio indipendente condotto con l'appoggio del governo di Israele, disponibile su Internet).

Rivista n. 18