Katrina, uragano sociale

È inevitabile, ma affermare che un uragano ha colpito più duramente la parte povera, proletaria e nera della popolazione in un paese come gli Stati Uniti è un po' come scoprire l'acqua calda. Le catastrofi, che siano del tutto naturali o assecondate dall'uomo, colpiscono sempre in modo assolutamente classista. Come le guerre, del resto. Vite, beni personali e posti di lavoro finiscono distrutti, ma i capitali no, anzi, nei cicli di distruzione e ricostruzione si rivitalizzano. Anche l'onda di marea causata dal terremoto in Asia aveva colpito assai selettivamente: mentre investiva e trascinava via le povere case di legno, più spesso baracche, i turisti occidentali filmavano la scena dai piani superiori degli alberghi in cemento armato.

Nel caso di New Orleans e delle altre località colpite da Katrina, l'indignazione per il comportamento dello Stato capitalista è stata espressa abbastanza duramente anche dalla grande stampa borghese americana. A caldo, mentre i soccorsi non arrivavano e i sopravvissuti erano lasciati precipitare ad uno stadio selvaggio di lotta per la sopravvivenza, si scatenava una specie di guerra civile con lo sgombero forzato da parte dell'esercito e l'intervento di soldataglia delle famigerate aziende militari private. Intanto, a smentire le smentite del governo, accusato di assenteismo razzista per il penoso svolgersi dei soccorsi, sulle news del portale Internet Yahoo! comparivano foto significative dei neri che "saccheggiavano" provviste e dei bianchi che le "cercavano", scandalizzando perfino i fondamentalisti del capitalismo liberista di The Economist (8 settembre 2005).

L'indignazione passa, e la ricostruzione sarà lucrosa, come attesta l'attività in corso delle onnipresenti società già operanti in Iraq. Al solito, più dell'impulso morale è utile una riflessione "tecnica" sulle cause a monte, che fanno di un evento naturale (è probabile che c'entri anche il riscaldamento del pianeta, ma non è provato) un disastro sociale. Basta guardare le piantine del sistema di argini e dighe di New Orleans per rendersi conto che s'è costruita una città di mezzo milione di abitanti in un catino paludoso che si trova ormai a sei metri sotto il livello del Mississippi. E il grande fiume, privato delle sue golene fra argini naturali, sostituiti dal sistema artificiale di "controllo" delle acque, diventa sempre più un fiume sospeso al di sopra del terreno che attraversa, sensibilissimo agli eventi meteorologici. Se questo terreno viene poi coperto da una città, allora la catastrofe è altro che annunciata (immagini satellitari eloquentissime, riprese prima e dopo la catastrofe, si trovano sul sito Internet Space Imaging). Ma la speculazione immobiliare in epoca capitalistica non la ferma nessuno; e se il delta paludoso di un fiume che raccoglie acqua dal 40% della superficie degli Stati Uniti è dichiarato "edificabile", golene e barene comprese, non c'è santo che tenga.

Rivista n. 18