Monnezza globale

C'è poca razionalità sotto il cielo quando si parla di spazzatura. Intanto bisogna stabilire che cosa sia: industria, commercio, mafia, servizio, rendita? Le sue caratteristiche sommano un po' di tutto, come nell'agricoltura, ma la rendita è predominante: conta la possibilità di trasferire verso di essa un sovrapprofitto. Come nel caso dei biocarburanti, si giungerà a un ciclo veramente industriale di smaltimento rifiuti solo quando questi potranno garantire una rendita adeguata.

Ma sarà un processo, non un traguardo, perché la rendita è per definizione il serbatoio di plusvalore da trasformare in capitale. Per questo ogni rastrellatore di plusvalore sotto forma di rendita finisce per diventare imprenditore o finanziere, dall'Aga Khan agli Stati petroliferi, dalle Sette Sorelle alle mafie più o meno diffuse o concentrate. Come per il petrolio o il grano, fino a quando il prezzo della spazzatura non raggiungerà una certa soglia, la mobilitazione popolare, gli incendi, le richieste di intervento militare ecc. serviranno solo a far alzare il prezzo, in modo che si possa passare alla "fase 2", cioè a un ciclo industriale integrato di raccolta differenziata alla tedesca (o alla bresciana). Un ciclo cioè che superi le miserie locali e assurga a "sistema" − quello denunciato anche da Roberto Saviano − e permetta lo stesso salto di qualità capitalistico che alle mafie è già riuscito in altri campi (la rendita riciclata produce industria, come il traffico di cocaina dimostra).

Non sembri azzardato il paragone con i biocarburanti, ma senza una mobilitazione politica e militare, la sola rendita da monnezza non permetterebbe la concertazione sociale necessaria a integrare una rete nazionale di smaltimento a partire dalle logistiche locali. Per giungere all'efficienza tedesca sono stati necessari anni di manifestazioni dei verdi locali, ma provate a vedere che razza di business ne è uscito: il bilancio è in perdita "locale", ma viene pagato con un'enorme raccolta pubblica di capitali, e funziona a livello "globale" come motore keynesiano.

Tutto il mondo capitalistico avanzato è in una fase di passaggio che chiameremmo di "capitalizzazione dei rifiuti". Non che adesso non "rendano", anzi, ma a parte gli esempi alla tedesca, è ancora necessaria una standardizzazione, mentre al momento ognuno naviga a vista, chi innalzando termovalorizzatori, chi ammucchiando con la speranza che esista l'infinito, chi provando a produrre biomasse fertilizzanti, chi stimolando rivolte sociali per arrivare al livello superiore.

In Italia, a ben guardare, tutto è collegato in una catena di aspetti complementari, oltremodo complicata dalla situazione di putredine in cui versa la più vecchia borghesia del mondo. Infatti accumulare montagne di ecoballe o bonificare l'avvelenamento pregresso del terreno, o costruire inceneritori o far digerire plastica e residui dai batteri è tutto un grande terreno di sperimentazione, che per il suo sbocco ha bisogno del condimento ideologico, fatto di verditudine e di sbirraglia, di blandizie e di denaro sonante, di scambi elettorali e di concorrenza globalizzata.

La rendita spazzaturiera è un gioco a somma zero: se per qualcuno ci sarà profitto, per qualcun altro ci sarà un costo, di qui la lotta fra campi avversi per trovarsi dalla parte del profitto. Tecnicamente esistono tutte le tecniche adeguate per evitare la produzione di rifiuti e smaltire quelli che si producono comunque. Gli attuali metodi di raccolta-smaltimento stanno mostrando limiti invalicabili, ma vincerà il "sistema", cioè una maggiore industrializzazione della stessa raccolta-smaltimento.

Rivista n. 23