Evoluzione biologica ed evoluzione politica

Il vostro articolo intitolato L'estinzione della scuola e la formazione dell'uomo sociale mi ha fatto venire in mente un collegamento che potrebbe avere qualche interesse. La teoria dello sviluppo biologico dell'intelligenza nel bambino, che indubbiamente è, come dite, prima di tipo "analogico", cioè istintivo e intuitivo secondo informazione "continua" e solo in un secondo tempo "digitale", cioè con la scomposizione della realtà e relativo ordinamento in categorie e nozioni, potrebbe essere facilmente applicata alla genesi e allo sviluppo del partito. Infatti nel testo della Sinistra sul "rovesciamento della prassi" e nello schema allegato (ma anche altrove) si parla di spinte fisiologiche elementari che permettono la polarizzazione sociale e solo in un secondo tempo la razionalizzazione, tramite il partito-programma, e l'influenza sugli avvenimenti, cioè l'applicazione della "volontà".

 

Si tratta di un principio generale. La natura ci permette di individuare delle leggi, delle regolarità a tutti i livelli, e quindi non ha alla fin fine troppi modi per esprimersi. La natura è il mondo del continuo, e ciò potrebbe valere anche nel campo delle particelle sub-atomiche, per convenzione trattato dalla scienza come discreto. È la nostra intelligenza che cataloga, classifica, ordina, calcola, ecc. Può darsi che questa capacità sia in qualche misura innata, cioè registrata a livello genetico, non si sa ancora, ma è certo che si può generalizzare il comportamento del bambino assimilandolo a quello dei fenomeni sociali o evolutivi. Anche le cellule, gli organi e gli organismi considerati non pensanti "apprendono" per via analogica.

È uscito da poco un libro di Buchanan, L'atomo sociale, nel quale l'autore, che si era già confrontato con una "fisica della storia", affronta ora una "fisica della società", dimostrando che è possibile un approccio antitetico a quello delle "due culture" incomunicanti, tipico di tanti "umanisti" a digiuno di essenziali rami della conoscenza e orgogliosi di esserlo. Quindi anche una parte della borghesia è consapevole della necessità di unificare la conoscenza e sta arrivando sul nostro terreno.

L'approccio "organico" alla teoria di partito è specifico della nostra corrente fin dal 1921, e nel dopoguerra il discorso viene ripreso con molta più precisione, con esempi non solo di tipo biologico ma di tipo "cibernetico", che poi sono la stessa cosa, perché qualsiasi organismo ha meccanismi autoregolatori nei confronti dell'ambiente. Purtroppo non abbiamo ricevuto in eredità un "Trattato sul centralismo organico", ma possiamo tranquillamente utilizzare il materiale disseminato nei vari testi per affrontare con sicurezza l'argomento. Del resto, in maniera abbastanza esplicita, il duplice approccio, "analogico" e "digitale", nella formazione e nell'azione del partito lo troviamo nelle Tesi di Roma del PCd'I (1922). Lo stesso titolo di questa rubrica di corrispondenza, Doppia direzione, è ispirato dal funzionamento organico-cibernetico ricordato dalle Tesi di Milano (1966). E abbiamo più volte fatto notare che anche in alcuni passi di Lenin sul partito è evocata questa natura dell'organizzazione rivoluzionaria. Purtroppo le condizioni particolari di arretratezza in cui versava la Russia non hanno poi permesso al partito bolscevico di essere conseguente sul piano organizzativo reale mentre invece in Italia il PCd'I fu da questo punto di vista un'esperienza storica di straordinaria importanza.

D'altra parte anche in Italia non è stato semplice superare la concezione inorganica del partito: negli anni '20 prese il sopravvento ben altra prospettiva; e anche nel secondo dopoguerra da parte del nuovo PCInt vi furono difficoltà enormi a digerire l'approccio bio-cibernetico, e ciò fu forse una delle cause principali del suo collasso finale. Quel partito possedeva le necessarie cariche "analogiche" e "digitali" ma in modo troppo sbilanciato a favore di queste ultime. Come un bambino nato vecchio, a dispetto di alcuni suoi elementi di punta, privilegiava una razionalizzazione già fatta e lasciava in un angolo possenti intuizioni e moti istintivi che avevano preso a volte l'aspetto di opere semilavorate, altre volte di vere e proprie opere letterarie. Il paradigma organico vale a tutti i livelli dei sistemi complessi. Non per niente la teoria generale dei sistemi, i cui sviluppi recenti sono molto utili per capire la complessità sociale, è dovuta a un biologo.

Rivista n. 26