Huaxi e la comunità verticale

Gli architetti, almeno quelli cinesi, sono entusiasti. Umiliati dal ricorso governativo agli archistar americani, europei e giapponesi per la costruzione delle new town ecologiche in cantiere ovunque, si riprendono la rivincita con quella che certamente è solo la prima di tante comunità-torri o "villaggi nel cielo" nel futuro urbanistico della Cina. In un articolo di Repubblica leggiamo addirittura che urbanisti e sociologi cinesi sarebbero convinti che quella sperimentata a Huaxi sia la forma di convivenza del futuro, "dove lo stile di vita metropolitano convive con l' atavico bisogno di natura e di contatti autentici tra le persone". Nientemeno.

Su questa rivista abbiamo già affrontato il problema dell'urbanizzazione e della casa in ambiente capitalistico, facendo il confronto sia con ciò che è stato nelle società comunistiche antiche, sia con ciò che potrà essere nella società comunista sviluppata futura. Il grattacielo è una forma architettonica dettata esclusivamente dalla speculazione fondiaria sulle aree edificabili ed è irrazionale tanto quanto la polverizzazione urbana a villette tipica delle periferie, specialmente americane. Di condomini altissimi se ne costruiscono a migliaia in tutta la Cina, per cui la notizia che alcuni cinesi si sono costruiti un altissimo edificio dividendosi gli alloggi non ci incuriosirebbe più di tanto: non è il numero di piani che fa la differenza.

Ma i contadini di Huaxi non hanno semplicemente costituito la solita cooperativa immobiliare per edificare un condominio. Da quanto si legge nelle centinaia di pagine elettroniche pubblicate sull'esperimento/investimento, il nuovo grattacielo cinese è una sorta di comunità arcaica immessa in ambiente contemporaneo. È la trasposizione moderna delle antiche case-villaggio cinesi in cui vivevano decine di persone appartenenti a una famiglia allargata. Quindi non siamo di fronte a un semplice edificio in cui abitano numerose famiglie, isolate le une dalle altre, ma a una forma di convivenza diversa rispetto a quella condominiale, dato che la enorme struttura è un hotel, in parte per ospiti esterni, in parte per i residenti.

L'esperimento sarà certamente riprodotto altrove perché questo speciale cohousing è un investimento di capitali che ha mostrato di ottenere un'alta valorizzazione sul piano della teoria della rendita prima ancora di essere operativo. Ma se lo sfrondiamo dalle sue caratteristiche prettamente venali, vediamo che il connubio fra antiche tradizioni comunitarie e moderne tecnologie è leggibile in modo non banalmente mercantile e finanziario. Di complessi analoghi, con asilo, scuola, palestra, biblioteca, piscina, centro per anziani, ambulatorio e persino un piccolo ospedale, ce ne sono tanti in giro per il mondo. Alcune industrie realizzano ambienti simili per i loro dipendenti. Complessi alberghieri offrono gli stessi servizi. Ma qui siamo di fronte a una società ormai disgregata che tenta una nuova aggregazione. I contadini di Huaxi vivevano in case monofamigliari sparse. Avevano interessi economici comuni ma non conducevano più una vita comune. A leggere certi resoconti sembra che un pezzo di realtà sociale corrente abbia deciso di ristrutturare sé stessa per diventare una nuova (o antica) forma comunitaria. Per quanto questa forma sia dedita al business, di fatto si è realizzata. È sempre capitalistica, e per giunta di marca cinese, la più tremenda che ci sia. Ma ha realizzato una rottura profondissima con ciò che esisteva prima. Ha dimostrato che può essere realizzata una "comunità intenzionale" formata da migliaia di persone che mettono in comune tutti i servizi. E una "comunità" non è semplicemente la "clientela" di un hotel.

Rivista n. 30