La staffetta e il testimone

Vi scrivo a proposito della questione sollevata da un compagno in margine a uno dei vostri incontri redazionali aperti ai lettori e che sta molto a cuore anche a me. Si tratta del passaggio di testimone nella staffetta storica da una generazione all'altra. Il compagno poneva in evidenza il pericolo di un'estinzione della grande corrente rivoluzionaria di cui facciamo parte. Piccoli gruppi con poco seguito non sarebbero sufficienti a garantire la continuità del programma originario. Alcune considerazioni sono state sviluppate "a caldo", altri accenni si trovano nei lavori della Sinistra comunista. Penso che uno sviluppo ulteriore potrebbe agevolmente essere integrato nel lavoro sull'arco millenario che avete in corso.

 

Quella della trasmissione della conoscenza rivoluzionaria è per sua stessa natura una questione che implica contraddizioni. Da una parte, ogni sviluppo di questa conoscenza è legata a situazioni storiche ben precise, situate in un periodo del passato: le eresie comunistiche nelle città medievali, e poi nella Germania della riforma, dove si legano alla guerra dei contadini; il '48, il Manifesto, Marx e la Lega dei Comunisti; la Comune e la Prima Internazionale; il '17 ecc. ecc. Dall'altra, ogni ulteriore sviluppo implica un superamento dei vecchi risultati (rivoluzione in permanenza). Ora è chiaro che questo superamento è possibile solo attraverso la robusta assimilazione dei vecchi schemi. Del resto tutta la storia umana (e non solo umana) è un simile processo di assimilazione e sviluppo, lo abbiamo messo in evidenza nel lavoro sulla rivoluzione frattale. La questione è: di fronte a una simile geometria priva di scala (nel senso che a qualsiasi scala la si osservi rimane invariante), come decidere quale deve essere il punto di osservazione privilegiato? Può deciderlo il singolo individuo? No. Può farlo un piccolo gruppo di lavoro come il nostro? Nemmeno. Noi non possiamo saperlo, solo il processo rivoluzionario stesso, il partito storico con i suoi meccanismi autoregolatori deciderà.

La grande forza della nostra dottrina risiede nella coincidenza perfetta fra la passione che ci anima e la stretta necessità dell'evoluzione futura. Noi, che non ci affidiamo al libero arbitrio ma alle determinazioni materiali, ci lasciamo guidare da questa necessità, cioè dal movimento reale, rivoluzione, partito (i termini sono innumerevoli...). Ora detto movimento reale per progredire ha bisogno di avere nella propria memoria tutto il percorso passato, e la sua critica (ma le due cose sono inseparabili, la memoria è già di per sé critica). Spesso diciamo che Marx, Engels e Lenin sono i nostri "maestri". Ora, proprio la nostra corrente ci insegna che questa personalizzazione può essere fonte di gravi involuzioni. Certo, i succitati sono nostri maestri, ma non più di un antico mito celtico, di Aristotele, di uno scavo archeologico o di Galileo. Si può dire che fatti e persone lo sono a una scala diversa, ma invariante. Normalmente ci definiscono marxisti. In quanto a discendenza politica, con quel termine siamo collocati nel grande calderone, in cattivissima compagnia. Ma alzando il nostro sguardo a una scala diversa del magnifico frattale della conoscenza umana, non possiamo far nostra la definizione. Marx stesso la rifiutava per sé, al contrario dei nostri suddetti compagni di oggettivo (per adesso) calderone.

Quando parliamo di trasmissione del nostro programma storico (dottrina), di quale programma parliamo? Il nostro lavoro pratico, gli articoli della rivista, sono frutto di un programma che è di specie, universale. Abbiamo come maestra tutta la conoscenza umana. Chiaramente individui e gruppi hanno differenti retroterra, e per ognuno di essi la necessità rivoluzionaria ha forgiato un percorso diverso. Saremo quindi spinti ad accogliere, assimilare e sviluppare differenti aspetti della conoscenza, l'importante è che ciò possa prendere la forma di un lavoro collettivo. D'altra parte noi discendiamo direttamente dalla Sinistra comunista, e per questo ci dedichiamo all’archivio storico, alle pubblicazioni, ecc. Ma tale corrente non c'è fisicamente più. Per attingere all'intero patrimonio e tramandarlo nella staffetta storica è sufficiente il lavoro condiviso di pochi. Per rendere operativo tale patrimonio non basta la somma di volontà individuali, ci vuole lo sviluppo di un ambiente rivoluzionario.

Rivista n. 30