Che cosa succede a Yarmuk?

La Near East News Agency continua a riportare notizie di scontri armati intorno e dentro al campo di raccolta profughi palestinesi di Yarmuk. Il campo, situato a sud di Damasco, è il più vasto dei 12 presenti in Siria, raccoglie 112.000 palestinesi della diaspora ed è sotto il controllo del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina - Comando Generale, sostenuto dal governo siriano. Gli scontri, con morti e feriti, non possono che coinvolgere i palestinesi nella guerra civile in corso, pro o contro i confusi schieramenti. La tensione armata nel campo esisteva ben prima dell'inizio della guerra civile, ma adesso sembra che opposte frazioni palestinesi siano schierate con le opposte frazioni siriane. Di sicuro, contro i filosiriani che governano il campo, si sono organizzati gruppi militari di palestinesi vicini ad Hamas e ai ribelli anti-Assad.

Nel mese di giugno, in una sparatoria fra le case del campo, erano morti 14 militanti e una quarantina erano rimasti feriti. Scontri armati fra le frazioni palestinesi sono sempre avvenuti, ma scaturivano in genere da diversi atteggiamenti nei confronti del comune nemico sionista. Quelli recenti sembrano avere carattere diverso: il conflitto di giugno è esploso durante i funerali delle 23 vittime di una battaglia con l'esercito israeliano sulle alture del Golan (otto dei caduti erano ragazzi di Yarmuk) in seguito a un'accusa pesante partita dal basso: lo stato maggiore palestinese filo siriano avrebbe consapevolmente sfruttato la disperazione e la miseria dei profughi per un'azione militare diversiva volta ad alleggerire la pressione sul governo siriano già in difficoltà a causa della rivolta popolare in corso. Vero o no, di fatto i dirigenti palestinesi erano stati cacciati dal funerale, la loro sede era stata devastata e i loro automezzi incendiati.

In agosto, secondo fonti palestinesi anti-governative, reparti dell'esercito hanno inseguito gruppi di ribelli che, fuggendo da una loro roccaforte alla periferia di Damasco, si erano rifugiati nel campo. Non riuscendo a sopraffarli, i soldati avrebbero bombardato un quartiere con l'artiglieria provocando 21 morti. La versione delle fonti governative è opposta: sarebbero stati i ribelli a sparare sul campo, dato che questo è gestito da forze palestinesi favorevoli ad Assad. Ma all'inizio di novembre l'agenzia France Presse ha comunicato una notizia che confermerebbe la versione palestinese: in un'altra battaglia nella periferia di Yarmuk sono morte almeno 30 persone nel giro di 24 ore in seguito a un bombardamento da parte di reparti dell'esercito di Damasco appoggiati da palestinesi del Fronte - Comando Generale filo siriano. Anche in questo caso i soldati inseguivano gruppi di ribelli siriani che si erano rifugiati nelle case alla periferia del campo.

La "sacra causa" nazionale palestinese sembra dunque passare in secondo piano di fronte a quella che si profila come una rivolta nella rivolta, di diseredati contro gli agenti della loro corrotta borghesia foraggiati dal governo siriano. E i giovani palestinesi non vogliono più rappresentare carne da macello per le strumentalizzazioni a suon di dollari, provenienti sia dalla Siria che dalle ultra-reazionarie monarchie arabe, intascati da politici professionisti. Può darsi che stiano cadendo dalla padella nazionalista nella brace fondamentalista ma può darsi invece che ci siano piccoli segnali di lotta di classe.

Rivista n. 32