Macchine automatiche e plusvalore

Volevo porgervi una domanda che mi preme da quando ho inziato a leggere un mattone di libro intitolato Il Capitale. Scherzi a parte io sono arrivato a circa la metà del secondo libro e mi chiedevo perché mai il plusvalore debba essere prodotto esclusivamente da esseri umani e non pure dalle macchine. Voglio spiegarmi esponendovi un esempio che ho elaborato a questo scopo. Supponiamo che io sia un capitalista e che acquisti un macchinario che mi dura venti anni. Nell'arco di questi anni tale macchinario produttivo, completamente automatizzato e che pertanto è atto a svolgere il suo lavoro principale senza nessun intervento umano, è costato complessivamente 73 mila ore di lavoro per produrlo e per mantenerlo in funzione. Supponiamo, giusto per essere completi, che tale macchina consumi nell'arco della sua vita materie prime che sono costate in tutto 7.000 ore di lavoro. Il costo produttivo in ore di lavoro è di 80 mila ore di lavoro. Ciò corrisponderebbe a un ammontare giornaliero medio di circa 11 ore di lavoro. Supponiamo ora che tale impianto automatico mi funzioni in questi venti anni complessivamente per 150.000 ore di seguito. Sarebbe a dire un orario medio quotidiano di 20 ore. Ora questo macchinario non mi sta dando un pluslavoro forse? O, se vogliamo, possiamo chiamarlo "plusfunzionamento" consistente nel fatto che mi funziona per più tempo di quello dovuto per produrlo e tenerlo in funzione (compreso il tempo per produrre tutte le materie prime che consuma nel suo processo produttivo). Scusate se per questa mia curiosità chiedo a voi, ma non mi sembra che in giro ci siano tanti marxisti. La descrizione che ho trovato in Traiettoria e catastrofe è chiarissima, ma non spiega il nocciolo essenziale che non comprendo io: perché mai il plusvalore prodotto dalle macchine, in un contesto di completa automatizzazione, diviene fattore di produzione mentre quello prodotto dagli uomini no? In fondo anche gli uomini da un punto di vista produttivo sono macchine, di tipo biologico ma sempre macchine per produrre. Allora da che deriva questa differenza? Ricordo un "filo del tempo" in cui Bordiga affermava che il comunismo non consiste nell'abolizione del plusvalore ma del salario e che tutto il prodotto del lavoro diventa plusvalore sociale.

 

Da una sola fabbrica completamente robotizzata e senza neppure un operaio si può effettivamente ricavare plusvalore anche senza passare dal reale incameramento di pluslavoro umano. A tale scopo è sufficiente che il prezzo di costo del prodotto (capitale anticipato per il suo ciclo produttivo) sia analogo al prezzo di produzione (valore medio di tutte le merci di quel tipo in un dato mercato, oggi praticamente il mondo). Da molte fabbriche completamente robotizzate la cosa si fa sempre più difficile, dato che esse ad un certo punto incominciano ad essere un fattore del prezzo di produzione stesso, facendo intervenire la legge della caduta del saggio di profitto (troppo capitale costante anticipato rispetto al valore calante dell'unità di merce). Da una completa robotizzazione della produzione in tutta la società non si ricaverebbe plusvalore ma semplicemente una produzione fisica, perché non esisterebbe più una classe operaia, diventata del tutto superflua (assurdo capitalistico: o completamente mantenuta o fisicamente eliminata). Tu stesso per giustificare il calcolo devi introdurre un valore-lavoro che rappresenta il costo del macchinario.

Una società parzialmente robotizzata funziona quindi con un'apparente produzione di plusvalore, che è in realtà una ripartizione del plusvalore totale generato; mentre una società robotizzata al 100% non può essere capitalistica. Il concetto si capisce forse meglio immaginando il percorso "storico" del plusvalore: dapprima una società "primitiva" che consuma tutto ciò che tutti producono (zero plusvalore); in ultimo una società dove nessun umano produce, ma tutti consumano ciò che è prodotto dalle macchine (di nuovo zero plusvalore; ricordiamo che in questo caso non è più possibile definire le classi). In mezzo, un arco storico in cui vi sono le classi, quindi vi è pluslavoro-plusvalore, il quale raggiunge un apice ad un certo grado di sfruttamento (il 100%, cioè mezza giornata per il padrone e mezza per l'operaio, in ore 4/4, il massimo "rendimento" del capitalismo). Disegnata questa curva su assi cartesiani, abbiamo per forza di cose una parabola (fidati, è un assioma matematico che trovi spiegato nel nostro quaderno Dinamica dei processi storici). Una verifica empirica la vediamo in questa crisi: i paesi più colpiti sono quelli a maggior produttività, cioè quelli che fanno girare più capitale con meno ricorso a manodopera effettiva (cioè produttiva). Ma questa crisi ci mostra molto di più: ad esempio, nel nostro grafico storico, il punto significativo nel quale ci troviamo è quello tendente allo zero-plusvalore del mondo macchinizzato. Di qui la fibrillazione del Capitale che cerca valorizzazione nel circolo vizioso del capitale fittizio.

Per quanto riguarda la macchina-uomo c'è qualcosa che non va nella tua domanda: in un contesto di completa automatizzazione non si produce plusvalore perché il valore della macchina è completamente capitale costante, ed essa lo riproduce tale e quale; mentre nell'organismo biologico c'è differenza fra il valore della forza-lavoro, cioè il valore che serve a riprodurla (mangiare, vestirsi, studiare) e il valore prodotto applicandola (pluslavoro = plusvalore). C'è un paradosso: naturalmente macchine che simulassero perfettamente gli uomini biologici simulerebbero anche l'effetto del pluslavoro. Ma questa perfezione sarebbe impossibile, perché dovrebbe simulare anche la libertà di vendersi sul mercato, mentre la macchina, nel sistema della proprietà, è di qualcuno, come lo schiavo. E lo schiavo non produce mai plusvalore-capitale (anche se in Roma imperiale il surplus si manifesta ad un certo punto come proto-capitale). Quella del plusvalore sociale che hai trovato in Bordiga è l'osservazione che fa Marx nella Critica al programma di Gotha.

Comunque tagliamo la testa al toro: scientificamente parlando, nel comunismo, primitivo o sviluppato, non esiste valore di scambio e quindi neanche il suo "plus". A questo punto non c'è neppure più il contrapposto "valore" d'uso, che anche Marx da qualche parte considera in sé (cioè non per confronto con il valore di scambio) come "utilità d'uso". A rigor di logica il plusvalore sociale cui accennano Marx e Bordiga è un argomento contabile: si possono accantonare scorte per integrare energia e materia che si consuma nel ciclo produttivo, ma in realtà il problema degli accantonamenti dovrebbe essere impostata dal punto di vista delle quantità fisiche, cosa che metterebbe in evidenza un equilibrio più che un "plus". Tant'è vero che lo stesso Bordiga, correttamente, in apertura a Mai la merce sfamerà l'uomo, afferma che la produzione e riproduzione futura della specie sarà un tutt'uno col metabolismo della biosfera, cioè in equilibrio termodinamico rispetto all'energia che arriva dal Sole. Quindi niente "plus", semmai un "minus", dovuto alla dissipazione inevitabile di energia (Secondo Principio della termodinamica).

Rivista n. 36