Fazioni in lotta

Ho avuto modo di leggere qualcosa che ho scaricato dal vostro sito. Premetto che sono un profano. Della teoria marxiana e dei vari marxismi non capisco niente, ma da cosa scrivete dico quanto segue. Sono curiosamente colpito dall'approccio ai vari temi. Per adesso ho letto l'articolo relativo alla scuola perché sono studente e l'argomento mi interessa. Altri li ho scorsi velocemente. Posso dire che su alcune cose sono d'accordo ma sembra non essere questo il punto. L'impressione maggiore che ho avuto è che voi siate una delle varie fazioni in lotta sul campo di battaglia delle interpretazioni del marxismo. Si tratta quindi di una questione interna tra marxismi che non interessa ad altri. Immagino che si debba prima di tutto aderire al dogma marxista, altrimenti non ci sarebbero le basi per interpretare.

Dico "dogma" però aggiungo che potete dare al termine il significato che volete, debole o forte che sia. Dunque c'è un terreno comune su cui si scontrano interpretazioni. Fin qui niente di nuovo, i cristiani sono su quel terreno da un paio di millenni e non hanno ancora finito. Io non sono marxista e quindi non ho basi per interpretare, rischierei di dire scemenze. Tuttavia mi avete incuriosito e, non volendo dire cose banali o stupidaggini mi limito a farvi la seguente osservazione: avete mai pensato di tentare una valutazione della filosofia della storia di Marx alla luce di categorie epistemologiche? Una buona teoria della conoscenza aiuterebbe a superare i differenti marxismi.

Uso il termine nel senso tecnico, dal momento che voi considerate il marxismo una scienza. Si tratterebbe di un approccio extrateoretico, ovvero esterno alla filosofia di Marx. Vi chiedo ciò, in modo forse un po' retorico, perché credo che la politica si svolga tutta all'interno di gruppi umani esclusivi, mentre in scienza ogni processo dev'essere inclusivo. Anche il titolo che avete dato alla rivista, l'assioma del successore (n' = n+1), farebbe pensare a un approccio inclusivo: dall'interno di un sistema, dite voi stessi, non è possibile stabilire le sue qualità; solo spingendoci all'esterno, precisamente ad un livello più alto, esse si possono giudicare.

Nemmeno noi siamo "marxisti", anche se ovviamente ci siamo riuniti intorno a un lavoro che Marx ha iniziato sulla base di molti lavori iniziati da altri prima di lui. Com'è noto anche Marx disse di non essere "marxista". Tanto meno siamo marxisti-leninisti, termine che si suole usare per designare i maoisti. Ma veniamo alla tua domanda, che è più importante della pletora di "ismi" di cui la società attuale è infetta e dei quali a te giustamente non importa nulla: avete mai pensato di affrontare la teoria marxiana dal punto di vista logico-epistemologico?

Premesso che Marx non era un filosofo ma uno scienziato sociale (dalla sua biblioteca si evince che era scienziato senza aggettivi), diciamo che per primo ha adottato il metodo scientifico per affrontare e capire i fenomeni economici e sociali. Lo dice addirittura nel 1837 in una lettera al padre (aveva 19 anni) tratteggiando un programma di studio. Il lavoro di Marx va analizzato insieme a quello di tutti coloro che hanno dato contributi allo stesso edificio teorico (Galileo, Newton, Darwin, Lenin, Einstein, ecc.); ma così facendo ci si pone al di fuori di un sistema chiuso (forse quello che tu chiami "dogma"), proprio come deve fare chi si accinge ad analizzare logicamente il sistema stesso. Infatti il "marxismo", nell'accezione ormai consolidatasi dopo la controrivoluzione staliniana, è un sistema chiuso come una religione e chi lo esamina dal di dentro non può che autoconvalidarlo così com'è. Le differenze sono solo apparenti. Dato che la controrivoluzione ha plasmato il nocciolo da cui deriva tutto il cosiddetto marxismo, è agevole constatare che le varianti rispetto a quello originario sono solo due: quella proudhoniana e quella staliniana.

Il titolo della rivista. L'abbiamo de-semantizzato di proposito rispetto alla prassi marxista che vuole un sostantivo della tradizione accompagnato dall'aggettivo "comunista". Il titolo n+1 ci è stato suggerito da un articolo sulla successione delle forme sociali. Il passaggio dalla forma sociale ennesima n a quella n' può essere letto: n' è il successore di n ovvero n+1; tutte le operazioni possibili in n sono possibili in n+1; infine n+1 contiene n. Marx riteneva che studiando l'evoluta Inghilterra (n+1) si sarebbe capita meglio l'arretrata Germania e nello stesso tempo si sarebbe visto il suo futuro. Sul metodo in generale sostenne che la complessità del reale si sarebbe compresa solo adottando un modello astratto (più alto).

Mentre l'utopia è descrizione di un futuro immaginario, il comunismo è il proseguimento logico-materiale del capitalismo, come n+1 è il successore di n. Come vedi non solo "noi abbiamo pensato" di valutare la teoria dall'esterno, ma tale metodo è contenuto nella teoria stessa che ci impone questo modo di procedere (sull'indecidibilità delle proposizioni di un sistema dall'interno del sistema stesso ci sarebbe molto da dire, anche citando Marx, ma non complichiamoci la vita, per adesso). Hai ben ragione a dire che vi sono diversi "marxismi", e spesso essi si sono comportati come fazioni in lotta, ma tradiremmo i fondamenti cui abbiamo appena accennato se cadessimo nella trappola della "politica". Perciò, almeno per noi, non si tratta affatto di una questione "interna" che prevede un'adesione previa ad un dogma o a qualsiasi altro programma, statuto, regola e via dicendo. Diciamo piuttosto che la natura e l'uomo che ne è parte con la sua organizzazione sociale "funzionano" in un certo modo e che, una volta individuate delle leggi soggiacenti, conosciute e condivise, è poco scientifico basarsi su altro, per esempio su opinioni che variano da individuo a individuo (giustamente le hai chiamate "interpretazioni"). Riteniamo particolarmente sbagliato trattare come sfere separate la scienza della natura e la scienza della società. Del resto tu stesso, nel preambolo della tesi [che ci hai allegato], hai detto chiaramente, citando Duby, che il metodo da te seguito è quello di parlare di eventi storici non diversamente da come avresti parlato di eventi fisici. Appunto con criteri scientifici su basi (leggi) conosciute e condivise. Purtroppo è possibile confutare quanto stiamo dicendo con argomenti tratti dalla storia della degenerazione del metodo di Marx. Non possiamo impedirlo, la storia non è andata per il verso giusto e per ora ha vinto la controrivoluzione. Dire "marxismo" o "comunismo" o "rivoluzione" non ha più alcun significato, sono parole morte, anzi, uccise. Può darsi che un grande cambiamento le riporti al loro significato originario, può darsi che sorgano parole nuove; l'esito di grandi accadimenti non dipende da qualche vocabolo.

Rivista n. 42