Apprendisti stregoni

In tutto il corso dell'esistenza della vita sulla terra, qualche miliardo di anni, per riprodurre un essere vivente è occorso un altro essere vivente con lo stesso patrimonio genetico. E quando si dice "lo stesso", bisogna pensare a un'identità quasi totale, perché se è vero che i piccolissimi scarti o errori di trascrizione del codice sono alla base della diversità delle specie, è anche vero che, se superano una certa soglia, non permettono la riproduzione. Ad esempio, l'uomo e lo scimpanzé hanno un patrimonio genetico quasi identico, al 98 per cento circa, ma non sono geneticamente compatibili, non possono generare un ibrido.

Oggi con la bio-ingegneria è possibile produrre industrialmente organismi geneticamente modificati con caratteristiche diverse rispetto a quelli da cui sono state prelevate le cellule da ricombinare. È ovvio che con questa possibilità di progettare organismi secondo caratteri voluti cambia completamente l'approccio dell'uomo con la natura: finora egli ha sottratto materia minerale o biologica all'ambiente secondo una lista di prodotti abbastanza stabile nei millenni. Ha potuto cioè soltanto modificare dei rapporti, come per esempio rispetto all'agricoltura e all'allevamento, che hanno richiesto fertilizzanti e mangimi. Ma con la modifica genetica degli organismi, pur rimanendo valido il detto "nulla si crea e nulla si distrugge (a parte la materia-energia ordinata), l'uomo interagisce in modo nuovo con la biomassa del pianeta. Ha incominciato ad aggiungere.

La letteratura disponibile è vastissima e va da quella apologetica a quella terroristica. Il fatto che si possano produrre nuovi materiali bio-sintetici come legno, carne, protesi, medicinali, oppure creare organismi nuovi che producano carne o vegetali in qualità e quantità aumentate rispetto agli organismi di partenza; che si possano salvare specie in via d'estinzione o ricreare specie estinte; che si possa modificare la struttura del corpo umano, suscita grandi speranze o grandi apprensioni.

Sia che si guardi ai sostenitori dell'ottimismo tecnologico, sia che si guardi alle Cassandre ecologiste, è evidente che il criterio di apologia o stroncatura è smaccatamente interno alle logiche del capitalismo. Non nel senso banale che tutto è legato alle esigenze del profitto (che è un po' come scoprire l'acqua calda), ma nel senso che un argomento del genere, più di altri, si carica di questioni ideologiche, al punto di impedire una valutazione realistica, anche solo dal punto di vista della borghesia. Infatti, all'interno della classe dominante vi sono sia i tradizionalisti, che sul tema vorrebbero conservare tutto com'è, sia i sostenitori di vie aperte verso un brillante futuro in cui per "organismi geneticamente modificati" si intende realtà migliorata.

Un quadro che comprenda tutte le tendenze dei gruppi collegati in qualche modo alle pratiche di evoluzione controllata dovrebbe partire dai primitivisti, che materialmente provano l'ebbrezza del campeggio paleolitico, e spingersi sino ai transumanisti, che non pongono limiti a un'umanità migliorata, fino a ipotizzare l'immortalità dell'individuo.

Per carità, nella società futura chiunque potrà vivere nelle foreste se preferirà non interferire altrimenti con l'equilibrio della biosfera. E, con buona pace dei transumanisti, prima che si giunga alla struttura transgenica che garantisce l'immortalità, succederà qualcosa che distrarrà gli uomini dalle velleità primitiviste o ipertecnologiche.

I più legati al capitalismo sono i transgenici di mezzo, quelli che vorrebbero il pieno impiego delle biotecnologie ma… con giudizio. Essi partono da un'osservazione apparentemente razionale che chiamano "scambio colombiano": la rete delle rotte transoceaniche tracciate dopo Colombo, permise lo scambio di prodotti della natura non presenti in Europa e America. Le navi trasportarono dall'Europa cavoli, cavalli, bovini, cotone; e in rotta inversa arrivarono mais, patate, peperoni, tabacco. L'ecosistema divenne globale e, a parte qualche problema con infestanti, parassiti e malattie, il mondo potette godere di più varietà alimentari e risolvere meglio il problema millenario della carestia.

Il mondo, però, subiva già l'effetto di uno sfruttamento intensivo delle risorse. Fin dall'antichità era pesantemente sottoposto a trattamento artificiale con l'agricoltura, con il disboscamento, con le miniere e più recentemente con lo sfruttamento dei combustibili fossili. Perciò quello delle risorse e dell'inquinamento è un vecchio discorso, nel senso che parte da lontano per farsi acutissimo solo nell'ultimo paio di secoli. Il mondo ha subito dei traumi, ma alla fine si è adeguato al nuovo livello di evoluzione.

È a questo punto che vediamo in piena luce la grande mistificazione che ammalia, in ogni campo, tutti coloro che ricercano la via opportunista del giusto mezzo. Una voce ragionevole (appena ragionevole, non c'entrano quei rompiscatole di comunisti) direbbe: se tutto questo disastro è provocato dal troppo di tutto, riduciamo il troppo al compatibile con l'ecosistema, con una programmazione dell'equilibrio ecc. ecc. I transgenici di mezzo dicono invece un'altra cosa: il troppo di tutto ce lo teniamo, ma facciamo in modo che non produca disastri come il riscaldamento globale, il buco dell'ozono, l'impronta biologica. Qui – dicono – le biotecnologie potrebbero darci una mano. Stiamo già utilizzando prodotti sostitutivi degli idrocarburi, possiamo già sostituire alcuni combustibili. Possiamo quindi anche sostituire la carne con polpa da proteine vegetali ingegnerizzate (Burger King lo fa già). Possiamo creare cereali e ortaggi che si auto-proteggono dai parassiti risparmiando sui pesticidi. Possiamo fare in modo che i ruminanti producano meno gas serra. Possiamo in generale cambiare la parola d'ordine "fare di più" aggiungendo "con meno". Un capitalismo sostenibile.

Perché avere timore? La biologia sintetica è autoregolante. È vero che può sostituire i carburanti minerali con distillati da biomasse commestibili, ma prima o poi il rendimento generale ricondurrebbe disequilibrio per via della convenienza; non appena il prezzo del petrolio è sceso, è scesa anche la produzione di combustibili ricavati da biomasse. Con le biotecnologie si potrebbero progettare armi terribili, ma non ce n'è bisogno: gli eserciti hanno, in formato tradizionale, già tutto ciò che serve a distruggere e uccidere. "Quando si tratta di distruzione di massa," dicono i transgenici di mezzo, "un'arma biologica è un povero sostituto di un'arma nucleare." Anzi, se un progetto biogenetico serve per uccidere, lo stesso procedimento può servire a salvare. Il campo medico è una prospettiva luminosa per l'ingegneria genetica. Luminosa come la curva ascendente del profitto nel bilancio di una grande multinazionale.

Siamo riusciti ad addomesticare vegetali e animali, stiamo completando l'opera addomesticando anche noi stessi. Se questo modo di produzione non verrà spazzato via in fretta, l'umanità dovrà constatare che il primo addomesticamento, quello del passaggio dalla caccia all'agricoltura con relativa nascita della schiavitù, è stato uno scherzo in confronto a quello che promette il capitalismo.

Rivista n. 46