Inflazione cercasi

Quando Mario Draghi, dall'altezza vertiginosa del suo ufficio alla BCE, insisteva con il proposito di bloccare la deflazione tramite provvedimenti monetari atti a far aumentare i prezzi, lo prendevamo un po' in giro. Se la crescita dell'economia provoca inflazione, dicevamo, non serve a niente provocare inflazione per far crescere l'economia. Probabilmente egli voleva dire: se si riuscisse a incentivare la produzione, si ripresenterebbero quei fattori inflattivi che si accompagnano sempre a un'economia in crescita. Inflazione significherebbe in questo caso aumento dei prezzi delle materie prime, dell'energia, delle abitazioni, dei trasporti. Anche il cittadino, incrementando i propri consumi, innescherebbe un circolo virtuoso che, facendo crescere la domanda di merci, inciderebbe sull'oscillazione dei loro prezzi collocandoli al di sopra del valore (contingentemente, perché il prezzo di una merce finisce con lo stabilizzarsi intorno al suo valore). Ma chi siamo noi per fare le pulci a un Draghi? Comunque sia, i suoi reiterati tentativi, assai robusti in quanto ad ammontare del contante, non hanno portato a risultati.

A che cosa attribuire questa insensibilità agli stimoli monetari? Anche se fosse stato possibile provocare l'inflazione, il proposito di Draghi non avrebbe migliorato di molto l'effettiva possibilità di stimolare l'economia. Saremmo sempre stati di fronte a una situazione determinata che si vuole modificare invertendo il senso delle determinazioni con una volontà. Infatti, siamo giunti a un costo del denaro negativo: in molti casi chi vuole impegnare denaro paga invece di essere pagato.

In matematica invertendo l'ordine dei fattori il prodotto non cambia, ma nella società, come dimostra l'esempio dell'inflazione, possono scaturire sorprese. Il linguaggio corrente segue una logica che non è del tutto compatibile con quella formale: invertendo soggetto e predicato, cambia il significato. Se si domanda: sai che ore sono? La logica formale prevede una risposta del tipo "sì, lo so (oppure no, non lo so)", mentre chi rivolge la domanda vuole conoscere l'ora. Possiamo immaginare una variante sull'inflazione: se inflazione in corso implica crescita, crescita implica inflazione in corso, e l'inflazione in tempi normali è un dato negativo.

Poniamo infatti che Draghi fosse riuscito nel suo intento: l'inflazione avrebbe immediatamente eroso i redditi fissi. Milioni di salariati, pensionati, piccoli rentier, avrebbero visto decurtare il proprio potere d'acquisto. Un disastro per esorcizzare un disastro precedente. Non poteva funzionare.

Prendiamo invece la proposizione logica di Marx riguardo l'aumento della produttività, cioè dell'appropriazione di plusvalore relativo: se il capitalista fa a meno dell'operaio, l'operaio fa a meno del capitalista. Qui il rapporto si complica. La proposizione è vera perché effettivamente il capitalista può sostituire uomini con macchine, ma non può mai fare del tutto a meno di operai mentre l'operaio può sempre fare del tutto a meno del capitalista. E ne può fare a meno addirittura all'interno della società capitalista, dato che è ben possibile un capitalismo senza capitalisti (tale era l'URSS).

A mano a mano che matura, il capitalismo elimina sempre più operai dal ciclo di produzione. Aumenta il numero complessivo perché vi sono ancora aree del mondo in fase di industrializzazione (in Cina, in India); tuttavia la velocità della trasformazione condurrà inevitabilmente a una diminuzione globale degli occupati, prima di tutto operai, i più facili da sostituire con macchine.

Rivista n. 46