Niente di nuovo sul fronte orientale

Si parla ormai poco della guerra in corso sul campo ucraino tra Russia e Stati Uniti. Eppure, quando la guerra iniziò, molti la presentarono come evento da fine del mondo. Stava iniziando uno scontro nientemeno che tra i giganti dell'imperialismo, degli eserciti e delle tecnologie di guerra. Si parlava di bombe atomiche pronte per l'uso, di rivoluzioni strategiche imposte da nuove armi per lo più ancora oggetto di segreto militare, di necessità di aiuto concreto all'Ucraina contro l'Orso russo, acciaccato da un secolo ma ancora capace di mordere.

Era tutto vero. Perché la Russia stava effettivamente "cambiando il mondo" (Limes), ma per fare una guerra bisogna essere almeno in due. Gli interessi devono essere contrapposti e nello stesso tempo complementari, come al tempo di Eisenhower, quando gli Stati Uniti dominavano il mondo economicamente e politicamente costringendo l'URSS alla posizione di potente avversario militare e subordinato avversario globale nella politica di "contenimento". C'erano due netti modelli di sviluppo nello stesso modo di produzione. Due modelli che derivavano la loro differenza da elementi quasi unicamente quantitativi. La curva del capitalismo è storicamente discendente: questo modo di produzione non ammette curve, il suo andamento è di tipo catastrofico, cioè discontinuo, si rappresenta con cuspidi. E siccome i suoi rappresentanti non possono immaginare la propria fine, di fronte a una guerra dalle caratteristiche ultimative nascondono la testa sotto la sabbia come il proverbiale struzzo.

E abbassano i toni, come fossero ritornati a una delle solite guerre interlocutorie in attesa del grande scontro. Come se tutti fossimo ancora nella Guerra Fredda, che molti credono ancora in corso, quando si parlava di equilibrio del terrore mentre invece era già allora terrore dell'equilibrio, come se il capitalismo avesse potuto omeostatizzarsi, trascendere a un'altra natura senza togliersi dai piedi per sempre. È vero che il capitalismo d'oggi, nonostante la sua struttura sempre più impregnata di socialismo, non è né carne né pesce. Le ha escogitate tutte per sopravvivere, dalla socializzazione democratica a quella fascista, ma questa è davvero l'ultima spiaggia, non c'è una terza via per la salvezza del capitale.

Gli sviluppi teorici della dottrina militare sono dovuti alle pensate degli uomini, ma la guerra è condotta sul campo dalle macchine e dalle loro prestazioni. Una delle poche notizie interessanti in questa fase della guerra è quella di un paradosso che avevamo previsto alla luce dell'esperienza rilevabile dai resoconti giornalistici e che avevamo trovato facile da descrivere: i grandi eserciti stanno per essere sconfitti dalle piccole cose. L'inverno, ad esempio. Un fatto stagionale grande benché semplice, che non ha bisogno dell'intelligence militare per essere previsto ma che la Russia ha usato e userà. Oppure la guerra elettronica e informatica, che non si è ancora in grado di valutare essendo ancora considerata un'estensione della guerra dell'acciaio. Oppure la fine delle munizioni, notizia che ha prodotto titoli a grandi caratteri per qualche giorno lasciando poi il posto alla cronaca spicciola.

Soffermiamoci su questo particolare della scena generale anche perché sembra che gli stessi Stati Uniti abbiano qualche problema ad alimentare il campo di battaglia. Nella guerra d'Ucraina i combattenti avrebbero dunque esaurito il mezzo principale che permette loro di condurla. Al regalo di armi obsolete, più simbolico che utile per vincere una guerra contro la Russia, si aggiunge il fatto che quelle armi possono essere alimentate solo con il cibo apposito che le fa funzionare. Sarebbe in definitiva come regalare una vecchia automobile senza lo specifico carburante necessario per il suo utilizzo. Si sapeva da tempo che nella guerra attuale l'enorme consumo di munizioni è un fattore che addirittura potrebbe impedire la guerra stessa. In effetti questo delle munizioni che vengono utilizzate in quantità mai vista è un argomento che sembrava secondario, e invece si è rivelato fondamentale. Quando scoppia una nuova guerra essa si combatte con le armi della guerra precedente. In una guerra locale, si dà fondo alle scorte del tempo di pace, mentre in una guerra tra paesi potenti che abbiano superato una certa soglia quantitativa e qualitativa (vastità del territorio, popolazione, apparato industriale, tecnologia e scienza) le armi nuove sono dei prototipi mai collaudati realisticamente sul campo e mai avviati alla grande produzione. Non si può classificare con esattezza di che tipo sia una guerra che è locale a Kiev ma è globale a Mosca e Washington, una guerra che chiama in causa interessi e alleanze vaste come il mondo, dove le alleanze sono perlomeno ambigue, specie nel contesto euroamericano, dove si capisce subito che lingua si parla fra Washington e Berlino.

Berlino? Naturalmente. E i Tedeschi hanno capito subito che aria tirava. Con grande tempismo hanno fatto sapere che vareranno un piano di riarmo per ammodernare i loro magazzini militari, primo fra tutti quello delle munizioni. Infatti, è quello delle munizioni "intelligenti" il campo che avrà un grande sviluppo quantitativo e qualitativo. Un carro armato si può fabbricare con la tecnologia dell'automobile, sia quella contenuta nel singolo "pezzo", sia quella contenuta negli stabilimenti di produzione. Ma il carro armato non è nemmeno preso in considerazione nel piano tedesco.

Per adesso non abbiamo dunque nulla da aggiungere a quanto da noi già detto in passato. Nei numeri passati della nostra rivista, avevamo già cercato di analizzare, tenendo conto della certezza dei fatti comprovati e usando la necessaria cautela di fronte alle notizie vaganti o facenti parte della normale propaganda di guerra, le tendenze delle dottrine militari. Vale la pena rileggere, a proposito della guerra attuale, ciò che scrivemmo nel monografico numero 11 sulla guerra in generale.

È terminata l'epoca delle colonie, quella durante la quale il capitalismo cerca un aumento di valorizzazione entro i confini geopolitici di vari paesi. Ma oggi le popolazioni neo schiavizzate dei paesi ex coloniali non bastano più a sfamare, insieme, sé stesse e il capitale. L'area dello sfruttamento intensivo (produzione di plusvalore relativo) tipico dei paesi a vecchio capitalismo si è velocemente allargata inglobando le nuove metropoli sviluppate dei paesi arretrati, il cui proletariato viene subito trattato con gli stessi criteri usati nei confronti del proletariato dei paesi più industrializzati.

Rivista n. 52