Un sistema che ingegnerizza sé stesso?

La nostra definizione di capitalismo di stato non corrisponde a quella comunemente accettata. Lo stato non è più al vertice della piramide sociale, non è più soltanto il "comitato d'affari della borghesia" ma è soprattutto lo strumento del capitale anonimo e globalizzante, che lo adopera per impedire alla borghesia di far danni con la parcellizzazione della proprietà privata, locale, nazionale o mondiale che sia.

Al di sopra della borghesia, perciò dei circuiti dei capitali che con i loro proprietari agiscono sulla superficie del Globo, non può esservi altro che un ipotetico circuito spaziale. Sembra una battuta, ma le avvisaglie mostrano che il percorso è già iniziato. E non da adesso: per l'espansione del mercato si trovano sempre tre caravelle e un porto dal quale farle partire. Comunque, già oggi una buona parte del capitale ha ormai i suoi strumenti nello spazio dove su orbite di ogni ampiezza ruotano migliaia di satelliti artificiali per ogni tipo di servizio. E gli investimenti in questo campo continuano a dispetto di una crisi che ha messo in ginocchio l'economia mondiale.

Elon Musk è un capitalista che si adatta bene al modello di strumento utile al capitale per svincolarsi dai lacci dei privati, degli stati e… della gravitazione terrestre. Non può che essere un capitalista privato, ma la sua carriera dimostra che è diventato l'uomo più ricco del mondo (secondo Forbes) muovendo capitali altrui più che possedendoli. E adesso tratta direttamente con gli stati per sviluppare progetti che finora erano loro prerogativa.

La ricerca spaziale languiva, gli stati non avevano più soldi da destinarle. Musk li ha trovati, investiti e moltiplicati. Già che c'era, si è allargato nel campo delle nuove tecnologie, dove il capitale trova un terreno più fertile che altrove, anche se i protagonisti come lui sono agguerritissimi monopolisti e mantengono ben ristretto il loro giardino con una spietata concorrenza. Tutti, senza eccezioni, hanno lubrificato i loro investimenti ricorrendo a pirotecnici espedienti finanziari, come quello di creare artificialmente aspettative di mercato con annunci mirati su prossimi investimenti.

Così si amplia la fascia composta da capitalisti senza capitali (Musk è entrato nel mondo del capitale con relativamente pochi mezzi) e di capitali senza capitalisti (una volta piazzatosi nell'ambiente non ha disdegnato di trattare con lo stato, il quale non possiede i capitali che indirizza).

Questa non è una novità. In un testo fondamentale della nostra corrente, Proprietà e capitale, si affronta il problema della trasformazione del capitalismo sotto l'effetto della rivoluzione che avanza anche quando non sia evidente lo scontro di classe. Una rivoluzione dunque che lavora ininterrottamente, catapultando sulla scena storica personaggi piuttosto curiosi come quello di cui ci stiamo occupando, attivo in diversi campi di investimento, da quello automobilistico a quello aerospaziale, da quello della finanza a quello dell'intelligenza artificiale.

Musk è nato come capitalista privato classico in quanto socio di un'azienda statunitense che offre servizi di pagamento digitale (Pay Pal); dalla vendita della sua quota ha in seguito ricavato 1,5 miliardi di dollari, adoperati soprattutto per avviare una fabbrica di automobili elettriche, una merce prodotta in pochi esemplari ma ad alto contenuto di valore per ognuno di essi (Tesla Motors). Ha avviato la più grande fabbrica automatica del mondo (Gigafactory) per la produzione di batterie al litio, un minerale presente in quantità sulla Terra ma dislocato in luoghi remoti o percentualmente poveri di minerale, condizione che si presta a sfruttamento futuro, quando i prezzi saliranno per esaurimento delle miniere. Per rimanere nel campo dell'energia elettrica da fonti alternative che utilizzano materiali semilavorati, specie batterie, ha fondato un'azienda specializzata (Solar City). È proprietario di un servizio internet a banda larga (Starlink), possibile grazie a migliaia di satelliti messi in orbita da un'altra sua azienda (Space X). Incidentalmente, tanto per mostrare quanto sia vasto il compito che si è dato, ha permesso all'Ucraina di poter accedere gratuitamente a Internet via Starlink fin dall'inizio della guerra. Da qualche mese ha avvisato il Pentagono che potrebbe però mettere fine al servizio se la Difesa Usa non si farà carico degli oneri relativi (ammontanti a decine di milioni di dollari al mese). Nel campo dell'intelligenza artificiale, con OpenAI, ha sviluppato un programma (GPT-3), un modello linguistico che utilizza l'apprendimento profondo per produrre testi in linguaggio simile a quello umano giungendo a scrivere un editoriale per il Guardian. È ideatore di Hyperloop, un sistema futuristico di trasporto ad alta velocità, ed è cofondatore di Neuralink, una startup di neurotecnologie incentrata sullo sviluppo di interfacce neurali, per collegare il cervello umano con l'intelligenza artificiale. Dalle autovetture ai razzi fino al collegamento di cervelli ai sistemi operativi dei computer il passo è breve.

Ma nei programmi di Musk l'orizzonte è più vasto: ha iniziato a progettare il sistema che, coevolvendo con le varie tecnologie, dovrà permettere l'invio di coloni su Marte.

Un personaggio simile non può dunque fare a meno di far parlare di sé. Anche se a prima vista sembrerebbe semplicemente un grande capitalista, di quelli raffigurati col cappello a cilindro nelle recenti immagini che Occupy Wall Street utilizzava per indentificare l'1%. Che la sua sia strategia commerciale è fuor di dubbio, ma la sua peculiarità consiste non tanto nell'usare capitali quanto nel saper attirare capitali in cerca di valorizzazione (vedi articolo di questa rivista "Assalto al pianeta rosso"), quali che siano i suoi dichiarati scopi filantropici (libertà, futuro, progresso) poco importa. Applica, però, (anche grazie alla sua formazione universitaria) i principi della fisica ai suoi sistemi. SpaceX, Tesla, Hyperloop, OpenAI, fanno parte di un sistema ingegnerizzato allo scopo. L'intelligenza non sta nelle singole parti, ma nel mettere in moto un processo che riesca a camminare da sé, autopoietico, come direbbero Maturana e Varela. Almeno da Marx, sappiamo che l'elemento rivoluzionario nel capitalismo non è la stupida merce, ma è la fabbrica, in quanto essa funziona sulla base di un lavoro coordinato senza scambio di valore.

Negli ultimi mesi Musk è alla ribalta per aver annunciato, rigorosamente on line, il suo acquisto delle azioni di Twitter (di cui deteneva il 9%) per la cifra di 43 miliardi di dollari. Ciò ha spinto la Securities and Exchange Commission (SEC), l'ente federale statunitense preposto alla vigilanza della borsa valori, ad intervenire indagando il patron della Tesla proprio per l'operazione di acquisto del social network, la cui vecchia struttura Musk ha iniziato a smantellare per far spazio a qualcosa di più leggero. L'Economist gli ha dedicato diverse pagine, segnalate qui di seguito nelle letture consigliate, ma nemmeno il portavoce del capitalismo riesce a cogliere la profondità delle trasformazioni in corso. L'immensa quantità di capitale in circolazione si fabbrica i suoi capitalisti?

Nelle dichiarazioni di Musk si intuisce la prospettiva di ridurre la dipendenza di Twitter dalla pubblicità, alleggerire la quota di dipendenti, e la volontà di incorporarla invece in una app "tuttofare", app X, con pagamenti online e modalità simili a quelle di PayPal. Il modello di riferimento sarebbe WeChat, la super app di Tencent in Cina o anche Meta, la nuova Facebook di Zuckerberg che anticiperebbe il Metaverso.

Il capitalismo non è più quello dei tempi di Marx o di Lenin. La filiera produttiva non è più verticale all'interno della stessa fabbrica che brulicava di uomini, ma è una rete di fabbriche specializzate che producono in sequenza merci globalmente sempre più leggere con sempre più macchine e meno uomini. Ora, questa fabbrica globale, mossa da un operaio globale con un piano di produzione praticamente socializzato, è diffusa sul territorio, uscita dalle mura aziendali, estesa come fosse un tessuto organico, connessa attraverso logistica, sistemi, reti. Mare di comunismo con isole di capitalismo.

Figura. Il patrimonio netto di Musk dal 2012 al 2021 stimato dalla rivista ForbesFigura. Il patrimonio netto di Musk dal 2012 al 2021 stimato dalla rivista Forbes, Wikipedia.

LETTURE CONSIGLIATE

  • n+1, "Assalto al pianeta rosso", n. 41 aprile 2017.
  • n+1, "L'autonomizzarsi del Capitale e le sue conseguenze pratiche", n. 17 aprile 2005.
  • The Economist, "Elon Musk is buying Twitter. Really. Probably", Oct 5th 2022.
  • The Economist, "How worried should you be about Elon Musk's superpowers?", Oct 6th 2022.
  • The Economist, "Will Elon Musk-owned Twitter end up as a 'deal from hell'?", Oct 11th 2022.

Rivista n. 52