Presentazione

"Proprietà e capitale" è uno dei testi più importanti della Sinistra Comunista e purtroppo è uno di quelli che più di altri sono rimasti allo stadio di "semilavorato". Per i militanti della Sinistra che ci hanno preceduto, "semilavorato" era scherzosamente qualsiasi lavoro di partito. Ogni testo era ed è perfettibile: nell'elaborazione continua che è tutt'uno con il procedere organico del lavoro, dello studio, dell'esposizione e della stampa, si doveva e si deve addivenire ad una sempre più precisa "scultura" dei risultati.

Scolpire, ribadire i chiodi, riprendere tenacemente da dove si è sospeso l'ultima volta; il lessico un po' ossessivo rifletteva l'assoluta necessità di non tralignare di fronte a una controrivoluzione che sembrava poter demolire ogni barlume di sopravvivenza.

Era necessario mantenere il ciclo ininterrotto della nostra corrente come si mantiene un ciclo vitale nell'ambito della natura: genesi di nuove cellule, circolazione di linfa, separazione dalle scorie e registrazione degli insegnamenti in "bilanci" affatto contingenti.

"La struttura di lavoro del nuovo movimento (nuovo: non più basato sul centralismo democratico, cioè su organismi elettivi interni rinnovabili per congresso, N.d.r.)", dicono le nostre tesi dette di Napoli, "si basò su incontri frequenti di inviati di tutta la periferia organizzata nei quali non si pianificavano dibattiti, contraddittori e polemiche fra tesi in contrasto (...) e nelle quali nulla vi era da deliberare o votare, ma vi era soltanto la continuazione organica del grave lavoro di consegna storica delle lezioni feconde del passato alle generazioni presenti e future (...). Questa opera e questa dinamica si ispirano a insegnamenti classici di Marx e di Lenin che dettero forma di tesi alla loro presentazione delle grandi verità storiche e rivoluzionarie; e queste tesi e relazioni, ligie nella loro preparazione alle tradizioni marxiste di oltre un secolo, venivano riverberate da tutti i presenti, grazie anche alle comunicazioni della nostra stampa, in tutte le riunioni di periferia (...). Non avrebbe alcun senso la obiezione che si tratti di testi perfetti, irrevocabili e immodificabili, perché lungo tutti questi anni si è sempre dichiarato nel nostro seno che si trattava di materiali in continua elaborazione e destinati a pervenire ad una forma sempre migliore e più completa (...). È solo nello sviluppo in questa direzione del lavoro che abbiamo tratteggiato, che noi attendiamo il dilatarsi quantitativo delle nostre file" (luglio 1965, da noi pubblicate con le altre tesi sotto il titolo "In difesa della continuità del programma comunista", 1990).

L'elaborazione teorica è lavoro pratico, si diceva impegnandovisi in quanto elementi collegati di un tutto organico teso ad un risultato univoco. La conoscenza non è mai un fatto individuale, anche se individui possono ad un certo punto redigere dei testi. E conoscenza, cioè teoria, non è un qualcosa avulso dalla pratica attività in tutte le sue manifestazioni, nessuna esclusa. Anzi, viene sottolineato in ulteriori tesi che anche in situazioni sfavorevoli il raggio dell'azione è esattamente quello delle situazioni favorevoli, limitato unicamente dalla possibilità di applicazione.

Insomma, se il testo scritto è il riflesso del lavoro pratico di elaborazione, il lavoro pratico di organizzazione di proselitismo, di lotta ecc. è il riflesso dell'elaborazione; ma non in momenti disgiunti, bensì come unica "manifestazione di energia" del movimento organizzato. Altrimenti davvero basterebbe una biblioteca marxista intesa come "guida per l'azione" cui attingere per la comprensione e per l'elaborazione degli atti.

"Proprietà e capitale" incominciò ad uscire a puntate a partire dal n. 10 di "Prometeo" (giugno-luglio 1948) e affrontò subito il problema dello sviluppo materiale del capitalismo nella storia fino alle sue estreme conseguenze odierne. Il rapporto economico e sociale che ha portato al capitalista e all'operaio non dipende dalla volontà degli individui, non è un rapporto morale. Dunque, non è la volontà degli individui che lo rovescia, non è la morale che può essere alla base della politica rivoluzionaria. Il nuovo movimento rivoluzionario, se dovrà svilupparsi in questo dopoguerra pieno di speranze e di illusioni, dovrà fare a meno del culto della volontà e soprattutto di quello di individui "ingaggiati", francesizzazione da burla che nelle tesi sta per capi geniali che spargono il Verbo.

È in certi casi rivendicazione rivoluzionaria lottare per la proprietà e il capitale a fianco della borghesia; è parimenti rivoluzionaria, in altri, l'esigenza di abbattere la borghesia senza nulla concederle per quanto riguarda la questione del potere. Dipende dallo sviluppo storico, "posizione incomprensibile a tutti quelli che fondano la spiegazione della storia e delle sue lotte su credenze religiose e su sistemi morali (...) cercando in ogni vicenda e in ogni stadio della storia della società umana il gioco di criteri fissi debitamente maiuscolati come il Bene, il Male, la Giustizia, la Violenza, la Libertà, l'Autorità...".

"Proprietà e capitale" è elaborato per i tempi di massimo sviluppo del capitalismo e punta a portare alle estreme conseguenze l'osservazione che fu già di Engels contro Dühring: il capitalismo può esserci anche senza i capitalisti. Il capitale finanziario, le società per azioni, le grandi concentrazioni di capitali, trasformano quelli che un tempo erano possessori personali di capitale in funzionari stipendiati del capitale.

La proprietà si concentra, il controllo sui singoli capitali si "socializza", la società diventa sempre più capitalisticamente anonima: "la produzione di ultraprofitti ingigantisce man mano che ci si allontana dalla figura del capo d'industria, che per competenza tecnica arrecava innovazioni socialmente utili. Il capitalismo diventa sempre più parassitario, ossia invece di guadagnare e accumulare poco producendo molto e molto facendo consumare, guadagna e accumula enormemente producendo poco e soddisfacendo male il consumo sociale".

Ecco la spiegazione, allora, del capitalismo di Russia e l'attesa "grande confessione", adesso avvenuta ma ben difficile da far digerire ai più, non solo nel 1948 ma fino a pochi giorni prima che il muro di Berlino crollasse!

Ecco il messaggio "semilavorato" trasmesso a noi e ai giovani militanti che verranno: non siamo creatori di modelli che la nostra volontà unita a quella di altri dovrebbe realizzare; il comunismo è il cammino reale della società verso futuri traguardi.

Futuri, ma già scritti nel decorso di oggi. Il capitale ha espropriato il produttore individuale per la realizzazione della proprietà borghese, ma la proprietà borghese sarà espropriata dallo stesso capitale anonimo.

"Per conseguenza il problema della prassi del partito non è di sapere il futuro, che sarebbe poco, né di volere il futuro, che sarebbe troppo, ma di conservare la linea del futuro della propria classe. È chiaro che se il movimento non la sa studiare, indagare e conoscere, neppure sarà in grado di conservarla. Non meno chiaro è che se il movimento non sa distinguere tra volontà delle classi costituite e nemiche e la propria, egualmente la partita è perduta, la linea smarrita. Il movimento comunista non è questione di pura dottrina; non è questione di pura volontà: tuttavia il difetto di dottrina lo paralizza, il difetto di volontà lo paralizza. E difetto vuol dire assorbimento di altrui dottrine, di altrui volontà".

Lo studio del capitalismo ultramaturo caratterizza e distingue la Sinistra in un arco storico che inizia molto prima della comparsa delle teorizzazioni sul "neocapitalismo" dovute alla scuola di Francoforte o ai teorici della Monthly Review. Il capitalismo non è per nulla "nuovo", ma ripete sé stesso in un girone infernale che può essere spezzato solo dalla rivoluzione. Contrariamente a quanto affermavano Marcuse, Huberman e Sweezy, lo stadio imperialistico non porta affatto meccanismi economici e sociali inediti (neanche in Russia), ma soltanto un più agguerrito armamentario per la conservazione di classe.

Il capitalismo nasce statale all'epoca dei Comuni e delle Repubbliche marinare, si avvale dello Stato e della Banca Nazionale durante tutta l'accumulazione primitiva, si rafforza con il Debito Pubblico, intraprende alla grande con Colbert, Napoleone, Mussolini, Hitler, Roosvelt e Stalin. Il capitalismo di stato non rappresenta affatto una sorta di stadio intermedio fra capitalismo e socialismo, ma sta tutto nel capitalismo, anche senza capitalisti.

D'altro canto, il capitalismo al suo apice anticipa già nel suo seno attività sociali senza conto economico, "anzi, le più vaste e moderne esigenze della vita collettiva possono essere soddisfatte soltanto uscendo dai criteri mercantili e tornacontistici". Di più: la società capitalistica non soltanto è costretta ad erogare servizi senza tornaconto, ma spreca ad una scala mai vista nella storia rendendo possibile il confronto di ciò che potrebbe essere se essa non esistesse più. Una grande quantità del plusvalore prodotto dalla classe operaia è smistato alla scala sociale seguendo criteri del tutto anarchici, senza neppure più soddisfare bisogni parassitari, ma semplicemente senza senso alcuno, vera follia sociale.

Il vero nodo da sciogliere, come sempre davanti ad un modo di produzione che ha fatto il suo tempo, non è economico né sociologico non attiene alla psicologia o alla tecnologia, ma alla rivoluzione, quindi alla politica della classe che la scatena, quindi al partito che la dovrà dirigere.

"Proprietà e capitale", per quanto incompiuto, non è comunque un testo isolato. In appendice pubblichiamo per esempio "Il programma rivoluzionario della società comunista" del 1958, nel quale viene esaminato in particolare il rapporto di proprietà e, importante annotazione, la questione della nazionalizzazione della terra, dove si dimostra che in Russia non solo vige il capitalismo, ma che il sistema di usufrutto dei contadini sulla terra equivale a mettere l'intera società alla mercé di essi.

In questa stessa collana, rimandiamo alle raccolte "Imprese economiche di Pantalone", "Vulcano della produzione o palude del mercato?", "Drammi gialli e sinistri della moderna decadenza sociale", pubblicate separatamente.

Torino, novembre 1991.

Note

[1] Prometeo nn. 10 (giugno-luglio 1948), 11 (novembre-dicembre 1948), 12 (gennaio-marzo 1949), 13 (agosto 1949), 14 (febbraio 1950) della I Serie, e nn. 1 (novembre 1950) e 4 (luglio-settembre 1952) della II Serie.

Prima di copertina
Proprietà e Capitale

Quaderni di n+1 dall'archivio storico.

Il lettore d'oggi che pagina dopo pagina arriverà al capitolo finale in cui si tirano le somme sul piano politico, avrà la netta sensazione di avere tenuto fra le mani un libro straordinario. Presa dimestichezza con un linguaggio potente dal punto di vista letterario ma fuori da canoni della saggistica divulgativa, sarà costretto ad ammettere che il metodo d'indagine adottato ha permesso di intravvedere fenomeni poco evidenti all'epoca in cui il libro fu scritto e ancora in embrione nel 1991.

Indice del volume

Proprietà e Capitale