Il capitalismo è marcio !

9 dicembre 1993

La fame e il lavoro a basso prezzo rappresentano il risultato di due secoli di rapina capitalistica nei confronti della maggior parte dei paesi del mondo. Dopo aver affamato masse immense di uomini espropriati della loro fonte di sostentamento, il capitalismo ne sfrutta la forza lavoro in maniera schiavistica, in concorrenza con la forza lavoro occidentale.

La forza lavoro occidentale ha lottato per i propri interessi ma, guidata da partiti e sindacati che avevano ed hanno programmi comuni con i capitalisti della propria nazione, ha condotto la sua lotta isolatamente per paese, per settore, per fabbrica, addirittura per reparto, mettendo in concorrenza i lavoratori all'interno dei singoli paesi e tra paesi diversi.

La concorrenza fra la forza lavoro dei vari paesi provoca lo spostamento di interi settori di lavorazione da un continente all'altro. Oggi pochi paesi dell'Estremo Oriente potrebbero, se lasciati completamente liberi sul mercato, produrre da soli la quasi totalità dei prodotti di consumo durevoli richiesti dai mercati di tutto il mondo. Quando la Cina avrà completamente assorbito Taiwan e Hong Kong, rappresenterà ciò che ha rappresentato il Giappone negli anni recenti, ma con un miliardo di abitanti in più.

Crisi e disoccupazione sono elementi costanti nella storia del capitalismo. Soltanto che ora, invece di essere cicliche e ricorrenti, sono diventate croniche per via dello sviluppo immenso delle forze produttive. 3 milioni di disoccupati in Italia e 35 milioni nei paesi industrializzati rappresentano altrettanti posti di lavoro che non ritorneranno più, anzi, diminuiranno ulteriormente, perché il capitale non riesce più a crescere tramite la produzione, e non può neppure farlo per altre vie, come la speculazione, in cui la somma dei vantaggi e degli svantaggi è sempre zero.

Il capitalismo non è migliorabile: i suoi guai non sono dovuti ad una cattiva gestione dei capitalisti ma al suo modo di funzionare, dato che mette in contraddizione le esigenze umane di vita con le necessità di valorizzazione del capitale che prescindono completamente da tali esigenze. La crisi non è dovuta a padroni "incapaci" o a politici "corrotti", come dicono sindacati e partiti opportunisti. Imbecilli e ladri ci sono sempre stati, ma quando il capitale si valorizza essi sono tollerati e considerati funzionali al sistema.

La teoria dell'offensiva padronale contro la classe operaia per spiegare la crisi, la disoccupazione e l'abbassamento dei salari, è una sciocchezza. Il capitalismo e i capitalisti sono costantemente all'offensiva contro il proletariato anche quando le cose vanno benissimo per loro. In realtà i capitalisti fanno sempre, in ogni momento, i propri interessi e sarebbe ora che i proletari reimparassero a comportarsi di conseguenza.

I proletari difendono le proprie condizioni di vita e di lavoro non chiedendo impossibili programmi di miglioramento del capitalismo, ma lottando per sé, per l'integrità del proprio salario anche da disoccupati, per la riduzione drastica dell'orario di lavoro, per una vita decente. Questo è l'unico modo che darebbe anche come risultato l'eliminazione dei margini per la corruzione e il parassitismo che sono direttamente proporzionali allo sfruttamento poiché si basano sull'estorsione di plusvalore che viene distribuito tra le classi.

Ogni cedimento proletario nella lotta quotidiana per la difesa dei propri interessi impedisce di fatto ogni possibilità di lottare per risultati più grandi. Siamo milioni, e la società intera dipende dalla produzione che scaturisce dal lavoro salariato. Rappresentiamo una forza potenziale gigantesca che, solo se organizzata e indirizzata di conseguenza, può raggiungere qualsiasi obiettivo si ponga.

Quei lavoratori che si sentivano garantiti e tutelati in cambio del proprio servilismo e che scesero in piazza con lo slogan "il lavoro si difende lavorando", hanno ottenuto la risposta che si meritavano: sono stati buttati fuori dal ciclo produttivo al pari degli altri. Gli interessi fra il lavoro salariato e il capitale non sono mai conciliabili. Se gli operai, per un motivo qualsiasi, dice Marx, rinunciassero alla lotta per i propri interessi, meriterebbero di essere schiacciati.

Non si può difendere il "posto di lavoro", bisogna rivendicare il salario ai disoccupati. Non si possono invocare "contratti di solidarietà", bisogna imporre una riduzione significativa dell'orario di lavoro a parità di salario. Non si può disperdere la nostra forza in mille rivoli rivendicativi, casa, sanità, pensioni, tariffe, fisco ecc., bisogna rivendicare il potere d'acquisto del salario in quanto tale.

Volantini