Non è una crisi congiunturale

È difficile non vedere in questo sciopero generale la solita matrice politicantesca dovuta alle diatribe fra partiti, contro alcuni dei quali la CGIL si schiera. Sembra di rivivere le giornate del marzo del 2002 con lo sciopero e la manifestazione oceanica a difesa dell’articolo 18. Come fanno ormai dal 1945 i sindacati offrono i loro servigi per salvare "il sistema paese", assecondando in tutti i modi le leggi del mercato, l'aumento della produttività, la diminuzione della forza-lavoro occupata, e adesso manifestano per chiedere al governo di porre al centro della manovra finanziaria i temi dell’occupazione e degli investimenti per uscire dalla crisi. Ma il sistema economico è entrato in crisi proprio perché ha investito troppo, perché ha prodotto troppo e non trova più acquirenti per le sue merci. Le fabbriche automobilistiche stanno chiudendo perché producono troppe automobili, non perché ne producano poche. E la stessa cosa succede in tutti gli altri settori.

L’assurdo è proprio questo: più si produce ricchezza più aumenta la miseria. Oggi, sette milioni di italiani hanno un reddito che permette di arrivare alla quarta settimana del mese solo sacrificando consumi normalmente essenziali; 37 milioni di americani sono al di sotto della soglia di povertà calcolata dal governo, cioè 10.700 dollari pro capite. Nel 1929, alla vigilia della Grande Depressione, la soglia di povertà corrispondeva a 9.100 dollari di oggi. Nel 2008 il governo americano considera "livello di povertà" quasi lo stesso reddito di un americano povero del 1920! E negli altri paesi occidentali "ricchi" non va meglio. Ed il peggio deve ancora venire.

Questa crisi somiglia molto alla crisi del 1929: il sistema in forte crescita aveva prodotto troppe merci e quindi troppo capitale da reinvestire. Troppa appropriazione privata di fronte all'esplodere della produzione sociale. E soprattutto salari troppo bassi. All'epoca il sistema capitalistico dovette darsi un assetto statale che permettesse un controllo centralizzato dell'economia. In America si chiamò New Deal, in Europa fascismo e stalinismo. Gli espedienti americani per superare la crisi furono di tre tipi: gli investimenti statali coperti dal debito pubblico; i crediti immobiliari, cioè i mutui ai privati; le carte di credito personali. Non bastò e ci volle la Seconda Guerra Mondiale per avviare un ciclo di distruzione e ricostruzione.

L'espediente americano di ieri è diventato sistema per tutti ovunque, dal livello dello Stato a quello del proletario semioccupato, dalla banca allo speculatore individuale. Per rivitalizzare un sistema che è esploso sull'esasperazione del meccanismo creditizio, non s'è trovato di meglio che iniettare una immensa quantità di denaro gratuito nel sistema finanziario stesso. E siccome la crisi è già dovuta al collasso del sistema produttivo dal quale proviene il valore reale, tutti i governi del mondo non stanno facendo altro che amplificare il potenziale di crisi provocato dall'eccesso di capitali, che rimarrà nella sfera finanziaria speculativa. Un'economia che conta quasi esclusivamente sul credito per mantenersi in vita è già praticamente morta. L'accesso al credito dovrebbe essere un'esigenza straordinaria in vista di un risultato (maggior produzione di valore o superamento di una difficoltà contingente), non la prassi normale. Quando lo diventa, vuol dire che il sistema sopravvive drogato e rischia perennemente un collasso mortale dovuto a overdose.

La direzione della CGIL è talmente succube del sistema concertativo, ha talmente paura di contrapporsi ai padroni, è talmente sulla difensiva, da non essere neppure più in grado di proporre le misure "anticrisi" classiche della sinistra borghese basate sull’incremento dei consumi proletari attraverso aumenti di salario generalizzato per tutta la classe. Così oggi i proletari sfilano nelle piazze per interessi altrui, come fiancheggiatori di un'ala specifica della borghesia contro l'altra.

Tuttavia, proprio perché il nostro avversario ci ha tolto la nostra organizzazione di lotta immediata, si fa più acuta e impellente l'esigenza di lavorare per riaverla. Ma rifiutiamo di farlo istituendo finte alternative con insulsi sindacatini fotocopia: nella tradizione comunista si è sempre agito secondo il principio di un fronte sindacale di classe, mai per la suddivisione delle forze in mille rivoli ideologici o feudal-corporativi.

n+1 Rivista sul "movimento reale che abolisce lo stato di cose presente".

Riprodotto in proprio 11 dic. 2008. Suppl. al n. 24, reg. trib. Torino n. 5401/2000. Indirizzo internet: http://www.quinterna.org
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Volantini