Si legge nella strada storica segnata dai programmi l'antitesi fra rivoluzionari proletari e servi assoldati dal capitale. Marx-Lenin: dittatura del partito proletario, comunismo senza Stato; Bernstein-Chruščëv: via democratica al socialismo, Stato di democrazia socialista (Genova 4-5 settembre 1961)

Questioni di economia marxista I

Il relatore sull'argomento della presentazione della dottrina economica del marxismo premise che dato il carico di lavoro in questa riunione ancora una volta si sarebbe segnato il passo in questo studio che nei suoi risultati definitivi è da vario tempo ancora fermo ai due fascicoli dell'"Abaco dell'economia marxista" che hanno data l'espressione in formole quantitative delle fondamentali dottrine del "Capitale" per l'intero Primo Libro e per la sola Prima sezione del Secondo.

Nelle precedenti riunioni si è varie volte riferito (come anche nei resoconti apparsi su queste pagine) delle sezioni successive del Secondo Libro fino alla teoria della accumulazione semplice e progressiva, ma i non pochi materiali arrecati abbisognano di un coordinamento definitivo di formale, schemi e quadri che sono stati varie volte mostrati alle riunioni ma non ancora pubblicati. Tale compito è ponderoso e richiede rapporto collettivo degli sforzi di tutto il movimento; la principale difficoltà sta nel fatto che la materia del secondo volume, sulla circolazione del capitale (il tema da cui esce la condanna economico-storica del modo capitalista di produzione) non l'abbiamo che per tronconi, senza la sistematica pensata da Marx, e senza che Engels per espressa sua dichiarazione abbia voluto costruire una sistematica propria, ritenendo di non avere il diritto di sostituire opera propria alle pagine meravigliose ma solo "semilavorate" lasciate dalla penna del gigante Marx.

Il compito sarà meno arduo per il Terzo Libro, che, studiando il processo di insieme, ha un tema più sociale-politico che conduceva direttamente al programma del partito, quando la redazione ne venne spezzata sul tema: le classi; a grande sfruttamento di tutto l'opportunismo carognone successivo e anche recentissimo.

Poiché noi rifiutiamo nettamente ogni pretesa di aggiornatori del sistema, e non vogliamo inventare le parti rimaste nell'ombra per effetto delle forze agenti nella lotta storica, e riaffermiamo che il marxismo si formò in un tutto monolitico e definitivo proprio nell'epoca 1840-70 in cui lavorò Marx (e così sarebbe stato anche se la persona Carlo Marx non fosse mai nata), la principale via per affrontare il problema che ci siamo posti, e che le necessità della annosa lotta contro i deformatori ci hanno posto, è di utilizzare le fonti del marxismo in Marx ed Engels soprattutto, ma anche altrove; e quindi la ricerca sui testi storici è il compito fondamentale.

Tale via non è da percorrere da un solo uomo e nemmeno da una sola generazione, essa esige la partecipazione di tutto il partito da tutte le sue sedi e in tutti i suoi aggruppamenti delle varie lingue, tra le quali la più interessante è ovviamente quella tedesca, se pure oggi il movimento tedesco si presenta come il più sconquassato dalla crisi generale.

Anche in questo settore i compagni del gruppo parigino hanno fornito materiale ricco e preziosissimo che si è andato accumulando senza che ancora si sia potuto tutto utilizzare, e in questa non lunga esposizione attingeremo ad esso sia pure in modo non del tutto organico.

La teoria dello "sciupìo"

Nei precedenti inviti a tutti i compagni per il loro aiuto nella ricerca comune avevamo delineato non una teoria completa ma le vie per giungere a dare forma alla "teoria dello sciupìo" nel modo capitalista di produzione. Si tratta di un tema delicato in quanto ad esso si riconduce tutto il fondamento della analisi e del programma marxista. Una tale teoria è incomprensibile a quegli sprovveduti che vogliono vedere nell'opera di Marx la pura descrizione della economia capitalistica e al più la scoperta delle leggi che ne reggono la dinamica economica. Essa può essere riguardata come un aspetto di programma per il partito rivoluzionario che noi rivendichiamo alle fiammeggianti pagine delCapitale.

Infatti la forma capitalistica si può definire come dilapidatrice degli sforzi e delle energie dell'uomo e della società solo se si perviene a misurarne le perdite in confronto alla dinamica di una società non più capitalistica, data nella storia anche se non presente oggi in nessuna parte del mondo. Occorre dunque ammettere che i dati di una tale società del domani siano desumibili e deducibili, non da schemi ideali o da costruzioni filosofiche astratte, ma dai dati della storia passata e di tutte le forme sociali analizzabili: quelle precapitalistiche, e la capitalista.

La misura dello sciupìo sarà quindi possibile anche se si ammetterà che il passaggio al capitalismo segnò (anzi fu reso inevitabile proprio da esso) un deciso miglioramento nella utilizzazione della attività umana in rapporto alle forme sociali che precedettero quella presente. È chiaro che una critica basata sul richiamo ad una situazione futura che nessuno ha ancora osservata o rilevata incontrerà sempre la fiera derisione di quelli che sono soliti dileggiare il dogmatismo, o perfino la ricaduta nella utopia, di noi marxisti rivoluzionari.

In tutta questa nostra lunga ricerca noi abbiamo citato mille e mille passi in cui si vede che Marx fa sempre in modo esplicito il paragone tra le caratteristiche del processo capitalistico e quelle della produzione futura e società futura, dato preciso per il quale egli tiene il "comunismo" in atto, pur designandolo sotto diversi nomi e perifrasi. Ciò in tutte le opere, nei tre Libri del Capitale, opera massima, e possiamo dire in ogni capitolo di essa, anche se per mostrarlo appieno, il lavoro critico deve saper gettare ponti sicuri tra pagine anche lontanissime tra loro.

In questo abbozzo della teoria dello sciupìo noi chiedemmo e torniamo a chiedere ai compagni di utilizzare uno schema (la scienza si fa sempre riuscendo a costruire schemi, anche magari provvisori) che abbiamo dedotto dai capitoli del Secondo Libro, oggetto dello stadio presente della nostra ricerca.

Lo schema è quello dei "tre momenti" della critica rivoluzionaria. Il primo momento si limita ai rapporti che si stabiliscono entro i confini di una azienda produttiva unica, tra capitalista ed operai. La sua analisi è già tutta contenuta nelle formule dedotte dal Primo Libro, ma questo non si deve intendere nel senso erratissimo che tutto il Primo Libro non si preoccupi anche degli altri successivi due "momenti": tutti e tre all'opposto erompono da ogni capitolo e come sempre teniamo a dire da ogni pagina.

Se la misura dello sciupìo sociale fosse un concetto così angusto come quello della misura dello sfruttamento dei singoli operai da parte del singolo padrone, saremmo ridotti a volgarissimi immediatisti, che propongono di abolire il padrone lasciando stare il sistema mercantile, la moneta, l'azienda col suo dare ed avere ed anche il suo profitto, che andrebbe banalmente diviso tra gli operai. Proudhon per il primo pose il piede su questa via scivolosa, e se gli anni e i secoli contano qualcosa, può essere solo in questo: Proudhon al suo tempo fu un grande, chi oggi proudhonizza è una carogna.

Nel primo momento il grado di sciupìo non sarebbe nemmeno il tasso di profitto, ossia il rapporto del plusvalore a tutto il valore del prodotto; è infatti noto che una parte del plusvalore nella riproduzione progressiva va non a consumo del capitalista ma a nuovo investimento (e vi dovrebbe andare anche in una società senza capitalisti, vedi critica al programma di Gotha). Allora il solo consumo dei capitalisti parassiti sarebbe misera cosa. Marx lo disse già: voi che vi fermate al primo momento programmate solo una generalizzazione della miseria.

In un passo dei Grundrisse (ed. tedesca pag. 347: capitolo del "bozzone" marxiano del 1858-59 che corrisponde al II Libro sulla circolazione del Capitale, nostro tema; capitoletto sui limiti della produzione capitalista, le crisi, ecc.) Marx pone questi rapporti: 2/5 di materie prime, 1/5 di macchine, 1/5 di salari, 1/5 di sovraprodotto, di cui 1/10 per il consumo del capitalista, 1/10 per la nuova produzione. Colle nozioni del Capitale si ha: 3/5 di capitale costante, 1/5 di capitale variabile, 1/5 di plusvalore. Il tasso di plusvalore è 100 per 100, il grado di composizione organica del capitale è tre, come rapporto del capitale costante al variabile, che misura la produttività del lavoro. È noto che negli schemi della riproduzione semplice del Secondo Libro Marx pone sempre 100 per 100 come tasso di plusvalore, ma 4 come grado di composizione del capitale. Erano trascorsi 15 anni e più e la produttività era cresciuta: una sezione della ricerca di oggi che additiamo ai compagni chiamati in aiuto è questa; quale il grado odierno?

Comunque allo stato dei Grundrisse tutto il profitto è un decimo del capitale merci prodotto, un nono del capitale anticipato (c più v), quanto a consumo parassitario del capitalista. Ne segue che chi si ferma al primo momento infraziendale non fa che fare salire di un decimo il tenore di vita medio; risultato che non vale certo una rivoluzione!

Cogliamo un punto interessante: quando il Marx del 1858 dà un quinto per le macchine, rata alta del 20 per cento, e tre quinti per tutto il capitale costante, egli non comprende solo il logorio, ma anche l'ammortamento del capitale fisso, come noi abbiamo fatto di recente alle riunioni in un quadro non pubblicato in cui portiamo nella misura di c anche tutto il rinnovo del capitale fisso. Nel valutare questo sta tutto il problema come mostreranno altre citazioni eloquenti, in quanto la tesi di Marx è che il capitale fisso, o lavoro morto, non genera di per sé valore né sopravalore, che viene tutto dal capitale variabile, parte del circolante. Crediamo avere noi colto a differenza della più parte dei pretesi discepoli il pensiero di Marx. Infatti sarebbe assurdo che una macchina che costi 100 tra impianto e manutenzione nella sua vita utile, non getti fuori che 300 in tutto di materie trasformate!

Gli altri "momenti"

Ricordiamo di volo che il secondo momento è quello che considera tutto l'insieme delle aziende di produzione che formano una società capitalista pura, con il gioco dei mille effetti della concorrenza e delle relazioni tra esse, formando un bilancio sociale del capitalismo in cui lo sciupìo e il suo grado almeno si raddoppiano.

Nel terzo momento si paragona questa dinamica con quella di una società senza capitale privato, senza mercato, senza moneta e senza azienda, e si viene al confronto finale con la società comunista, mostrando che lo sciupìo si moltiplica ancora, nella società presente, almeno per due, giusta il nostro schema grezzo: due - quattro - otto, da cui nasce la prova che il lavoro nella società comunista può scendere da otto ore a due giornaliere - ciò, si intende, a grandissimi tratti. A tal punto possiamo fare ricorso all'apporto francese.

Lo sciupìo diviene il gaspillage, di cui è data l'altra definizione: le perdite sul "prezzo sociale di produzione". La definizione è di Marx e si impianta già su una considerazione di primo e secondo momento. Il prezzo di produzione è il "valore" (dunque siamo in capitalismo) epurato dagli alti e bassi di mercato concorrenziale. Esso è dunque: capitale costante più capitale variabile più plusvalore al tasso medio sociale di esso. Il prezzo di costo degli economisti borghesi è altra cosa (prix de revient) perché è dato da capitale costante più capitale variabile (sempre per ogni unità di merce prodotta), considerando come è chiaro il compenso per rinnovo del capitale fisso a fine del suo ciclo.

Prima di passare alla critica dello sciupìo capitalista bisogna segnalare l'aumento di forze produttive che ha realizzato il modo capitalista di produzione rispetto ai più antichi. In tal modo noi coglieremo da una parte le radici di tutte le teorie apologetiche del capitale, e dall'altra la misura dello sperpero, dello sciupìo, offerta dall'inaudito sviluppo di forze produttive che il capitalismo arreca. Ciò ci permetterà di mostrare da una parte che i "comunisti" legati a Mosca fanno l'apologia di fatto del capitalismo, quando essi pretendono che nei paesi capitalistici... non sovietici i lavoratori ricevano sempre meno prodotti, ciò che essi chiamano la pauperizzazione assoluta, poiché la realtà smentisce queste affermazioni da rivoluzionari da operetta; e dall'altra parte che il socialismo non ha nulla di comune col sistema americano di calcolo della produzione, secondo il quale appena un prodotto richiede meno tempo per essere fabbricato di quello che ne richieda la sua manutenzione, lo si getta via piuttosto che tenerlo in funzione (vedremo nel seguito come il capitalismo, sistema di produzione, arrivi a questa alta produttività poiché si appropria di una grande massa di beni fisici gratuitamente, ciò che gli consente di arrivare alle contraddizioni assurde del tipo americano che abbiamo testé citato, mentre la verità è che esso giunge a tale risultato attraverso lo sperpero di materie fisiche di cui la società potrebbe giovarsi). È in questo senso che Engels nell'Antidühring caratterizza la produzione socialista scrivendo:

"La appropriazione sociale dei mezzi di produzione elimina non solo tutti gli intralci artificiali della odierna produzione, ma anche lo sciupìo e la effettiva distruzione di forze produttive e di prodotti, che attualmente sono i corollari inevitabili della produzione e raggiungono nelle crisi il loro parossismo".

Circa il primo punto della effettiva incrementazione iniziale delle forze di produzione dovuta al nascere del capitalismo, Marx fin dal 1844 la registrava in un momento in cui un tale svolto poteva essere senza difficoltà letto nelle statistiche, citando nei suoi Manoscritti economico-filosofici un autore che ha sempre ben considerato (Schultz, nel Movimento della produzione) nel passo seguente:

"Non è che a mezzo della eliminazione dell'impiego di forza umana che è divenuto possibile fare, partendo da una libbra di cotone che costa tre scellini e otto pence, 350 fili di una totale lunghezza di 167 miglia inglesi, aventi un valore commerciale di 25 sterline".

Nello stesso testo Marx scrive:

"In Inghilterra il prezzo dei prodotti di cotone è in media diminuito di 11/12 in 45 anni e, secondo i calcoli di Marshall, oggi si fornisce esattamente tanti prodotti manufatturati per 1 scellino e 10 pence quanti nel 1814 per 16 scellini (ossia prezzo ridotto a circa un nono in trenta anni). Il miglior mercato dei prodotti industriali ha aumentato il consumo nello stesso tempo sul mercato interno e su quello estero; ne risulta che dopo la introduzione delle macchine in Gran Bretagna il numero degli operai del cotone non solo non è diminuito ma è passato da 40 mila a un milione e mezzo. Oggi, in quel che concerne il guadagno sia degli imprenditori che degli operai industriali, la inevitabile concorrenza tra i padroni delle industrie ha necessariamente aumentato il profitto di essi in rapporto alla quantità di prodotti che forniscono. Durante gli anni 1820-33 a Manchester, il profitto lordo del fabbricante è sceso da 4 scell. circa a 1 scell. e 9 pence per ogni pezza di cotone filato. Ma, per compensare tale perdita, è stato necessario aumentare in proporzione il volume della fabbricazione".

Sempre nel suo scritto giovanile Marx mostra che la ricchezza è aumentata favolosamente, nei paesi conquistati al regime borghese:

"supponendo che il lavoro di un operaio apporti in media 400 franchi all'anno al capitalista, e che tale somma basti ad un adulto per vivere di una vita grossolana, ogni proprietario di 2000 franchi di rendita, di affitto di terreni o di case, forza dunque indirettamente 5 uomini a lavorare per lui; dunque i 300 milioni di lista civile di Luigi Filippo valgono il lavoro di 750 mila operai".

Può sembrare un ragionamento semplicistico ma si ricordi che Luigi Filippo era il re borghese e costituzionale e si noti il concetto base che in democrazia l'uso della violenza vige come nel despotismo: il denaro "passa" pacificamente, ma in realtà la violenza è la stessa solo più sordida che per il brigante da strada maestra. Tanto in una società democratica e mercantile, insegna Marx da 120 anni!

Nel Capitale Marx mostrerà poi che questo aumento favoloso di ricchezze, che fa impallidire la tradizione dei signorotti feudali, proviene dalla cresciuta produttività del lavoro dovuto al macchinismo.

Un passaggio dei Grundrisse servirà a mostrare come Marx fa ad ogni tratto un aperto confronto tra una società scambista e il comunismo. Ciò definisce il nostro metodo storico e mostra che con esso dobbiamo affrontare il problema del calcolo delle perdite. Le leggi di ogni forma di produzione sono originalmente diverse, e lo sviluppo storico della società mostra che ogni nuova forma potrà vantare un "rendimento" superiore alle antiche. Perciò noi prendiamo il nostro sistema di riferimento, il nostro termine di paragone, non nel passato ma nel futuro, in quanto la soluzione del problema sociale non va chiesta al passato come nelle false alternative del genere di quella che ha dato il nome al movimento amarxista di "Socialisme ou Barbarie".

Il passo sta nel Capitolo che tratta delle false spese nella circolazione del capitale; argomento proprio del Libro Secondo, Sezione Seconda, già da noi ripetutamente delibato.

Marx deride le "robinsonate" di J. Stuart Mill.

"Immaginiamo due lavoratori che fanno scambio dei loro prodotti: un pescatore e un cacciatore. Il tempo che entrambi perdono nella operazione di scambio non crea né selvaggina né pesce ma si deduce dal tempo durante il quale tutti e due creano valore, l'uno pescando, l'altro cacciando, in cui il loro tempo di lavoro si oggettiva in un valore d'uso. Se il pescatore volesse ricuperare tale perdita di fronte al cacciatore, col solo mezzo di pretendere da lui più caccia dandogli meno pesce, è chiaro che il cacciatore sarebbe autorizzato a fare lo stesso. Se essi incaricassero un terzo C di occuparsi dello scambio dei prodotti di A e B non avrebbero altro mezzo che cedere a C una parte dei loro due prodotti, e non avrebbero nulla guadagnato, salvo che sostituire una perdita con altra perdita più o meno pari. Ma all'opposto, se essi lavorassero in proprietà comune, non si darebbe luogo ad alcuno scambio, perché consumerebbero nella comunità. Le spese di scambio dunque sparirebbero [nel comunismo o messeri di Mosca!] sebbene in un tale caso resti la divisione del lavoro, ma non tale come quella che sullo scambio è fondata. È dunque a torto che Stuart Mill considera le spese di circolazione come il prezzo necessario della divisione del lavoro. Esse sono unicamente le spese della divisione del lavoro quando è legata alla proprietà privata e non alla proprietà comune".

Il dibattito secolare è sempre vivo; e quello banalissimo sugli specialisti, questi superparassiti del mondo 1931! Se io a piacere caccio o pesco prenderò due pesci o due uccelli al giorno, ma se caccio solo o pesco soltanto, vi saranno almeno tre pesci e tre uccelli al giorno, e vi sarà con questo benefizio della specializzazione professionale un premio del 50 per cento che potrà pagare il servizio commerciale (!!!).

Tanto facile e banale quanto di "senso comune"! Ma noi tendiamo a fornire una formula di calcolo economico che conduca a misurare come la moderna specializzazione costi alla società cara ed amara (basterebbe contare le famigerate tredicesime di queste ferie) contro le rovine di un andazzo poltrone e intrallazzatore del generale lavoro umano. Gli esperti, incontrollati nel mistero del loro settore, sbafano forte e girano a vuoto causando in serie disastri distruttivi di forze produttive in atto o in potenza.

I popoli commercianti, dice Marx in altro passo della stessa opera, come i fenici, i normanni, i longobardi, condussero altri popoli più stabili ad esaltare la produzione, in tempi di gran lunga precapitalistici. Questo sarebbe "l'effetto civilizzatore del commercio".

Ma l'opposto avviene nel sistema capitalistico.

Da "Il programma comunista" n. 1, 4 gennaio 1962.

Note

[1] Vedere articolo di apertura su lavoro dei "negri" e "semilavorati".

Copertina Scienza economica marxista
Scienza economica marxista come programma rivoluzionario

Quaderni di n+1 dall'archivio storico.

Una importante relazione del Partito Comunista Internazionale sulle "questioni fondamentali dell'economia marxista" nella quale si indaga intorno alla teoria della dissipazione capitalistica.

Indice del volume

Indice de Il programma Comunista - 1962