Newsletter numero 145, 3 maggio 2009

Luce in fondo al tunnel ?

Economisti e governi presenti al G20 non hanno trovato alcun accordo tranne che sul fatto di emettere segnali di speranza. Anche l'intrepido Tremonti annuncia che "è finita la paura di un crollo epocale delle borse, di un'apocalisse dell'economia... l'incubo degli incubi è passato". Ma in realtà non è passato un bel niente: quelli modernissimi non sono più cicli di boom/crisi, ma episodi sempre meno controllabili di una crisi cronica che dura almeno dagli anni '70. Le piccole oscillazioni percentuali della crescita appiattiscono i grafici dell'economia, dimostrando che il problema è uno solo: sovrapproduzione di merci e capitali, difficoltà di produrre - e quindi ripartire - plusvalore. In un contesto a basso saggio generale del profitto non rimane che raschiare il fondo del barile, cioè intaccare profitti, salari e redditi privati che si fissano in obbligazioni, mutui, carte di credito, assicurazioni, ecc. Come dire: rapinando persino i poveracci il Capitale è alla frutta e i capitalisti incominciano ad avere paura anche delle reazioni sociali.

2008: Non è una crisi congiunturale

Il gioco delle tre carte

Recenti rialzi di borsa sono stati motivati con i risultati economici migliori del previsto, specie quelli rivelati dai bilanci delle grandi banche internazionali. Ma un giornalista specializzato scrive con disarmante semplicità: "Peccato che quei bilanci così fascinosi siano tutti falsi dal primo all'ultimo, frutto di nuove regole contabili fatte apposta per consentire ai banchieri di chiudere un occhio sulle loro recenti malefatte". Quanti vertici sulle nuove regole, la governabilità e il controllo del sistema finanziario buttati nella spazzatura con una sola frase!

2006: Crisi e speculazione finanziaria

Uomo avvisato...

Obama "confessa" le torture inflitte dalla CIA ai prigionieri e scoppia il caso politico: i liberal si lagnano perché i responsabili non saranno puniti (e alcune carceri sospette restano aperte), i conservative perché dichiarazioni del genere costituirebbero una patente manifestazione di debolezza. A parte il maquillage che fa l'unica differenza fra le amministrazioni che si avvicendano (le eventuali intenzioni del presidente "simpatico" valgono zero, come quelle dell'"antipatico" predecessore), chiunque, sia pure americano, abbia in animo comportamenti ostili verso gli USA non potrà dire di non essere stato avvisato.

2004: Un superbo lavoro, Rummy (prospettive della guerriglia in Iraq)

Ormai sono antifascisti anche i fascisti

L'antifascismo democratoide "è il più disgraziato e pernicioso prodotto del fascismo". Il Presidente della Repubblica non smentisce l'assunto: il 25 aprile dev'essere un giorno di unità sociale, perché la Resistenza "fu una straordinaria prova di riscatto civile e patriottico del popolo italiano e perciò non può appartenere a una sola parte della nazione". Napolitano ha ragione: l'antifascismo è un tutt'uno con le categorie della forma sociale esistente ed ha sempre alimentato riformismo, cretinismo parlamentare, fronti interclassisti, nazionalismo, insomma, ogni forma della controrivoluzione.

1944: Appello ai partigiani
1944: Ai proletari partigiani, a tutti i lavoratori
1984: Marxismo contro fascismo e antifascismo

Sulla pelle degli oppressi

L'universo politico italiano si stringe in un triviale abbraccio celebrativo. E mentre i superstiti della follia capitalistica demo-fascista sfilano con i loro labari, i civilissimi paesi del Mediterraneo assistono indifferenti alla deportazione, alle sofferenze e alla morte di migliaia di disperati che per mare e per terra fuggono dalla fame. Le stelle di Davide cucite sui vestiti sono sostituite da microchip a radiofrequenza e codici a barre per "tracciare" gli indesiderati. I quali forse non apprezzano la differenza tra il morire celebratissimi in una camera a gas o soffocare in un container dimenticati da tutti.

1960: Auschwitz, ovvero il grande alibi
1960: Chi mai dietro la svastica?
1960: Torna la questione ebraica?

Cervello sociale

Ubuntu nella lingua zulu vuol dire: "Io sono ciò che sono per merito di ciò che siamo tutti". E' anche il nome di una delle più diffuse distribuzioni Linux. Paradossalmente realizzata da un miliardario sudafricano, fa parte del mondo free software cui chiunque può attingere gratuitamente e, se vuole, contribuire al suo sviluppo. Va da sé che anche il free software partecipa al gran ciclo dello sfruttamento e della produzione di plusvalore: ad esempio, il colosso multinazionale IBM utilizza una versione di Linux per i suoi server. Ma resta il fatto che migliaia e migliaia di persone, quasi sempre giovanissime, partecipano con entusiasmo a un immane lavoro collettivo, gratuito ed estraneo al mortifero concetto di "proprietà intellettuale". Tutto a disposizione di tutti, senza il cartellino del prezzo e del copyright. Una piccola anticipazione di futuro.

2000: Il cervello sociale

The Pirate Bay

In questa società che bada solo al profitto, le nuove tecnologie sono esplorate e applicate, quando lo sono, in modo "stupido". La liberazione di forza-lavoro che esse comportano oggi è una dannazione, domani sarà tempo di vita conquistato. La proprietà è il freno maggiore: i responsabili di Pirate Bay, ad esempio, uno dei maggiori siti di scambio file via Internet, sono stati da poco condannati a un anno di prigione e a 2,7 milioni di multa. Ma, almeno in questo caso, la battaglia del Capitale è disperata, perché il movimento contro la proprietà intellettuale è il "partito" più numeroso, preparato e combattivo del mondo.

2006: Internet e la proprietà privata

Sceneggiata rivoltante

L'Italia è una friabile penisola per ragioni geologiche e storiche. Il suo territorio è fra i più anticamente e totalmente antropizzati del mondo. Per questi motivi soffre in modo particolare eventi naturali catastrofici. Lo sanno tutti, ma si costruiscono villaggi nelle fiumare, hotel sui coni di deiezione, città casuali in zone sismiche o vulcaniche. E dopo ogni catastrofe, regolarmente, si piangono, benedicono e seppelliscono i morti con rivoltanti sceneggiate coccodrillesche. Il fatto è che la prevenzione quasi non genera profitto, mentre la ricostruzione è una pacchia che può durare decenni.

1956: Drammi gialli e sinistri della moderna decadenza sociale
1966: Questa friabile penisola si disintegrerà sotto l'alluvione delle "leggi speciali"

Scuola, carcere/caserma

Fra gli strumenti di dominio, d'integrazione e di omologazione classista, la scuola è al primo posto. Il suo fallimento è quindi il sintomo palese di un fallimento più generale della società. L'ennesimo esempio arriva dall'Inghilterra: per controllare la massa di studenti refrattari alla disciplina, molte scuole si affidano a guardie carcerarie e soldati invece che a supplenti e insegnanti di sostegno. In alcuni istituti sono addirittura previste zone di isolamento per i casi più disperati. In carcere già da piccoli e incensurati, bel progresso.

2003: L'estinzione della scuola e la formazione dell'uomo sociale

Un mondo diviso da muri

Come nella Città del Messico del film La zona, gli abitanti di un lussuoso quartiere di Buenos Aires hanno fatto erigere un muro alto 3 metri e lungo 16 isolati per separarsi dal vicino barrios malfamato. Ma, già durante la costruzione, alcuni abitanti da una parte e dall'altra hanno incominciato a demolirlo. Fenomeni come questo soggiacciono a una logica elementare quanto generalizzabile: con l'aumento del divario sociale aumentano le barriere di classe, ma aumentano anche i demolitori di barriere.

2006: La legge della miseria crescente

Louise - Michel

Il film inizia con una fabbrica che chiude all'improvviso. Le operaie, turlupinate dal padrone e disoccupate, decidono di ammazzarlo assoldando un improbabile killer. Sennonché oggi individuare "un" padrone è faccenda problematica. Nell'odissea per la ricerca, il killer (Michel) è affiancato da un'operaia (Louise). Il primo è un pasticcione incapace, la seconda perde anche la casa ed è sempre più incazzata. Dopo aver fatto fuori per strada alcuni surrogati di capitalisti, i due trovano il presunto padrone. Louise non ne può più, strappa l'arma al killer tentennante e fa strage in proprio, togliendo di mezzo tutta la famiglia borghese compresi servi e bambini. L'ultimo colpo lo lascia al killer, che nel frattempo s'è svegliato ("Ma è vita questa che ci fanno fare?") e spara finalmente all'agognato obiettivo. Chiusura con citazione della vera Louise Michel, rivoluzionaria blanquista alla Comune di Parigi: "dei padroni faremo carne macinata". Finale a sorpresa, la missione non è affatto conclusa.

2005: L'autonomizzarsi del Capitale

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