L'ABC del comunismo

Grazie al vostro archivio sto leggendo Bordiga per cercare di chiarire questo vecchio mistero di una sua supposta originalità entro il marxismo. Intanto, per me, il vero pensiero di Marx, cioè una critica dall'esterno del sistema industriale, è il suo lato più sistematicamente trascurato. Quindi i marxismi sono oggettivamente incompatibili con lui. Comunque la lettura mi ha messo una pulce all'orecchio, cioè ha confermato una mia intuizione: che nei testi si va abbastanza vicino a tesi anti-macchiniste (non anti-tecniche, che non significa nulla), che sottolineano la completa eterogeneità fra comunismo e "progresso industriale". Ovviamente il secondo dopoguerra dava tutt'altro spettacolo rispetto a quello quasi bucolico che i socialisti dell'800 immaginavano rispetto al moderno progresso industriale. Leggendo su Bordiga e mai lui stesso, non avevo mai capito che lui era qualcosa di più di un ultra-leninista.

Perciò ero deluso e, come diciamo noi, "rimasto sulla mia fame". Adesso capisco che aveva qualcosa in più, oltre a essere un capo e uno scrittore instancabile. Ma la sua critica del capitalismo come macchinismo, cioè come impedimento invece che tappa necessaria verso il comunismo (il frutto non è più soltanto maturo, è marcio), non aveva mai raggiunto ai miei occhi la massima chiarezza (beh, finora non ho letto tutto ciò che mi serve). Non vi nascondo che su questo punto ho trovato più chiarezza su certi testi di operaisti italiani, anche se ho visto che su questa corrente avete scritto "pis que pendre", ma non ho ancora letto il vostro saggio, l'ho solo sfogliato, notando quel po' di cattiveria che contraddistingue la vecchia ortodossia. Mi chiedo se, parlando di Bordiga, è corretta l'ipotesi di una via intermedia fra marxismo standard (il capitalismo è una tappa inevitabile dello sviluppo che porta al comunismo ma è un freno all'ulteriore sviluppo delle forze produttive) e l'anti-industrialismo puro e semplice. Sarebbe a dire: sì, il capitalismo è una tappa necessaria, ma il comunismo interrompe lo sviluppo, già arrivato a maturità con il capitalismo invece di continuarlo all'infinito come è solito pensare fra i vari marxisti.

Se è vera la mia ipotesi, per me Bordiga occuperebbe senza dubbio una posizione veramente originale nel marxismo invece di essere come tutti gli altri un promotore cieco dell'accumulazione intensiva. Se è così, egli avrebbe superato il vecchio socialismo storico, forza disciplinante per la classe operaia, ma al servizio del capitalismo. Ora vi chiedo se è davvero così o se per voi vale sempre la concezione progressista di ABC del comunismo, di Bucharin e Preobrazenskij.

 

Secondo alcuni Bordiga ha effettivamente stravolto in modo molto originale il "marxismo", tanto da caderne fuori. Ciò può essere vero anche per noi, ovviamente solo se per "marxismo" intendiamo la tremenda accozzaglia di nazional-demo-marxismi che ha contrassegnato la vittoria temporanea della controrivoluzione. Per quanto riguarda perciò il nostro riferirci a Marx, preferiamo parlare di "invarianza nonostante le trasformazioni", un po' come in topologia. Bordiga afferma che il capitalismo è un "cadavere che ancora cammina" e che ormai da molto tempo non ha più significato propulsivo. Più precisamente, come dici, non è maturo bensì marcio, e la classe che lo rappresenta non serve più a niente, perché ci separa dal comunismo non un fatto economico, industriale, scientifico o altro, ma un fatto politico, dato che la borghesia è nulla ma detiene il potere armato. Da questo punto di vista Bordiga ha una concezione della transizione più evoluta, permettici l'espressione, di quella terzinternazionalista, di qui la serie dei nostri articoli-manifesto che abbiamo ricavato da testi della Sinistra e posto nella nostra home page. Uno degli articoli è proprio sulla "de-industrializzazione" come punto del programma rivoluzionario immediato. Crediamo comunque che, al di là del personaggio in grado di attirare la tua attenzione, l'originalità della corrente cui ci riferiamo vada ricercata in un orizzonte più ampio rispetto al particolare dello sviluppo industriale, del macchinismo, ecc. Proveremo a mostrare, se pur in poche parole, come sia necessario, per avvicinarsi alla Sinistra Comunista, avere una visione più ampia che non la ricerca sui caratteri di un solo personaggio.

All'epoca del'Internazionale la Sinistra Comunista rappresentò una critica alla deriva democratica e frontista, la quale aveva come corollario metodi organizzativi, amministrativi e disciplinari basati sul modello borghese. Dopo la Seconda Guerra Mondiale questa corrente ebbe ancora come bersaglio lo stalinismo, ma il lavoro primario fu dedicato all'attuale capitalismo di transizione. Negli anni '20 questo lavoro sul futuro, pur abbozzato in qualche articolo, non si poteva ancora fare: il movimento rivoluzionario era ancora legato alla critica del presente. Determinato dal mondo di allora, dovette pagare un pedaggio pesante alle condizioni esistenti. Il limite era quello di un modo di produzione che imponeva alle forze rivoluzionarie criteri basati sui numeri, così come succedeva alle forze produttive. Il processo sociale fu grandioso, ma il suo limite "quantitativo" (fronti, conquista di maggioranze, espedienti per il successo, competizioni elettorali, ecc.) impediva al vero volto della rivoluzione di manifestarsi. Materialisticamente, quando essa viene sconfitta un motivo ci sarà. Quella rivoluzione non era matura.

La nostra corrente aveva provato a insistere sulla necessità di superamento delle categorie sociali esistenti, sull'organicità del partito, sulla necessità di guardare al futuro come un progettista che vede in anticipo le proprie realizzazioni. Le nostre prese di posizione sintetizzate a volte in formule come "non è il buon partito che applica una buona tattica, è la buona tattica che fa il buon partito", non solo rimanevano inascoltate, non erano neppure capite. Oggi nessuno insisterebbe nel teorizzare che è il cervello a fare l'uomo, si sa che sono la mano, il lavoro e il linguaggio, a fare il cervello. Allo stesso modo succede nella società: il partito organico è il prodotto della possibilità materiale di applicare una determinata prassi volta al futuro. Ciò non è stato possibile, quindi il partito s'è adagiato sul presente.

Il tuo riferimento a L'ABC del comunismo di Bucharin e Preobrazenskij ci dà modo di fare un confronto significativo. L'opuscolo ha una forte impronta mutuata da quello che tu chiami marxismo standard. Tuttavia è un testo che fa parte del patrimonio rivoluzionario, tant'è vero che il Partito Comunista Internazionale lo ripubblicò nel 1948. All'interno c'è un capitolo intitolato "Lo sviluppo delle forze produttive nel regime comunista". Salta agli occhi che il comunismo è visto come una forma di governo (regime), e soprattutto che in quanto regime permetterà, appunto, "un immenso sviluppo delle forze produttive". Ciò non è espresso con la dovuta chiarezza e può essere equivocato, specie con quel plurale. Il comunismo comporta una liberazione della forza produttiva sociale al fine di liberare sempre più tempo di lavoro per trasformarlo in tempo di vita. Altrimenti si rischia di fare l'apologia della grande produzione sociale in quanto tale.

Ora, quel testo non è l'abc del comunismo così come lo intende Marx, come lo intende la nostra corrente e come lo deve intendere un comunista, ma è l'abc della politica dell'Internazionale. Non è che ci siano delle scorrettezze, ma è un testo che non possiamo più rivendicare senza precisare il contesto in cui fu scritto.

Rivista n. 33