Marcati sintomi di società futura

"L'urgenza di superare antiche forme di produzione non si presenta solo come rivendicazione ideale, ma come concreta evidenza che condanna le forme antiche e mostra il rendimento infinitamente superiore delle nuove, anche prima della rivoluzione politica. Il feudalesimo vacilla perché, a suo tempo, le scoperte tecniche e meccaniche mostrano come si abbiano prodotti con sforzo minore dalle prime manifatture e aziende agrarie con lavoratori liberi che nei mestieri artigiani e nelle campagne feudali. Quindi in pieno regime feudale già vi è una parte sempre maggiore della produzione che è impiantata capitalisticamente. Deve dunque essere possibile riscontrare nel capitalismo avanzato i saggi di organizzazione futura comunistica".

PCInt., Proprietà e Capitale, cap. XV.

L'emergere e il contesto

Uno dei caratteri peculiari della Sinistra Comunista nel suo lavoro durato sessant'anni fu la ricerca di una continuità comunista dalle origini dell'uomo ai giorni nostri. Continuità che si manifesta sia con persistenze del passato, sia con anticipazioni del futuro, e vale non solo per la società nel suo insieme che marcia verso la società nuova, ma soprattutto per il partito rivoluzionario che impersona collettivamente questo divenire. È nota l'immagine dinamica della rivoluzione ininterrotta simboleggiata da un ponte fra epoche: una grande, unica arcata che collega il comunismo originario con il comunismo sviluppato, costruita con materiali del periodo intermedio classista e proprietario.

La grande arcata storica è una metafora, ma rappresenta un decorso reale i cui passaggi non possono sorgere dal nulla, così come non può essere creata dal nulla ogni società nuova. La prossima forma sociale, al pari di tutte le altre che l'hanno preceduta, nasce dalla vecchia forma ricavando dalle sue rovine quei materiali che ritiene utili a sé stessa. Ma non attinge ai materiali specifici della società morente, bensì seleziona quelli che anticipano la società nascente, quei "saggi di organizzazione comunistica" ravvisabili in particolari settori. Ovviamente la Sinistra inserisce queste osservazioni nel contesto di una teoria del partito rivoluzionario, unico fattore in grado di attuare il "rovesciamento della prassi", di progettare cioè sia il trapasso da una società all'altra sia le dinamiche della produzione e riproduzione future. In tal senso, nel testo citato in apertura, non si parla di saggi di economia comunista, dato che il termine è storicamente legato al sistema di produzione del plusvalore, ma di produzione comunista, termine che può descrivere le attività produttive in generale, presenti in ogni tipo di società. E appunto, entro la società capitalistica si possono individuare attività produttive svolte per "spontanea socialità", senza che vi sia vincolo di denaro, cioè di valore. Mentre l'individuo rimane legato ai meccanismi capitalistici, il Capitale genera "spontaneamente" aree di attività che sono oggettivamente un suo superamento.

L'esempio più eclatante è il ciclo produttivo entro le singole industrie: fino a che il prodotto non esce dalle mura della fabbrica per immettersi sul mercato, esso non è merce, ma risultato di fasi produttive in cui le varie materie prime e le parti semilavorate seguono un flusso razionale di trasformazione, governato da tecniche e procedure esenti da scambi di valore. "L'operaio parziale non produce merci" (Marx, Il Capitale, Libro I). Oggi si è andati un passo avanti rispetto a questo tipo di "spontanea socialità": vi sono infatti vasti strati della popolazione che non solo operano senza vincoli di denaro ma anche senza la necessità coatta di procurarsi un salario vendendo la propria forza-lavoro. In effetti la produzione all'interno di una fabbrica capitalista avviene senza passaggio di denaro ma non libera l'operaio dalla necessità del denaro stesso.

Altri esempi, lo vedremo, sono possibili perché, se è vero che in questa epoca il capitalismo è modo di produzione dominante, non è assolutamente vero che tutto è capitalistico e basta, che i dislivelli riguardino solo la maggiore o minore concentrazione, liberismo, statalismo, maturità dei rapporti, ecc. D'accordo, le aree a sviluppo capitalistico differenziato che caratterizzano nazioni e addirittura continenti hanno il loro riflesso all'interno delle nazioni, ma la differenza che ci interessa non è quella tra fenomeni entro il sistema capitalistico, bensì fra tutti questi e le tracce di comunismo che già escono da detto sistema. Nelle pagine che seguono metteremo in evidenza non tanto il persistere di forme comunistiche antiche, argomento che abbiamo affrontato più volte (cfr. Persistenze…), quanto, soprattutto, l'emergere di forme comunistiche tipiche della società futura.

Dal Manifesto ai Grundrisse

L'esempio dei flussi materiali all'interno dell'industria è il più interessante e potente dal punto di vista della nostra teoria, ma se si dimostra che il comunismo è presente anche a livelli meno profondi, che ha ormai alterato l'essenza del capitalismo, ovvero il dominio totalizzante della proprietà privata che tutto trasforma in merce, allora si dimostra non solo la necessità storica del comunismo, ma anche la sua presenza fisica anticipata. Conviene partire da una citazione di Marx che conosciamo bene, dato che è posta in apertura del nostro sito Internet:

"La società borghese, basata sullo scambio di valore, genera rapporti di produzione e circolazione che rappresentano altrettante mine per farla esplodere. Esse sono una massa di forme che si oppongono alla unità sociale, il cui carattere antagonistico non potrà mai essere eliminato attraverso una pacifica metamorfosi. D'altra parte, se noi non potessimo già scorgere nascoste in questa società - così com'è - le condizioni materiali di produzione e di relazioni fra gli uomini, corrispondenti ad una società senza classi, ogni sforzo per farla saltare sarebbe donchisciottesco" (Karl Marx, Grundrisse).

Siamo ai lavori preparatori per Il Capitale, quindi una decina di anni dopo il Manifesto. Sul quale era stata pubblicata una lista di provvedimenti che i comunisti ponevano nel loro programma immediato, "per i paesi più progrediti", una volta conquistato il potere politico. Li analizzeremo uno per uno mettendoci nell'ottica dell'avanzata del comunismo all'interno della società capitalistica da allora ad oggi, mettendoli a confronto con il passo appena citato. E vedremo che non tutto il tempo che separa il Manifesto dai Grundrisse è trascorso senza effetti e che, in questo lasso di tempo, a maggior ragione, nonostante il mancato effetto acceleratore di una rottura rivoluzionaria (cioè la conquista del potere politico da parte del proletariato), lo stesso capitalismo "ha lavorato per noi" come già aveva detto Engels a proposito della politica di Bismarck:

1. Espropriazione della proprietà fondiaria e impiego della rendita per le spese dello Stato. Con l'estensione del credito privato (mutui) la rendita immobiliare urbana è stata grandemente ridotta, dato che le case sono state vendute a rate come merci qualsiasi. La rendita è diventata profitto per quanto riguarda le case in proprietà, mentre gli affitti-rendita sono aumentati enormemente, specie nelle zone centrali delle metropoli. Per quanto riguarda invece la rendita agraria è successo qualcosa di diverso e più eclatante: una parte considerevole delle spese dello Stato va a mantenere un'agricoltura che ormai a rigor di logica non si può più definire capitalistica, essendo uscita completamente dai rapporti di valore. È come se vi fosse un ministero dell'alimentazione che permette all'agricoltura di fornire alla popolazione cibo a prezzo politico (cfr. Il lavoro del Sole). La spesa complessiva dell'Unione europea per i sussidi all'agricoltura divisa per il numero di aziende agricole anche individuali (a tempo pieno) dà la bella cifra di 34.600 euro all'anno.

2. Forte imposta progressiva. Punto integralmente applicato, specie dopo l'adozione delle politiche keynesiane. Oggi varie simulazioni mostrano come un incremento della progressione fiscale non avrebbe più effetti sulla situazione macroeconomica di un paese, dato che una perversa distribuzione del reddito produce un numero troppo esiguo di supercapitalisti di fronte a troppi superproletari senza-riserva.

3. Abolizione del diritto di successione. Non applicato, apparentemente per ovvie ragioni, dato che sparirebbe nel giro di una generazione la proprietà privata. Comunque il processo di espropriazione dei capitalisti è avvenuto ad opera degli stessi capitalisti ed è stato ferocissimo: la curva di distribuzione del reddito mostra che in tutto il mondo un migliaio di supercapitalisti controlla o possiede direttamente la quasi totalità della ricchezza.

4. Confisca della proprietà degli emigranti e dei ri­belli. Provvedimento che aveva una sua ragione nel 1848, quando la rivoluzione liberale non poteva avere esiti drastici come li avrebbe la rivoluzione comunista oggi. L'abbattimento della società capitalistica odierna richiederà un livello tale di violenza cinetica che la frase va troncata: "confisca della proprietà", punto. Per quanto riguarda l'applicazione attuale, la confisca è prevista dalla borghesia per le sue frange interne come la criminalità organizzata, in particolare le grandi mafie globalizzate.

5. Accentramento del credito nelle mani dello Stato, per mezzo di una Banca nazionale con capitale dello Stato e monopolio esclusivo. La crisi in corso dimostra, contraddittoriamente, che da una parte lo Stato è arbitro assoluto della prassi monetaria mentre dall'altra, nello stesso tempo, è costretto a salvare il sistema bancario privato. In generale, il peso dello Stato nelle maggiori economie del mondo si avvicina al 50% del PIL. È ovviamente sempre capitalismo, ma se utilizziamo il criterio dell' "indice di purezza capitalistica" delle maggiori economie nazionali (cfr. Vulcano della produzione… punti 10-11), vediamo che ci troviamo di fronte a un capitalismo che per certi versi non è ancora giunto ad essere totale, per altri, paradossalmente, non si può nemmeno più definire capitalismo.

6. Accentramento dei mezzi di trasporto nelle mani dello Stato. Punto applicato integralmente fino a qualche anno fa per il trasporto ferroviario, aereo e urbano. Ovviamente oggi possiamo aggiungere altre reti di distribuzione, come quella energetica, telefonica, idraulica, informatica. Le privatizzazioni hanno rappresentato un fenomeno regressivo: nella disperata ricerca di sostenere il saggio di profitto generale, si è spezzata la centralizzazione sistemica e s'è abbassato il rendimento, il profitto è stato distribuito ai privati e le perdite sono state socializzate. Ma le reti in quanto tali rimangono, e sarà elementare, per la loro natura intrinseca di reti, inserirle in un contesto organico non-capitalistico.

7. Aumento delle fabbriche nazionali, degli strumenti di produzione, dissodamento e miglioramento dei terreni secondo un piano comune. Questo punto era stato applicato in grande stile dai fascismi, dallo stalinismo e parzialmente dall'amministrazione americana nel periodo del New Deal. Dopo la guerra un accenno di pianificazione si è avuta con il Piano Marshall; a partire però dall'inizio degli anni '70 si sono verificati fenomeni pesantemente regressivi. Di fatto, come vedremo in seguito, esistono già metodi, strutture e tecniche adatte a una progettazione avanzatissima del metabolismo sociale.

8. Lavoro obbligatorio uguale per tutti, fondazione di eserciti industriali, specialmente per l'agricoltura. Punto già applicato dai fascismi ecc. a vari livelli ed estensioni. In un certo senso l'attuale situazione in Germania evoca le grandi corvée italiane, tedesche, americane e russe degli anni '30 del secolo scorso: ben 7 milioni di proletari sono inquadrati nell'esercito coatto istituito con la legge Hartz, per cui si è obbligati ad accettare qualsiasi lavoro, industriale o agricolo, ad un salario prestabilito di pura sussistenza. In questo piano di schiavitù controllata sono coinvolte 3,4 milioni di famiglie. L'apparato statale tedesco se ne fa un vanto per la capillarità del controllo, le sue metodologie e la calibratura dei sussidi in base ai reali bisogni. Con tutta evidenza si può pianificare socialmente, bisogna solo vedere come e a che scopo.

9. Combinazione del lavoro agricolo e industriale; misure per togliere gradatamente le differenze fra città e campagna. Anche in questo caso siamo di fronte a una realizzazione in negativo: la produzione agricola è diventata iper-industriale, tanto che grazie alle sovvenzioni, alle pressioni dell'industria meccanica e al persistere della parcellizzazione della terra vi è una mostruosa concentrazione di capannoni e macchine agricole per ettaro. Il bilancio energetico finale è spaventoso: per ogni caloria ricavata, se ne dissipano migliaia e migliaia in acciaio, plastica, carburanti, pesticidi, ecc.

10. Educazione pubblica e gratuita di tutti i fanciulli. Abolizione dell'attuale lavoro dei fanciulli nelle fabbriche. Punto integralmente applicato, sia per quanto riguarda la scuola di base, gratuita e obbligatoria, sia per quanto riguarda – sia detto senza ironia – il lavoro non solo dei fanciulli ma dei giovani in generale: in Italia la disoccupazione ha "liberato" il 40% dei giovani dal lavoro tout-court, non solo da quello in fabbrica. Ovviamente, nei paesi avanzati, in qualche fabbrica clandestina lavorano non solo fanciulli ma anche schiavi adulti, cosa che nei paesi arretrati è prassi comune. In effetti oggi la produttività è così alta e l'insieme della produzione si è così alleggerito, che l'orario di lavoro potrà essere ridotto da subito a una piccola frazione di quello attuale. Perciò, se scompare la dicotomia tempo di lavoro/tempo di vita, i fanciulli possono e devono partecipare alla produzione. Del resto, nella frase che citiamo dal Manifesto, Marx specifica chiaramente che bisogna abolire l'attuale lavoro dei fanciulli. Superata l'attuale condizione, il tempo di lavoro non sarà l'antitesi del tempo di vita ma la stessa cosa, perciò il lavoro dei ragazzi sarà anzi favorito e pianificato socialmente. Nel 1867 egli scrive:

"Riteniamo che la tendenza dell'industria moderna sia quella di far cooperare i fanciulli e i giovani di entrambi i sessi nel vasto processo produttivo, come una tendenza progressiva, valida e legittima, sebbene sotto il capitale venga distorta in un abominio. In una condizione razionale della società qualsiasi ragazzo dall'età di 9 anni dovrebbe diventare un lavoratore produttivo" (Marx, Istruzioni per i delegati del Consiglio centrale provvisorio dell'AIL).

Evidenza della trans-forma

Sopravvive dunque a sé stesso un ibrido mostruoso, mezzo capitalismo fascio-statale, mezzo comunismo volto in negativo. Uno zombi senza identità che schiaccia gli uomini impedendo l'ulteriore sviluppo sociale. Lo stesso Marx annota per le successive edizioni del Manifesto che il programma in esso contenuto è superato dai fatti. Più tardi, nei Grundrisse e nel Capitale accennerà continuamente alla metamorfosi della società borghese nel passaggio dalla "sussunzione formale del lavoro al Capitale" alla sussunzione reale (produzione sistematica di plusvalore relativo al posto di quello assoluto, aumento della produttività sociale del lavoro). Analizzerà cioè la maturazione effettiva degli eventi facendone la base, con Engels, della definizione lapidaria per il comunismo (Ideologia tedesca). Il movimento sociale verso la società nuova non è un modello proposto da qualcuno a qualcun altro affinché sia applicato – ci viene detto a chiare lettere e noi non ci stancheremo mai di ripeterlo contro gli stereotipi imperanti – ma un movimento reale che rende storicamente superato lo stato di cose presente. Tale visione dinamica è senza tempo, valida sempre.

Ora, quand'è che una forma sociale può definirsi superata? Quando non regge più il confronto oggettivo, materiale, con una forma nuova. Quando quest'ultima si manifesta "come concreta evidenza che condanna le forme antiche e mostra il rendimento infinitamente superiore delle nuove, anche prima della rivoluzione politica". Quando ad esempio i capitalisti, diventati rentier azionari, non servono più a niente, sostituiti come sono da funzionari stipendiati. Quando, dice Marx in un passo che citiamo spesso per la sua importanza, il Capitale è completamente autonomizzato sia di fronte ai capitalisti, sia di fronte alla loro sovrastruttura statale, dimostrando perciò la propria sostanziale, oggettiva, non-esistenza potenziale.

Com'era successo a Marx a proposito del programma immediato, rivelatosi velocemente inadeguato rispetto al maturare del capitalismo, così è successo ai nostri compagni che negli anni '50 del secolo scorso avevano affrontato il problema delle anticipazioni di comunismo visibili nella società attuale. Oggi possiamo agevolmente dimostrare che il capitalismo è morto, ucciso nella sostanza dall'emergere della società nuova e sopravvivente come fantasma di sé stesso unicamente grazie alla potenza ideologica e militare della classe che lo rappresenta. I nostri compagni avevano elencato elementi comunistici che nella forma capitalistica erano presenti da almeno un secolo. Dopo sessant'anni, come vedremo, gli elementi che è possibile elencare sono di gran lunga più potenti e significativi.

La scuola pubblica dell'obbligo, e in certa misura anche i livelli successivi, sono sostenuti dallo Stato, e il cittadino ne usufruisce gratuitamente. Non essendovi produzione di plusvalore (come invece succede nella scuola privata), in essa vige attività improduttiva, quindi la gratuità è reale. Il servizio di vigilanza contro gli incendi, la guardia forestale, l'ente per la manutenzione delle strade e, negli anni '50, la rete dei radioamatori che molto spesso contribuiva a fornire servizi di emergenza o comunque di utilità pubblica, sono tutti esempi di attività a zero valore di scambio. L'obiezione classica è legata al fatto che vi sarebbe comunque scambio in denaro, dato che ogni servizio statale non produttivo è pagato con le imposte. Questo ragionamento deriva da un'attitudine mentale di tipo ideologico: siccome ovunque vi è scambio di denaro, tutto deve soggiacere alle leggi del Capitale. Ciò è vero soltanto dal punto di vista del borghese, per il quale tutto è un problema di bilancio dare-avere con in più la "giusta" retribuzione del Capitale. Ma dal punto di vista proletario è una sciocchezza.

Il proletario eroga forza-lavoro e ne riceve in cambio un salario utile a riprodurre la propria esistenza e quella dei suoi figli. Se risparmia e mette i soldi in banca, quella quota di salario diventa capitale finché non è spesa nell'ambito della riproduzione della forza-lavoro. Ogni singolo proletario riceve un salario netto e con quello vive nell'immediato, mentre percepisce la differenza con il salario lordo come trattenuta per pagare servizi vari, sanità, scuola, pensione, infrastrutture, ecc. Così gli hanno insegnato. In realtà la separazione fra netto e lordo ha senso unicamente come conto ragionieristico. Il "conto di classe" è un altro. Il calcolo non va fatto sull'operaio parziale, come lo chiama Marx, va fatto sull'operaio globale, cioè sulla classe di tutti gli operai. Da questo punto di vista, l'unico che ci interessa, l'operaio globale, indifferenziato, composto da milioni di operai parziali differenziati, si pone di fronte a tutto il suo prodotto, la merce globale. È un piccolo problema di sommatorie che Marx applica nel VI Capitolo inedito e che abbiamo ripreso più volte. Ascoltiamo dunque il suggerimento di Marx e poniamo l'operaio globale (classe) di fronte al suo prodotto (cumulo indifferenziato di merci). Il modello è validissimo e ingegnoso, lo stesso che Marx utilizza alla fine del III Libro del Capitale per dimostrare che nella società capitalistica esistono due soli valori. Apparentemente nella merce sono incorporati valori del tutto differenti:

M = capitale costante + profitto + salario + interesse + rendita

Ma profitto, interesse e rendita sono solo ripartizioni del plusvalore, mentre il capitale costante è in ultima analisi trasformazione di prodotti gratuiti della natura tramite lavoro umano mosso da capitale, quindi plusvalore più salario. Dunque tutto si riduce a:

M = plusvalore + salario

La merce unica, come amalgama di tutte le merci, ha dunque di fronte a sé l'operaio unico e naturalmente il salario unico. Di conseguenza, il valore della massa di merci che serve alla riproduzione dell'operaio, equivale al valore della massa del salario. Se noi eliminiamo il peso economico e politico della classe che si appropria del plusvalore col quale acquista la propria quota di plus-merci, ci rendiamo facilmente conto che produrre merci in cambio di un salario che serve unicamente a comprare le stesse merci per poter riprodurre il sistema della produzione di merci, è un assurdo. Marx sottolinea l'inganno dei sensi indotto dal sistema di merci: se io operaio ricevo un salario a tempo e acquisto merci a misura (una, cinque, al chilo, al litro, al metro, ecc.) percepisco la necessità del mercato, sul quale confrontare valore a tempo e merce a misura tramite il denaro. La discretizzazione delle merci è funzionale al capitalismo. Ma se io producessi un flusso continuo di una merce sola in cambio di un flusso altrettanto continuo di merce per riprodurre la mia esistenza, che senso avrebbe la mediazione del segno di valore, cioè del denaro? Se io alle merci discrete, che vengono comprate, possedute e consumate a misura, sostituisco le merci continue (la ferrovia, il telegrafo), che vengono pagate, non possedute e non consumate, perlomeno individualmente, e comunque rinnovate con la manutenzione, mi è più semplice percepire l'assurdità del sistema di valore. Lavoro, e in cambio ho di che vivere e riprodurmi, punto. Il prodotto non è più merce, il denaro sparisce e con esso l'intero sistema capitalistico.

Il modello a merce unica e acquirente/operaio globale è equivalente a quello della merce continua e utente/operaio globale: anche in quest'ultimo caso si avrebbe lavoro per la manutenzione della – poniamo – ferrovia, in cambio di salario per comprare il biglietto della ferrovia. Assurdo: non c'è bisogno di denaro, capitale e capitalisti per far funzionare un sistema input output a somma zero, un sistema in equilibrio perfettamente conoscibile e quindi pianificabile. I tre esempi che faremo qui di seguito hanno alla base questo tipo di modello. Il motivo del nostro interesse per l'emergere dei caratteri tipici della società futura è evidente: non si tratta di speculazioni teoriche di stampo utopistico ma di descrizioni di una realtà in atto.

"Nella attività organizzata presente esistono attività e servizi la cui struttura fa capire che il comunismo non solo è attuabile, ma è necessario e storicamente imminente. Detti esempi non vanno cercati nella statizzazione delle aziende produttive, industriali, o terriere, bensì in quei casi in cui si è superata la equazione mercantile tra lavoro speso e valore prodotto, per attuare la superiore forma di gestione e disciplina fisica delle operazioni umane e sociali, non rappresentabile in partita doppia e in attivo di bilancio, diretta razionalmente secondo il miglior utile generale, attraverso progetti e calcoli in cui non entra più l'equivalente moneta" (Proprietà e Capitale cit.).

La potenza del lavoro associato libero

A distanza di sessant'anni possiamo osservare che lo sviluppo delle forze produttive ha amplificato enormemente il numero degli esempi possibili. In particolare ne esamineremo tre:

1) il diffondersi dei flussi di informazione e lavoro che va sotto il nome di peer to peer, da pari a pari, spesso sintetizzato con la sigla p2p (cfr. articolo di Jakob Rigi);

2) l'enorme potenzialità di pianificazione del lavoro sociale raggiunta ma non utilizzata dal capitalismo (cfr. articolo di Dyer-Witherford);

3) il progetto di una società comunistica basata esclusivamente sui risultati tecnico-scientifici già raggiunti entro la società capitalistica (cfr. materiale documentario del Venus Project).

Il titolo di questo capitoletto è stato volutamente scelto in contrapposizione al "libero lavoro associato" di stampo proudhoniano. Oggi la stessa potenza del lavoro associato non libero, cioè capitalistico (produzione sociale, appropriazione privata), partorisce in continuazione sfere della produzione che si sono autoliberate dalle categorie di valore. In un processo materiale, non tramite l'applicazione del classico binomio anarchico idea-volontà. Attualmente, infatti, si calcola che siano in corso di realizzazione, tramite lavoro volontario gratuito il cui risultato non andrà a favore di proprietari privati, circa 300.000 progetti che coinvolgono alcuni milioni di persone. A dispetto del fatto che i militanti dei vari marxismi sembrano non accorgersi di un fenomeno così imponente, alcuni transfughi della borghesia incominciano invece ad occuparsene, forse proprio perché liberi da incrostazioni luogocomuniste. Non sono ancora transfughi politici, ma certo nei loro studi o progetti il capitalismo non c'è più.

Wikipedia, l'enciclopedia in rete, è uno degli esempi più conosciuti di attività peer to peer ed è quasi obbligatorio accennarvi. Di essa abbiamo già scritto più volte su questa rivista, per cui sono sufficienti poche parole prima di passare agli altri fenomeni che abbiamo appena elencato. Gratuita, realizzata da anonimi collaboratori volontari, ha milioni di voci in quasi tutte le lingue del mondo, compresi alcuni dialetti (4,3 milioni in inglese, circa un milione in italiano). La struttura fissa ha raggiunto dimensioni ragguardevoli sia dal punto di vista delle macchine su cui è implementato il sistema, sia dal punto di vista degli addetti al loro funzionamento; ma l'aspetto più importante è la gigantesca quantità di lavoro gratuito che una comunità informale mette a disposizione di tutti sotto forma di conoscenza. Wikipedia è infatti una delle maggiori fonti di informazione primaria dalla quale gli utilizzatori distillano riferimenti per completare la ricerca magari altrove, per approfondirla, controllarne i risultati. Tale struttura è di tipo autopoietico, per cui poche semplici regole "informano" l'intero sistema, che si auto-adatta, attinge caotica informazione dall'universo circostante e la restituisce ordinata in lemmi il cui grado di affidabilità è mediamente alto e comunque sotto autocontrollo. Tutta questa attività non è legata ad alcuno scambio di valore. Ovviamente le macchine costano e gli addetti alle funzioni tecnico-amministrative sono pagati, ma l'insieme dell'enciclopedia è come un'isola nel mare capitalistico. E funziona. L'impegno finanziario è coperto di anno in anno da sottoscrizioni volontarie e questa è l'unica fonte di entrate, dato che non vi sono canoni da pagare per consultarla; miracolosamente, è persino bandita la pubblicità, tentazione cui non si sottraggono neppure piccoli, ridicoli blogger privati, che si vendono per pochi centesimi a click (cfr. Wikipedia, il caos e l'ordine).

Jimmy Wales, l'ideatore del software e animatore (dittatoriale, dicono) del sistema, inorridirebbe di fronte a una interpretazione comunistica di quest'ultimo. Il lemma che lo riguarda, riporta che avrebbe simpatie per la filosofia oggettivista di Ayn Rand. L'oggettivismo è uno dei tipici prodotti del melting-pot americano: Ayn Rand, americana di origine russa, sosteneva che esiste una realtà oggettiva da noi filtrata attraverso la percezione (da cui ogni conoscenza). L'individuo, in quanto libera particella elementare del sistema sociale, con il suo agire egoistico, razionale di per sé, sarebbe il motore di una razionalità collettiva. Il capitalismo, in quanto migliore incarnazione della libertà dell'individuo, quindi della razionale libertà tout court, sarebbe l'antitesi naturale del comunismo, interpretato invece come una specie di errore epistemologico, tutta percezione e niente realtà. Questa simpatica signora, tanto per mettere in pratica la propria filosofia, collaborò attivamente con la Commissione per le attività antiamericane di Joseph McCarthy. La citiamo per sottolineare la potenza della realtà, assai razionale, contro sballate percezioni: Wales si ispira all'anticomunista Rand e contribuisce a mettere in piedi un sistema che senza ombra di dubbio è comunistico. Bel colpo vecchia Talpa!

La General Public License, introdotta per la prima volta nel 1984 da Richard Stallman, è una delle prime, generalizzate avvisaglie del fenomeno peer to peer. Essa è collegata al progetto GNU per il software libero, cioè frutto di comunità che operano in sintonia al fine di sostituire il software proprietario, chiuso, utilizzabile come controllo sociale da parte di monopolisti che fisicamente si impadroniscono di computer e reti. Stallman è uno fra milioni, solo più famoso e attivo perché emerso nella battaglia fra hackers e grandi multinazionali o accademie a loro collegate come il MIT. Egli dice di sé stesso:

"Ho dato inizio al movimento del software libero per sostituire il software non-libero, che controlla chi lo usa, con quello rispettoso della libertà e gratuito. Con il software libero noi possiamo almeno controllare che cosa esso sta facendo nel nostro computer".

In inglese free vuol dire sia libero che gratuito e quindi il senso della dichiarazione è più pregnante che in italiano. All'interno del movimento vi sono differenze che non sono affatto sfumature e ovviamente ciò si traduce in battaglie e divisioni, ma finora la concezione radicale è soverchiante. Le comunità di sviluppatori liberi, indistinguibili da quelle degli hacker, fanno prevalere il concetto che "Open non è Free": cioè anche il software con codice sorgente aperto ma commercializzabile non è completamente libero/gratuito e quindi non rientra nella "filosofia" del movimento. La differenza è sostanziale, per cui lo scontro raggiunge in certi casi livelli feroci. Quando morì Steve Jobs, fondatore e guru della multinazionale Apple, Stallman rilasciò una dichiarazione-manifesto che fece il giro del mondo:

"È morto Steve Jobs, il pioniere del computer-prigione trasformato in una moda, progettato per separare gli stupidi dalla loro libertà. Come disse il sindaco di Chicago Harold Washington del corrotto predecessore Daley: 'Non sono felice che sia morto, ma che non ci sia più'. Nessuno merita di morire, né Jobs, né il signor Bill [Gates], né persone colpevoli di mali peggiori dei loro. Ma tutti ci meritiamo che finisca l’influenza maligna di Jobs sul rapporto delle persone con i computer. Purtroppo, quell’influenza continua nonostante la sua assenza. Possiamo solo sperare che i suoi successori, nel proseguirne l'eredità, siano meno efficaci".

Il software libero come lo intende Stallman è una negazione totale del diritto di proprietà, anche se lo stesso programmatore non è contro la proprietà. Per la prima volta, di fatto, viene sancito che un bene prodotto dal lavoro associato, lavoro non remunerato, è un bene comune sottratto alla legge del profitto. Questo fenomeno, da solo, basterebbe a demolire le scemenze di coloro che, per difendere la proprietà privata, specie quella di peggior specie, la proprietà cosiddetta intellettuale, sostengono che senza concorrenza che mette in competizione i capitalisti, e senza brevetti che permettono di realizzare un profitto sulle idee, non vi sarebbe innovazione.

Linus Benedict Torvalds è un programmatore e informatico finlandese. Quando era ancora studente, realizzò la piattaforma base (kernel) del sistema operativo Linux. Messa a disposizione di altri sviluppatori che si raggrupparono spontaneamente intorno al progetto, la piattaforma si perfezionò attraverso un coordinamento, cioè un network, entro il quale si formarono degli hub, nodi in cui veniva smistata l'informazione necessaria. Anche in questo caso niente rapporti di valore, niente strutture gerarchiche piramidali, niente democrazia o dittatura o, meglio, dittatura del piano razionale e collettivo di lavoro. Cellule individuali differenziate e "libere" che offrono il loro apporto a un tutto organico unitario.

Sacre barriere che crollano

Ognuno di questi fenomeni separati può suscitare interesse, stupore o ammirazione, ma di per sé non esce dalla struttura capitalistica della società, che anzi si adegua e utilizza queste realtà per i propri scopi, in ultima analisi per continuare ad accumulare capitale. Ma, tutti insieme, essi rappresentano con evidenza cristallina il carattere oggettivamente dualistico di questa società, cui manca solo il corrispondente carattere dualistico soggettivo: quel dualismo di potere, politico, che sorge alla vigilia di ogni rivoluzione. Anzi, di ogni rottura rivoluzionaria, perché questo accumulo di contraddizioni è già rivoluzione in atto.

Se notiamo bene, in questi fenomeni non solo scompare il denaro, ma non c’è più equivalenza tra il contributo individuale alla produzione sociale e l’aliquota del prodotto sociale di cui ci si appropria utilizzando un dato bene. Se è così, e in embrione è così, si è già superato lo "stadio inferiore del comunismo", in cui ciascuno riceve una quota del prodotto in base al proprio lavoro, e si è già allo "stadio superiore", in cui si dà e si riceve indipendentemente dal conteggio amministrativo. Di conseguenza la differenziazione delle cellule che compongono l'organismo collettivo, la community di lavoro, è tutt'al più divisione tecnica del lavoro, probabilmente ancora utile nella società futura, mentre è già completamente superata la divisione sociale. Infine, entro l'organismo risulta anche superata l'alienazione, la separazione dell'uomo dal suo prodotto e dai mezzi di produzione in quanto la spinta al risultato collettivo non è più il guadagno; o meglio, non è più il guadagno di qualcuno a spese di qualcun altro.

L'alto grado di perfezione raggiunto dallo sfruttamento capitalistico con il taylorismo come "organizzazione scientifica del lavoro", da non confondere con quel suo ramo particolare che è il fordismo, introduce una schiavitù al capitale che è peggiore di quella che sopravviveva nell'America dell'800. La produzione peer to peer può essere analizzata più o meno ingenuamente, ma spezza il principio della subordinazione totale dell'uomo al processo produttivo, della produzione per la produzione e quindi del mero quantitativismo produttivo. La cooperazione spontanea che collega milioni di individui, i quali tra l'altro si istruiscono a vicenda in una spirale amplificatrice, è in contrasto sociale con la prassi capitalistica basata sulla divisione sociale del lavoro, vigente all'interno delle unità produttive ma soprattutto all'esterno, dove oltre tutto avviene lo scontro mortale fra aziende concorrenti. Materie prime, semilavorati, macchine e conoscenze possono passare da azienda ad azienda solo tramite la mediazione del mercato. Niente di tutto ciò succede nel mondo peer to peer: la materia prima è comune, i semilavorati sono memorizzati e disponibili per chiunque, il coordinamento è assicurato dagli hub dei network. Queste reti non possono "fallire" amministrativamente parlando, non possono mettere in cassa integrazione o licenziare. Non possono nemmeno passare alla concentrazione e poi alla centralizzazione del capitale e far chiudere così altre aziende tramite spietata concorrenza. Nessuno potrà mai "lanciare un'OPA", amichevole od ostile, su un hub della Rete.

L'autore (Rigi) dell'articolo che stiamo utilizzando come verifica sperimentale di assunti cui la nostra teoria è giunta da tempo, si chiede ad un certo punto se è possibile affermare che siamo di fronte all'emergere di un nuovo modo di produzione. Se non fossimo sicuri che sugli individui c'è sufficiente spinta materiale della società nuova entro quella vecchia, ci verrebbe da pensare che egli abbia letto qualche nostro "Filo del tempo". Introducendo una distinzione tra forma sociale e modo di produzione, egli afferma che entro la prima emerge il secondo. Sembra ineccepibile e ci basta, pur notando che usa un linguaggio contaminato, diverso dal nostro; è normale e tutto sommato non ci interessa. L'esempio che estrapoliamo a proposito di forme sociali che fanno da contenitore a modi di produzione diversi, è quello della Russia. Là abbiamo avuto, al tempo della Rivoluzione d'Ottobre, un involucro asiatico-feudale entro cui prosperavano moderne attività industriali capitalistiche accanto a sopravvivenze antiche, addirittura inerenti al comunismo originario. Partendo da questo presupposto Rigi afferma che il capitalismo presenta tre fasi: la prima, che va dal 1850 al 1950, è caratterizzata dall'ascesa finale del capitalismo, accanto al quale vi sono ancora altri modi di produzione (ad esempio lo schiavismo); nella seconda, dal 1950 al 1980, il capitalismo si sviluppa in modo sia estensivo che intensivo e diventa quindi la forma prevalente; nella terza, che egli individua a partire dal 1980, il capitalismo diventa in pratica una forma sociale obsoleta. Al di là di questa periodizzazione, che ovviamente è arbitraria o corretta nella misura in cui serve a dimostrare ciò che si va esponendo, è da sottolineare come nell'articolo si colga la dinamica storica di una forma sociale, appunto, entro la quale emerge un nuovo modo di produzione.

Più avanti l'autore si occupa anche del percorso che porterà al cambiamento finale e introduce la lotta di classe. Prima di giungere a quel punto, cerca però di rispondere a un interrogativo che, di fronte ad argomenti come questo, molti pongono: un conto è parlare di software, cioè di un prodotto immateriale che non ha bisogno di grandi impianti, anticipi di capitale e macchine costose, tutti elementi a proposito dei quali sembra inattaccabile la proprietà, cioè l'alienazione dell'uomo dai propri mezzi di produzione; ma come la mettiamo di fronte alla produzione di beni materiali fatti di legno, acciaio, plastica, ecc. che presuppongono segherie, altiforni, impianti petrolchimici?

Supponiamo di produrre in quanto uomini

Anche questa barriera sta per essere abbattuta, anzi, la demolizione è iniziata in modo molto più marcato di quanto esponga l'autore. E, come dice la nostra corrente, "Ogni volta che una barriera sacra cade, la Rivoluzione sorge e cammina" (cfr. Deretano di piombo…). Rigi cita la Fondazione Peer to peer di Michel Bauwens, che sta favorendo lo sviluppo di progettazione e produzione di beni materiali con l'ausilio di software libero e macchine utensili di nuova tecnologia. A dire il vero si tratta di macchine a controllo numerico ad asportazione di materiale, evoluzione di quelle che si usavano mezzo secolo fa, e di macchine come le stampanti tridimensionali, funzionanti da una ventina di anni. La novità è che la tecnologia attuale (produzione di macchine per mezzo di macchine) permette di costruirle in esemplari miniaturizzati poco costosi, per cui è possibile acquistarle e farle lavorare in casa (esistono però stampanti tridimensionali in grado di produrre case, monumenti, ecc.).

Una realizzazione interessante, aggiungiamo, è per esempio Arduino, una scheda hardware corredata da un software libero che viene fornita sia montata che "sciolta" in scatola di montaggio. Essa è riproducibile come e quanto si vuole, come oggetto materiale e come programmazione. Si tratta di un controller multifunzione al quale sono collegabili sensori e attuatori in modo da rendere "intelligente" qualunque sistema cibernetico che raccolga dati da un ambiente modificandolo in base ad essi. Attraverso comandi programmati inseriti nella scheda, i sensori e gli attuatori di Arduino rappresentano un embrione di intelligenza artificiale. L'utilizzatore può quindi essere un hobbista, una grande azienda multinazionale o un'amministrazione pubblica, chiunque abbia bisogno di controllare e programmare il comportamento di un sistema, piccolo o grande.

Un altro progetto, in fase di attuazione, è Global Village Construction Set. Se prescindiamo dall'ideologia proudhoniana che si intravede sullo sfondo, anche in questo caso siamo di fronte a realizzazioni libere, nel senso di progetti messi a disposizione di tutti, specificamente 50 macchinari agricoli, industriali o di supporto ad attività varie, i cui disegni si possono prelevare da Internet. Il set, si legge sul sito di GV, è una "piattaforma modulare, autocostruita, di basso costo e alte prestazioni che permette la produzione di 50 differenti macchinari industriali con i quali costruire un piccolo villaggio sostenibile e completo di tutti i moderni comfort". Ok, molto americano, ma non siamo di fronte a una ditta che vende un kit per la fabbricazione reale di un villaggio, siamo di fronte a una metafora: "La nostra community di tecnici ed esperti vi regala il progetto di 50 macchinari con i quali potreste costruire un intero villaggio eco-sostenibile, e vi diciamo anche come fare a reperire i materiali ecc.". Di nuovo il progetto gratuito di oggetti utili è messo a disposizione da parte di una comunità per altre comunità. Di certo non è solo spirito di bricolage a combinare tutto questo po' po' di fioritura del peer to peer. Oltre tutto, almeno per quanto riguarda l'America, da parte di cow boy anticomunisti viscerali. E qui si tratta di mezzi di produzione. Fosse anche per hobby, a questo livello "il mezzo potrebbe tramutarsi in scopo", come diceva Marx a proposito delle riunioni di operai: ci si riunisce per organizzare uno sciopero e si finisce per sentire il bisogno di riunione, nel senso di comunità umana, cioè di partito. Come abbiamo scritto altrove, quello che sembra una banale realizzazione tecnica o un'estensione del vecchio Meccano (oggi Lego), potrà in futuro significare un piccolo spostamento di piccole macchine verso gli uomini invece dell'odierno grande spostamento degli uomini verso grandi macchine-capitale (cfr. Rottura dei limiti d'azienda; Fabbriche portatili). In ogni caso l'utilizzo o la fabbricazione individuale di mezzi di produzione, oggi tecnicamente accessibili a differenza di un tempo, va molto al di là delle teorizzazioni neo-proudhoniane.

Se pure la riappropriazione di un rapporto diretto, non alienato, del mezzo di produzione da parte dell'uomo, sarà socialmente possibile soltanto dopo l'abbattimento di questa società, la generalizzazione del rapporto peer to peer in quanto tale è già una prefigurazione di ciò che potrà essere. Lo stalinismo, variante colcosiana e quindi arretrata del proudhonismo industriale dell'800, è per sua natura insofferente verso ogni fenomenologia della prefigurazione. Essendo permeato di costruzionismo (costruire il socialismo, magari in un paese solo, costruire il partito, costruire il rapporto con le masse, ecc. ecc.), ha una posizione manichea di fronte alla teoria rivoluzionaria della trasformazione. In ogni sua variante compaiono delle "fasi" sociali successive che non ammettono la co-presenza di modi di produzione diversi entro la stessa forma sociale in una dinamica concatenata che la presa del potere "libera" ma non "crea". Per lo stalinismo, o per quella sua variante di sinistra che è l'antistalinismo di maniera (terzinternazionalista o anarco-consigliare), è inconcepibile la presenza, entro una società vecchia che va verso quella nuova, di fenomeni già descritti da Marx e mai capiti. In questa società gli uomini, anche quelli che diventano capitalisti e si arricchiscono, non producono a beneficio di sé stessi o di altri uomini ma a beneficio dell'accumulazione del Capitale. Producono quindi in modo dis-umano. Marx spezza questa alienazione:

"Supponiamo che noi abbiamo prodotto in quanto uomini [supponiamo cioè di essere in una società comunista]. Ognuno di noi avrebbe doppiamente affermato nella sua produzione sé stesso e gli altri. Io avrò: 1) materializzata nella mia produzione la mia 'individuali­tà', e la sua 'particolarità', e per questo fatto avrò gioito tanto durante l'attività di una 'manifestazione della vita individuale', che nella con­templazione dell'oggetto prodotto; io avrò provata la gioia individuale e rico­nosciuta la mia persona e la mia po­tenzialità nella sua forma materializzata e sensibile, ossia senza dubbio alcuno. 2) Nella tua soddisfazione e godimento per l'uso del mio prodotto io troverò un godimento immediato, tanto per la consapevolezza di aver soddisfatto un bisogno umano col mio la­voro, che per avere materializzata la natura umana e quindi pro­curato ad un altro es­sere umano l'oggetto che corrisponde alla sua. 3) Di essere stato per te l'in­termediario tra te stesso e la specie umana, e per tal fatto di essere sentito e riconosciuto da te come un complemento del tuo proprio essere e come una ne­cessaria parte di te stesso, e dunque di sapermi affermato tanto nel tuo pensiero che nel tuo amore. 4) Di aver prodotto nella mia manifestazione di vita individuale la tua manifestazione di vita e di avere dunque affermato e realizzato nella mia attività, diret­tamente, la mia vera essenza; ossia il mio essere umano e il mio essere sociale" (Note su James Mill, 1843. Questo autore è il padre del più celebre James Stuart Mill criticato da Marx negli scritti successivi).

Chi non digerisce argomenti come questo e si pasce di luoghi comuni su partiti che si "fanno" e masse che si conquistano a suon di maggioranze, non può neppure capire un fenomeno che coinvolge ormai milioni di persone e rende esplicita un'esigenza degli esseri umani, che è quella di riappropriarsi del rapporto fra la produzione materiale dei beni e gli strumenti atti a questa produzione. È ovvio che ciò non significa, specialmente per oggetti a elevato contenuto tecnologico, un ritorno alla produzione artigianale o manifatturiera delle origini. Ma di fatto, tolta la mediazione dis-umana dei rapporti di valore, le pratiche peer to peer hanno già il significato di produzione umana, di uomini per altri uomini e non per il Capitale.

Risvolti politici emergenti

Questo discorso si collega alla nostra analisi dei recenti movimenti sociali. Essi, pur diversissimi, hanno in comune l'abbandono di vecchie metodologie politiche parlamentari o extraparlamentari. Anche l'autore citato lo annota. E infatti non è difficile riscontrare analogie fra l'emergere di nuovi rapporti umani nella produzione e quello di nuovi rapporti politici, benché al momento confusi e in apparenza senza sbocchi. Probabilmente nessuno tra coloro che partecipano ai progetti collettivi immagina di partecipare a un movimento che ha a che fare con il comunismo. Molti lo fanno spinti da un bisogno che chiamano creatività, condivisione, divertimento, attivismo, hackerismo, ecc., e di sicuro non è ancora presente una "coscienza" anticapitalista esplicita. Tuttavia alcuni documenti potrebbero essere inseriti nella pubblicistica comunista senza eccessivi interventi redazionali; e anzi, sono spesso di gran lunga migliori rispetto alla produzione delle svariate interpretazioni o richiami "innovativi" del marxismo. Anche i movimenti sociali che abbiamo conosciuto in questo periodo non sono stati sempre politicamente coerenti con le loro premesse materiali. Se da una parte hanno mostrato di essere l'espressione sociale di un universo anticapitalista emergente, organizzato in rete, anonimo, antiparlamentare e insofferente verso il politicantismo, dall'altra non hanno superato ingenuità madornali e quindi sconfitte sul campo, nel senso che il mancato sbocco politico li ha congelati, annichiliti.

Occupy Wall Street è un po' il paradigma della situazione (cfr. Occupy the World together). Il suo programma è certamente anti-ideologico e anticapitalista, ma non è supportato da una teoria e una tattica adeguate a un fine, per cui l'anti-capitalismo senza un pro-qualcosa d'altro rimane come sospeso per aria, per non parlare delle forti contaminazioni da parte del sinistrismo americano. Tuttavia non ci interessa tanto la critica al movimento americano quanto la comprensione dei saggi di società futura riscontrabili entro la società presente e le relazioni fra di essi. È praticamente certo che i movimenti sociali attuali fanno parte dell'unico grande fenomeno oggettivamente anticapitalista del crescere irreversibile di rapporti produttivi, sociali e politici già tipici di una società diversa.

Se ciò sarà dimostrato – e crediamo che lo sarà – quel "qualcosa" che manca nella visione futura dell'attuale anti-capitalismo, oggettivo e soggettivo, non mancherà di manifestarsi, così come non mancherà qualche sua mistificazione opportunistica nell'eterna lotta fra rivoluzione e controrivoluzione. Il capitalismo stesso sta dunque producendo un anticapitalismo radicato a diversi livelli, ma per liberare potenzialità così evidenti come quelle che stiamo esaminando la soluzione non potrà essere che quella del controllo sociale dei mezzi di produzione attraverso la conquista del potere politico. L'attuazione di un rovesciamento della prassi in grado di incidere sui rapporti di classe è possibile solo superando le resistenze, fortissime, non solo da parte delle classi al potere, dei loro Stati e delle reti produttive multinazionali che ovviamente difendono lo status quo chiamando a raccolta l'esercito sempre disponibile della controrivoluzione.

Compresa la sua intelligence spionistica e mistificatrice infiltrata nei ranghi proletari. L'opportunismo, infatti, non è una categoria morale ma una potenza materiale. Nell'epoca imperialista – diceva Lenin – la società borghese è tenuta in piedi artificialmente proprio da queste forze.

Il futuro piano sociale di produzione

Dyer-Witherford è un autore abbastanza noto nell'ambiente Internet. Tra l'altro, ha scritto un libro intitolato Cyber Marx, presente attualmente in inglese sul sito LibCom. L'articolo Red Plenty Platforms, che prendiamo come traccia per continuare il discorso sull'emergere della forma comunista, è stato pubblicato sul blog Culturemachine.net, dove compaiono normalmente articoli accademici di tema libero, e che funziona come luogo di discussione. Nell'articolo vengono toccati alcuni temi presenti anche in quello di Rigi, e da noi presi in considerazione nelle pagine precedenti; ma ci si sofferma in particolare sul tema della pianificazione. Di nuovo, non sappiamo nulla dell'orientamento politico dell'autore e non ci interessa saperlo. Ci interessa solo sottolineare che ormai si affrontano disinvoltamente problemi che oggi sono all'ordine del giorno, mentre decenni fa, quando una misconosciuta corrente rivoluzionaria ne parlava, si era nel campo delle previsioni dedotte esclusivamente dalla teoria. Il nostro schema del rovesciamento della prassi è del 1951, e sono di qualche anno dopo i tentativi sovietici di organizzare la pianificazione attraverso formalismi matematici e utilizzo dei primi computer. Ebbene, "rovesciamento della prassi" e "pianificazione" sono sinonimi, in quanto in entrambi i casi si rovescia il rapporto dell'uomo con la natura, cioè si applica quella che comunemente viene chiamata "volontà" e che noi preferiamo chiamare "progetto". La capacità di progetto, cioè di mettere nero su bianco sia ciò che si vuole ottenere in futuro, sia il percorso e gli strumenti per giungervi, è specificamente umana. Il capitalismo è una società che ha grandi capacità di progetto in ambiti particolari (una macchina, una casa, una ferrovia, una fabbrica) ma ha bassissima capacità di progetto sociale. Il sistema capitalistico tutto sommato non è un "sistema" degno delle capacità dell'uomo.

Red plenty platforms è un articolo sulla capacità umana di progettazione anche sociale, capacità sprecata dal capitalismo. Gli attribuiamo particolare importanza in quanto esso è da mettere in relazione diretta con diversi aspetti della nostra teoria della rivoluzione: dalla Critica al programma di Gotha di Marx, alla critica della teoria detta del "socialismo in un solo paese" di Stalin, dal ricordato schema di rovesciamento della prassi al programma immediato della rivoluzione proletaria, entrambi della nostra corrente. Lo spunto per l'articolo è originato dal romanzo Red Plenty (Abbondanza rossa) di Francis Spufford, non ancora tradotto in italiano. Dyer-Witherford ce ne fornisce una sintesi. Si tratta di un docu-romanzo sui tentativi di pianificazione economica che ci sono stati, soprattutto nel secondo dopoguerra, nella Russia stalinista. Ovviamente l'impostazione è diversa da quella che avremmo adottato noi, in quanto l'autore attribuisce il fallimento della pianificazione, e quindi il crollo dell'URSS, a una insufficienza tecnologica che all'epoca avrebbe impedito a chiunque, non solo ai pianificatori russi, di progettare tramite computer la produzione e riproduzione sociale. Non siamo d'accordo. In URSS, come in Occidente, allora come oggi, la progettazione sociale non è stata/è possibile a causa dell'intrinseco funzionamento del capitalismo, non a causa di insufficienze nella capacità di calcolo (i russi producevano supercomputer). Un qualsiasi modello matematico implementato su computer avrebbe solo due possibilità per funzionare: 1) basarsi su scambi di valore, e quindi sulla perpetuazione del capitalismo, cioè sull'anarchia sociale (e infatti oggi con l'uso e abuso di computer s'è ottenuto magari un turbocapitalismo, ma sempre capitalismo è); 2) basarsi sul flusso di quantità fisiche in base alla produzione totale calibrata con precisione sul consumo a seconda dei bisogni, e quindi su un modello sociale che non è più capitalistico. Ricordiamo il modello di Marx nel VI Capitolo inedito: nel processo di produzione immediato, ridotto a elementi semplici, l'operaio globale produce una merce globale ("continua"), e perciò non vi è più posto nel modello né per il denaro né per i capitalisti.

Nel libro di Spufford si muovono personaggi realmente vissuti ed è ricreato l'ambiente in cui lavorarono: il matematico Wassily Leontief, ideatore delle tavole input-output, il matematico Leonid Kantorovich, cui si deve l'impianto teorico della programmazione lineare; l'ingegnere Sergei Alexeievich Lebedev, progettista dei primi supercomputer russi a transistor come il BESM; il politicante Nikita Krusciov, segretario del PCUS. E tanti altri, reali o immaginari, impegnati in un'avventura fra le mura del Cremlino, i colcos, le zone industriali, e Akademgorodok soprattutto, la "cittadella" della scienza fondata negli anni '50 del secolo scorso.

Il nocciolo dell'articolo ispirato dal libro è la possibilità di sottomettere a un piano la produzione e la distribuzione in relazione ai bisogni a partire dalle equazioni di Kantorovich. Le considerazioni tecniche sono accompagnate da quelle sociali, collegate alle effettive realizzazioni odierne che mostrano potenzialità del tutto sprecate entro il capitalismo. L'indigeribile miscuglio stalinista tra capitalismo e mistificazione socialista in un paese solo ha avuto certo un ruolo nell'oblìo in cui sono cadute le ricerche sovietiche fin dagli anni '60, e la strepitosa diffusione delle teorie neoliberiste s'è giovata infine anche del cosiddetto crollo del comunismo. Von Mises, Hayek e più recentemente i Chicago boys di Friedman sono tra i maggiori esponenti del modernissimo laissez-faire economico, il dominio della "mano invisibile" che da sola costituirebbe l'ente regolatore del mercato: origine di un ordine spontaneo dal quale economisti e operatori capitalisti sarebbero in grado di estrapolare informazione per interagire con i movimenti di valore o addirittura governare l'economia del mondo, che non sarebbe pianificabile altrimenti. Per questi economisti il capitalismo avrebbe in sé delle capacità computazionali automatiche utili alla sua sopravvivenza, e naturalmente al benessere, alla libertà e alla gioia degli uomini (Hayek, "catallaxi"). Di queste capacità computazionali automatiche parleremo in seguito, quando cercheremo di capire se è davvero tecnicamente possibile una pianificazione computerizzata di un'intera società. Vedremo, ed è forse utile al lettore che qui si anticipi una conclusione, che la negazione dialettica del neo-liberismo si può ottenere proprio trasformando gli pseudo-argomenti ideologici alla Hayek in argomenti scientifici, gli stessi intravisti dai matematici e programmatori sovietici, mai messi in pratica per insufficiente potenza di calcolo e di… teoria sociale.

Al sesto anno di crisi capitalistica la visione idilliaca di un capitalismo che si autoriproduce mediante un equilibrio intrinseco vacilla sempre più, e non è strano che in questi anni siano apparsi romanzi e lavori che si indirizzano verso orizzonti non capitalistici. Mentre il romanzo in questione offre due ipotesi di lettura (l'URSS era un sistema disfunzionale; l'URSS aveva avviato studi comunistici promettenti), l'articolo parte da un terzo presupposto, a dire il vero non chiarissimo ma perlomeno citato in apertura: allo slogan "Un altro mondo è possibile" occorre sostituire "Un altro comunismo è possibile". In questa ottica vengono citati personaggi critici nei confronti del capitalismo, che sarebbe possibile inserire in un insieme logico, una corrente che a questo punto si configura come politica (alcuni si definiscono "nuovi socialisti"). In generale il riferimento è alla Critica al Programma di Gotha, di Marx, alla quale questa corrente si ispira, a favore di un modello sociale assimilabile alla "fase inferiore del comunismo", nella quale vi è ancora una relazione fra lavoro erogato e beni ricevuti in cambio sotto forma di buoni-lavoro non accumulabili. Da questo punto di vista sembra si sia fatto un passo indietro rispetto ai tecnocrati americani della prima metà del '900, alcuni dei quali prospettavano addirittura una società del tutto senza denaro o comunque senza simulacri di valore, il cui metabolismo economico fosse regolato in base ai flussi di energia, una specie di equilibrio termodinamico, quindi a bassa dissipazione, ottenuto senza alcun riferimento al conteggio dare-avere, lavoro-beni. In realtà la storia non fa mai passi indietro: se i tecnocrati americani avevano una maggiore lucidità tecnica, non erano però interessati al cambiamento politico, perlomeno nel senso che intendiamo noi; invece le escursioni odierne verso una società futura sono manifestamente orientate al cambiamento sociale e non solo tecnico.

Tornando ai teorici sovietici che tentarono di collegare il Gosplan, cioè il piano economico quinquennale, a una programmazione computerizzata, è chiaro che il fallimento non fu dovuto semplicemente all'insufficiente capacità di calcolo. E se anche fosse, oggi disponiamo di supercomputer miliardi di volte più potenti e potremmo tranquillamente dichiarare superato questo scoglio. Di fatto nessuno usa i supercomputer per pianificare alcunché dal punto di vista dei problemi sociali. Un tentativo di questo genere, supercomputer a parte, fu compiuto in Cile all'epoca del governo Allende. Si chiamava Cybersyn project ed era stato sviluppato dall'informatico canadese Stafford Beer. Come ogni sistema cibernetico, era basato su sensori e attuatori, per cui raccoglieva dati economici nella società, li trasmetteva alla rete dei funzionari governativi i quali prendevano misure adeguate esenti, almeno teoricamente, da interpretazioni soggettive. Non si saprà mai quali esiti avrebbe avuto l'esperimento perché esso fu bruscamente interrotto dal colpo di stato militare, cui fece seguito un governo che spalancò le porte al darwinismo sociale dei Chicago boys di Friedman.

Modelli a comando centrale o intelligenza diffusa?

L'immagine di una società controllata da un supercomputer centrale è vecchia almeno quanto il computer. È noto il racconto dello scrittore di fantascienza Fredric Brown: per rispondere alla domanda più difficile che ci fosse, furono collegati tutti i supercomputer della Galassia, ai quali fu poi chiesto se Dio esistesse. "Adesso sì", aveva risposto la macchina. Brown scriveva negli anni '50 del secolo scorso e non poteva pensare a una rete di tipo neuronale, ma solo a potenze sommate. In realtà l'approccio al problema della pianificazione non può essere basato sull'idea di un computer centrale ultrapotente, in grado di prendere decisioni. Prima di tutto perché un computer siffatto non esiste. Non era questo che cercavano gli scienziati russi, né è mai stato neppure tentato da altri. Nel suo libro Out of control, sulla crescente commistione fra il vivente e l'artificiale, Kevin Kelly scrive:

"L'URSS non è caduta a pezzi perché la sua economia era stata strangolata dal modello di comando centrale, ma piuttosto perché ogni complessità controllata centralmente è instabile e non flessibile. Istituzioni, grandi società, industrie, organismi, sistemi economici e robot mancheranno di prosperare se progettati intorno a un comando centrale".

In altre parole, la complessità non può essere controllata attraverso processi di semplicità. Occorre far emergere il controllo dalla stessa complessità, fare in modo che essa si auto-organizzi. Non viene meno il principio d'autorità o del centralismo, semplicemente lo schema non è più piramidale, tipico delle vecchie società gerarchiche frutto della divisione sociale del lavoro, ma a rete, come il nostro cervello. Il quale non ha un centro di controllo: il pensiero, qualunque cosa sia, è il frutto dell'attività congiunta di parti non pensanti. È quella che Daniel Dennet, ufficialmente filosofo ma dedito alle ricerche su neuroscienze, cibernetica, informatica, complessità, ecc., chiama facoltà computazionale biologica. Non è ovviamente un computer, ma si comporta come tale. Come l'interazione fra "pezzi" di hardware producono e memorizzano un software, così l'interazione fra cellule produce pensiero. La differenza è sostanziale, perché il software non è auto realizzato dal computer ma immesso dall'uomo, tuttavia l'analogia regge, anche solo per mancanza di meglio. Per ciò che qui serve è sufficiente: una società, anche quella capitalistica, assomiglia a una mente collettiva, più o meno razionale ma con caratteri di notevole complessità. Non può essere retta da una mente individuale, nel nostro caso da un supercomputer, per quanto capace e con un buon software. Bisogna simulare un cervello biologico.

I matematici russi non erano degli sprovveduti, naturalmente. Sapevano benissimo che i computer da soli, specialmente quelli di allora, non potevano pianificare un bel nulla. Infatti il grande apparato di calcolo e le macchine elaboratrici non erano altro che uno strumento di lavoro messo a disposizione del cervello biologico sociale. Era quest'ultimo che avrebbe dovuto far tesoro dei dati e prendere decisioni. Tutti possono immaginare quale grado di comprensione potesse realizzarsi fra un Politburo fatto di apparatchiki, ragionante su base politicantesca, e un gruppo di ricercatori ragionante su basi scientifiche, il tutto in un contesto capitalistico immaturo.

Qualche anno fa scrivemmo un breve commento sull'automatizzazione dei flussi produttivi e distributivi della FIAT (Cfr. Immaginate una fabbrica). Con il solito sistema di sensori e attuatori, la fabbrica e la sua rete di concessionari conosceva sé stessa in tempo reale, adattando automaticamente la produzione alla richiesta del mercato in modo da realizzare produzioni decentrate ma collegate, in modalità just-in-time, senza magazzino, personalizzate, ecc. Per quanto aberrante in contesto capitalistico, pensando soprattutto a quel mostro che è il sistema dell'automobile, ci troviamo di fronte a un modello cibernetico rispondente agli stimoli bisogno-produzione-distribuzione-consumo. Togliamo il capitalismo e avremo un modello razionale di soddisfacimento della "domanda sociale", un modello che, abbinato al concetto di plenty, abbondanza, è già oltre la società del bisogno, applicabile quindi alla fase superiore del comunismo.

Nell'articolo Red plenty è indicata come esempio la Walmart, multinazionale che, soprattutto negli Stati Uniti, gestisce un grande numero di centri commerciali. A qualche anno di distanza rispetto alla Fiat, questa azienda monstre ha raggiunto un livello di ottimizzazione più alto, dovendo rispondere a esigenze più complesse. Colosso della distribuzione senza pari, deve gestire migliaia di negozi, 2,2 milioni di dipendenti (super sfruttati), una rete logistica che fa il giro del mondo e una catena di fornitori che obbliga a produrre secondo specifiche proprie e con il proprio marchio, che si occupino di frutta e verdura o di computer.

I sensori del sistema Walmart acquisiscono informazioni ad ogni livello, dal comportamento dei consumatori nei negozi alle giacenze sugli scaffali, dal percorso lungo la rete logistica a quello che porta a casa del consumatore. Ogni prodotto ha una etichetta tracciabile e appena uscito dai campi o dalla fabbrica diventa un terminale della immensa rete. In questo modo sono sotto controllo 600 milioni di confezioni dei prodotti più diversi ogni settimana per 20 milioni di transazioni alle casse ogni giorno. La potenza di calcolo necessaria al controllo dell'intero sistema è seconda solo a quella del Pentagono, ed è incommensurabile rispetto a quella degli scienziati russi che furono all'opera nella cittadella delle scienze. Al di là degli stupefacenti numeri, la logica soggiacente è già pronta per un utilizzo non mercantile. Una volta eliminato il capitalismo, non vi sarà alcuna mano nascosta a regolare un equilibrio da giungla selvaggia, ma le cose stesse saranno in grado di comunicare col cervello sociale ed essere parte di un piano di specie. Ormai il traffico di dati fra cosa e cosa, macchina e macchina sta superando quello fra uomo e uomo. Sotto il capitalismo l'automazione è un sistema aberrante, sotto il controllo di una società umana e anti-dissipativa è una liberazione, una trasformazione del tempo di lavoro in tempo di vita.

L'automazione, cioè il controllo programmato dei dati, elimina anche ogni residuo di democrazia e concezione morale della produzione e del lavoro. Michael Albert e Robin Hahnel hanno ad esempio teorizzato un modello di economia partecipativa (parecon) in cui, rispolverando il vecchio Cornelius Castoriadis (Socialisme ou barbarie, criticato dalla nostra corrente negli anni '60 del secolo scorso), vari livelli decisionali distribuiti lungo le fasi produttive invece che accentrati, vengono integrati con rappresentanti dei consumatori. Ora, una semplice etichetta RFID (Radio Frequency Identification) o uno spyder (ragno) fatto di semplice software che naviga fra le informazioni memorizzate in un Web (ragnatela), usati in modo umano, uccidono tali castronerie meglio di tutta la critica del mondo. È effettivamente passato il tempo in cui, come cita l'autore di Red plenty platforms, un Oscar Wilde poteva osservare che "il socialismo è una buona idea ma richiede troppe serate". La società futura non richiederà riunioni, assemblee, congressi con votazioni a maggioranza, pure perdite di tempo: le fabbriche funzionano benissimo senza tutta quella paccottiglia e funzioneranno ancor meglio (ridimensionate di parecchi ordini di grandezza) in relazione a un sistema automatico di auto-organizzazione sociale. Su quest'ultimo punto si misura quanto sia grande il divario fra chiacchiera e scienza: una volta che l'umanità sia giunta, tramite qualche suo portavoce, a descrivere gli "agenti digitali comunisti" e il contesto di pianificazione sociale entro cui si muovono, non ha più senso che si reintroducano di soppiatto le categorie tipiche della società borghese.

Cibercomunismo

Occorre osservare che c'è differenza fra una società che conosce sé stessa in una fase di comunismo inferiore e una che conosce sé stessa in fase comunistica superiore. Nel primo caso l'obiettivo sarà una produzione e distribuzione controllata dei beni in modo da soddisfare i bisogni di tutti i componenti della società in base al lavoro erogato (il processo redistributivo fra sette od otto miliardi di uomini non sarà uno scherzo). Nel secondo caso, ottenibile soltanto con uno sviluppo della forza produttiva sociale che permetta una produzione virtualmente illimitata, l'obiettivo sarà limitare la dissipazione con un radicale ridimensionamento delle unità produttive e quindi della massa dei prodotti, introducendo modelli di vita alternativi al bestiale consumismo di oggi.

Infatti la produzione materiale, data la potenza produttiva odierna, non ha limiti teorici, mentre ha limiti fisici dati dalla quantità di risorse non rinnovabili esistenti sul pianeta. Per questo motivo è ormai assurdo misurare il progresso con criteri quantitativi. La nostra corrente ha ribadito robustamente che ogni pianificazione, anche nel periodo di applicazione del programma immediato, dovrà già tener conto del pieno comunismo sviluppato, dovrà cioè farsi in-formare dal futuro, come del resto diciamo del Partito. L'autore di Red plenty platforms cita a questo proposito il lavoro dell'eco-socialista Michael Löwy, di cui è stato pubblicato in italiano un libro sul giovane Marx: l'emancipazione dell'umanità passa attraverso il superamento delle classi e l'eliminazione dello sfruttamento, ma un processo così grandioso non potrà avvenire senza armonizzare la nostra specie con tutto il resto della biosfera, pena l'impossibilità di addivenire a un vero metabolismo bio-fisico e sociale.

Contrariamente a quanto pensano molti primitivisti, tutto ciò sarebbe pura utopia se non esistessero già oggi gli strumenti materiali che ci permettono di progettare un futuro siffatto. È vero che essi propugnano modelli sociali a bassa tecnologia, ma in tal modo rinunciano alla chiave individuata da Marx per aprire il passaggio dal regno della necessità a quello della libertà. Anche gli antichi costruttori di meravigliosi monumenti avevano una consolidata capacità di rovesciare la prassi, i loro progetti grandiosi lo attestano, ma certamente per l'umanità di oggi non sarebbe gran che un simile "futuro primitivo". Nella vecchia discussione su questi temi, abbiamo sempre sostenuto che la tecnologia non è il problema bensì la soluzione per il futuro comunista; nel quale la cibernetica, cioè "l'arte del timoniere", avrà una parte essenziale. Per i militi anti-primitivisti del socialismo pragmatico e tecnologico, tutto ciò che oggi è già ampiamente utilizzato nei modernissimi processi produttivi e distributivi può servire come esempio per illustrare il possibile. Ovviamente mezzi più perfezionati saranno utilizzati per fornire il necessario all'intera società e all'ambiente, finché non si stabilizzi il suddetto metabolismo. Vi sono nei loro documenti sprazzi di futuro mescolati a molte ingenuità che in parte ne abbassano il livello. In generale l'utilizzo spontaneo dei criteri di fabbrica porta in modo automatico ad adottare categorie che non hanno mai fatto parte del lessico comune ai vari marxismi. E che però sono utilizzate per scrivere, se pur con diverso linguaggio, su temi che sono specifici della nostra corrente. Per altri versi, la documentazione disponibile ci mostra ancora un'abbondanza di categorie inerenti a questa società e descritte con linguaggio luogocomunista, spesso con un ricorso a sciocchezze come l'introduzione della democrazia diretta nella formazione dei processi decisionali. Eccone un esempio:

"L'esperienza sovietica, di cui i cibernetici presenti in Red Plenty erano parte, è stata solo una realizzazione angusta, specifica di un periodo storico, tragica, il cui autoritarismo nasconde il punto cruciale del concetto marxista di pianificazione, che è inteso come mezzo di elevazione che, tra una varietà di traiettorie, potrebbe seguire il divenire collettivo della specie umana. Un nuovo comunismo cibernetico, esso stesso una di queste traiettorie, come abbiamo visto, comprenderà alcuni dei seguenti elementi: uso dei più avanzati super-computer per calcolare algoritmicamente tempo di lavoro e richiesta di risorse, a livello globale, regionale e locale, per molteplici possibili percorsi di sviluppo umano; selezione di questi percorsi attraverso discussioni democratiche stratificate, condotte attraverso assemblee che comprendono i social network digitali e sciami di agenti digitali; aggiornamento alla velocità della luce e revisione costante dei piani selezionati tramite flussi di dati di grandi dimensioni provenienti dalle fonti di produzione e di consumo, il passaggio di un crescente numero di beni e servizi nel regno della libertà o meglio della produzione diretta come valori d'uso, una volta che l'automazione, il copy-left, i beni comuni prodotti con il peer-to-peer ed altre forme di microreplicazione prendono piede; l'informatizzazione di tutto il processo tramite parametri fissati dalle simulazioni, dai sensori e dai sistemi satellitari per misurare e monitorare l' interscambio metabolico della specie con l'ambiente planetario" (Dyer-Whiterford).

È evidente che l'autore non ha mai visto una fabbrica né immagina come funzioni. Non ha idea di cosa sia un processo rivoluzionario che ribalta i rapporti di potere fra le classi. Tolte le sciocchezze e riscritto, il paragrafo qui riportato e il suo contesto dimostrano comunque che alcuni caratteri della società futura esercitano una pressione su quella attuale, spingendo vari individui a raccogliere dati su come, fin dal programma immediato, sia possibile risolvere il problema del controllo sui processi produttivi e distributivi. Il cibercomunismo, dice l'autore, non è altro che la versione aggiornata dello slogan futurista di Lenin: comunismo = soviet + elettricità. Come battuta può andare, purché si precisi che il progetto di un sistema integrato con centrali, turbine, alternatori, trasformatori e rete di distribuzione è un lavoro collettivo che non richiede dibattiti su opinioni ma assemblaggio di conoscenze parziali in un tutto organico. Purché si precisi che tale progetto assomiglia più al lavoro su Wikipedia (all'alba delle reti lo chiamarono team computing) che a un parlamentino che vota su tesi e delibere. Purché si abbia consapevolezza che persino la "banale" rete elettrica che usiamo quotidianamente è un elemento tecnico di comunismo, elemento che vive di vita propria e si autoregola, teoricamente senza richiedere intervento umano (cfr. Struttura economica e sociale… pag. 665). Il soviet c'entra perché fu l'organismo politico di una rivoluzione doppia, non un organo di governo. Se in Occidente sorgerà ancora qualche cosa di simile, si occuperà dell'armamento proletario per impedire il ritorno del potere borghese, non certo delle soluzioni tecniche riguardanti la produzione-distribuzione. Essenziale non è la forma bensì la sostanza, e il potere rivoluzionario si rafforza quando c'è comunicazione chiara fra i suoi organi, non confusione di ruoli.

Le condizioni materiali per lo scatto ad una forma sociale di ordine superiore ci sono tutte, e le questioni tecniche verranno risolte dopo la conquista del potere sulla base del livello scientifico raggiunto dalla società. È la conquista del potere il problema principale, ed esso è di natura squisitamente politica. Internet produce, conserva e fa circolare materiali che riflettono la società nel suo complesso. Si potrebbe pensare a certe esercitazioni sulla rivoluzione in atto come a elucubrazioni di professori che si aggirano con troppo tempo disponibile fra gli ambienti accademici. Nella maggior parte dei casi è effettivamente così. Ma se vi sono condizioni mature per la circolazione di elucubrazioni del genere, esse non possono che riflettere bene o male la realtà soggiacente. E da quello che si legge in rete, meno "marxisti" sono i loro autori, meglio è.

Una utopia su base scientifica è ancora utopia?

Jacque Fresco è un progettista americano, esperto di ingegneria industriale. Nato nel 1916, nel 1930 abbandona la scuola per insofferenza verso l'insegnamento codificato e si dedica autonomamente allo studio frequentando una delle biblioteche rionali di New York. La grande Depressione degli anni '30 lo spinge a studiare le cause di un tale disastro, che individua nell'utilizzo anarcoide della tecnologia e della scienza, legate al profitto piuttosto che alla ottimizzazione del rendimento sociale. Per sua stessa ammissione, il suo programma di lavoro è influenzato dal movimento tecnocratico iniziato con Veblen e i "Soviet dei tecnici". Oggi, a 97 anni, è animatore di Venus Project, un lavoro attorno al quale gravita un nutrito gruppo di ricercatori e seguaci, il cui fine è la progettazione e lo sviluppo teorico di un modello sociale perfettamente realizzabile con le conoscenze disponibili oggi. Attraverso una community con sede nella località da cui prende il nome, in Florida, ma in fase di espansione in altri stati americani e anche all'estero, il progetto, almeno nelle intenzioni, dovrebbe diventare una realtà operante in antitesi con la società attuale. Fresco è intervenuto criticamente in una delle assemblee che hanno contrassegnato la fase cruciale della crescita del movimento Occupy Wall Street in Florida, facendo notare che un movimento così vasto e così orientato contro il capitalismo non può avere futuro senza un programma sui fini. Se un movimento anticapitalista non si proietta verso una forma sociale alternativa, ha detto, si esaurisce semplicemente nella rivendicazione di una diversa ripartizione della torta esistente. D'altra parte non ha disdegnato contatti con istituzioni ufficiali, tramite ad esempio alcuni funzionari dell'ONU.

Venus Project è formalmente una struttura non profit la cui ragione sociale si chiama Future by design (Futuro tramite progetto). A differenza di altri progetti realizzati, come Arcosanti (Arizona, progetto Paolo Soleri), dove si sono succedute a lavorare e vivere circa 6.000 persone, o come i Geodesic Dome (ve ne sono migliaia, progetto Buckminster Fuller), che lo stesso Fresco indica come prototipi, Venus project è ancora sulla carta, o meglio, nei computer. E a parte la cittadella del Research Center in Florida ha finora prodotto più che altro della computergrafica e dei filmati, anche se forse ha più numerosi seguaci virtuali (sul sito sono indicati quasi 40.000 members e il film Moving forward, del 2011, è stato visto o prelevato da YouTube da 5 milioni di persone).

Il percorso più breve per capire questo movimento è collegarsi al sito Internet ufficiale, direttamente sulla pagina delle FAQ, cioè quella delle domande più frequenti, cui viene data ampia e dettagliata risposta. Ogni ideologia è esclusa. I movimenti, partiti, teorie che hanno punteggiato la storia dell'umanità sono nominati soltanto per prenderne le distanze in risposta alle domande, che ovviamente incalzano anche su questo tema. "Ma allora siete comunisti"? chiede qualcuno al sentir parlare di una società senza moneta né Capitale; "No", risponde Fresco o chi per lui, "nel comunismo c'erano moneta e mercato", riferendosi evidentemente al modello stalinista. E propone un modello che chiama "Economia basata sulle risorse" che, gratta gratta, è molto più comunista di quanto abbia in testa la stragrande maggioranza di coloro che militano sotto le bandiere dei vari marxismi.

In questo modello la tecnologia intelligente (di nuovo la cibernetica) è alla base del superamento del regno della necessità, e l'automazione spinta porta direttamente al regno della libertà. Un sistema basato sulla comprensione della potenza scientifica che già oggi sarebbe possibile liberare abbandonando le categorie capitalistiche, evoca inevitabilmente concetti olistici non sempre scientifici; ma, è vero, esso sarebbe, classicamente, più potente di quanto farebbe supporre la mera somma delle singole parti. L'eliminazione delle categorie capitalistiche dal sistema tecnico di produzione e riproduzione comporterebbe, come risultato automatico, la sostituzione dei criteri quantitativi di valore accumulabile con criteri qualitativi di vita naturale, godibile senza assilli artificiali (per inciso, ciò sarebbe permesso da un utilizzo massiccio di elementi artificiali avanzati, cioè a bassa dissipazione di energia). Si capisce che in tale contesto non c'è posto per le pretese dei cultori della democrazia di base, dei Consigli di gestione od organismi similari trasportati nella società futura. La maturazione dei rapporti capitalistici fa strame dei vecchi fronzoli più di mille appelli all'ortodossia dottrinaria.

Con il passare del tempo, la comunità di Venus si è precisata assumendo sempre più caratteristiche di partito militante. Di fatto rifiuta il comunismo progettando una società comunista (e ne precisa minuziosamente i caratteri); rifiuta la teoria rivoluzionaria maturata nelle rivoluzioni precedenti e giunta a ben rappresentare il prossimo futuro, ma il suo pragmatismo totale è di per sé una teoria che agevola "il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente"; nasce su basi specificamente americane, ma inserisce nel suo programma il concetto internazionalista di "patrimonio comune a tutta l'umanità" riferito alle scoperte, all'innovazione e a tutti i prodotti del cervello sociale. I teorici della tecnocrazia anni '30 del '900 non erano giunti all'internazionalismo, pur avendo già immaginato un modello sociale organico, senza scambio di valore, regolato dall'equilibrio termodinamico.

Nel manifesto di Venus project è implicito il cambiamento epocale che deriva dall'applicazione delle risorse tecniche a favore dell'uomo, nel processo di trasformazione del tempo di lavoro in tempo di vita. Ed esso sembra addirittura echeggiare, anche se in modo ultra-sintetico, gli argomenti abbozzati sia nel nostro "programma rivoluzionario immediato" (Riunione di Forlì, 1953), sia nel libro sullo sciupìo capitalistico (Scienza economica marxista come programma rivoluzionario):

"Le ore di lavoro complessive potrebbero essere ridotte considerevolmente o addirittura eliminate, abolendo l’obsolescenza programmata e la replicazione dello stesso prodotto in molte differenti fabbriche. Eliminando quindi il bisogno della pubblicità, di tutti gli addetti alla vendita, degli avvocati, dei banchieri e di tutte le professioni non produttive".

Nell'elenco delle domande frequenti qualcuno fa notare che il Venus Project non può fare a meno di cozzare contro "potenti interessi precostituiti". Ovviamente chi detiene i mezzi di produzione e ha in mano le redini dello Stato non sarà troppo incline a farsi portare via il potere e le fabbriche, con la tecnica o con altro. La risposta è in linea con tutto il progetto: al di là della volontà di coloro che sono "ricchi e potenti" (il linguaggio è quello che è), la maturazione dei rapporti sociali è irrefrenabile; proprio il bisogno di salvaguardare il profitto obbligherà i capitalisti a investire sempre di più, a introdurre tecnologie in grado di aumentare la produttività, perciò di automatizzare il mondo della produzione. Ciò libererà sempre più forza-lavoro, anche quella complice della classe al potere, tecnici, custodi, amministratori, "liberando" al contempo gli stessi capitalisti dal peso della proprietà. Un sistema sempre più disfunzionale e dissipativo si avvicinerà al collasso, ma ancora prima di arrivare a quel punto, povertà, crimine, violenza sociale e guerra porteranno gli uomini a non sopportare più la società così com'è, ed essi cercheranno una soluzione non nel campo dell'ideologia ma in quello dell'efficienza dei programmi. Tra l'altro, i militanti di Venus Project sostengono che vi è un determinismo forte che connette la povertà e il bisogno insoddisfatto alla criminalità, sgombrando il campo da teorie bio-genetiche, psicologiche o sociologiche di maniera. Essi di conseguenza sostengono che apparati di repressione, carceri e persino Stati si estingueranno quando la scienza prenderà il sopravvento sulla politica.

Ai venusiani non passa neppure per la testa il fatto che lo scontro potrà essere armato. O meglio: siccome è una questione tecnica come le altre, lo pensano ma non lo dicono. E ciò vale anche per il partito della loro rivoluzione: chi dirigerà la transizione quando il sistema sarà sull'orlo del collasso? Non ha senso criticare da comunisti i non comunisti. Spinte potenti verso la società nuova portano alcuni borghesi, di fronte all'evidenza, a capitolazioni che un tempo non si manifestavano o erano rarissime. Non chiederemo loro di "copiare" anche la teoria di partito.

Una società comunista ha bisogno di governo?

Ritorna nell'ambito del Venus Project il problema del sistema che conosce sé stesso attraverso "agenti" digitali automatici e si autogoverna secondo potenti algoritmi e modelli computerizzati, come abbiamo visto nel caso di Red plenty. Ci sarà un governo nel mondo supertecnologico dei venusiani (non si offendano i seguaci di Fresco, anche noi siamo da qualcuno definiti "iperuranici")? E se sì, di che tipo sarà? Essi rispondono che non vi sarà alcun governo, almeno nell'accezione odierna. Non vi saranno elezioni e parlamenti. Vi sarà un controllo cibernetico come quello già visto nei paragrafi precedenti. Un sistema che funzioni effettivamente su basi scientifiche ha solo bisogno di sensori che raccolgano dati sufficienti validi (input) per generare una serie di comandi altrettanto valida (output). "Sistema" significa che occorrerà integrare centri di ricerca e fabbriche, comunicazioni e logistica, uomini e macchine (il nato e il prodotto di Kevin Kelly) in un ciberorganismo simbiotico globale. Sarà necessario demolire gli ostacoli che bloccano l'avvenire della specie più che emanare decreti "costruttivi". E meno male che qualcuno ha il coraggio di esprimere queste spinte, con tutti i difetti che possiamo imputargli, dato che i marxisti hanno dimenticato il Marx propugnatore di una sola scienza, tramite la quale ritroveremo la nostra vera natura, perché la vera antropologia è l'uomo-industria. Tutto ciò dovrebbe essere l'ABC del rivoluzionario ed è invece ripreso da gente un po' strana, del tutto refrattaria al concetto di rivoluzione politica, che disegna al computer paesaggi di fantasia somiglianti più alla realtà quotidiana del Dubai o del Qatar che a quella di un "Future by design". Gente che non si chiede che cosa significhi, in termini di energia, il dispiegamento di tutti quei supergrattacieli, giga-macchine e scultorei manufatti di ogni genere. I "venusiani", infatti, trasportano nel futuro il maledetto trionfo del capitale costante senza accorgersi della contraddizione fondamentale un pilastro del loro stesso progetto complessivo, cioè il drastico abbattimento della dissipazione energetica.

Ma, dannazione, nel complesso risultano più interessanti degli zombie eredi della Terza Internazionale stalinizzata. Probabilmente Jacque Fresco e i suoi seguaci si divertono un sacco con i loro modelli di edifici, città e macchine, ma non scherzano affatto quando si mostrano sprezzanti verso coloro che hanno bisogno di luoghi (parlamenti) in cui elementi democraticamente eletti, che non capiscono niente di progetti, gestione, pianificazione o cibernetica, discutono all'infinito su sé stessi invece che su problemi reali da affrontare e risolvere. Qualcuno potrebbe scambiare le loro teorie per una sorta di ecologismo tecnologico ma, essendo risolto nella scienza, il loro ecologismo non ha nulla a che fare con il primitivismo, che criticano esplicitamente. Essendo assertori di una società dell'abbondanza consapevole (che vuol dire consumo umano e non compulsivo) sono anche contro il malthusianesimo moderno, che tra l’altro è ben peggio dell'originale. Essendo pragmatisti, sostengono che alcuni beni come l'automobile vanno cancellati dal paesaggio sociale perché assurdamente dissipativi e anti-razionali. Le città, riprogettate a pianta radiale per ottimizzare i trasporti, non saranno intasate da mezzi individuali, e le materie prime, i semilavorati e i beni strumentali verranno portati a destinazione per mezzo di veicoli automatici. L'elenco di tutte le possibili realizzazioni sarebbe un po' noioso e soprattutto darebbe un senso di utopia, dato che i venusiani un po' utopisti lo sono davvero. Ma la nostra mente, bacata da due secoli di illuminismo borghese non più rivoluzionario, dovrà prima o poi re-imparare che il confronto fra epoche non si deve fare con il passato per bearci del "meraviglioso progresso" bensì con il futuro: per renderci conto di quanto immensamente ci stiamo rimettendo in termini di umanità.

Potenza dell'avvenire

Questi esempi, e tutti gli altri possibili, indicano una chiara direzione, una strada che l'umanità ha imboccato e dalla quale non tornerà indietro. Non siamo di fronte a utopisti intenti a inventare Nuove Atlantidi governate dalla scienza, come in Francesco Bacone, bensì di fronte a un movimento reale che spinge verso soluzioni reali registrate dai più diversi gruppi umani. I protagonisti possono essere confusi o contraddittori, dichiararsi vagamente comunisti come Jacob Rigi e Dyer-Whiterford o anticomunisti come Jacque Fresco, ma sono portavoce di un cambiamento possibile. Non vogliono traslocare con il pensiero in qualche paradiso ma incominciano a realizzare che un rovesciamento della prassi, una società "by design", tramite progetto, sarà possibile soltanto attraverso l'abbattimento di quella presente. Non vogliono aggregarsi sulla base dei presupposti ideologici e politici delle rivoluzioni precedenti ma sulla base di un cambiamento reale non solo possibile ma tecnicamente già avvenuto. I seguaci dei vari marxismi sono refrattari a tutto ciò. Dall'alto della loro arroganza coltivata vivendo all'ombra di una vittoria proletaria in Russia poi travolta dalla controrivoluzione, non si accorgono che "l'aveva già detto Marx":

"Noi abbiamo la ferma convinzione che non il tentativo di sperimentare in pratica le idee comuniste, ma la loro elaborazione teorica formi il vero e proprio pericolo, perché agli esperimenti pratici, sia pure esperimenti di massa, si può sempre rispondere con il cannone non appena diventino pericolosi, mentre le idee che la nostra intelligenza ha acquisito vittoriosamente, che il nostro animo ha conquistato, alle quali l'intelletto ha forgiato la nostra coscienza, sono vincoli dai quali non ci si strappa senza lacerarsi il cuore, sono demoni che l'uomo può vincere soltanto sottomettendosi ad essi" (Marx, Il comunismo e la Augsburger Zeitung).

Siamo nel 1842 e Marx non ha ancora maturato quel linguaggio scientifico che caratterizzerà le opere successive. Una lettura superficiale porterebbe a concludere che nel brano vi sia l'esaltazione dell'idea nei confronti della prassi, ma non è così. Le "idee comuniste" non si "sperimentano" in modelli sociali e neppure in falansteri isolati dal resto della società. Ciò che il cannone non potrà mai spazzare via è il radicarsi della "coscienza" sul fatto che così non si può continuare, che la società deve cambiare, ed essa sta cambiando secondo i dettami comuni a tutti i processi rivoluzionari. Citiamo un altro celebre passo che integra perfettamente quello che precede:

"L'arme della critica non può certamente sostituire la critica delle armi, la forza materiale dev'essere abbattuta dalla forza materiale, ma anche la teoria diventa una forza materiale non appena si impadronisce delle masse. La teoria è capace di impadronirsi delle masse non appena dimostra ad hominem, ed essa dimostra ad hominem non appena diviene radicale. Essere radicale vuol dire cogliere le cose alla radice. Ma la radice, per l'uomo, è l'uomo stesso" (Marx, Introduzione a Per la critica della filosofia del diritto di Hegel).

La teoria c'è, ed è quella della rivoluzione, elaborata da Marx. La società in cambiamento produce adesso la più vasta verifica sperimentale che sia mai avvenuta dopo la dinamica che mise in moto la Rivoluzione d'Ottobre. E il livello di elaborazione, consapevole o meno, contraddittorio o meno, è decisamente superiore oggi che non allora. Non è strano, è inevitabile: la società capitalistica mette a disposizione soluzioni nello stesso momento in cui cerca disperatamente di neutralizzarle. Il comunismo è in marcia e non può essere fermato. Sta facendo piazza pulita anche della religione marxista con tutte le sue sette, ortodosse o eretiche, statalizzate o liberalizzate. Data l'importanza dell'argomento che ci ha portato a gettare i nostri detector entro il magmatico emergere di istanze comuniste al di fuori delle correnti che si denominano ufficialmente marxiste, non sarà superfluo terminare con una citazione dai classici della nostra corrente:

"La coscienza rivoluzionaria non è determinata meccanicamente dal capitalismo. Tutto il peso materiale e ideologico della dominazione borghese tende, al contrario, a imporre al proletariato l’ideologia borghese, a fargli ammettere che la forma capitalistica è naturale ed eterna, tutt’al più suscettibile di essere migliorata. Ma il capitalismo ha prodotto le condizioni del comunismo, e va producendo il comunismo come esigenza storica oggettiva, come necessità sociale ineluttabile spingendo per ciò stesso, lo voglia o no, dialetticamente, alla presa di coscienza rivoluzionaria. Il Partito non è composto di una élite di uomini liberi, di superuomini che si siano miracolosamente sottratti al determinismo sociale; ma non subisce il determinismo della società capitalistica in modo statico ed immediato. Il Partito, è il proletariato che ha preso coscienza delle leggi della storia e che, per ciò stesso, è determinato dalla società esistente nella sua forma più generale; è determinato da una forma sociale non ancora sbocciata ma in divenire, dal comunismo che di fatto il capitalismo genera" (Materialismo o idealismo, 1967).

Stiamo incominciando a usare calcolatori che sono in grado di generare programmi molto complessi con metodi diversi [rispetto alla programmazione tradizionale]. Poiché non capiamo bene come fanno a girare, possiamo affermare che questo tipo di intelligenza ci sta sopravanzando. Mano a mano che costruiamo computer sempre più veloci, il processo sta diventando auto- catalitico [si organizza da sé]. Ci troviamo nella stessa condizione degli organismi unicellulari quando si stavano convertendo in multicellulari. Proprio così, siamo come amebe che non capiscono in che cosa diavolo si stanno trasformando. In realtà siamo parte di un sistema che ci sta traghettando oltre noi stessi (Daniel Hillis, in La Terza cultura).

Letture consigliate

  • Marx Karl, Il comunismo e la Augsburger Zeitung, 16 ottobre 1842, Editori Riuniti, Opere Complete vol. I pag. 218.
  • Marx Karl, Istruzioni per i delegati del Consiglio Centrale Provvisorio dell'AIL, 20 febbraio 1867, Editori Riuniti, Opere complete vol. XX pag. 189.
  • Marx Karl, Introduzione a Per la critica della filosofia del diritto di Hegel, 1843, Editori Riuniti, Opere complete vol. III pag. 190.
  • PCInt., Proprietà e Capitale, Prometeo nn. 10-14, 1948, 1949, 1950.
  • PCInt., "Deretano di piombo, cervello marxista", in Il Programma Comunista n. 19 del 1955 (precisazioni sul n. 20).
  • PCInt., Struttura economica e sociale della Russia d'oggi, Edizioni Il programma comunista, 1976.
  • PCInt., Riunione di Forlì, opuscolo Sul Filo del Tempo, pubblicato dal Partito Comunista Internazionalista nel maggio del 1953.
  • PCInt., Scienza economica marxista come programma rivoluzionario (analisi della dissipazione capitalistica), ora in Quaderni di n+1, 1993.
  • PCInt., "Materialismo o idealismo", in Il programma comunista nn. 1-2 / 1967.
  • PCInt., "Vulcano della produzione o palude del mercato?", in Il programma comunista dal n. 13 al n. 19 del 1954.
  • n+1, Il rovesciamento della prassi, https://www.quinterna.org/pubblicazioni/ rivista/19/rovesciamento_prassi.htm.
  • n+1, Persistenze comunistiche nel corso della storia umana, www.quinterna.org/ rivista/12/persistenze_comunistiche.htm.
  • n+1, Operaio parziale e piano di produzione, www.quinterna.org/ pubblicazioni/rivista/01/operaioparziale.htm.
  • n+1, Wikipedia: il caos e l'ordine, www.quinterna.org/rivista/21/wikipedia_caos _ordine.htm.
  • n+1, Uno spettro si aggira per la Rete, www.quinterna.org/pubblicazioni/ rivista/25/uno_spettro_si_aggira.htm.
  • n+1, Fabbriche portatili, www.quinterna.org/pubblicazioni/rivista/09/ fabbriche_portatili.htm.
  • n+1, Rottura dei limiti d'azienda, www.quinterna.org/rivista/04/rottura_ azienda.htm.
  • n+1, Occupy the World together, www.quinterna.org/pubblicazioni/.../30/ occupy_the_world_together.htm.
  • n+1, Immaginate una fabbrica, www.quinterna.org/pubblicazioni/rivista/02/ immaginatefabbrica.htm.
  • n+1, L'uomo e il lavoro del Sole, www.quinterna.org/rivista/05/lavoro_delsole.htm.
  • Albert Michael & Hahnel Robin, Participatory planning, http://www.walking butterfly.com/wp-content/uploads/2011/01/participatory-planning-michael-albert-robin-hahnel.pdf.
  • Albert Michael & Hahnel Robin, The Political Economy of Participatory Economics, Princeton university press, 1991. Visibile in parte su Amazon.
  • Arduino http://it.wikipedia.org/wiki/Arduino_(hardware).
  • Dyer-Whiterford, Red plenty platforms, www.quinternalab.org/dal-ventre-del.../ 248-red-plenty-platforms.
  • Fresco Jacque, http://en.wikipedia.org/wiki/Jacque_Fresco (biografia, film, libri).
  • Global Village Construction Set, opensourceecology.org/wiki/Global_Village_ Construction_Set/it.
  • Harvey David, http://en.wikipedia.org/wiki/David_Harvey.
  • Lange Oskar, http://en.wikipedia.org/wiki/Oskar_R._Lange.
  • Peters Benjamin, http://petersbenjamin.wordpress.com/publications/.
  • Rigi Jacob, https://www.quinternalab.org/dal-ventre-del-capitalismo/249-la- produzione-peer-to-peer-di-produzione-come-alternativa-al-capitalismo-un-nuovo-orizzonte-comunista.
  • Spufford Francis, Red Plenty, http://www.amazon.it/Red-Plenty-Francis- Spufford/dp/0571225241.
  • Venus Project sito (Faq) http://www.thevenusproject.com/extras/faq.
  • Venus project - Zeitgeist, Addendum; Moving forward, http://www.thevenusproject. com/extras/free-dvds-and-ebooks.

Rivista n. 34