Metropolis

La relazione sulle dottrine di guerra attuali si è soffermata sugli studi della borghesia, specie americana, specificamente orientati a simulare scontri militari entro scenari urbani. Questo perché, diceva il relatore, le prossime guerre generalizzate coinvolgeranno a tal punto le popolazioni che sarà inevitabile tenerne conto nella tattica e soprattutto nella strategia. Naturalmente c'è il corollario dell'informazione, sia quella che si cerca di ottenere, sia quella che si fornisce. Questa attività c'è sempre stata e ad esempio la Germania nazista aveva un "Ministero del Reich per l'istruzione pubblica e la propaganda", e tutte le potenze, belligeranti o no, hanno perfezionato sistemi di controllo. Ma oggi questa esigenza degli stati è ingigantita dalla complessità sociale e tecnica raggiunta, anche perché megalopoli come quelle cresciute negli ultimi decenni non ci sono mai state. Una parte del controllo è eseguita con mezzi automatici, ma paradossalmente, più si affinano le tecniche, più per capirci qualcosa è necessario l'intervento umano. Per questo nascono particolari reparti militari, paramilitari e civili incaricati di sofisticate missioni di human intelligence, appunto per raccogliere informazione e diffonderne (disinformazione, propaganda, guerra psicologica, agenti di influenza, ecc.). Quello che volevo aggiungere, come integrazione a quanto esposto, è che il concetto di megalopoli si è ampliato fino a comprendere vastissimi territori.

Ho avuto modo di studiare i progetti voluti dal governo francese sulla Grand Paris. Progetti in base a teorie che sconfinano nell'utopia. Quel che balza agli occhi in rapporto a ciò che era l'argomento della riunione, è che tali progetti arrivavano a definire "area metropolitana" una griglia integrata di infrastrutture e nuclei abitati che arriva a coprire tutto il territorio nazionale. In alcuni modelli ad alta astrazione si esce anche dai confini. Il modello urbano preso in considerazione è quello concentrico della struttura ottocentesca sovrapposto a una trama reticolare vastissima. Ora, la prima cosa che mi viene in mente è che questi modelli, per quanto astratti, ambiziosi e orientati a fini capitalistici (già solo il progetto basato su un modello, senza realizzazione, mette in moto milioni di euro) riflettono comunque una realtà reticolare. Perciò non è possibile che alla capacità di controllo della borghesia, basata si questi modelli, non corrisponda un'intelligenza spontanea organizzata (ossimoro alla Lenin) di una popolazione che sia appena in condizioni di ribellarsi. Ogni significativa ribellione locale in un sistema del genere non può che assumere significato universale. Lo si è visto bene con il fenomeno delle banlieues: fenomeni locali si sono estesi in modo "virale", come si dice su Internet, a tutta la Francia, e sarebbe interessante seguire i tracciati degli incendi per verificare se hanno seguito i nodi della griglia teorica.

 

Viene in mente un paragone quasi automatico fra il modello urbano di Parigi con la sua griglia di influenza logistica verificata sul campo a posteriori (rilevando cioè ciò che si è stratificato e connesso spontaneamente nei secoli) e la municipalità di Chongqing in Cina, che invece è frutto di un progetto logistico anche se questo, come tutte le cose capitalistiche, è caduto in parte nell'anarchia e nel caos. Chongqing, con i suoi 34 milioni di abitanti, è la più grande municipalità del mondo. Si estende su 82.000 Kmq con 1.259 città-quartiere e ha strette relazioni con le province circostanti. Non è un territorio urbano modellizzato ma un modello urbano territorializzato. Insomma, un progetto che dalla carta è passato alla realtà. A parte il più alto livello di inquinamento, il più alto tasso di criminalità, il più basso livello di sicurezza sociale, ecc. Chongqing è uno di quei mostri-meraviglia che fanno discutere. Ad esempio sulla criminalità. L'alto numero di bande dedite a traffici dal fatturato immenso, aveva incominciato a preoccupare le "autorità", che avevano perso il controllo. Un lavoro intenso di spionaggio portò all'identificazione e all'arresto, con una gigantesca retata, di 4.893 "sospetti criminali". Si scoprì che polizia e magistratura avevano usato la tortura su larga scala, e qualcuno ventilò l'ipotesi che non si fosse trattato di una operazione di pulizia ma di una guerra per bande. E comunque la popolazione era coinvolta e schierata, naturalmente non dalla parte dello stato. Questo il risultato di un grande progetto. Tutti i progetti simili sono falliti. Nelle immense baraccopoli del mondo la polizia non entra se non sporadicamente e a volte con mezzi blindati, tanto per mostrare che lo stato c'è. Marx dice che quando in un paese si raggiunge un certo risultato storico, ciò è una conquista per tutto il mondo. Ebbene, occorre sottolineare che la perdita di controllo del territorio da parte dello stato è un fenomeno positivo. Le dottrine militari basate su scenari metropolitani sono dottrine da guerra civile a scala mondiale. Sono la dimostrazione del terrore che il proletariato incute nella borghesia. Sono un sintomo dello sfacelo cui è giunto lo stato borghese. Nel film La battaglia di Algeri, lo stato coloniale perde il controllo della kasbah. L'arrivo dei parà è un segno di debolezza, non di forza; la rivolta grandeggia nonostante il ricorso massiccio al terrore e alla tortura. Alzano la cresta le bande criminali, ma vengono eliminate dalle forze rivoluzionarie. Per quanto sia potente lo stato, infiltrata la sua polizia, efficiente il suo esercito, alte le perdite nella popolazione, se si mette in moto una qualsiasi "battaglia di Algeri" il risultato sarà quello già visto. Non si può assediare Megalopoli.

Internet sarà la kasbah del futuro. Le industrie da tempo si fanno guerra intervenendo con squadre apposite, e dove non arriva l'attività umana circolano automi informatici in grado di captare informazioni mirate alla velocità della luce; si riciclano capitali sporchi; fiorisce la compravendita di armi, droga, reperti archeologici di qualsiasi civiltà; sono attivissime le varie religioni; tutte le polizie e intelligence del mondo si incrociano sul piede di guerra fingendo di collaborare. Controllare Megalopoli è come controllare Internet: facilissimo, finché non succede niente, finché c'è tutto il tempo per separare "il segnale dal rumore", cioè l'informazione che serve da quella inutile o dalla controinformazione.

Interessantissimo il modello parigino ricordato dal compagno: dove finisce "Parigi"? E dove incomincia "New York"? Si intrecciano, sovrappongono, comunicano o altro? E come mangerà tutta Chongqing, ordine di grandezza mezza Italia, se il suo reticolo logistico così ben progettato da provocare un caos pazzesco in tempi normali dovrà saltare? L'area metropolitana di Tokyo ha 37 milioni di abitanti, quella di Mumbay 31, Città del Messico 25, San Paolo 20, e così via. Bombe a orologeria. Nei periodi rivoluzionari il tempo si contrae, in un giorno succedono cose che normalmente succedono in anni, tutto si svolge in una volta. Come contenere mille Megalopoli?

Rivista n. 36