Albania e Balcani, specchio del mondo

5 aprile 1997

Sulle cause dei fatti d'Albania, come al solito, il numero delle interpretazioni ha un limite soltanto nel numero degli individui che le sfornano. Ma le interpretazioni personali non aiutano nessuno a capire ciò che sta succedendo veramente.

Il crollo delle cosiddette finanziarie piramidali ha certamente scatenato la rivolta di chi si è visto azzerare i risparmi o il capitale, ma non è sufficiente per spiegare l'assalto ai depositi di armi e munizioni. Anche l'odio verso il governo in carica, per quanto violento, non basta a spiegare la disintegrazione dell'apparato poliziesco e militare sotto una pressione popolare non certo coordinata e razionale. D'altra parte le mafie locali, accusate di avere fomentato i disordini sono, come tutte le mafie, più a loro agio nell'ordine costituito piuttosto che nelle rivolte sociali.

E' noto che l'Italia ha interessi economici in quella specifica area, ma non sono solo questi a muovere flotte e marò; così non è una semplice azione di polizia locale che può risolvere i problemi della strategia imperialistica italiana, subordinata com'è agli interessi di ben altri più potenti imperialismi. Infine, interpretare i fatti albanesi come una insurrezione proletaria dal contenuto rivoluzionario non solo è fuori da ogni logica marxista ma è semplicemente fuori dal raziocinio.

La rivolta albanese non è come la rivolta berlinese del '53 o quella ungherese del '56 o quella polacca degli anni '80. Essa s'inserisce in un contesto diverso, le sue cause non sono "specifiche" albanesi, vengono di fuori e non da uno "specifico" paese oppressore. A leggere bene la storia recente in cui si inseriscono rivolte come quella d'Albania (quindi tutte le rivolte provocate dall'azione del Capitale internazionale, poiché ognuna non va considerata come un pezzo di storia isolata in un mondo che è invece integrato) ne possiamo ricavare ben di più rispetto alle innumeri interpretazioni. In Albania non è scoppiata una tradizionale lotta "rivendicativa" nei confronti di "qualcuno", e neppure una lotta politica locale fra le classi. E' invece saltato ancora una volta l'intero tessuto sociale a causa dell'azione universale del Capitale che, per sua natura, agisce in modo concentrato e abbandona a sé stesse aree sempre più vaste del globo, dopo averle sottomesse, per investirsi in quelle a grande intensità produttiva dell'Europa Centrale, del Nordamerica e dell'Estremo Oriente.

Non si può passeggiare tra gli alberi e osservarli uno ad uno senza accorgersi che formano una foresta. Utilizzando questo esempio, Lenin dimostra, nel suo studio sull'imperialismo, che in una società mondialmente integrata dalle comunicazioni, dai traffici, dalle produzioni dei grandi cartelli internazionali, dai movimenti finanziari, dall'azione stessa dei paesi imperialisti più potenti, ecc., non è più possibile valutare un avvenimento importante (crisi, rivolte, guerre) senza tener conto dell'insieme del mondo. Non si può neppure più parlare di semplice intreccio di interessi tra centri economici o Stati, dato che nell'epoca del "capitalismo di transizione" siamo di fronte alla dominazione reale del Capitale su governi, Stati e gruppi di Stati. Ciò che veramente è in giuoco, dice Lenin, è la sopravvivenza del capitalismo stesso perché, di fronte al legame indissolubile che integra tutti i centri dell'economia mondiale e li obbliga ad azioni determinate, "diventa chiaro che si è in presenza di una socializzazione della produzione e che i rapporti di economia e di proprietà privata formano un involucro non più corrispondente al contenuto, involucro che deve andare inevitabilmente in putrefazione qualora ne venga ostacolata artificialmente l'eliminazione".

I fenomeni militari e sociali dalla Guerra del Vietnam in poi dimostrano che non ci troviamo di fronte a fenomeni di rivitalizzazione del capitalismo attraverso guerre e conquiste di tipo coloniale, e neppure di fronte a fenomeni di dominio scaturiti dalla spartizione di Yalta, bensì di fronte alla putrefazione prevista da Lenin. Egli aggiunge che nonostante la putrefazione, il capitalismo durerà tanto più a lungo quanto più il bubbone opportunistico ne ostacolerà artificialmente l'eliminazione, impedendo al proletariato mondiale di vedere chiaramente la sua strada e soprattutto di imboccarla.

Le piramidi finanziarie d'Albania erano piccole molecole voraci del corpo enorme del capitalismo internazionale che funziona così nel suo complesso, generando o distruggendo governi e mafie a seconda del suo bisogno. La rivolta, la disgregazione sociale, la corsa alle armi, la fuga, la formazione di bande armate di natura incerta (dai proletari ai pastori, dalle mafie ai gruppi tribali) e, da ultimo, l'arrivo del goffo poliziotto interessato, l'Italia, sono incrinature di quell'involucro "che non corrisponde al contenuto", che incatena la nuova forma sociale e le impedisce di liberare la sua immensa energia.

Il crollo di un'intera società, per quanto piccola, e la corsa al saccheggio, fino a vuotare i granai delle riserve strategiche, sono fatti importanti, ma più importanti ancora sono le cause che hanno provocato questi fenomeni e sulle quali sembra così difficile indagare. Gli esuberanti rivoltosi che sparavano in aria migliaia di proiettili sono il simbolo di un dato materiale che nessun rivoluzionario può permettersi di sottovalutare: l'aria non può essere il bersaglio di una rivoluzione.

Marx nel Manifesto affermava che "i comunisti appoggiano ovunque ogni moto rivoluzionario contro le condizioni politiche e sociali esistenti": anche se questa non è la situazione dei rivoltosi albanesi, dato che non hanno potuto giungere a obiettivi politici e ad un'organizzazione conseguente, non possiamo però neppure rimanere indifferenti di fronte al fatto che la rivolta è scaturita come reazione a condizioni materiali poste dal capitalismo e che questo è uno dei segnali della necessità di un suo superamento.

Per i marxisti non esiste situazione rivoluzionaria senza il partito rivoluzionario. Senza di esso non può esservi chiarezza rispetto ai veri obiettivi di una rivoluzione e al percorso per giungervi.

Volantini