Dichiarazione di Bordiga a nome della Sinistra ai delegati presenti al III Congresso del PCd’I (Lione, 21-26 gennaio 1926)

Parlerò pacatamente e con pieno senso di responsabilità. Le cose che dico saranno gravi per tutti noi e per il Partito, ma si è voluto creare la situazione incresciosa che mi costringe a dirle. Indipendentemente da ogni considerazione di sincerità e di purezza maggiore o minore degli individui, io devo qui affermare a nome della Sinistra, che i procedimenti che qui si svolgono, non solo non hanno scosso le nostre opinioni, ma costituiscono con la preparazione e organizzazione del congresso, col programma che si è esplicato, l'argomento più formidabile per la severità del nostro giudizio.

Io devo dichiararvi che il metodo che qui è in azione e che culmina in una imposizione dopo aver attraversato tutto lo svolgimento contro cui noi abbiamo protestato, se resta in voi un residuo di capacità marxista e rivoluzionaria a giudicare partiti e situazioni politiche, ci appare dolorosamente ma sicuramente come metodo deleterio agli interessi della nostra causa e del proletariato.

Sì, i sistemi attuali, quelli coi quali si è organizzato questo Congresso, non son metodi utili per la elevazione della educazione rivoluzionaria del proletariato e del suo partito, non sono come paiono a voi rappresentanti operai, l'espressione della unità e della disciplina, ma esasperano la divisione, inaspriscono il frazionismo, preparano la dilacerazione e la degenerazione del partito, e il fallimento della battaglia proletaria.

Il gruppo che è stato artefice di questa politica - io sono costretto a dirlo ora che avete deliberatamente rifiutato la nostra proposta di leale, onesta, disciplinata convivenza nel partito senza la nostra forzata inclusione nella Centrale - quel gruppo a cui ci troveremo vicino al Comitato Centrale se voi non intenderete come sia pericoloso il giungere fino in fondo di questa atroce situazione, noi lo considereremo come l'esponente del disfattismo opportunista visibilmente avanzato nel partito del proletariato.

Noi crediamo nostro dovere, giunti a questo punto della nostra esperienza di gruppo, il quale, al di sopra delle cifre in cui è piaciuto tradurre le pretesa consultazione del partito, è o si illude di essere il rappresentante di una autentica corrente della classe operaia rivoluzionaria, noi crediamo nostro dovere di dire senza esitazioni e con completo senso di responsabilità questa grave cosa, che nessuna solidarietà potrà unirci a quegli uomini che abbiamo giudicati indipendentemente dalle loro intenzioni e dai loro caratteri psicologici come rappresentanti dell'ormai inevitabile prospettiva dell'inquinamento opportunista del nostro partito.

Il procedimento che vediamo assicurarsi un apparente trionfo, che sembra a qualcuno di voi suscettibile di essere salutare, urta talmente con tutto il nostro chiaro e continuo impostamento del problema, traducendosi in una tale repugnanza per la situazione in cui volete soffocarci, che noi pur avendo saputo fare tutte le rinuncie per impedire che si rovinasse il partito, siamo sicuri oggi di rendere un servizio alla causa facendo sì che quel procedimento e quel metodo debba dare fino in fondo le esperienze che è capace di dare, perché il proletariato possa giungere a capirlo e a respingerlo al più presto possibile sia pure in una crisi dolorosa del suo cammino.

Se io, se noi siamo vittime di uno spaventevole errore nel valutare così quello che avviene, allora davvero dovremo essere considerati indegni anche soltanto [di stare] nel partito e dovremo sparire agli occhi della classe operaia.

Ma se quella antitesi spietata che noi sentiamo porsi è vera e ci riserva nell'avvenire dolorose conseguenze, allora per lo meno potremo dire di avere lottato fino all'ultimo contro i metodi esiziali che intaccano la nostra compagine, e di avere portato, resistendo ad ogni minaccia, un po' di chiaro nel buio che qui si è voluto creare.

Ora che ho dovuto parlare, giudicate come volete.

Da "Prometeo" dell’1 giugno 1928.

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