36. Doppia direzione (3)

La trasformazione dei valori in prezzi

Vorrei conoscere la vostra valutazione del cosiddetto problema della trasformazione dei valori in prezzi di produzione su cui i revisionisti fanno tanto baccano pretendendo di aver colto in fallo Marx sulla scia dei lavori di Bortkiewicz e Sraffa.

 

Un nostro intervento sulla vecchia e un po' artificiosa questione del passaggio dal valore ai prezzi richiederebbe non una lettera ma un saggio di qualche decina di pagine. Teniamo presente il suggerimento e mettiamolo in conto come possibile lavoro futuro.

Non ci risulta che la Sinistra abbia affrontato specificamente la questione, ma è evidente che se faremo mai un lavoro del genere dovremmo più che altro dimostrare l'angoscia borghese nei confronti della transitorietà del modo di produzione capitalistico. Non si comprende altrimenti l'accanirsi su questioni che Marx ha risolto, se non nei particolari spulciati dai vari "studiosi", certamente nell'impostazione generale del suo lavoro e soprattutto nel metodo.

Capitò alla questione dell'accumulazione, capitò alla questione della caduta del saggio di profitto, capitò alla teoria della rendita. Storicamente almeno due delle questioni sollevate dai borghesi o dai cattivi allievi hanno preso un nome preciso: questione della Realizzazione per quanto riguarda l'accumulazione, questione della Trasformazione per quanto riguarda il problema da te sollevato.

Ma il problema semplicemente non esiste. Fu sollevato per la prima volta, se non erriamo, da Böhm-Bawerk il quale, all'uscita del Terzo Libro del Capitale di Marx credette di prendere in castagna l'autore sulla questione pratica della cosiddetta trasformazione del valore in prezzo.

Hilferding prese tiepidamente le difese di Marx senza peraltro azzeccare l'argomento esatto per la confutazione. Va però detto che Hilferding descrisse benissimo il metodo di Marx e dimostrò una volta per tutte che esso si basava sulla dinamica storica del capitalismo e quindi sulla lotta di classe, mentre i critici borghesi o "socialisti" non comprendevano ciò.

Tugan-Baranowsky avvertì l'imprecisione in Marx e dimostrò, rovesciando il problema, che si possono determinare correttamente i valori a partire dal saggio medio di profitto, attraverso i saggi differenziati (quindi i prezzi nelle varie sfere). Tralasciamo le posizioni dei vari personaggi citati riguardo alla rivoluzione e alla sua scienza.

Anche Bortkiewicz "dimostrò" che Marx aveva "sbagliato" le approssimazioni con cui arrivare alla soluzione del problema e, utilizzando il metodo di Tugan-Baranowsky, ripercorse la strada di Marx osservando che anche per quella via era possibile trovare una soluzione. Bortkiewicz è stato utilizzato strumentalmente dai nemici del marxismo. Lo scopo del suo lavoro sulla trasformazione del valore in prezzi non era quello di demolire Marx, ma di dimostrare che la ricerca poteva avere un risultato positivo e matematicamente esatto tenendo buone le premesse e il contesto. Infatti il suo lavoro si intitola Per una rettifica dei fondamenti della costruzione teorica di Marx nel III volume del Capitale. D'altra parte, se concediamo la rettifica sulla precisa questione, non concediamo che questa sia addirittura una rettifica dei fondamenti dell'intera costruzione teorica. Il buon Ladislao si è fatto un po' prendere la mano. Sappiamo che era uno dei massimi esponenti della matematica statistica, certamente non era un marxista; dicono che fosse un grande ammiratore di Ricardo.

Ma Marx ha veramente "sbagliato"? Qui ha ragione Hilferding: Marx non era eccessivamente interessato alla formulazione matematica, ma era costantemente impegnato a dimostrare che numeri e formulette sono rapporti di classe. Qualche volta arranca nelle dimostrazioni, ma bisogna tener presente che il II e il III Libro del Capitale sono degli abbozzi messi insieme da Engels. Ci sono altri "errori" del genere in Marx. Uno lo rileva lo stesso Engels quando cerca di mettere ordine nel materiale del II Libro a proposito del capitale monetario occorrente per la riserva industriale. Engels dice che Marx era poco smaliziato con la computisteria commerciale e quindi aveva fatto qualche confusione. Engels non potette ricavare di più dalla gran mole di carte, quindi cercò di snellire e rettificare il materiale esistente avvertendo il lettore con un'aggiunta. Bordiga ha dimostrato che a Engels sfuggì lo scopo dell'indagine, in quanto Marx cercava ben altro, cercava cioè uno degli elementi dello sperpero di energie nascosto nel funzionamento anarchico del sistema di azienda e denunciabile solo attraverso il confronto con un sistema non aziendale (questo lo trovi in Scienza economica marxista ecc.). Il metodo di Marx andava oltre la semplice computisteria ed Engels non poteva certo riscrivere il capitolo.

Legata alla questione del valore c'è poi l'annosa questione del saggio e della massa del profitto che non c'entra con i prezzi ma c'entra con il valore. Il primo può diminuire anche se la seconda cresce. Marx afferma che può, anzi, deve crescere. La cosa è evidente in sé: se non cresce la massa a compensare il saggio decrescente non potrebbero più esistere i capitalisti e il capitalismo. Marx afferma che il modo di produzione borghese avrà fine per via della caduta del saggio, ma molti ritengono che sia evidente, da tutto ciò che dice prima, che voleva dire massa (7). In effetti la caduta del saggio di per sé non rappresenta la dimostrazione della necessità storica della fine del capitalismo. Marx ripete più volte che la massa deve crescere e lo mette lui stesso in corsivo. Deve crescere altrimenti il capitalismo muore. Ma da dove deriva la necessità storica della morte del capitalismo in Marx? Egli mette in evidenza quanto sia enorme la quantità di capitale occorrente per permettere l'aumento della massa del profitto in concomitanza con la caduta del saggio. Nel processo di accumulazione, dice, "la diminuzione del saggio di profitto esprime quindi il rapporto decrescente tra il plusvalore stesso e il capitale complessivo anticipato". Questa affermazione, come molte altre, ha effettivamente senso solo in riferimento alla caduta della massa del profitto. Bisogna precisare che si tratta di una caduta relativa, ovvero di una tendenza storica. Comunque il saggio di profitto è un rapporto che contiene in sé il rapporto storico del saggio di sfruttamento (produttività), mentre la massa del profitto è una quantità di valore che ha un rapporto immediato con il funzionamento del capitalismo. La tendente diminuzione storica del saggio di profitto è generatrice di controtendenze salvifiche per il capitale, mentre la diminuzione storica dell'incremento relativo della massa del profitto è una ulteriore prova della necessaria transitorietà del capitalismo (questo lo trovi nel capitolo 2.2 del nostro Quaderno sull'accumulazione), la prova che ad un certo punto del loro percorso le forze produttive trovano un impaccio senza via di scampo nei rapporti di produzione.

Siamo giunti in modo circolare alla questione di partenza: a Marx non interessava tanto scrivere formulazioni matematiche eleganti quanto indagare sui rapporti di valore, cioè sui rapporti fra le classi in relazione al riparto del valore sotto qualsiasi forma. Nel riparto del valore abbiamo lo specchio dello scontro di classe e i prezzi vanno a farsi fottere.

Bordiga in Vulcano della produzione o palude del mercato? afferma che non sarebbe scientifico da parte nostra ricercare il valore all'atto della circolazione e dello scambio merce-denaro: "bisogna saperlo prima". Il resto non ha importanza, dato che il valore coincide, per il metodo scientifico, al prezzo di produzione. Unica deviazione dalla regola: il prezzo delle merci in cui vi è rendita. Solo il prezzo della merce prodotta sul terreno peggiore corrisponde al suo valore più la rendita assoluta; in tutti gli altri casi il sovrapprofitto che in apparenza infrange la legge se lo pappa la rendita (differenziale). Siamo però sempre nell'ambito della ripartizione del plusvalore.

In altre parole Bordiga ripete la formula di Marx: c + v + t (c + v) = valore del prodotto, dove t è il saggio di profitto. Proprio quella che Bortkiewicz ritiene sbagliata e che corregge in modo matematicamente ineccepibile (dicono, ma un certo Kenneth May citato da Sweezy non è d'accordo sulla logica del procedimento).

Il fatto è che non c'è nessun bisogno di andare a complicare le cose. La formula di Marx dimostra semplicemente che si può astrarre dalle perturbazioni reali fino ad assumere che il profitto totale è uguale al plusvalore e che il valore è uguale alla somma di tutti i prezzi. Ciò è perfettamente sufficiente per capire la necessità della rivoluzione, mentre per i borghesi non basta assolutamente per capire cosa diavolo succede nel loro turbolento processo di circolazione.

Il problema è quindi politico: non ci si può proprio capire tra classi che parlano lingue completamente diverse.

Per quanto riguarda Sraffa il discorso è lo stesso. Egli tenta di "calarsi nella realtà", dato che l'astrazione non gli è sufficiente per fare un discorso sui prezzi, sui salari e sul capitale. Ma ciò gli succede proprio perché vuole occuparsi di categorie concrete e non di valore, anche se ad un certo punto introduce un concetto che ha quel nome. Il risultato è una complicazione di cose semplici a scapito di una necessaria formalizzazione scientifica del funzionamento del Capitale nel suo divenire, cioè in una dinamica storica. Come dice un compagno: in Sraffa, a fronte di un'elegante formalizzazione matematica, abbiamo dell'autentica spazzatura scientifica. Con tutto il rispetto verso la modestia e la serietà personale dell'individuo.

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Dibattito? Discutiamone un po'

Ho conosciuto le vostre pubblicazioni tramite un compagno del partito xy. Sono un militante del gruppo yz e sono interessato al dibattito in corso tra i vari "segmenti" della Sinistra Comunista.

Un dibattito che deve avanzare, senza sciocchi anatemi, ma nel pieno rigore della battaglia politica tra comunisti. Vi sarei grato se vorreste spedirmi tutte le vostre lettere.

 

Se militi nel gruppo yz e sei d'accordo con quanto esso va sostenendo, sarà difficile che ci intendiamo, ma questo per ora non ha importanza, dato che non c'è bisogno di gente che sia d'accordo specificamente con "noi", bensì di compagni che abbiano intenzione di capire seriamente ciò che disse e fece in realtà la Sinistra Comunista.

Permettici di correggere una tua frase: tra comunisti non vi è "battaglia politica" e, a rigor di logica, neppure "dibattito". La prima essi la riservano ai non comunisti, il secondo non è necessario se si aderisce ad uno stesso programma. Vi può essere discussione, questo sì, ma si tratta di lavoro pratico, come il parlare sul miglior modo per affrontare uno studio, tenere un'assemblea, scrivere un saggio ecc.

Se avrai voglia e tempo di leggere tutto il materiale, comprese le prime venti Lettere, capirai che la nostra piccola battaglia è stata ed è finalizzata non tanto contro qualcuno ma per liberare la potenza del patrimonio della Sinistra dalle incrostazioni a volte persino infamanti che i suoi seguaci hanno prodotto e sedimentato.

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Ho ricevuto il materiale che mi avete mandato, anzi, ho provveduto a fare alcune copie dei cataloghi ed ora circolano tra i compagni. Naturalmente non ho gradito i giudizi sprezzanti sul gruppo yz nel quale milito, anche perché poco argomentati.

 

Ci spiace che la nostra risposta alla tua precedente lettera abbia potuto creare un equivoco, anche se non riusciamo proprio a capire come. Il gruppo yz è diversissimo da noi e ci è sembrato normale dire che con un suo militante, se fosse "allineato", non c'intendiamo. Comunque ripetiamo che non ci interessa la polemica, non cerchiamo adesioni al "nostro" gruppo "specifico" ma al marxismo. Non vediamo in quest'unica frase nulla di "sprezzante" e di "poco argomentato", come invece ci rimproveri, anche perché in realtà non abbiamo proprio affrontato l'argomento. Appositamente non facciamo una critica pubblica a chi ci sta intorno perché sappiamo benissimo che nella situazione attuale non si farebbe altro che scatenare diatribe poco costruttive. Non vogliamo ricadere nella batracomiomachia passata.

Quando vi saranno in campo forze reali in grado di influenzare il movimento stai sicuro che la critica sarà ferocissima. Ma non sarà la "nostra", bensì quella del partito rivoluzionario in cui speriamo poter militare un giorno. Noi non evitiamo la discussione e la critica: se tu venissi a fare quattro chiacchiere stai tranquillo che ci vedresti tirar fuori robuste argomentazioni non contro il tuo gruppo in particolare ma contro tutti quei partiti o gruppi che quanto più dicono di rifarsi al marxismo o addirittura alla Sinistra comunista, tanto più se ne allontanano. E il nostro scopo per nulla recondito sarebbe quello di tirarti fuori di lì, non certo per semplice amore di dibattito. Conosciamo bene le attuali organizzazioni e i loro capi - se ci passi l'espressione - dato che l'area è così piccola che ci si conosce tutti e molti sono passati da un gruppo all'altro.

Se dunque non facciamo "dibattito pubblico", ciò non vuol dire che non abbiamo nulla da eccepire su posizioni altrui, né che, come qualche fesso sostiene, rifiutiamo la discussione. La discussione l'abbiamo sempre affrontata, ma rimanendo nell'ambito di quelle che la Sinistra ha definito questioni di principio. Potremmo discutere sulla questione del centralismo organico con un gruppo che ufficialmente inorridisse al solo sentirne parlare? E per giungere a quale conclusione? L'organicità del lavoro rivoluzionario è il risultato materiale di più di un secolo di storia che vede nascere e fallire tre Internazionali, fatto sul quale la Sinistra ha tratto un bilancio poderoso. Chi lo rifiuta è matematicamente destinato alla sconfitta. Le diatribe di questo tipo sono incompatibili con il lavoro che intendiamo fare.

Che senso avrebbe dunque per noi, proprio per le caratteristiche del lavoro ricordato, tranciare "giudizi sprezzanti" sul gruppo yz scrivendo ad un suo militante o simpatizzante che ci chiede dei testi? Noi non disprezziamo nessuno, men che meno i singoli militanti. In un testo di Bordiga si spiega che la controrivoluzione, cioè la sconfitta della rivoluzione basta e avanza per spiegare la confusione e la divisione esistente fra i compagni. Ne prendiamo atto. Riteniamo normale che, in una situazione come questa, sia difficile seguire la bussola. Tenendo presente ciò, invece di inventare soluzioni, cerchiamo di diffondere i risultati raggiunti dalla Sinistra proprio sulla definizione di controrivoluzione e sui motivi della sconfitta rivoluzionaria. Tali motivi sono stati sviscerati a fondo. Si possono applicare nel lavoro sulla situazione attuale in continuazione del lavoro precedente. Tutti lo possono fare ma pochi lo fanno perché la controrivoluzione offre altre suggestioni, scorciatoie apparenti, esperienze fallite del passato che permangono come esperienze positive e per tali teorizzate.

Conosciamo vostri compagni e abbiamo un rapporto individuale amichevole con loro anche se da una parte e dall'altra sappiamo che esiste incompatibilità politica. Militanti di varie organizzazioni acquistano i testi della Sinistra e la nostra speranza è che un giorno vi si riflettano. Se ciò dovesse accadere, avremmo fatto tutti un passo verso il marxismo, cioè verso la scienza dei cambiamenti sociali ed economici. E anche verso il partito. Qualcuno di noi ha una trentina d'anni di militanza politica e l'esperienza insegna che la critica incrociata fra organizzazioni cristallizza i militanti sulle loro posizioni. Il cambiamento qualitativo si raggiunge quando si introduce l'elemento nuovo dell'influenza delle e sulle famigerate "masse", troppo spesso trattate alla stregua di obiettivo tipo campagna pubblicitaria per il lancio di nuovi detersivi (il mio marxismo lava più rosso del tuo). Siamo seri. Il marxista sa che il movimento influisce sulla formazione del partito più di quanto il partito influisca sul movimento (Tesi di Roma, 1922).

Il fatto è che oggi il compito di tutti i rivoluzionari non dovrebbe essere quello della difesa di un particolare campanile, ma invece del metodo scientifico nell'affrontare i problemi del capitalismo ultramaturo, della sua crisi, delle possibilità rivoluzionarie, del Partito. Il resto, cioè l'aggregazione, l'organizzazione, è una conseguenza. Nel nostro piccolo "insieme" di militanti nessuno si sogna di difendere ciò che gli altri chiamano il "gruppo dei Quaderni" in quanto tale, perché difendiamo un metodo e un programma che non abbiamo "inventato" noi. Questo metodo e questo programma con tutto il resto, cioè con l'intervento di fatti sociali importanti ecc., porteranno al Partito.

Questo è il percorso che si deve avere presente quando si dice che il Partito non si "attende" ma lo si "anticipa" (Lenin). Questo percorso passa anche per la lettura e la riscoperta del vero significato dei testi che mettiamo a disposizione con il nostro lavoro di ristampa. Riteniamo che chi si definisce marxista ha tutti gli strumenti che vuole per salvarsi. Se si danna non è certo perché non ha sentito le "nostre" critiche per carenza di dibattito.

Ciò che molti nostri critici non hanno capito, è che la questione della controrivoluzione va affrontata in modo dialettico: non ci sarebbe nessun bisogno di controrivoluzione se la rivoluzione non rappresentasse una spinta storica reale. Soltanto questa spinta potrà indirizzare i compagni verso quella "polarizzazione" necessaria alla formazione del partito omogeneo, compatto, potente ecc. Noi cerchiamo di tener d'occhio il vulcano che preme per esplodere, più che il formicolare degli individui che cammina sulla sua superficie apparentemente quieta.

Gli individui li incontriamo, con loro discutiamo, li invitiamo a studiare i risultati raggiunti dalla rivoluzione quando fu al suo culmine prima di essere sconfitta, quindi il bilancio che la nostra corrente trasse dalla sconfitta stessa. Con gli individui, singoli militanti di quella sparpagliata schiera che è la corrente attuale, ci troviamo in genere benissimo perché in genere è possibile ricondurre la discussione sui veri termini dei problemi. Il guaio è che questi stessi individui, per le ragioni citate, militano in gruppi chiusi che si sono dati dei programmi particolari invece di adottare quello generale, veramente universale, del marxismo. Ognuno di questi gruppi ha una sua fissazione che gli serve per sopravvivere nel "dibattito" (diretto o a distanza) con gli altri gruppi, come dire: io mi distinguo per...

Terribile. Intendiamoci, anche la "manchette" del nostro ex giornale recita ancora "Distingue il nostro partito..." mentre il partito non esiste più. Quelle poche righe dicono che il nostro partito (storico) si distingue per ben altre cose che non le miserie accampate dai vari gruppi internazionalisti. La "manchette" ricordata elenca, a dispetto di chi la pubblica ancora più o meno ritoccata, tre punti fondamentali: 1) La linea Marx-Lenin-Sinistra; 2) Il bilancio delle tre Internazionali dopo la degenerazione di Mosca; 3) La continuità della dottrina (scienza) fuori dal politicantismo personale. Una interpretazione concisa di questi punti è questa: la continuità con il loro significato è una proiezione nel futuro; la loro negazione (o ripetizione pappagallesca, che è lo stesso) è un impaludamento nel passato.

Il gruppo yz è in regola con i tre punti suddetti? Non c'è bisogno che rispondiamo noi. Per rispondere molti suoi militanti hanno in mano a centinaia gli argomenti in forma di stampati (li hanno presi da noi, si tratta del nostro modo di partecipare alla discussione). Ognuno di questi militanti è in grado di connettersi in presa diretta con la corrente storica senza bisogno di intermediari. Se la connessione funzionerà (e prima o poi funzionerà a causa della dialettica dei mutamenti che non sopporta le pastoie del passato), allora si potrà dire: sono morti i gruppetti, viva il partito.

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Prima di tutto vi ringrazio per la Lettera intitolata Dieci anni. Sinteticamente, se mi consentite, credo che si continui a rimestare troppo dentro le cause dello "scoppio" di Programma. Comunque contiene ottimi spunti analitici per chi, come voi, e come credo anche i compagni del gruppo yz, guardano e si muovono verso il Partito...

Tempo fa mi inviaste una lettera in cui si esprimevano giudizi sul gruppo yz (politici, per carità...); ultimamente lo stesso gruppo ha precisato alcuni "paletti" teorico-politici. Che ne pensate? E soprattutto, come vi sembra il suo intervento nella classe?

 

Nell'introduzione alla Lettera n. 30 (Dieci anni) era spiegato che non si poteva fare a meno di "rimestare" nello scoppio di Programma per via delle questioni di metodo nell'affrontare il lavoro. Era anche detto che avevamo tagliato parecchio e che i non "addetti ai lavori" potevano leggere il testo non come cronaca di avvenimenti ma come semplice supporto all'analisi, cosa che tu dici di aver fatto, il che ci rallegra (quindi era possibile farlo).

Hai comunque ragione sul fatto che bisogna pur finirla con questa storia. L'abbiamo noi stessi affermato. Però devi ammettere che parlare delle nostre origini e del nostro futuro senza cercare di sviscerare i motivi dell'éclatement... beh, basta così.

Veniamo alla tua domanda. A parte il fatto che non crediamo proprio di aver fornito "giudizi", come sai, con diversi militanti di vari gruppi siamo in individuale e amichevole polemica proprio sulle caratteristiche del loro (vostro?) intervento diretto. Non abbiamo letto gli argomenti che costituirebbero "paletti" teorico-politici, come li chiami. Dalle discussioni che abbiamo avuto e dalla lettura del periodico, risulta chiaramente una carenza di comprensione sullo stato attuale dei rapporti di classe. Si continua per esempio a pensare che se ci fosse un po' più di attività, se questa fosse fatta meglio e per obiettivi più "concreti", se ci fosse più unione ecc. le cose andrebbero diversamente.

Non è così. Certamente il lavoro soggettivo è una componente importante della sopravvivenza della corrente comunista rivoluzionaria, ma l'attività di tutti i compagni delle diverse ramificazioni, anche se fosse perfetta, condotta allo spasimo e per i motivi più "concreti" non muoverebbe di una virgola la cosiddetta situazione.

In periodo di controrivoluzione i rivoluzionari si rivolgono all'interno di ciò che sopravvive di organizzato o meno e fanno un lavoro di conservazione della teoria. Questo compito scandalizza molti che lo scambiano per attendismo o per altre forme di rinuncia all'attività. Frasi fatte, rimasugli del vecchio centrismo, secondo noi. Difendere le possibilità future della rivoluzione, le basi del partito non popolare, non democratico, non compromesso con le categorie della società borghese è un compito immane e comporta un'attività che assorbe energie altrettanto immani. Questo compito è talmente gravoso che brucia in continuazione energie e macina militanti al ritmo di uno scontro fisico sul piano militare. Il partito storico della rivoluzione sopravvive più o meno dal 1926 e intorno ad esso si sono avvicendate tre o quattro generazioni di militanti, che hanno resistito, o sono finiti nella guerra di Spagna; che sono ritornati sulla scena, o hanno abbandonato; che sono rimasti sul "filo del tempo" o hanno avuto fretta e hanno tralignato; che hanno difeso le posizioni, o hanno inventato scorciatoie attivistiche scomparendo nel generale panorama elettorale. Migliaia e migliaia di persone in tutto il mondo, nelle più diverse forme di organizzazione e di lotta, politica o armata, ideologica o disperata.

Si potrebbe continuare, ma non serve. L'importante è che vi sia fermento, discussione, selezione continua. La selezione, per esempio, è inevitabile. Solo con la dialettica della differenza si giunge alla polarizzazione che permetterà l'esistenza del partito (Tesi di Roma). In fondo è nella natura delle cose, un fatto fisico che Darwin ha solo incominciato a mettere in luce e la cui dinamica "noi" dovremmo portare a comprensione completa.

Quando ti scrivemmo due parole sul gruppo yz, molto tempo fa, ti sentisti un po' irritato da gente come noi che "tranciava giudizi" in modo così categorico. Sui "giudizi" abbiamo già detto, e una cosa che si può fare, molto semplice, è chiedersi che cosa siano in realtà quei gruppi. Noi li conosciamo bene per il fatto che alcuni nostri ex hanno contribuito alla loro "fondazione" e viceversa loro militanti sono venuti da noi. È nell'ordine esistente delle cose. Bisogna chiedersi come si difende la continuità con il patrimonio passato, la risposta sarà un buon metro di misura. Domanda: la rivoluzione si basa sulla dottrina che scaturì dall'antagonismo tra le forme sociali e che chiamiamo marxismo o questo è "obsoleto" e occorre qualcosa di nuovo? Se sì, da quale dialettico scontro nasce questo qualcosa di nuovo? E se non c'è nulla di nuovo da inventare, perché tali gruppi non esprimono la difesa di una continuità o la esprimono come le pie donne che in chiesa biascicavano il rosario in latino senza conoscerlo?

Caro compagno, siamo degli inguaribili: faremo propaganda per il marxismo finché non ci sarà dimostrata la sua scientifica non-validità. Non crediamo siano possibili altre vie o vie di mezzo. Abbiamo tardato a rispondere perché volevamo procurarci i giornali che hai citato, ma stava passando troppo tempo, arriva il Primo Maggio e il Salone del Libro, due occasioni che ci comportano molto lavoro per la stampa. Comunque la nostra risposta non sarebbe stata molto diversa.

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Vi riscrivo anche a nome di altri compagni per richiedervi del materiale. Esaurite queste formalità vi chiedo subito, se ne avete voglia, un commento sull'articolo apparso nel giornale xx.

La vostra ultima Lettera ha avuto il merito di accendere in un ridottissimo numero di compagni, alcuni simpatizzanti del gruppo yz, una discussione vera, la quale però, anche a causa della complessità delle questioni, procede a rilento risentendo del clima politico e sociale di grande ammorbamento. Attendo vostre notizie.

BUON LAVORO.

PS: ho visto il vostro volantino alla manifestazione dei metalmeccanici.

 

Ci fa piacere che la nostra ultima Lettera abbia fatto discutere. Del resto non succede solo nella tua città non si discute solo per quella lettera, dato che anche sulle altre ci è arrivata qualche notizia sia di apprezzamento che di perplessità. Ben venga quindi la discussione, soprattutto se tra i militanti che si richiamano in qualche modo alla Sinistra si fa strada la convinzione che questa corrente ha espresso un patrimonio che quasi mai è stato adottato senza stravolgimenti e forzature. Del resto è successo all'intera storia del marxismo e la cosa non ci stupisce più di tanto. Da parte nostra cerchiamo di spiegare a tutti coloro che sono in corrispondenza con noi che il nostro scopo è solo quello di mettere in pratica quegli insegnamenti. Metterli in pratica non significa farne oggetto di semplice culto intellettuale e tantomeno di "adattarli" all'esistenza di uno specifico gruppo di individui mossi da qualche particolarità elevata a cavallo di battaglia.

Ci chiedi ancora una volta che cosa pensiamo di ciò che dice il gruppo yz, o meglio, di ciò che qualcuno scrive sul giornale di quella organizzazione. Già in passato avevamo suscitato in te un po' d'irritazione a causa di osservazioni che avevi scambiato per "giudizi". Abbi pazienza, ma siamo abituati a ragionare in base al patrimonio citato e il confronto di ciò che dicono i vari gruppi con esso è senza appello: con la Sinistra qualcuno non c'entra e solo nell'insieme occorre non sottovalutare il fatto che resiste nel tempo un riferimento alla corrente. Ci chiedi quindi "se abbiamo voglia" di commentare certe note dedicate a noi. Non si tratta di averne voglia o meno, ma di capire che non ce ne importa nulla delle fesserie che qualcuno scrive sul nostro conto [segue un commento sul significato di certe accuse che da novant'anni si riversano sulla Sinistra].

Dicevamo che i militanti di tutti i gruppi "internazionalisti" acquistano i libri da noi. Se anche i libri provocano discussioni bene, anzi, benissimo. Speriamo che questi militanti recepiscano dai libri la distanza abissale che separa la Sinistra da coloro che "ne sfogliano i testi come lo scassinatore sfoglia i soldi del malloppo" e quindi facciano un casino della madonna.

Per piacere, siamo seri. La differenza fra il militante comunista e l'attivista che si dimena è che il primo fa e l'altro chiacchiera; il primo bada al futuro agendo nel presente e l'altro se ne frega del futuro in cambio di un successo effimero nell'immediato, "vero esistenzialismo politico". Citato da Amadeo Bordiga, scritto e ripetuto nelle sacre bibbie. Si capirà mai che i comunisti rivoluzionari sono effettivamente fuori dal sistema capitalista e dalla sua ideologia?

Sappiamo benissimo che i gruppi non sono la stessa cosa dei loro militanti. Sappiamo che prima o poi i nodi verranno al pettine. Il bello della teoria marxista è che non lascia scampo: quando non c'è coerenza tra la teoria e la prassi, si è proiettati nell'ambito borghese. Esempi? Il fronte unico del '21; l'appoggio al Kuomingtang nel '26; il patto con Hitler nel '39; lo schieramento con l'imperialismo più forte in tutta la guerra; la responsabilità "nazionale" dei vari partiti sedicenti comunisti. Vogliamo scendere al livello dei rospi, come si dice da queste parti? Che fine hanno fatto i grandi attivisti? Hanno sacrificato la vittoria dell'avvenire per il piatto di lenticchie di un illusorio successo nel presente. Questa è la definizione di opportunismo data da Lenin. Buttiamo via anche lui?

Non risponderemo, come non abbiamo mai risposto a simili polemicucce. Si "accende" la discussione fra compagni? Magnifico, continuate, perdìo; non lasciatevi influenzare da nessuno, nemmeno da noi: ci sono i testi, guerra condensata, testimonianza che su certe cose tutto è già stato detto e fatto.

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Occhio alla Bussola!

[Alcuni compagni, dopo aver ricevuto da diverse località vario materiale sul quale vennero tenute delle riunioni, scrissero gli appunti che seguono come contributo alla irrinunciabile attenzione che deve essere rivolta alla difesa del patrimonio della Sinistra].

Vi inviamo una breve sintesi del lavoro che abbiamo svolto sul materiale ricevuto.

1) Questione della crisi del marxismo, della quasi estinzione della Sinistra Comunista e del metodo scientifico del lavoro politico. Il marxismo viene decretato morto ogni giorno e ogni giorno v'è necessità di ribadirne il decesso. Se ancora oggi per marxismo vien fatto spesso passare lo stalinismo, per quanto riguarda l'estinzione della Sinistra Comunista il discorso potrebbe farsi pericoloso. Come non ricordare che anche vent'anni anni fa si parlava di prossima estinzione a breve termine della Corrente se non si fossero fatti passi determinanti nel rinnovamento o nel ravvivamento di attività e attitudini nella prassi del "partito forza attiva della storia"?

Come poi sia andata a finire lo sappiamo, e d'altra parte, ancora oggi su simili ipotesi è difficile basare i presupposti di un lavoro politico che non ha affatto risultati immediati. Nella prospettiva del "o si fanno progressi o la corrente scompare del tutto" è difficile persino parlare di politica. In generale, l'esperienza ci può dire solo che chi afferma questo si "lancia in avanti" oggi per sbattere poi la porta all'indomani, conservando nei confronti del comunismo, nella maggior parte dei casi, solo astiosità e rancore "per il tempo che gli ha fatto perdere", quando non addirittura un odio profondo. Questo ci dice l'esperienza politica di questi ultimi anni, senza andare per ora a scomodare l'esperienza storica del movimento comunista internazionale della quale sarà invece il caso di occuparsi in modo più ampio, collettivo possibile e in tempi ravvicinati.

Sul metodo scientifico del nostro lavoro di gruppi comunisti, diciamo che non esiste, in politica, il "dato inconfutabile", nel senso che tutti gli investigatori che abbiano in comune (per militanza politica o per determinazioni materiali) uno stesso punto di partenza o uno stesso strumento d'indagine, s'inchineranno poi al risultato di essi, siano scienziati bianchi, rossi, neri o verdi. Nella lotta di classe il numero dei colpi bassi è talmente alto e la loro natura talmente varia, che solo in ultima analisi vale per determinato il fattore economico materiale. Mettersi alla ricerca del metodo che tolga la nostra attività di analisi delle situazioni dal campo dell'intuizione e ci dia la possibilità di sbattere in faccia a qualcuno la "verità vera" e obiettivamente non contestabile è, a nostro avviso, come cercare la luna nel pozzo. È forse meglio ancorarsi al metodo collaudato della Sinistra Comunista ben visibile nei Fili del Tempo che collegava l'ieri di Marx, Engels e Lenin all'oggi degli anni '50, per cui quest'ultimo diventa l'ieri del nostro oggi anni '90, per la trasmissione ad una nuova generazione di comunisti. Su questo ponte continuo possiamo lavorare, per quel che è nelle nostre forze e per quel che ci è dato conoscere nel momento attuale non certo facile. Lavorare non per rivendicare una novità di contenuti con la sola garanzia di continuità nel presunto "metodo scientifico" di sempre, ma per verificare e insieme confermare con l'esame della realtà sociale di oggi la teoria e la dottrina storica marxista. Per noi non vale certo il principio d'autorità, l'ipse dixit, ma il principio della verifica per la conferma di una dottrina invariante. Se ciò non accade, o stiamo sbagliando noi o c'è difetto nella teoria.

2) Questione del capitalismo nella sua fase attuale, dell'imperialismo e della sua natura; della miseria crescente e della diminuzione della massa operaia occupata.

È vero che la situazione attuale, che vede soprattutto il dato fondamentale di un movimento comunista internazionale ridotto ai minimi termini, è caratterizzata da una tendenza irreversibile al capitalismo di stato quale fase suprema del capitalismo-imperialismo e (oppure) quale fase di transizione alla società comunista? Questa è, secondo noi, una domanda apparente che contiene già una risposta sbagliata, cioè si tratta di una questione posta male sia in ordine teorico che, in relazione ad una valutazione dei fatti odierni, pratico. Le tante testimonianze o prove della "metà del socialismo" già bell'e pronta nell'attuale struttura economica svaniscono come neve esposta al sole dell'altra "metà" del mondo attuale, che resta un insieme aggrovigliato e ferreo di vincoli materiali e di sovrastrutture che il marxismo definisce "imperialismo". Vale a dire: l'imperialismo non è un modo di produzione, così come questa fase attuale del capitalismo maturo non è caratterizzata da particolari forze produttive che diano senso e base al passaggio "facile" alla società comunista. Siamo tanto più lontani dalla società comunista quanti più tesserini, bancomat, pseudoscienziati paramarxisti e inconsapevoli "transfughi" sono in circolazione.

Per quanto riguarda la questione della massa operaia occupata i cui indici sarebbero in cronica ed irreversibile discesa almeno nel mondo capitalisticamente avanzato, ci sembra (sempre adoperando il metodo che sinteticamente definiamo "ieri-oggi") che il fenomeno attuale della disoccupazione sia inquadrabile con la marxista teoria della miseria crescente e della proletarizzazione dei ceti medi. Proletarizzazione verificabile e riscontrabile oggi anche nell'aumentata massa giovanile che dall'aspirazione piccolo-borghese di una "rapida, luminosa e remunerativa carriera" nell'ambito e nell'ambìto livello sociale medio, viene precipitata nell'ambito (e per nulla ambìto) del girone infernale della sovrappopolazione relativa, cioè proletarizzata secondo il fenomeno individuato da Marx, oggi persistente e grandeggiante specie nei paesi a capitalismo ultramaturo.

Ci rendiamo conto che le cose dette qui troppo sinteticamente vanno trattate per esteso, ma il succo sta in questo: la legge marxista della miseria crescente e della proletarizzazione dei ceti medi ci serve a spiegare l'attualità, in ultima analisi a verificare la teoria. Se invece si insistesse troppo su di una meccanica teoria dell'irreversibilità del fenomeno della massa operaia non occupata in aumento, si finirebbe per snaturare il concetto di esercito industriale di riserva, per il semplice fatto che vi sarebbe, in tale destino, un automatismo contrario alla prospettiva di classe, un suo annullamento.

3) La Terza Internazionale e il suo superamento da parte della Sinistra Comunista "italiana". Noi rivendichiamo tutto quanto è elaborazione e battaglia politica dell'Internazionale Comunista fino a circa il 1920. Le divergenze, non sui principii ma su questioni tattico-organizzative, si manifestarono successivamente, diciamo dal '20 al '26 e diedero luogo alla battaglia della Sinistra "italiana" per quello che fu chiamato "il rovesciamento della piramide" internazionale (8). Nel secondo dopoguerra la Sinistra difese sempre, nel proprio lavoro, tale impostazione e quindi l'Internazionale non degenerata. Non ci sembra che in quegli anni siano state adottate categorie, unità di misura o valutazioni diverse rispetto a prima. La correttezza della verifica storica operata dalla Sinistra Comunista sta nel fatto che la sua organizzazione, pur nella debolezza dei suoi quadri ed effettivi, riuscì, con categorie e unità di misura già omologate dalla dottrina in precedenza, ad anticipare con largo anticipo fenomeni storici di grande importanza, come il crollo dell'Est e la riunificazione tedesca, l'avvenuto sviluppo delle forze produttive nell'URSS all'interno di meccanismi del tutto capitalistici (la "grande confessione"), la crisi di accumulazione in quest'ultimo quarto di secolo. Non dimentichiamo che il crollo dell'Est, per esempio, fu previsto come effetto dovuto non a forze militari, ma alla forza delle merci e dei capitali dell'Ovest avanzato, vere e proprie cannoniere cui nessuna "muraglia cinese" (Marx) o "cortina di ferro" può resistere.

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[Sui precedenti appunti altri compagni discussero producendo l'integrazione riportata qui sotto].

Se a qualcuno tra noi sostenesse che "o facciamo progressi o scompariamo del tutto", sarebbe senz'altro proponibile un parallelo con ciò che dicevano e facevano i liquidatori del partito vent'anni fa. Su questo bisogna essere chiari: già dalle primissime Lettere ai compagni dicemmo che la nostra attività era obbligata: non dipendeva dal risultato ottenibile e dalla disposizione dei singoli, ma dai fatti reali che ci avevano portato in quella situazione. Insomma, si lavorava per quanto possibile e basta. La nostra critica ai raddrizzatori di curve storiche è ben documentata e crediamo che nessuno tra noi voglia "lanciarsi in avanti". Quando ci trovammo tutti quanti nel dopo espulsione, tutti ricordano che saltò fuori la teorizzazione secondo la quale i comunisti, in ogni caso, avrebbero dovuto chiamarsi partito e organizzarsi conseguentemente. Quella era una visione da "partito forza attiva (comunque) della storia", com'è detto negli appunti, perché presupponeva il partito come allargamento lineare del nucleo (embrione, ricordiamolo) originario, temprato come l'acciaio e omogeneo per scelta. Abbiamo più volte scritto che i processi storici sono un pochino più complessi e soprattutto non così lineari. Del resto a questo proposito siamo perfettamente d'accordo con ciò che è espresso negli appunti, cioè che nella lotta di classe i colpi bassi non si contano.

Se neghiamo di avere qualche parentela con i raddrizzatori di curve che si lanciarono in avanti per fare progressi al fine di non scomparire del tutto, non nascondiamoci invece (anzi, rivendichiamo) di aver detto qualche "novità". Perché sono d'obbligo le virgolette? Perché si tratta non di novità nel senso deleterio, ma di semplici estensioni di cose già dette dalla Sinistra. Per esempio: nelle Tesi Caratteristiche sono individuate tre ondate degenerative del movimento operaio. La prima a fine secolo; la seconda al 1914; la terza al 1926. Ma la lotta della Sinistra contro la terza ondata non incomincia affatto nel 1926, incomincia nel 1921 (ed è specificato nelle stesse Tesi). Leggendo il materiale dell'epoca si capisce bene che la Sinistra si poneva già in alternativa all'Internazionale. Non certo dal punto di vista organizzativo ma, criticandone il nocciolo fondamentale che era quello della tattica in un periodo cruciale nella storia del movimento comunista, sicuramente dal punto di vista dell'ortodossia marxista. Ci sembra non sia poco. Del resto nei testi si parla in sintonia con l'IC fino al II Congresso, considerato il punto più alto raggiunto. Poi non fanno che aumentare i distinguo e le critiche, a partire dalla tattica del fronte unico.

Non ci sembra un delitto rivendicare alla Sinistra la capacità di antivedere il disastro e quindi di porsi come vera continuità del movimento marxista "ortodosso". Non crediamo che ci si debba far influenzare dal fatto che il nostro seguito organizzativo sia andato scemando a partire dal 1923-24 fino a quasi scomparire nel secondo dopoguerra.

Non possiamo neppure trattare l'éclatement come quarta ondata degenerativa per il semplice fatto che il mondo non si è accorto di nulla per via delle dimensioni effettive dell'avvenimento. Tuttavia per tutti noi è stato importante perché ci ha proiettati in una condizione di sopravvivenza senza partito. È vero che c'è gente che odia il passato, compreso il comunismo che gli ha fatto perdere tutto quel tempo inutilmente. Bah, evidentemente non erano conquistati dal comunismo di cui alla Lettera 31. Raccontano i vecchi compagni che dopo la guerra c'erano migliaia di iscritti. Nel 1960, tanto per fare una data, in molte città non ce n'era più uno. Negli anni successivi vi fu una certa crescita. Dopo éclatement si sa com'è andata. La vera "novità" è che fino ad un certo punto, finché esisteva una continuità fisica, si poteva parlare dall'interno della corrente che aveva espresso le Tesi e tutto il nostro patrimonio: adesso è più difficile. Rivendichiamo il patrimonio, ma la staffetta non è stata passata, siamo all'interno del partito storico, ma non della sua continuità organizzativa che non c'è più. Le oscillazioni numeriche sono fisiologiche rispetto ad una situazione alquanto schifosa, lo "sbattere la porta" è comprensibile, ma intanto il ricambio c'è e se ci si pensa bene è strano che ci sia, non il contrario: il lavoro che facciamo non distribuisce gratificazioni, un giovane che viene alle riunioni e legge i nostri testi invece di andare a spasso con la morosa è semplicemente eroico. Egli è "nuovo" alla corrente, non la potrà mai più conoscere se non come storia.

Le difficoltà sono grandi, il dover vivere comunque in una società ostile è duro. Forse è per questo che, quando a qualcuno succede di stufarsi, gli rimane "astio e rancore quando non un odio profondo". Ma ciò non dovrebbe influire con il lavoro che comunque dobbiamo fare. Comunque, ben venga una sana necessità di controllare ancor meglio i risultati.

Scorrendo l'ordine degli argomenti negli appunti, subito dopo viene la questione del metodo scientifico. Anche qui, se possiamo in qualche caso dare l'impressione di affidarci un po' troppo al dato inconfutabile tratto dalla formuletta, dobbiamo però dire che al nostro interno è ben conosciuta la lettera di Engels a Bloch del 21 settembre 1890 sul significato di materialismo e di base economica della politica, sia per averla utilizzata in passato nella corrispondenza e in riunioni, sia per averla ricordata contro certe concezioni meccanicistiche del processo rivoluzionario.

Intuizione e raziocinio. A discutere sulla questione dell'intuito e dell'istinto ogni compagno dovrebbe sentirsi come invitato a nozze, non solo perché nella Lettera 31 c'è un capitoletto apposito su di essa, ma anche perché ormai dovrebbe far parte del DNA teorico di ognuno di noi. Nessuno di coloro che redigono queste note sottovaluta ciò che rappresenta un fattore determinante della lotta di classe e delle rivoluzioni della "specie che opera e conosce".

Per quanto riguarda l'utilizzo di formalizzazioni, al di là se è stato fatto bene o meno, la regola è attenersi al chiarissimo sunto che Amadeo mette in nota agli Elementi (pag. 11 del testo n. 3). Il problema non è tanto quello di trarre una certezza matematica da un'impostazione formalizzata dei problemi. Si tratta soprattutto di formulare i problemi in modo da sottrarre i dati alle interpretazioni soggettive che fornirebbero comunque un risultato individuale e non universale. Si tratta, in parole povere, di evitare la pensata battilocchiesca. Nella prossima Lettera 32 vi sono alcune righe dedicate en passant alla questione.

Sulla questione delle anticipazioni di comunismo nella società attuale, non solo è possibile rintracciare in Amadeo questo tema, ma esso ricorre spesso in Marx; lo stesso Lenin termina il suo "Imperialismo" proprio con la dimostrazione che nella fase imperialista ci troviamo di fronte a un capitalismo di transizione. Ma non è qui evidentemente il punto. Come si dice negli appunti, questi segnali di comunismo "svaniscono come neve al sole" di fronte alla realtà capitalistica che li ingloba perfettamente, a volte trasformandoli in ancore di salvezza per sé stessa. Però non si può dire che le realizzazioni capitalistiche non presentano un vantaggio per l'avvento della società comunista. Se si vuol dire che tutto l'armamentario automatico, organizzativo, tecnico ecc. non rappresenta una leva per il "passaggio facile" alla società futura, questo è evidente, perché il passaggio è politico, rivoluzionario, violento e senza tesserini magnetici. Ma lo stesso Marx ripete infinite volte che la crescita della forza produttiva sociale con tutto il corollario di credito, azionariato, e soprattutto estensione del lavoro associato, sono elementi che dimostrano il corso del comunismo come movimento reale e non come modello da raggiungere. Nei Grundrisse dice che se nella società così com'è non vi fossero già nascoste le condizioni materiali della produzione e riproduzione futura, ogni tentativo di farla saltare sarebbe semplicemente donchisciottesco (a pag. 91 dell'edizione Einaudi). Sui "Fili" contenuti nel testo Imprese economiche di Pantalone, si demolisce la pretesa opportunistica di vedere socialismo nell'attività dello Stato soggetto al Capitale e, nello stesso tempo, si accentua l'importanza dello sviluppo della forza produttiva sociale, dell'energia della specie che potrà essere liberata dalla rivoluzione comunista. Questi sono temi importanti per il nostro lavoro e non sono stati inventati: sono tratti dai testi della Sinistra, troppo spesso dimenticati da altri.

Vero è che Amadeo aveva in odio la scienza moderna tanto quanto l'ideologia della classe borghese che se ne serve. Ciò non toglie che cercasse proprio nella scienza borghese il segno delle inevitabili capitolazioni ideologiche della borghesia di fronte al marxismo. La serie di riunioni tenuta qualche anno fa proprio su questo argomento ha dimostrato che oggi la borghesia, per ragioni di necessità, si è dovuta servire di "categorie" marxiste in vari campi. Non si inchina politicamente ad esse, ma se vuole adottare un criterio oggettivo per rendere le economie comparabili deve giungere alla legge del valore; se deve fare le previsioni del tempo, deve abbandonare l'ideologia indeterministica e trattare le nuvole secondo canoni marxisti; nello stesso campo della relatività e della meccanica quantistica, un tempo terreno fertile dell'antimarxismo, stanno nascendo poderosi dubbi su tutta l'immensa costruzione indeterministica, proprio come diceva Amadeo nel Filo su Einstein. Queste sono cose importanti e dobbiamo occuparcene, anche se certamente non siamo in grado, oggi, di integrare con nuovi risultati (Tesi di Napoli) il bellissimo "Filo" citato. Però nel frattempo la borghesia stessa ci ha preparato formidabili risposte sul tema del fasullo dualismo energia-materia (e pensiero); soprattutto sta capitolando a rotta di collo sulla concezione "monistica" del mondo. Ogni compagno dovrebbe essere convinto che, il giorno in cui fossimo in grado, sarebbe un lavoro da fare.

L'osservazione sull'esercito industriale di riserva meriterebbe una trattazione estesa, come del resto è scritto negli appunti, e sarebbe importante giungervi con un lavoro comune. Che il processo di eliminazione di forza lavoro propriamente industriale sia in corso e che sia irreversibile è un fatto evidente. L'irreversibilità è data dalla natura del capitalismo ed è spiegata da Marx in tutte le occasioni in cui affronta il tema della concorrenza (obbligo all'introduzione delle macchine). C'è il fatto della controtendenza alla caduta del saggio, che dovrebbe comportare l'oscillazione intorno a quei rami d'industria a bassa composizione organica. Sembra che tutto ciò che doveva succedere sia già successo. Non lo diamo per certo, ma è praticamente escluso che alcune aree del mondo giungano ancora a nuova industrializzazione passando attraverso l'accumulazione primitiva e le storiche bassissime composizioni organiche asiatiche degli anni scorsi. Però non è questo il punto che ci dovrebbe interessare.

La Sinistra ha dato sistemazione definitiva, crediamo, alla questione della sovrappopolazione relativa. Da una parte ha individuato i termini esatti con cui definire il proletariato come classe: la massa dei senza-riserve, che vivono solo del proprio salario o neppure di quello. Dall'altra ha individuato una delle forze della controrivoluzione in quello che ha chiamato colcosianesimo industriale, sul quale abbiamo fatto qualche riflessione in passato. Il problema della lotta di classe dovrebbe essere affrontato studiando il rapporto fra queste due realtà del capitalismo maturo. È vero che l'operaio disoccupato rischia di non essere di "riserva" per future attività industriali ormai automatizzate o scomparse; ma è anche vero che o muore di fame (e il capitalismo moderno non se lo può permettere, socialmente ed economicamente) o partecipa in qualche modo alla ripartizione sociale del plusvalore. Bisogna capire che cosa succede tra questi due poli. Così facendo evitiamo di correre il pericolo sottolineato negli appunti: immaginare l'annullamento della classe operaia che non può neppure ridursi a esercito di manodopera di riserva.

Infine il punto sulla Terza Internazionale, la Sinistra come suo superamento, e noialtri miseramente schiacciati da tanta storia. Questo punto non dovrebbe presentare difficoltà alcuna. Neppure i più beceri opportunisti hanno il coraggio di rinnegare ciò che contribuiscono a rendere "icona inoffensiva". La continuità, dalla Lega dei comunisti alla nostra corrente, comprende le tre Internazionali e il lavoro di riaffermazione teorica del nostro ex partito. Riappropriarsi di questo immenso patrimonio storico e teorico non significa però identificare i vari passaggi delle organizzazioni formali, degenerate o "esplose", spontaneamente disperse o liquidate. Noi dobbiamo rivendicare tutto, anche le lezioni delle controrivoluzioni. Ma non siamo né la Terza Internazionale né il Partito Comunista Internazionale degli anni buoni. Se ci pensiamo bene, non è del tutto vero che la Sinistra del dopoguerra ha adottato proprio tutte le "categorie e unità omologate dalla dottrina precedente". Ha per esempio detto qualcosa di molto preciso sul principio democratico e sul centralismo organico, sulla struttura di lavoro del "nuovo movimento" (ancora Tesi di Napoli) e sulla doppia direzione periferia-centro-periferia. È vero che anche Lenin aveva una concezione del partito più organica di quanto non trasparisse dal lessico quotidiano di allora, ma la Sinistra è ugualmente un'altra cosa rispetto all'Internazionale di Lenin. La Sinistra, sul piano teorico è di più rispetto all'Internazionale; e il nuovo movimento rivoluzionario che speriamo faccia saltare presto il capitalismo sarà di più rispetto alla Sinistra, esattamente come nella successione di ogni forma, sociale o biologica. Se proprio questo è insegnato dalla Sinistra, ne discende che vi è anche continuità e assenza di soluzione temporale fra essa e la nuova forza rivoluzionaria (partito) che verrà. La novità vera, se la vogliamo per forza cercare, è quella di mettere in evidenza gli aspetti della Sinistra che prima erano stati occultati dalla valanga di attivismo pseudo-terzinternazionalista.

Abbiamo tutti quanti un grosso problema ed è quello della capacità o possibilità di un lavoro organico fra compagni. La separazione topografica sarebbe un aspetto secondario se non vi fosse separazione effettiva nel lavoro che ognuno di noi fa. L'ideale sarebbe la formazione di compagni completi e tosti, che avessero assorbito il contenuto del Capitale come delle Tesi della Sinistra, che sapessero maneggiare il determinismo storico e dialettico allo stesso modo delle ultime scoperte scientifiche. Che sapessero soprattutto cancellare il pronome personale "io" dal vocabolario. Ciò ovviamente non sarà dato mai, non esistono ominidi siffatti (meno male!). Tuttavia sappiamo che un lavoro organico unirà non solo le forze, ma tutti i compagni in un cervello collettivo quando si svilupperà il partito. Nel frattempo, se non è la nostra volontà che potrà farci superare il problema, è però possibile rompere un poco l'assenza di comunicazione. Il modo migliore per evitare una maturazione separata dei vari temi è ovviamente quello di sviluppare il lavoro comune.

Note

(7) Grossmann è tra questi. Molto tempo dopo aver scritto queste note, abbiamo dovuto studiare Grossmann per rispondere a quesiti posti da compagni e abbiamo constatato che la questione è da lui affrontata in modo assai meccanico, tanto da ricavarne conclusioni inaccettabili sia dal punto di vista del metodo che da quello degli effetti sul percorso futuro del capitalismo.

(8) Inversione dell'importanza e della priorità nell'influenza che partiva dagli interessi dello Stato russo e andava al partito russo, ai partiti nazionali e all'Internazionale. Secondo la Sinistra occorreva mettere al primo posto l'Internazionale, al secondo posto le sezioni locali di essa con il partito russo tra queste (e non i partiti nazionali federati); all'ultimo posto gli interessi interni legati alla formazione del capitalismo nello Stato russo.

Lettere ai compagni